Sensi Unici

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    In corso ...



    Prologo

    Oggi il cielo è grigio. Le nuvole spesse e scure non permettono ai raggi del sole di arrivare su Tokyo. È da più di un’ora che sono dentro ad un ufficio con tre uomini che parlano d’affari. Non muovo i miei occhi dallo schermo bluastro del portatile. Cerco di trascrivere tutto in modo semplice e conciso, così da aiutare il mio capo a ricordare i punti chiave della conversazione. Scrivo veloce e costante, ignorando il formicolio fastidioso sulle dita. Ho la gola secca, ma evito di bloccare la mia concentrazione solo per un sorso d’acqua.
    -…Bene. Grazie per la vostra collaborazione. Domani ci sarà la riunione con gli altri manager e lì ne parleremo più approfonditamente. Comunque, non ufficialmente, vorrei dichiarare che la nostra compagnia è davvero interessata a questo progetto. Ok. Vi prego di lasciare le vostre idee sulla scrivania della signorina Murakami, uscendo dalla porta subito a destra. A domani signori.-
    -A domani, Signor Hasegawa.-
    -A domani. È un piacere fare affari con lei.-
    Immagini grigie e sfuocate lasciano l’ufficio senza catturare troppo la mia attenzione. Finisco il mio rapporto in silenzio, ignorando lo sguardo dell’unico uomo che non ha lasciato la stanza. Attenta a virgole e punti, mi perdo tra le parole appena scritte. Una ciocca di capelli mi scivola sul viso, solleticandomi le guancie. Faccio per spostarla, ma due dita sottili arrivano prima delle mie. Alzo lo sguardo e fatico a mettere a fuoco il viso del mio capo. Arrossisco senza ragione apparente e il cuore incomincia a martellare prepotente contro al petto. Cerco di trovare un sorriso convincente, risultando impacciata e finta.
    -Chiedo scusa.-
    -Per cosa?-
    -Non lo so. Per la mia disattenzione?!-
    -Mi sembravi tutto, fuorché distratta.-
    -Mi scusi ancora.-
    -Smettila! Smettila con queste formalità. Sono sempre io, Sakura.-
    -Certo. Ecco… Io… Credo che dovrei andare a rileggere il rapporto prima di consegnarglielo e poi mi metto subito a leggere le idee dei nostri clienti e farò un rapporto anche di quelle e…-
    Chiudo il portatile e mi alzo in modo goffo facendo cadere tutti i fogli che, fino ad un attimo fa, erano in ordine sul tavolino alla mia destra.
    -Cavolo, chiedo scusa.-
    Mi chino e il mio capo fa altrettanto. Cerco di mettere alla meglio i fogli, contrastata dal tremore insistente delle mani. Mentre faccio più casino che ordine, sfioro le mani di Hasegawa. I nostri occhi si incrociano per un attimo e il mio cuore sembra stia per scoppiare.
    -Cosa ti turba?-
    -Nulla.-
    -Con te è sempre “nulla”. Possibile che tu non abbia mai problemi?-
    -Sembra strano, ma è così.-
    Sento il suo sospiro ironico e distolgo lo sguardo da quegli occhi neri curiosi. Sembrano scavarmi dentro, impazienti di conoscere i miei segreti più intimi.
    Prendo il mucchio disordinato di fogli che ho raccolto e lo appoggio sul tavolino. Stringo al petto il portatile e cerco di calmare il caos che ho in testa.
    -Bene, allora vado a leggere le idee dei suoi collaboratori. Con permesso.-
    -Aspetta.-
    Mi fermo davanti all'uscio della porta e blocco il respiro. Attendo impaziente la domanda che ormai è di routine in quell'ufficio minimalista.
    -Andiamo a bere qualcosa insieme dopo il lavoro?-
    -Mi dispiace, ma non posso.-
    Due gambe lunghe precedono i miei passi e chiudono la porta che ho di fronte. Mi giro e davanti a me un giovane uomo mi guarda infastidito.
    -Perché? Perché rifiuti le mie avance? Non ti piaccio più?-
    -Lei è il mio capo.-
    -Vero. Però non ci sono leggi che mi impediscono di uscire con la mia segretaria.-
    -Si chiama società. Mentre lei rimarrà il capo, io diventerò la putt*** che va a letto con il capo.-
    Vedo gli angoli della sua bocca contorcersi in una smorfia simile ad un sorriso.
    -Io non ho parlato di sesso.-
    Arrossisco nuovamente per la mia audacia e, stavolta, rido liberando l’agitazione che opprime il mio corpo. Lui mi imita e si avvicina sempre di più a me. Sento il suo profumo e ricordi indefiniti si dipingono sulla tela della mia mente. Mi leva il portatile dalle mani e le stringe delicatamente.
    -Adoro il tuo sorriso.-
    -Signor Hasegawa, io…-
    -Shhhhh…-
    Le sue labbra si appoggiano sulle mie, quasi impercettibili. Il mio corpo ama questo tipo di calore. Reagisce complice alle carezze che ricevo dal mio capo, tradendo la parte più razionale di me. Mi sciolgo lentamente e lo abbraccio, confusa da queste sensazioni maliziose. Accetto la sua bocca, le sue mani. Sorrido e ridacchio, presa dall'erotismo della situazione. Un attimo prima di cadere nell’oblio, qualcuno bussa alla porta alle mie spalle e il mio cervello ricomincia a funzionare. Allontano di malavoglia il corpo dell’uomo che desidero, aggiusto la gonna e lego i capelli in uno chignon improvvisato. Hasegawa si aggiusta il colletto della camicia, apre la porta e parla con tranquillità ed eleganza ad uno dei nostri colleghi, come se qualche istante prima tra noi non fosse successo nulla. Prendo agitata il portatile ed esco da quella stanza guardando verso il basso.
    -Ci vediamo alle 18 nel mio ufficio, Sakura.-
    -Si, signor Hasegawa.-
    Corro verso la mia scrivania ignorando gli “Ehy!” di qualche collega. Mi siedo scomposta e cerco di calmare le pulsazioni del mio cuore.
    “Perché? Perché è sempre così con lui?”
    Apro le e-mail dell’ufficio e rispondo ai clienti in modo distratto e frettoloso. Le mie mani tremano e il mio corpo accaldato cerca le attenzioni di un uomo che non dovrei nemmeno guardare. Mi rendo conto di fare la preziosa, ma se dovessi dirgli “ti amo”, cosa ne sarebbe di me? Questo sentimento è troppo forte per essere controllato. In questi anni ho imparato che Hasegawa non è qualcuno che può essere solo di una persona e io ho paura di perdermi tra quelle braccia e di non riuscire più a fare meno di quegli occhi, consapevole che mi ferirei solamente. Sospiro angosciata e frugo nel cassetto alla mia destra. Prendo un libro che ha segnato la mia adolescenza. Lo apro e guardo intensamente la foto che è racchiusa tra quelle pagine rovinate. La accarezzo e mi sciolgo davanti al sorriso innocente di una me più giovane e al broncio scontroso di un Ryuu spensierato. In quella foto era estate e io e Ryuu eravamo al primo anno di liceo. All’epoca tutto mi sembrava difficile o triste o meraviglioso, il tutto dettato dagli ormoni in subbuglio tipici dell’adolescenza. Oggi, rimpiango quelle situazioni scomode, ma facili da gestire. Quei sentimenti puri dettati solo dagli istinti e quei sorrisi semplici e non forzati.
    -Ancora a sbavare dietro quella foto, Sakura?-
    Alle mie spalle una chioma rossa fa ombra sulla mia scrivania. Giro con tutta la sedia e le sorrido scocciata.
    -Guarda lì. Sono tutte le proposte dei collaboratori. Ce la farai per domani? Non avrai intenzione di stare ancora in ufficio fino a tardi?-
    Veniamo entrambe attirate dai sussurri nell’atrio. Hasegawa passeggia fiero con un importante cliente. Il suo sorriso è sereno e la sua parlata risulta calma e disinvolta. Sorrido come un’ebete e mi mordicchio il labbro inferiore. La chioma rossa disturba nuovamente i miei pensieri sedendosi sulla mia scrivania.
    -Hasegawa non passa di certo inosservato, non trovi? Chissà cosa direbbero i nostri colleghi se sapessero che tu e lui siete intimi, molto intimi.-
    -Shhhhh. Che dici? Sei pazza? Qui anche i muri hanno le orecchie.-
    -Non capisco che ci sarebbe di male. Lui è bello, giovane e benestante. È normale innamorarsi di uno così.-
    -Ma è il capo.-
    -Questa è la scusa di adesso. E prima? Che scuse avevi prima?-
    -Eravamo solo amici.-
    -Non direi.-
    -Invece si.-
    -Hai perso la tua verginità con lui. Come puoi dire che eravate solo amici?-
    -Shhhhh. Perché urli?-
    -Non sto urlando, stupida. Sei tu che hai la coda di paglia.-
    Il breve silenzio mi permette di riprendere la calma. Mi accorgo che non dovrei prendermela con la mia collega e amica Ayame. Lei non c’entra nulla con il mio essere vigliacca.
    -Per lui ero solo un’amica. Una qualunque.-
    -Non credo. Ah, mia cara Sakura. Potresti avere una vita perfetta, ma ti piace troppo fare la melodrammatica.-
    -Smettila.-
    -Va bene. Buona giornata, stupida.-
    -Idiota.-
    Lascio perdere Ayame e mi concentro sui fogli che ho sulla scrivania. Leggo e rileggo le stesse righe, non capendone il significato. Appoggio la testa sulle mani e chiudo gli occhi, esasperata da quella pressione sentimentale. Mi sembra di essere ancora una ragazzina che cerca di fare l’adulta, a volte riuscendoci e altre no. So di essere ancora legata ad un passato troppo lontano, ma non riesco proprio ad ignorare la mia storia d’amore a senso unico.

    Capitolo 1: Un calore sconosciuto (clicca qui)

    Edited by OnlyDreams - 20/2/2014, 12:48
     
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  2. mary28
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    carino *.* :b6k.gif: :j4n.gif: :859i.gif:
     
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  3. OnlyDreams
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    Thank you!!!! :zxdt.gif: Spero di tenere la stessa linea anche nei capitoli a venire :1gm.gif:
     
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  4. fantasticfly
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    Davvero davvero carino... ah molte buone premesse e da quello che ho capito ci sono abbastanza cose da approfondire.... Complimenti! Sono impaziente di leggere il seguito ^_^ ^_^ :ct6.gif:
     
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  5. OnlyDreams
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    Capitolo 1: Un calore sconosciuto

    DRIN DRIN DRIN DRIN
    -Pronto?!-
    -Ehi, sei a casa?-
    -Ovvio! Dove dovrei essere?-
    Era estate, faceva caldo e passavo le giornate davanti a un ventilatore nella mia camera. Non ero iscritta a nessun club scolastico, non avevo amici, non venivo invitata in piscina o in campeggio e nessuno si preoccupava della mia esistenza. Beh, nessuno a parte Ryuu.
    -Stasera c’è la prova di coraggio. Ci vieni?-
    -No. Sai che ho paura del buio.-
    -Già. Ma sarebbe un’occasione per far vedere ai nostri compagni che non sei solo un asociale.-
    -Sarebbe un’occasione per essere presa in giro.-
    -Sakura, non tutti sono su questo mondo per deriderti.-
    -Non ci vengo!-
    Lanciai il cellulare violentemente sul letto, arrabbiata più con me stessa che con Ryuu. Era vero che avevo paura del buio, ma la cosa che più mi terrorizzava era essere circondata da un caos di persone con l’incapacità di poter socializzare con loro. Volevo cambiare? Ovviamente. Però, più mi sforzavo di essere aperta verso gli altri, più l’ansia limitava le mie parole e i miei gesti. Mi buttai sul letto, maledicendo me stessa. Con il braccio mi coprii gli occhi infastiditi dai pochi raggi solari che riuscivano a superare le tende. Il cellulare riprese a squillare insistente finché, irritata dalla suoneria, non risposi scocciata.
    -Si?!-
    -Sono sempre io.-
    -Che vuoi?-
    -Sono sotto casa tua.-
    -Che?-
    Saltai giù dal letto e aprii le tende per vedere la faccia imbronciata di Ryuu fammi un cenno di vittoria. Dentro di me sorrisi, ma fuori rimasi impassibile, imitando il broncio del mio unico amico.
    -Sali! La porta è aperta.-
    Chiusi la chiamata e sospirai vistosamente. I miei occhi incrociarono quelli di me stessa allo specchio. Fissai per un po’ il mio corpo esile, privo di curve. I capelli neri stonavano con la mia pelle bianca, quasi trasparente. Guardai su e giù. Di lato e dietro. Scrutai la tuta grigia che indossavo in modo sciatto, rendendomi ancora più sfigata di quello che ero. Legai i capelli in uno chignon disordinato e mi tuffai nell'armadio alla ricerca di un indumento che potesse donare un po’ di colore al mio anonimato.
    -Mostro, dove sei?-
    -Nell'armadio!-
    Ryuu si affaccio da dietro l’anta. Non gli vedevo il viso, ma sapevo che stava sorridendo.
    -Che stai cercando?-
    -Qualcosa che non mi faccia sembrare una sfigata.-
    -E la cerchi nel tuo armadio?-
    -Idiota. Taci.-
    Trattenne un sorriso, cercando di passare per l’amico premuroso.
    -Qualsiasi tuta andrà bene, no?-
    -Cavolo! È tutto così prevedibile?-
    -Monotona.-
    Venni attratta da un luccichio in fondo al cassetto. Presi una magliettina verde con il disegno sbiadito di un’ape e dei brillantini sparsi, e gliela mostrai vittoriosa.
    -Un po’ di colore?-
    -Quella la indossavi alle elementari.-
    -E quindi?-
    -Non può starti ancora.-
    -Non sono cresciuta così tanto. Basta provarla.-
    -Ok. Provala!-
    -Puoi girarti un attimo?-
    -Perché? Tanto non sei cresciuta così tanto. Da piccoli facevamo sempre il bagno insieme.-
    -Dai. Hai capito che intendevo. Girati!-
    -No!-
    Guardai Ryuu dritto negli occhi e, per la prima volta, mi sentii a disagio in sua presenza. Lui si inginocchiò, avvicinandosi a me. L’ultima cosa che avvertii fu il mio battito cardiaco accelerare. Venni intrappolata dai suoi occhi neri, arroganti, quasi euforici. Il suo profumo inebriò i miei sensi, creando una dipendenza che non sono mai stata capace di saziare. Da fuori la finestra, gli uccellini smisero il loro canto. Dentro la camera, l’orologio a coniglio con il pendolo cessò di contare il tempo. I colori divennero anonimi e il mondo si fermò definitivamente. Trattenni il fiato, pietrificata da quell'emozione nuova ed eccitante. Davanti a me c’era un Ryuu completamente diverso, un estraneo. Mi sorrise malizioso e avvicinò il suo viso al mio. Strozzai un gemito di paura e, sommersa da sensazioni mai provate, l’unica cosa che riuscii a fare fu abbassare lo sguardo, spezzando l’incanto senza tempo che si era creato. Guardai la maglietta che avevo tra le mani e la usai come barriera per coprire il rossore sul mio viso.
    -Viva il colore.-
    -Idiota.-
    Sentii un leggero spostamento d’aria. Guardai in alto e vidi Ryuu allontanarsi da me. Non seppi se esserne sollevata o triste.
    -Metti quello che vuoi, tanto fa lo stesso.-
    Si buttò sul mio letto e accese la tv, ignorandomi completamente. Rimasi lì, seduta sul parquet, con una stupida maglietta tra le mani, a guardarlo stranita.
    -Farà lo stesso, ma vorrei essere diversa, qualcuno che fa colpo. Almeno per stasera…-
    I suoi occhi si posarono su di me sarcastici e divertiti.
    -Sono nostri compagni di classe, ti conoscono. Se qualcuno era interessato a te, certamente si sarebbe fatto avanti prima, non credi?-
    -Credo sia difficile accorgersi di qualcuno che non parla mai, ma se mi vesto in modo appariscente, potrei attirare l’attenzione, no?-
    -Quando le tue tette si decideranno a crescere, attirerai l’attenzione.-
    -Mhhhh, che nervi. Idiota!!!!-
    Mi alzai e uscii dalla camera, seguita dalle risate di Ryuu. “Sono una donna, anche se il mio corpo non l’ha ancora capito. Perché mi devi dire certe cose?”. Istintivamente guardai a destra, verso la vecchia camera di mia sorella. Non eravamo mai state molto unite. Un po’ per la differenza di età e un po’ per l’incompatibilità caratteriale. Nonostante i suoi sforzi di avvicinarsi a me, non ero mai stata capace di creare il classico legame tra sorelle. Mi stupii quando constatai il bisogno di volerle parlare. “Tipico da te, Sakura. Quando lei c’era, non la calcolavi minimamente, mentre ora…”. Mi lasciai scivolare fino a sedermi nuovamente sul pavimento, cullata dai pochi ricordi che mi legavano a Rika-neesan. Ripensai a tutte le volte che aveva cercato di regalarmi i vestiti che non indossava più e a tutti i miei “no, grazie”. Ricordai il suo broncio, simile a quello di Ryuu. Quante litigate avevano sentito quei corridoi? Mi illuminai e scattai verso la vecchia camera di mia sorella, con la speranza di trovare nel suo armadio alcuni degli abiti che aveva cercato di rifilarmi qualche anno prima. La maggior parte dei mobili erano ricoperti da lenzuola ingiallite e l’aria odorava leggermente di stantio. La polvere copriva i pochi oggetti rimasti scoperti. Aprii l’armadio trattenendo il respiro. Sorrisi ai vestiti che vi trovai dentro, ringraziando in silenzio Rika-neesan. Ne tirai fuori alcuni e li distesi ordinatamente sul parquet. Aprii la finestra e rimasi immobile a guardare quel misto di colori che faceva venire mal di testa. Optai per un vestito di un blu acceso, l’unico a non avere una scollatura accentuata. Lo indossai velocemente e, curiosa, mi guardai allo specchio. L’abito fasciava elegantemente le poche curve del mio corpo, accentuando i fianchi. Sciolsi i capelli, liberando le onde dei boccoli artificiali. Mi stupii del risultato, sorridendo come un ebete davanti allo specchio. “Wow, niente male.” Rimisi a posto i vestiti che non avevo scelto, chiusi la finestra e ritornai nella mia camera, ansiosa di sentire l’opinione sincera del mio migliore amico. Di certo non mi aspettavo il nulla. Entrata in camera, Ryuu mi guardò con la coda dell’occhio e poi riprese a guardare le immagini disturbate della tv, ignorando il mio piccolo cambiamento. Mi buttai sul letto di fianco a lui, un po’ delusa.
    -Sei pronta?-
    -Direi di si.-
    -Niente felpa?-
    -Stonerebbe con questo vestito.-
    -Uhm. È di Rika?-
    -Era di Rika.-
    -Sei davvero bella, Murakami.-
    -Eh?-
    -Lascia perdere!-
    Non avevo ben capito se era sarcastico o meno, ma fui felice di quel complimento.
    Usciti di casa, ci dirigemmo verso il capanno abbandonato dove si sarebbe fatta la prova di coraggio, in completo silenzio. Le strade erano poco affollate. Una leggera brezza scompigliava le foglie degli alberi, creando uno strano brusio. Guardai il cielo, colorato di un color arancione dal sole che tramontava.
    -Hai notato che il mondo è pieno di colori?-
    -Eh? Che ti sei fumata Sakura?-
    -Dai, sono seria. Guarda il verde acceso degli alberi, l’arancione del cielo, il rosa delle nuvole. Poi arriviamo noi uomini e costruiamo palazzi grigi, asfalti grigi, statue grigie…-
    -Ho capito, ti piacciono i colori.-
    -Ti annoio?-
    -No. Mi piace ascoltare le tue scemenze.-
    Misi il muso e lui sorrise leggermente. L’odore pesante dello smog incominciò ad abbandonarci e i miei polmoni si rilassarono. Il profumo dei fiori, il ronzio delle api, lo scroscio di un ruscello artificiale. La campagna era deserta e immensa. Alla luce del sole non faceva paura, ma con il buio sarebbe diventata lo scenario ideale per un film horror. Abbandonai la mia calma, addentrandomi nelle mie paure. Ryuu se ne accorse e se ne uscì fuori con una frase fatta che aveva l’intento di calmarmi.
    -Nel buio non c’è nulla che non ci sia nella luce.-
    -Ma almeno con la luce vedo il nulla di cui parli.-
    Voci di ragazzi spensierati arrivarono alle nostre orecchie. Affrettammo il passo, o meglio Ryuu accelerò, io mi limitai a seguirlo goffamente. L’atmosfera era diversa da quella che c’era tra i banchi di scuola. Si respirava libertà, divertimento, adrenalina. Mi innervosii, ma cercai di non darlo a vedere.
    -Guarda! La maggior parte dei nostri compagni sono arrivati e… Oddio, c’è qualche senpai. Ti dispiace se…-
    -Vai. Io starò bene.-
    -Grazie.-
    Lo vidi allontanarsi da me, riproponendo il vuoto tipico della mia vita. Spazzolai il vestito nervosamente e camminai svogliata verso il fastidioso vociferare dei miei compagni di classe. Ignorai gli sguardi straniti e le parole sussurrate e mi sedetti non troppo lontana dal piccolo falò che qualcuno aveva acceso vicino al capanno. Con le dita, incominciai a torturare l’erba che mi circondava. L’accarezzai e la tirai leggermente. Inspirai il suo profumo acre, sentendomi un po’ più serena. Ben presto, mi dimenticai di quello che mi circondava. I pensieri mi colpirono sadici le meningi, creandomi un forte mal di testa. Mi convinsi che Ryuu aveva ragione: era troppo tardi per far si che qualcuno si interessasse a me. Passavo diverse ore del giorno con quei ragazzi. Le lezioni, gli intervalli, le pause pranzo, le riunioni. Avevo avuto diverse occasioni per fare amicizia con loro, ma non le avevo sfruttate. Non era strano che tutti mi snobbassero. Nemmeno io avrei rivolto la parola a qualcuno che ti ignora a prescindere. Mi odiai per quello che ero e pensai di sgattaiolare via, ma la risata di Ryuu attirò la mia attenzione. Era poco lontano da me e parlava in modo disinvolto con alcuni senpai. Rideva e scherzava senza sforzo, mettendo a proprio agio chiunque lo circondasse. Per un attimo, invidiai quel tipo di atmosfera che non ero mai stata capace di ricreare. È strano che due persone completamente diverse possano instaurare un rapporto di amicizia, ma è quello che è successo a noi. Senza ricordarmi come, Ryuu è entrato nella mia quotidianità e non ne è più uscito. Mi ritrovai a sorridere come un’idiota mentre ripensai a noi due piccoli che giocavamo a fare castelli di sabbia o a nascondino. Prima eravamo solo io e lui, ma in quel momento mi accorsi che Ryuu era andato avanti, lasciandomi nettamente indietro. Feci per andarmene quando una voce acuta annunciò l’inizio della prova di coraggio.
    -Ciao a tutti. Il sole è finalmente tramontato. Si inizia. Ci divideremo in coppie, ok? Scrivete i vostri nomi e poi metteteli dentro questi sacchetti. In quello di destra andranno i nomi delle ragazze e in quello di sinistra quelli dei ragazzi. Lasceremo che il destino scelga per voi. Ok…-
    Demoralizzata, mi misi in fila con le ragazze. Le mani mi tremavano ansiose. Non capivo come ero capitata in quella situazione e incominciai a maledire Ryuu. Scrissi il mio nome in modo pessimo e lo lanciai nel sacchetto di destra, sperando di capitare con qualcuno che, come me, volesse finire quello strazio il prima possibile. Mi sedetti nuovamente vicino al falò e aspettai che tutti finissero di consegnare i propri nomi. Nervosa e malinconica, non mi accorsi della chioma rossa seduta di fianco a me. Credo che rimase in silenzio per un po’, scrutandomi curiosa. Quando mi accorsi della sua presenza, era troppo tardi per dirle qualcosa: gli organizzatori stavano formando le coppie.
    -Bene ragazzi, allora. I primi che partiranno saranno Nakamura e Tanaka. A seguire, Kobayashi e Okate. Per terzi, Hayashi e Kimura…-
    “Quando cavolo diranno il mio nome?”
    Incominciai a dondolare avanti e indietro, mostrando il mio disagio. Tutti ridevano, fischiavano e urlavano. Pensai che l’essermi sforzata di partecipare a quell'assurdità, non mi rendeva meno asociale di declinare l’invito.
    -Tieni.-
    Una mano pallida mi offrì una lattina gelata di thè al limone. La presi in mano rabbrividendo leggermente e sorrisi alla ragazza con la chioma rossa ringraziandola con un cenno del capo.
    -Adoro il tuo vestito. Io sono Kaneko Ayame.-
    -Lo so. Ormai sono quattro mesi che siamo nella stessa classe. Grazie per il complimento, comunque.-
    -Oh. Allora perdonami, ma io non mi ricordo proprio il tuo nome.-
    -Murakami Sakura.-
    Sussurrai il mio nome con una nota di imbarazzo. Come potevo biasimarla? A parte che con Ryuu, io non parlavo con nessuno.
    -“Cherry Blossom”.-
    -Eh?-
    -Il tuo nome in inglese. Non farebbe un bell’effetto, eh?-
    -No, per nulla direi.-
    -Perché te ne stai qui tutta sola?-
    -Non dovrei nemmeno essere qua.-
    -E perché?-
    -Ho paura del buio.-
    -Beh, tanto non sarai sol…-
    -AYAME-CHAN!-
    La chioma rossa si alzò affaticata e il calore che si era creato svanì nel nulla.
    -Siamo insieme, mia dolce e cara Ayame.-
    -Non ti fare strane idee. Su, andiamo.-
    Prima di andarsene, Ayame si girò verso di me e mi fece l’occhiolino, sorridendomi dolcemente. Ricambiai con un mezzo sorriso forzato e ritornai nell’ombra, aspettando il mio nome.
    -… e infine, beh, siete solo voi. Murakami e Hasegawa. Voi partirete per ultimi. Pronti? Via.-
    Ringraziai il cielo che fosse Ryuu il mio compagno d’avventura. Mi alzai, ignorando il dolore del fondoschiena, e raggiunsi gli altri alla ricerca del mio amico. Come al solito, fu lui a trovarmi per primo. Mi prese per il polso e, quando mi girai, mi ritrovai davanti il suo storico broncio.
    -Siamo insieme Sakura, che palle.-
    -Come che palle?-
    -Mi starai appiccicata tutto il tempo. Fifona.-
    -Ma sparisci.-
    -Bene, allora andrai là dentro senza di me?!-
    A quelle parole mi irrigidii e mi aggrappai al suo braccio sinistro, con nessuna intenzione di lasciarlo. Lui sorrise sadico e, in silenzio, ci spostammo verso la fine della fila.
    -Ti ho portata qui per aiutarti a farti degli amici e capitiamo insieme.-
    -Oserei dire che è destino.-
    -Che stiamo insieme?-
    -No, che non avrò mai amici.-
    -Ma stavi parlando con Ayame. Almeno hai fatto un passo avanti.-
    -Uh, ci hai viste? È la prima volta che si accorge che esisto. Non sapeva nemmeno il mio nome.-
    -Beh, non fargliene una colpa. Passa le ore di lezione sul tetto della scuola e quando è in classe non fa altro che dormire.-
    -Non gliene faccio una colpa. Penso che nessuno dei nostri compagni conosca il mio nome o sa che esisto.-
    -Io, veramente, mi sono accorto della tua presenza.-
    Alzai lo sguardo e un ragazzo dagli occhi caldi mi guardò un po’ intimidito. Cercai di sorridergli, ma non riuscendoci, spostai lo sguardo verso il basso. Fu Ryuu a prendere in mano la situazione.
    -Scusala, Shou. È un po’ strana, vive in un mondo tutto suo, ma è una brava ragazza.-
    -Lo so, immagino. Scusami se ti ho infastidita, Murakami-san.-
    -No, non mi hai infastidita. E per favore, chiamami Sakura.-
    Quella frase uscì dalla mia bocca senza che io me ne accorgessi. Sentii gli sguardi increduli di Shou e Ryuu su di me e incominciai ad agitarmi.
    -Ok… Sakura.-
    Mi sorrise e si girò verso la sua compagna. Per la seconda volta, quella sera, qualcuno che non fosse Ryuu, mi aveva sorriso con naturalezza. Un sussurro arrivò al mio orecchio.
    -Un piccolo passo per l’uomo, un grande passo per Sakura.-
    Sorrisi al mio unico amico e ritornai nel mio stato di calma piatta. I minuti passavano e i ragazzi davanti a noi diminuivano, fino a scomparire del tutto nell'oscurità del capanno. Dopo che Shou e la sua compagna sparirono dalla nostra visuale, aspettammo cinque minuti ed entrammo anche noi nel vecchio capanno. Tutto taceva e il buio era penetrante. Non si vedeva molto, quasi nulla, e la paura incominciò a prendere vita dentro di me. Mi appiccicai a Ryuu stringendo forte al mio petto il suo braccio. Camminavamo in silenzio, velocemente, cercando di finire al più presto quella stupida prova. Il legno cigolava, fuori le cicale cantavano e il vento creava strani sussurri attraverso le crepe dei muri. Nonostante fossero passati svariarti minuti, i miei occhi non si erano ancora del tutto abituati all'oscurità che, invece di rimanere anonima, prendeva la forma di ombre spaventose. Mugolai qualcosa e strinsi forte la mano del mio migliore amico attirando la sua attenzione.
    -Io non ce la faccio più, Ryuu. Voglio uscire da qui.-
    -Tra poco saremo fuori.-
    Davanti a noi qualcuno urlò e, per riflesso, nascosi il viso tra il braccio e il petto di Ryuu. Lui si liberò dalla mia stretta e mi abbracciò forte, provocandomi un po’ di dolore. Sentii il suo cuore pompare forte e il suo respiro farsi più affannoso.
    -Dovresti stare più attenta. Non ti puoi avvicinare così tanto ad un uomo e credere che lui non reagisca.-
    -Che cosa vuoi dire?-
    Mi liberò dalla sua morsa e rimase davanti a me a fissarmi per un po’.
    -Il tuo profumo. La tua pelle liscia. Quel vestito. Stai mettendo a dura prova i miei istinti.-
    -Ma di che istinti parli? –
    -Quelli maschili. Ultimamente, per qualche strana ragione, è dura stare con te e non fare strani pensieri.-
    -Che tipo di pensieri?-
    -Te nuda, ad esempio.-
    La luna colpì i nostri visi violenta, creandomi un attimo di stordimento. Guardai quegli occhi neri, intrisi di una strana luce. Ryuu si avvicinò a me e io indietreggiai di poco, ma fui bloccata dal muro. Mi sentii in trappola. Come qualche ora prima, il suo profumo fu intrappolato dai miei polmoni, creando una sorta di bisogno indefinto dentro di me. Confusa ed eccitata, feci per abbassare lo sguardo, ma fui bloccata dalle lunghe dita di Ryuu.
    -No, stavolta no.-
    Le sue labbra si appoggiarono alle mie. Rimasi con gli occhi aperti assaporando quel dolce tocco. Sapeva di dolce, marmellata o forse semplicemente frutta. Socchiusi le labbra e Ryuu non perse l’occasione di rendere quel dolce bacio più caldo. Assaporai la sua lingua. “Si, è marmellata.” Chiusi gli occhi e mi feci travolgere dalla situazione. Il mio corpo incominciò a reagire istintivamente. Lo abbracciai e mi inarcai verso di lui, permettendo alle sue mani di percorrere punti dove non ero mai stata toccata. Mi prese la gamba e la accarezzò, salendo verso l’alto, arrivando quasi alla parte più intima di me. Mi scansai un attimo per prendere fiato e ansimai vistosamente.
    -Se fai così, mi ecciti di più.-
    Riprese a baciarmi, impaziente e curioso. Con la mano sinistra abbassò lentamente la cerniera del vestito, lasciandomi la schiena scoperta. Le sue labbra scivolarono sul mio collo, poi sulla spalla. Il vestito scivolò di poco, mostrando un reggiseno verde, decorato da cuori viola. Imbarazzata, chiusi gli occhi ancora più forte, rendendo il tutto più erotico. La sua bocca scese giù e il vestito con lei. Le labbra umide si appoggiarono sull'ombelico facendomi ansimare nuovamente. Stavo per abbattere del tutto il muro della ragione, quando delle voci in lontananza si fecero largo in quel piccolo angolo di paradiso. Ryuu si staccò da me infastidito alzandosi e aiutandomi a rimettere il vestito addosso. Riprendemmo a camminare dentro i corridoi del capanno, guardando entrambi verso il basso, con le mani legate tra di loro da una stretta delicata.
    A prova ultimata, ripresi il completo controllo dei miei pensieri. Allontanai Ryuu da me e corsi via. Quella sera, lui non mi seguì. Ripercorsi da sola la strada verso casa, ancora scossa da quelle emozioni nuove. Mi fermai al parco dove da piccoli io e Ryuu eravamo soliti giocare e mi sedetti sull'altalena. Toccai le mie labbra, ancora calde e gonfie. Le gambe mi tremavano e i posti dove Ryuu aveva appoggiato le sue mani bruciavano. Mi dondolai un po’ seguendo l’onda dei miei pensieri. Avevo indossato un abito femminile che stuzzicava le fantasie del mio migliore amico. Una ragazza mi aveva parlato, attratta dal mio abito. Un ragazzo mi aveva sorriso dolcemente, facendomi notare che io, per lui, non ero solo un nome sul registro. E poi… E poi… Era arrivato! Il mio primo bacio. Irruento e impacciato.
    Ardente. Un bacio che sarebbe rimasto a lungo tatuato sulle mie labbra. Mi dondolai ancora un po’, finché il freddo della sera non incominciò a pizzicare sulla pelle. Ritornai a casa eccitata e felice. In camera mia, prima di togliere l’abito blu, mandai un’email a mia sorella.
    “Nee-san, grazie per i vestiti che hai accidentalmente dimenticato in camera tua.”
    Poi, spensi cellulare, luce e pensieri. Fu così che mi innamorai perdutamente di tutte le sfumature fredde del blu.
     
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