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    Titolo: Heptagon
    Autore: HIJIRI Chiaki
    Numeri Tankoubon: 1 Volume (5 Capitoli)
    Genere: Drammatico, Josei, Psicologico, Vita quotidiana, Soprannaturale.
    Team inglese: Dragon Voice
    Progetto curato da: Maniac Checkmate



    Trama
    Nana, un'apatica ragazza di 24 anni con una vita vuota, rimane vittima di un incidente stradale e si sveglia nel passato nel suo corpo di 14enne liceale. Vivendo alla giornata, comincia a riesumare ricordi seppeliti nel profondo della memoria, e al momento non riesce a ricordare di essere coinvolta con sua sorella maggiore, che stima fortemente e il primo amore di sua sorella...un ragazzo dell'ultimo anno.

    Edited by Caeles - 1/8/2015, 23:05
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    Titolo: Heaven’s Door
    Autore: HONGOU Ranko
    Numeri Tankoubon: 1 Volume
    Genere: Shoujo, Commedia, Romantico, Drammatico
    Team inglese: Nagareboshi
    Progetto curato da: Maniac Checkmate



    Trama
    Vivere un’ esistenza all’interno di un ospedale, senza conoscere nulla del mondo esterno, può essere considerata vita? Harumi ha passato la sua, fin da quando aveva sette anni, all’interno di un ospedale, a causa di una grave malattia genetica. La sua realtà è deformata da un’esistenza priva di significato, ma l’arrivo dello spigliato Masato potrebbe cambiare la sua triste prospettiva, aiutandola ad avere il coraggio necessario per affrontare con un sorriso la sua difficile situazione…

    Edited by Caeles - 1/8/2015, 23:03
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    - Il flauto del Lago

    IL FLAUTO DEL LAGO




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    Molti anni fa un giovane samurai, stava viaggiando dal territorio di Sewa, che oggi fa parte della prefettura Yamagata, per ordine del signore del luogo, recando una lettera alla città di Shimizu. Camminava a passi spediti senza mai concedersi una sosta. Era già in viaggio da alcuni giorni e quindi, da quel buon viaggiatore che era, non molto dopo arrivò vicino alla sua meta. Distava solo poche ore di cammino dalla città, quando giunse in un luogo molto grazioso sul fiume Mogami. In quel punto la corrente si era allargata a formare laghetti e paludi. Il giovane decise di fermarsi lì a riposare un po’. Tirò fuori il suo spuntino e, appena finito di mangiare, estrasse il flauto dalla cintola e si dilettò per qualche momento con una dolce melodia. Credeva di essere completamente solo, con l’unica compagnia degli uccelli acquatici. Nelle vicinanze crescevano alcuni salici che facevano pendere sull’acqua i loro lunghi rami flessuosi come scure cortine verdi.
    Non appena il samurai si fu riposato, ripose il flauto e voleva alzarsi per riprendere il cammino. Ma quando alzò lo sguardo, vide in piedi non lontano da lui una bella ragazza. Doveva essersi avvicinata a passi molto leggeri. La ragazza sorrise dolcemente e disse:
    «Mio buon signore, ti prego, suona ancora un po’. È bellissimo!»
    L’uomo si spaventò, non riusciva a spiegarsi cosa ci stesse a fare una ragazza in quel posto deserto.
    «E tu da dove vieni? Che ci fai in questo posto solitario?»
    «Abito qui vicino. Passeggiavo nel mio giardino e ho sentito la tua musica deliziosa. Ti prego, suona ancora un po’ per me!»
    Il giovane adesso osservava con maggior piacere quell’apparizione. Era una ragazza graziosa e slanciata, con la pelle bianca e fine e lunghe chiome fluenti. Ma lo colpì il fatto che i suoi occhi erano quasi rossi. E subito dopo restò sbalordito: la ragazza non stava sulla riva, ma nell’acqua, o meglio, sull’acqua! Non poteva essere una creatura umana!
    Indietreggiò e si voltò per abbandonare al più presto possibile quel luogo diventato improvvisamente sinistro. Ma la ragazza lo pregò di nuovo:
    «Per favore suona di nuovo per me. Poche volte ho udito melodie così dolci».
    Il samurai si mise sulla difensiva e disse:
    «Sono in viaggio per ordine del mio signore e mi sono già fermato molto a riposare, adesso devo affrettarmi. Non posso più suonare per te».
    La creatura lo prese delicatamente per la manica e replicò:
    «Hai ragione, mio signore, ma promettimi che al tuo ritorno verrai di nuovo qui e mi rallegrerai ancora una volta con il tuo flauto».
    Il giovane promise in fretta che avrebbe fatto ciò di cui lei lo pregava: avrebbe promesso qualsiasi cosa, pur di potersene andare di lì.
    «Allora ti aspetto, mio cavaliere, e mi raccomando, non deludermi!»
    Con queste parole la ragazza si voltò e subito scomparve silenziosamente tra i rami dei salici. Il samurai respirò di sollievo e si allontanò di fretta da quella spiaggia solitaria. Affrettando il passo raggiunse ben presto la città di Shimizu. Portò a termine il suo incarico e già il mattino seguente poté intraprendere la via del ritorno. Non aveva intenzione di mantenere la promessa che aveva fatto a quella strana ragazza. Prese quindi un’altra strada che lo avrebbe fatto passare a distanza da quel luogo. Affittò una barca insieme ad altri viaggiatori con l’intenzione di scendere per un tratto il fiume Mogami e di riprendere il cammino a piedi solo quando si fosse lasciato alle spalle quel luogo inquietante. Pensava che la ragazza fosse uno spirito delle acque, di quelli che vivono nei laghi e nelle paludi, e che certamente non avrebbe potuto lasciare il suo ambiente e arrivare fino al fiume. Inoltre non era solo: aveva un’intera barca piena di viaggiatori. Lo spirito non si sarebbe fatto vedere.
    La barca viaggiava tranquilla, il battelliere si dava molto da fare, e tra i viaggiatori regnava l’armonia. Il tempo era sereno, e nel primo mattino sull’acqua si godeva una piacevole frescura. Il samurai si ripromise di fare un giorno o l’altro un breve viaggio di piacere.
    La gente sulla barca conversava, e nessuno si accorse che la piccola imbarcazione procedeva sempre più lentamente. Il battelliere si sentiva terribilmente stanco, tanto che alla fine la barca non si mosse più e galleggiava mollemente sull’acqua, sempre allo stesso posto. Alla fine i passeggeri se ne accorsero, e uno di loro gridò:
    «Ehi, battelliere, perché non ti muovi? Facci proseguire, abbiamo fretta!»
    L’uomo si asciugò il sudore dalla fronte e mormorò preoccupato:
    «Miei cari compagni di viaggio, non ce la faccio più, la barca è come inchiodata».
    «Ma dobbiamo proseguire, non possiamo rimanere qui in mezzo all’acqua!»
    Il battelliere ci provò di nuovo con tutte le sue forze, ma la barca non volle muoversi. I passeggeri diventavano sempre più inquieti, si guardavano l’uno con l’altro, ma nessuno sapeva cosa fare. La barca se ne stava immobile in mezzo alla corrente, e sembrava che l’acqua mormorasse in modo strano.
    Allora il battelliere disse:
    «Forse gli spiriti dell’acqua vogliono un’offerta da noi. Vi prego, ciascuno getti in acqua la cosa più bella e preziosa che porta con sé. Forse così gli abitatori delle profondità ci permetteranno di proseguire».
    Così dicendo si tolse una bella giacca ricamata e la gettò nel fiume. Subito affondò. Tutti frugavano nelle proprie sacche. Il sacerdote che viaggiava con loro offrì un prezioso rotolo manoscritto, il contadino un sacco pieno di fagioli, il mercante aprì sospirando il portamonete e si separò da una moneta d’oro, una ragazza sfilò dai capelli lo spillone di tartaruga e lo fece scivolare nell’acqua, e infine una cantatrice gettò nel fiume il suo Shamisen. Ciascun dono affondò subito nell’acqua scura.
    Toccava ora al giovane samurai. Dopo una breve esitazione, estrasse dalla cintura il suo amato flauto. Pensieroso lo gettò nella corrente, ma non affondò come le altre offerte. Si sollevò in posizione verticale, restò immobile per un istante, poi cominciò a girare intorno alla barca. Allora i viaggiatori si allontanarono dal samurai e si raggrupparono a un angolo della barca: era lui, era per causa sua che gli spiriti delle acque non permettevano alla barca di proseguire il viaggio! Il giovane sapeva bene perché non potevano muoversi: aveva promesso alla creatura dell’acqua, alla ragazza sul lago, che al ritorno avrebbe suonato il flauto per lei e non aveva voluto mantenere la promessa. E adesso la ragazza era tornata per punirlo. Il suo potere si estendeva fino al centro del fiume. Spinse lo sguardo fino al punto in cui si trovava quel luogo in riva al lago e distinse nitidamente i vecchi salici con le loro foglie simili a un velo di tenue color verde.
    Il barcaiolo, che nel frattempo si era ripreso dallo spavento iniziale, si raccomandò dicendo:
    «Mio signore, come vedete gli spiriti delle acque hanno qualche affare in sospeso con voi. Di sicuro sapete molto bene ciò che desiderano. Devo pregarvi di lasciare la nostra barca, altrimenti non raggiungeremo mai la riva».
    Il samurai annuì brevemente, salì sul bordo della barca e saltò nell’acqua. I viaggiatori gridarono, prima di terrore, poi di meraviglia: infatti il giovane non affondò, anzi, l’acqua si raccolse intorno a lui, ed egli se ne stava in piedi sull’acqua. Senza una parola si voltò e si avviò in direzione delle paludi e dei laghetti, dove ben presto scomparve tra le cortine di salici e le piante acquatiche. E il suo flauto scivolò dietro di lui! Non appena scomparve alla vista, la barca ricominciò a muoversi. L’incantesimo era spezzato, e il battelliere poté nuovamente pilotare la sua imbarcazione.
    Il giovane samurai scomparve per sempre. I suoi compagni di viaggio furono le ultime persone che lo videro. Da allora nessuno ne seppe più nulla.
    Da quella volta tra le paludi e i laghetti del fiume Mogami si sente spesso una musica di flauto dolce e incantatrice. E soprattutto nelle notti di luna, quando bianche nebbie si stendono sulle acque, un delicato e finissimo intreccio di suoni sale misteriosamente verso il cielo notturno.

    Scritto da Kaori


    - Le sei statue con i cappelli di paglia

    Le 6 statue con i cappelli di paglia





    C’erano una volta un nonno e una nonna. Il nonno, per guadagnarsi la vita fabbricava cappelli di paglia. Entrambi vivevano in povertà e una volta, a capodanno, capitò che non avessero nemmeno i soldi per comprare i tradizionali biscotti di riso. Così il nonno decise di andare in città e vendere alcuni cappelli di paglia. Ne prese cinque e si mise in cammino. La città era lontana e per arrivare lì, il vecchio, doveva attraversare la campagna.

    Finalmente raggiunse la città e passeggiando per le vie gridava:

    “Cappelli di paglia, cappelli di paglia! Chi vuole dei cappelli!”

    La città era piena di gente che faceva le compere di Capodanno: pesce, sake, biscotti di riso e poi si affrettava ad andare a casa. Nessuno comprava i cappelli del vecchio. A Capodanno tutti restano a casa ed i cappelli di paglia servono a poco.

    Per tutto il giorno il vecchio girò per la città offrendo i suoi cappelli, ma non riuscì a venderne neanche uno. Verso la fine del pomeriggio decise di rientrare a casa senza aver potuto comprare i biscotti di riso. Mentre stava uscendo dalla città si mise a nevicare.

    Il vecchio era molto stanco e attraversando la campagna scorse gli Ojizousama, le statue tagliate dalla pietra che, in Giappone, rappresentano le divinità dei bambini. Ce n’erano sei e la neve cadeva sulle loro teste e scendeva sulle loro facce. Il vecchio, che aveva buon cuore, pensava che i poveri Ojizousama avessero molto freddo, così pulì dalla neve le loro teste e gli mise i cappelli che non era riuscito a vendere, bisbigliando:

    “Questi sono semplicissimi cappelli di paglia, vi prego di accettarli…”

    I cappelli erano solo cinque, mentre le statue erano sei, allora il nonno diede il suo cappello all’ultimo Ojizousama dicendogli:

    “Questo cappello è troppo vecchio e consunto, ma ti sarà utile.”

    Fatto ciò il nonno riprese la sua strada sotto la neve. Il vecchio rientrò a casa tutto coperto dalla neve. Vedendolo senza il suo cappello, la nonna gli domandò che cosa era successo e lui gli raccontò la storia dei Ojizousama:

    “Non sono riuscito a vendere nessun cappello in città. Poi sulla strada di ritorno ho incontrato sei Ojizousama che stavano sotto la neve ed ho pensato che avessero molto freddo. Ecco perché gli ho dato i cappelli che avevo e poiché ne mancava uno ho dato anche il mio.”

    La nonna commossa dalla bontà del marito gli disse:

    “Hai fatto bene perché anche se siamo poveri abbiamo una casa.”

    Il nonno che tremava dal freddo sedette vicino al fuoco, mentre la nonna preparava la cena. Questa volta non avevano i biscotti di riso perché il nonno non era riuscito a vendere niente. Cenarono con un po’ di riso e verdura ed andarono a letto.

    A mezzanotte il vecchio e la nonna furono svegliati da un rumore come se qualcuno stesse cantando. Dapprima le voci erano lontane, ma poco a poco s’avvicinarono alla casa cantando:

    “Il nonno ha dato sei cappelli agli Ojizousama
    Dov’è la sua casa?

    Dove abita?”

    Il vecchio e la nonna erano molto sorpresi sentendo questa canzone, poi sentirono “Bam!”.

    S’alzarono a vedere chi fosse e aprirono la porta. Sulla soglia qualcuno aveva lasciato un mucchio di regali: riso, pesce, sakè, biscotti di riso, decorazioni per Capodanno, coperte, kimoni, e tante altre cose.

    Il nonno e la nonna si guardarono attorno per cercare chi avesse fatto questi doni e videro i sei Ojizousama che si allontanavano e portavano sulle loro teste i cappelli di paglia che il nonno gli aveva regalato.

    Gli Ojizousama si mostrarono riconoscenti per la bontà che il vecchio aveva dimostrato loro, portandogli tutto ciò che gli rendesse felice il Capodanno.



    Fonte: Sognando il Giappone
    Scritto da Yukino


    - La leggenda dei Bijuu

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    Nell’antico giappone , secondo la leggenda, ogni dio degli Elementi della Natura fu sigillato in un Sacrario. Nacquero così nove Bijuu (Cercoteri): Shukaku del Vento, Nekomata dell’Oscurità, Isonade dell’Acqua, Sokou del Veleno, Houkou dell’Illusione, Raijuu del Lampo, Kaku della Terra, Yamata No Orochi degli Inferi e Kyuubi del Fuoco.
    Nella Leggenda delle Bestie con le code, cinque di questi Dei furono sigillati con degli strumenti chiamati “Attrezzi del Potere”.
    Gli “Attrezzi del Potere” discendono dagli “Otto immortali” della mitologia cinese, ovvero divinità che trasferirono la loro energia ad ogni “Attrezzo del Potere” permettendogli di assumere la forma da loro scelta.
    I Sacrari contenenti questi cinque Bijuu erano sparsi nel territorio del Giappone, inoltre continuavano a rilasciare energia spirituale anche mentre i Bijuu erano sigillati al loro interno. Il più famoso e potente tra questi era il Sacrario del Fuoco.


    Demone a una coda (Ichibi) Shukaku

    Storia:
    Shukaku è un Bijuu con la forma di un cane-procione (Tanuki nella mitologia giapponese). In passato era un prete che aveva vissuto nel Deserto di Nara e che, a causa del potere oscuro rilasciato da Yamata no Orochi, e sotto l'assalto pesante di vento e sabbia , si trasformò in quella che sarà la sua forma attuale ovvero un Tasso. Shukaku vive nelle anime di persone uccise dal vento e dalla sabbia. I tatuaggi viola (blu nell'anime) rappresentano il suo titolo di Dio del Vento. Shukaku fu sconfitto da un monaco di Nara chiamato Oraga Nakashimu con un tipo di arte magica. Successivamente il monaco utilizzò l’Attrezzo del Potere: Bollitore per il the per sigillarlo nel Sacrario del Vento.

    Antica Guerra dei nove Dei:
    Shukaku ha combattuto contro altri cinque Cercoteri
    Vittorie: Sokou
    Sconfitte: Raijuu, Nekomata, Isonade
    Fughe: Yamata no Orochi

    Mitologia giapponese :
    il Tanuki ha enorme corpo di color giallo. Tanuki è un mito giapponese: è reputato aggressivo, da prendere con le buone, un mago del travestimento ma piuttosto credulone e distratto. Tanuki è dipinto anche tipicamente con una grande pancia. Una storia popolare nota come il "Chagama di Bunbuku" è su un tanuki che imbrogliò un monaco trasformando in un bollitore per il tè. Si dice che Tanuki inganni commercianti con foglie, che trasforma in finti soldi. Statue di tanuki possono essere trovate fuori dai templi giapponesi e ristoranti, specialmente negozi di tagliatella. Queste statue portano un grande, cappello a forma di cono e spesso portano una bottiglia di sakè.

    Abilità: Ha il controllo del Vento e può manipolare la Sabbia
    Bijuu Forza Classifica: 8° posto
    Bijuu Chakra/Stamina Classifica: 9° posto
    Elemento simbolico: Vento (Dio del Vento)
    Origine: Deserto di Nara



    Demone a due Code (Nibi) Nekomata


    Storia:
    Nekomata è un Bijuu dalla forma di gatto e possiede il potere della Morte. Il suo aspetto è quello di un enorme gatto nero (dipinto come un angelo nero alato) ed è l'animale domestico del Dio della Morte.
    Nekomata si alimenta di spiriti di persone morte grazie a un terzo occhio posto sulla fronte, e può chiamarli in causa per combattere al suo posto. Tentando di dominare i suoi nemici, Nekomata si alleò con Houkou, ed insieme attaccarono Kyuubi. Entrambi però subirono una grave sconfitta, Nekomata morì e successivamente venne resuscitato dal suo padrone, il Dio della Morte per l’appunto. Nekomata venne ucciso una seconda volta da Kyuubi, e il corpo venne custodito in un Sacrario nella Foresta della Morte, sigillato dal Dio della Morte stesso.

    Antica Guerra dei nove Dei:
    Nekomata ha combattuto contro altri tre Cercoteri
    Vittorie: Kaku, Isonade
    Sconfitta: Kyuubi

    Mitologia giapponese :
    Secondo il Mito, Nekomata è un gatto nero a due code, con orecchie lievemente più appuntite e canini piu grandi, rispetto a quelle dei gatti normali. Si dice che può anche camminare eretto. Il Bijuu originale era un vecchio gatto, dipinto come una vecchia e grassa signora, successivamente venne legato alla figura di angelo nero.
    Gesticolando con la sua coda (e camminando eretto), Nekomata può animare e può controllare lo spirito del morto. A volte mangia il suo proprietario, e poi assume un aspetto umano aspettando la prossima vittima. C'è anche un buon Nekomata nella leggenda che spesso si trasforma in una giovane ragazza per avvicinarsi alla società; con una natura molto docile, alla quale piace mangiare pesce, ha un bel corpo e le piace dipendere da altri. Altrimenti, l'aspetto del Nekomata diviene di una vecchia donna che espone le cattive abitudini in pubblico con un'aria molto temuta.
    Nekomata può fare anche altre magie, ma il suo potere più noto e comune è quello di animare i morti e manipolarli per il suo scopo. Nekomata deve ricevere molte attenzioni, cibo, e rispetto. Se viene insultato o offeso da qualcuno, egli prende possesso dei parenti morti del "tormentatore" finche non ha ricevuto il cibo e le scuse che ritiene necessarie!

    Abilità: E’ in grado di controllare gli spiriti delle persone decedute, così come quelli delle bestie oscure
    Bijuu Forza Classifica: 4° posto
    Bijuu Chakra/Stamina Classifica: 8° posto
    Elemento simbolico: Oscurità (Dio dell'Oscurità)
    Origine: Foresta della Morte


    Demone a tre Code (Sanbi) Isonade


    Storia:
    Un pescatore e guerriero coraggioso di Yokohama, chiamato Takuma Muramasa, sacrificandosi in un atto coraggioso, riuscì ad avvicinarsi ad Isonade e a sigillare il suo servitore personale Samehada, (grazie all' utilizzo dell'Attrezzo del Potere: Pentola del Pesce Squalo) nel Sacrario dell' Acqua.
    Isonade divenne così incapace di ricreare quella enorme quantità di chakra che aveva, e una volta esausto venne risucchiato dal sigillo dell'Attrezzo del Potere nel Sacrario dell' Acqua in compagnia di Samehada.

    Antica Guerra dei nove Dei:
    Isonade ha combattuto contro altri quattro Cercoteri
    Vittorie: Kaku, Shukaku
    Sconfitte: Nekomata
    Fughe: Yamata no Orochi

    Mitologia giapponese :
    Isonade ha l'aspetto di uno squalo con 3 code e 3 pinne. Possiede un corno appuntito sulla fronte, un corpo di colore blu scuro, ed è attirato dal sangue (come tutti gli squali). Vive nelle acque profonde ad Ovest del Giappone dove lotta con i vari pirati. Periodicamente, Isonade nuota fino alla superficie dell'acqua per respirare l'aria fresca, e quando questo accade, avvengono grandi tempesta, si creano maremoti, e tutte le navi vengono ingoiate da lui come se fossero del cibo.
    Isonade ha un pesce subordinato chiamato Samehada , che si lega al suo stomaco, ed assorbe il suo cibo per creare ammontari enormi di chakra, che poi restituisce al suo padrone. Grazie al potere di Samehada, Isonade può ottenere una quantità di chakra cinque volte superiore a quella originale. Quando Isonade combatte quindi, ha una quantità di chakra quasi illimitata grazie proprio a Samehada.

    Abilità: Poteri di acqua generici, può controllare le correnti d' acqua
    Bijuu Forza Classifica: 6° posto
    Bijuu Chakra/Stamina Classifica: 7° posto
    Elemento simbolico: Acqua (Dio di Acqua)
    Origine: Le quattro Isole Nanju - Yawagawa Area Marittima


    Demone a quattro Code (Yonbi) Sokou


    Storia:
    Sokou all'inizio era un Bijuu simile a un rettile che viveva vicino al Monte Fuji. A causa della benzina tossica e delle ceneri del vulcano, fu trasformato in un mostro mezzo-gallo e mezzo-serpente.
    Il Gallo e il Serpente sono marito e moglie nel corpo di Sokou. Tutto intorno a lui tutto si appassisce o muore, a causa del suo veleno. Secondo la Leggenda, ogni volta che lui si iberna nel Monte Fuji, il suo russare causa l'eruzione del vulcano. Sokou fu sigillato da un maestro di Arti Demoniache, Yamazaki Ishiro con l'Attrezzo del potere: Netted Moon Cage (probabilmente: "Gabbia della Luna") alla base del Monte Fuji.

    Antica Guerra dei nove Dei:
    Sokou ha combattuto contro altri quattro Cercoteri
    Sconfitte: Shukaku, Kaku, Houkou
    Fughe: Raijuu

    Mitologia giapponese :
    Sokou si presenta come un gallo con quattro code misto a un serpente. La parte più bassa del corpo è un serpente, mentre la parte superiore è un Gallo. Il suo corpo è, in maggioranza, di colore arancione.

    Abilità: Controllo dei veleni, benzina velenosa, e tutto ciò che riguarda i veleni
    Bijuu Forza Classifica: 9° posto
    Bijuu Chakra/Stamina Classifica: 6° posto
    Elemento simbolico: Veleno (Dio del Veleno)
    Origine: Vicino a Tokio, Monte Fuji


    Demone a cinque Code (Gobi) Houkou


    Storia:
    Houkou è un Bijuu che assomiglia ad un cane con cinque code. Ogni coda di questa creatura rappresenta un potere degli elementi della natura: Vento, Acqua, Terra, Lampo e Fuoco. Chiaramente quando vengono utilizzate insieme tutte e cinque le code provocano danni catastrofici. Houkou distruggerà volentieri la natura per ottenere il potere che lui desidera da questi elementi. Si ferì gravemente una sola volta, quando lui e Nekomata sfidarono Kyuubi. Dopo avere ricevuto una grave ferita, Houkou fuggì in una delle isole del Giappone, e si nascose in un luogo vicino al Vulcano di Kyushu - un albero gigante - ad aspettare che la ferita guarisse. La posizione esatta dell'albero non è conosciuta da nessuno. E' abbastanza forte, e rappresenta il Dio dell’Illusione. Houkou vive in un enorme albero molto antico.

    Antica Guerra dei nove Dei:
    Houkou ha combattuto contro altri quattro Cercoteri
    Vittorie: Sokou, Nekomata, Raijuu
    Sconfitte: Kyuubi

    Mitologia giapponese :
    Houkou è un cane con 5 lunghe code. Ha un corpo di color bianco e ognuna delle code possiede uno dei cinque poteri degli elementi della natura che se usati simultaneamente possono provocare un enorme terremoto.

    Abilità: Può attaccare usando piu elementi
    Bijuu Forza Classifica: 3° posto
    Bijuu Chakra/Stamina Classifica: 5° posto
    Elemento simbolico: Illusione (Dio dell’Illusione)
    Origine: Vicino al Vulcano di Kyushu



    Demone a sei code (Rokubi) Raijuu


    Storia:
    Raijuu è un bijuu con la forma di donnola, ha quattro gambe ed artigli molto acuti. Il suo uggiolare suona come un tuono. Era originariamente il Dio del Tuono, ma a causa del potere di Yamata no Orochi, fu trasformato in una bestia. Un ninja chiamato Sarutobi, nella leggenda, riuscì ad eliminare Raijuu usando la tecnica “Raikiri”. Quello che davvero accadde è che questa tecnica contrastò il lampo rilasciato da Raijuu tagliandolo in due,e la bestia ricevette il suo stesso attacco ferendosi gravemente. In seguito venne sigillato da Sarutobi, nel Sacrario del Tuono, con l’utilizzo dell’Attrezzo del Potere: Prigione di Tuono ignota.

    Antica Guerra dei nove Dei:
    Raijuu ha combattuto contro cinque Cercoteri
    Vittorie: Shukaku, Sokou
    Sconfitte: Houkou, Yamata no Orochi, Kyuubi

    Mitologia giapponese :
    Raijuu ha la forma di una donnola con una pelliccia gialla e dorata. La pelliccia del corpo intero cresce diritta mentre le sue sei code prendono una forma di lampo. Raiju è dipinto anche come il compagno di Raiden, Dio Scintoista del Lampo. Il demone è generalmente calmo ed innocuo, ma durante i temporali, diviene agitato e salta tra i vari alberi, i campi, e gli edifici (si dice che gli alberi colpiti da un lampo siano stati graffiati dagli artigli di Raiju).
    Un altro dei suoi comportamenti particolari è: dormire negli ombelichi degli esseri umani. Ciò incita Raiden a sparare frecce a Raiju per cercare di svegliarlo, danneggiando in questo modo la persona sopra la quale Raiju dorme. Proprio per questo motivo persone alquanto superstiziose dormono sdraiati supine durante il cattivo tempo, evitando quindi, a parer loro, le frecce di Raiden.
    Altre leggende dicono invece che Raiju si nasconda solamente negli ombelichi di persone che dormono all'aperto.

    Abilità: E’ in grado di lanciare dei lampi contando sull’utilizzo di tecniche che hanno come elemento base l'elettricità. Può inoltre utilizzare l’elemento Fuoco come conseguenza del lampo.
    Bijuu Forza Classifica: 5° posto
    Bijuu Chakra/Stamina Classifica: 4° posto
    Elemento simbolico: Lampo (Dio del Lampo)
    Origine: Sacrario del Tuono in una città di Kyoto


    Demone a sette Code (Shichibi) Kaku (detto anche: Mujina)


    Storia:
    Kaku è un Bijuu dalla forma di tasso. Il suo Kanji è letto anche come Mujina che è il nome di una sottospecie giapponese di tasso (Meles Meles Anaguma). Ha sette code, ed è il più piccolo tra i Bijuu sebbene sia il più astuto e clandestino.
    Kaku caccia le sue prede nel sottosuolo per la maggior parte del tempo. Egli ama distruggere la porzione di terreno che è sotto il suo obiettivo, facendolo precipitare diritto nella sua bocca. Grazie alla sua abilità nell'utilizzo della creta, quando emerge in superficie, può trasformarsi in qualsiasi tipo di creatura. Il magazzino della creta di Kaku fu trovato in un buco, e successivamente bruciato da alcuni guerrieri. Kaku incapace di trasformarsi senza creta, venne sconfitto dal guerriero Ikkyo Soujin che grazie all’ausilio dell’Attrezzo del Potere Remnant Earth Altar (N.D.T.), lo sigillò nel Sacrario della terra.

    Antica Guerra dei nove Dei:
    Kaku ha combattuto contro altri quattro Cercoteri
    Vittorie: Sokou
    Fughe: Nekomata, Isonade Yamata no Orochi

    Mitologia giapponese :
    Kaku ha un colore blu, ed è maestro a camuffarsi con la creta. Mujina un vecchio termine giapponese che significa tasso. In folclore giapponese, questi animali erano molto avidi, ed una delle forme con cui venivano raffigurati era quella di un fantasma senza volto.

    Abilità: Trasformazione (Henge), creta, arti magiche riguardanti l'elemento Terra
    Bijuu Forza Classifica: 7° posto
    Bijuu Chakra/Stamina Classifica: 3° posto
    Elemento simbolico: Terra (Dio della Terra)
    Origine: Altare Sacrificale sotterraneo nella periferia di Nagoya


    Demone a otto Code (Hachibi) Yamata no Orochi (detto anche: Hachimata)


    Storia:
    Yamata no Orochi è un bijuu con l'aspetto di un Serpente. Ha gli occhi rossi, otto teste ed otto code e ha il potere del mondo dei demoni, o simbolo del male. Ogni testa di Yamata no Orochi rappresenta un simbolo: Anima, Fantasma, Malvagio, Demone , Mostruoso, Uccidere, Aldilà e Morte.
    I suoi poteri erano originariamente deboli, e i membri del clan di Kusanagi, quando furono attaccati, usarono contro lui la spada leggendaria Kusanagi no Tsurugi (la spada di Orochimaru). Yamata no Orochi però riuscì a rubarla, e assorbì il potere contenuto in essa assorbendola dentro al proprio corpo e divenendo una creatura incredibilmente potente. Dopo che Yamata no Orochi ottenne la spada leggendaria Kusanagi no Tsurugi, sconfisse Nekomata e Houkou e cercò di svegliare i cinque Bijuu sigillati nei vari Sacrari allo scopo di portare il caos nel mondo, ma quando combattè con Kyuubi fu sconfitto.
    La causa della sua sconfitta risiede nella quantità di chakra sulla quale poteva disporre Kyuubi: Kyuubi disponeva di chakra infinito, e nemmeno la spada Kusanagi riusciva a ferirlo. La leggenda lo dipinse come l'unico in grado di competere con Kyuubi (in qualità), ma a causa del limite del suo chakra Yamata no Orochi risultò parecchio inferiore al suo rivale.

    Antica Guerra dei nove Dei:
    Yamata No Orochi ha combattuto contro altri cinque Cercoteri
    Vittorie: Shukaku, Isonade, Kaku, Raijuu
    Sconfitte: Kyuubi

    Mitologia giapponese :
    Un Serpente di otto teste ed otto code, attaccato ad un solo corpo di colore marrone. Yamata no Orochi attende un genio del clan Yagami, clan acerrimo nemico del clan di Kusanagi, in modo da svegliarsi in esso per lottare nuovamente contro Kyuubi. L'erede sembra essere il primo genio, dopo mille anni, capace di risvegliare le abilità di Yamata no Orochi. Una volta completato il processo, il genio si troverà di fronte alla battaglia decisiva contro Kyuubi, e sarà anch’egli dotato come Kyuubi di un chakra illimitato. Il centro del potere di Yamata no Orochi sta in qualche genere di sigillo. Secondo la leggenda, una città locale era infestata da un serpente, ed i cittadini offrivano in sacrificio una giovane ragazza ogni anno per tenerlo placato. Il Dio Susanoo sentito il problema della città, decise di uccidere la bestia. Egli sterminò il serpente servendogli alcol, e tagliando le sue teste mentre era inebriato.

    Abilità: Possiede la spada leggendaria “Kusanagi no Tsurugi” ed è in grado di richiamare gli spiriti malvagi manovrandoli a suo piacimento.
    Bijuu Forza Classificata: 2° posto
    Bijuu Chakra/Stamina Classificata: 2° posto
    Elemento simbolico: Diavolo (Dio degli Inferi)
    Origine: Un vecchio campo di battaglia in Osaka


    Demone a nove Code (Kyuubi) Kyuubi no Youko


    Storia:
    E’ un Bijuu con la forma di una volpe a nove code, ed il più forte di tutti. Kyuubi ha una quantità di chakra infinita grazie alla quale si è guadagnata il titolo di “Re dei Bijuu”. Dopo avere combattuto per cento anni contro Yamata no Orochi, nonostante fosse ormai esausto, Kyuubi continuò a lottare, fin quando non riuscì a sconfiggerlo grazie alla sua astuzia. Kyuubi continuò ad uccidere tutte le persone sulla sua strada per trovare colui che lo svegliò, e colui che riuscì a sigillarlo. Yamata no Orochi tuttavia non disse a Kyuubi, che colui che lo aveva risvegliato era proprio lui.

    Antica Guerra dei nove Dei:
    Kyuubi ha combattuto contro altri 4 Cercoteri
    Vittorie: Nekomata, Houkou, Raijuu Yamata no Orochi

    Mitologia giapponese :
    Kyuubi no Youko è il più forte Bijuu del mito giapponese. Il suo corpo ha una pelliccia rossa.
    Le sue code creano cicloni roteando rapidamente, e Kyuubi procede a lacerare i suoi nemici coi suoi enormi artigli . Allo stesso tempo la sua pelliccia può sparare palle infuocate simili a meteoriti, distruggendo in un battito di ciglia anche interi villaggi.
    Nelle guerre di Bijuu combatte contro Houkou che ferisce seriamente, e Nekomata che quasi uccide, ma che viene poi riportato in vita dal suo padrone, Shinigami (Dio della Morte). Yamata no Orochi usò la spada Kusanagi no Tsurugi per lottare contro Kyuubi, ma fu sconfitto e la spada venne danneggiata.

    Abilità: Palle di fuoco e tutte le tecniche che utilizzano l’elemento Fuoco
    Bijuu Forza Classifica: 1° posto
    Bijuu Chakra/Stamina Classifica: 1° posto
    Elemento simbolico: Fuoco (Dio di Fuoco)
    Origine: Altare ignoto degli Dei in Kobe



    Scritto da Kaori


    - Gli spiriti del Fiore di Loto

    Gli spiriti del Fiore di Loto


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    Si dice che questo racconto risalga a circa duecento anni or sono. Riguarda un castello che si trovava nel territorio allora noto col nome di Kinai, ora compreso all’interno del distretto di Kyoto. Probabilmente fa riferimento a uno dei castelli dei dintorni, anche se personalmente ne conosco uno solo che ora è chiamato Castello di Nijo.
    Circa duecento anni fa una serie di malattie si abbatté su Binai (Kyoto). Migliaia di persone morirono. L’epidemia si spinse fino a Inumi, dove viveva il signore di Koriyama, e colpirono anche lui. Dottori furono fatti venire da ogni parte, ma fu inutile. Il contagio si diffuse e, tra la costernazione di tutti, non solo il signore di Koriyama ne fu colpito, ma anche la moglie e i figli.
    Nel paese regnava un folle terrore, non tanto perché la gente temesse per se stessa, quanto perché avevano paura di perdere il loro signore con la moglie e i figli. Il signore di Koriyama era molto benvoluto. La gente si affollava intorno al castello. Si accampava tutto attorno alle mura e nei fossati vuoti, che erano asciutti perché da un certo tempo non c’erano guerre.
    Un giorno, durante la malattia di questa grande famiglia, Tada Samon, il funzionario di più alto grado nel castello (secondo solo a Koriyama), era seduto nella propria stanza e pensava a cosa fosse meglio fare per le numerose faccende che stavano aspettando la guarigione del daimio. Mentre era immerso in questi pensieri, un servitore annunciò che c’era un visitatore al cancello esterno che chiedeva un colloquio, affermando che pensava di essere in grado di curare il malato e la sua famiglia.
    Tada Samon accettò di ricevere il visitatore, e il servitore andò subito a prenderlo.
    L’aspetto del visitatore indicava che si trattava di uno yamabushi (eremita della montagna). Entrò nella stanza e fece un leggero inchino a Samon dicendo:
    «Mio signore, questa malattia del nostro signore e padrone è una brutta faccenda, e la causa è uno spirito maligno penetrato nel castello perché non avete innalzato difese contro gli spiriti malvagi e impuri. Questo castello è il centro amministrativo di tutta la regione che lo circonda, ed è stato imprudente permettere che rimanesse senza difesa contro gli spiriti impuri e malvagi. Gli antichi saggi ci hanno sempre insegnato di piantare il fiore di loto non solo nell’unico fossato interno che circonda un castello, ma in tutti i fossati, non importa il loro numero, e di coltivarlo anche tutto intorno ai fossati. Come sai di sicuro, il loto, in quanto il fiore più emblematico della nostra religione, è anche il più puro e sacro e per questo allontana tutto ciò che di immondo lo circonda. Stai certo, mio signore, che se il tuo padrone non avesse trascurato i fossati a nord di questo castello, ma li avesse tenuti pieni d’acqua e vi avesse piantato il sacro loto, non sarebbe entrato uno spirito maligno come questo, inviato dal cielo per metterlo in guardia. Se mi sarà permesso di farlo, oggi stesso entrerò nel castello, pregherò che il malvagio spirito della malattia si allontani e chiederò il permesso di piantare il loto nei fossati a nord. Solo così il signore di Koriyama e la sua famiglia saranno salvi».
    Samon rispose annuendo, perché ora ricordava che i fossati a nord non avevano né acqua né loto, e che in certa misura era colpa sua, che aveva voluto economizzare nella gestione della proprietà. Ebbe un colloquio col padrone, che era più malato che mai. Questi convocò tutti i funzionari di corte. Si decise di permettere allo yamabushi di tentare e gli fu detto di mettere in pratica le sue idee nel modo che riteneva migliore. Fu messo a disposizione molto denaro, e centinaia di persone si offrirono di aiutarlo: qualunque cosa pur di salvare il padrone.
    Lo yamabushi lavò e purificò il suo corpo e pregò affinché lo spirito maligno della malattia abbandonasse il castello. Fatto ciò, sovrintese alla ripulitura e riparazione dei fossati a nord, dando istruzioni agli uomini per riempirli con acqua e piante di loto. Poi scomparve misteriosamente, quasi davanti agli occhi dei presenti. Pieni di meraviglia, ma con più energia che mai, gli uomini lavorarono per eseguire le sue istruzioni. In meno di ventiquattro ore i fossati furono puliti, riparati e riempiti, e il loto fu piantato.
    Come c’era da aspettarsi, Koriyama, la moglie e il figlio migliorarono rapidamente. Entro una settimana furono tutti in grado di alzarsi e dopo due settimane stavano meglio di quanto non fossero mai stati.
    Si celebrarono riti di ringraziamento e ci fu grande contentezza in tutto il paese. Poi la gente si affollò per vedere i fossati magnificamente adornati dal loto, e i paesani decisero di propria iniziativa di cambiare nome al castello, chiamandolo Castello del Loto.
    Passarono alcuni anni, poi accadde qualcosa di strano. Koriyama era morto per cause naturali, e gli era succeduto il figlio, che aveva trascurato le piante di loto. Un giovane samurai si trovò a passare accanto a uno dei fossati. Era la fine di agosto, quando i fiori del loto sono alti e forti. all’improvviso il samurai vide due bei bambini di circa sei o sette anni che giocavano sul bordo del fossato.
    «Ragazzi», disse, «è pericoloso giocare così vicino al bordo di quel fossato. Venite vicino a me».
    Stava per prenderli per mano e condurli a distanza di sicurezza, quando fecero un piccolo salto sorridendogli e caddero nell’acqua, dove scomparvero con un grande spruzzo che li ricoprì.
    Il samurai restò profondamente stupito, non sapeva cosa pensare, perché i due non ricomparivano. Si disse che di sicuro dovevano essere due kappa (animali mitici) e convinto di ciò corse al castello e riferì l’accaduto. Gli alti funzionari tennero consiglio e disposero che i fossati fossero dragati e puliti; ritenevano che questo avrebbe dovuto essere fatto dal giovane signore quando era succeduto al padre.
    Così i fossati furono dragati da un’estremità all’altra, ma non si trovò traccia di kappa. Si arrivò alla conclusione che il samurai si fosse abbandonato a fantasticherie, e tutti lo presero in giro per questo.
    Qualche settimana dopo, una sera, un altro samurai, Murata Ippai, stava tornando da una visita alla sua innamorata passando lungo il fossato esterno. I fiori di loto erano nel pieno della fioritura, e Ippai passeggiava lentamente ammirandoli e pensando all’amata, quando all’improvviso notò una dozzina di graziosi ragazzi che giocavano vicino al bordo dell’acqua. Erano nudi e si stavano schizzando con l’acqua a vicenda.
    “Ah!”, pensò tra sé il samurai, “questi sono certamente i kappa di cui abbiamo sentito parlare. Hanno preso l’aspetto di esseri umani credendo di ingannarmi! Un samurai non si fa impaurire da creature del genere, e si accorgeranno che è ben difficile scampare alla lama affilata della mia spada!”
    Ippai si liberò di ciò che lo impacciava e, sguainando la spada, avanzò furtivamente per avvicinarsi ai presunti kappa. Si avvicinò fino ad arrivare a una ventina di metri, poi si tenne nascosto dietro un cespuglio e rimase a osservare per un minuto.
    I bambini continuavano a giocare. Sembravano bambini del tutto normali, tranne per il fatto che erano straordinariamente belli e diffondevano un profumo particolare, molto intenso ma dolce, che ricordava quello del loto. Ippai era perplesso e aveva una mezza intenzione di riporre la spada del fodero nel vedere quanto innocente e senza sospetti era l’aspetto dei bambini, ma pensò che non sarebbe stato conforme alla determinazione di un samurai, se avesse cambiato parere. Stringendo dunque la spada con rinnovato vigore, si lanciò fuori dal suo nascondiglio e menò fendenti a destra e a sinistra nel gruppo dei presunti kappa.
    Ippai era persuaso di aver fatto una strage, perché aveva sentito la spada colpire più volte e udito i tonfi sordi di oggetti che cadevano, ma quando guardò per vedere cosa aveva realmente ucciso, si sollevò un vapore multicolore che quasi lo accecò con la sua brillantezza. Scendeva in una nube acquosa tutto intorno a lui.
    Ippai decise di attendere fino al mattino, perché non poteva, come samurai, lasciare incompiuta quell’impresa, né tantomeno voleva raccontarla agli amici senza prima aver visto chiaramente come stavano le cose.
    L’attesa era lunga e noiosa, ma Ippai ne fu all’altezza e non chiuse mai gli occhi per tutta la notte.
    Quando spuntò il giorno, non trovò altro che steli di loto che spuntavano dall’acqua vicino a lui.
    “Ma la mia spada ha colpito ben di più che steli di loto”, pensò, “Se non ho ucciso i kappa che ho visto in forma umana, quelli dovevano essere gli spiriti del loto. Che terribile colpa ho mai commesso? Sono stati gli spiriti del loto che hanno salvato dalla morte il nostro signore Koriyama e la sua famiglia! Ahimè, che ho mai fatto! Io, un samurai, il cui sangue appartiene al suo padrone fino all’ultima goccia, ho estratto la spada proprio contro i più fedeli amici del mio padrone! È necessario che io plachi gli spiriti uccidendomi”.
    Ippai recitò una preghiera, poi, sedendo su un masso a lato dei fiori di loto caduti, fece harakiri.
    Il loto continuò a fiorire, ma dopo questi fatti non furono mai più visti spiriti del loto.


    fonte: http://win.ilbazardimari.net/leggende/gli_spiriti_loto.html
    Scritto da Kaori


    - Yuki Onna

    YUKI, LA DONNA DELLE NEVI


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    Molto tempo fa, in una fredda regione del Giappone del nord, vivevano un taglialegna e suo figlio, Mosaku e Minokichi. Un giorno, usciti per andare a caccia, furono sorpresi da una tormenta di neve e si persero; fortunatamente trovarono riparo in una capanna di legno abbandonata e poterono trascorrere la notte all’asciutto. Così i due ebbero modo di parlarsi con tranquillità come non avevano fatto da molto tempo, e il vecchio Mosaku cercò di esporre al figlio alcune sue preoccupazioni: “Credo, figliolo” gli disse “ che sia giunto per te il momento di prendere moglie. Io inizio a sentire il peso della vecchiaia, e tu hai bisogno di farti una famiglia per non restare solo…” I due si addormentarono poi accanto al fuoco; mentre Minokichi pensava ancora alle parole del padre, una raffica di vento più forte delle altre fece spalancare la porta della capanna. In un turbinio di neve apparve sulla soglia una donna dalla pelle candida e dai lunghi capelli neri, con indosso unicamente una leggerissima veste bianca. Quasi aleggiando sul pavimento di legno della capanna, si diresse verso il vecchio Mosaku, mentre Minokichi non riusciva a muovere un dito dallo stupore. La donna soffiò una brezza gelida sul padre, poi si volse verso il giovane, e sorridendogli disse: “La giovinezza è meravigliosa. Ti lascerò vivere, ma ricorda: se racconterai a qualcuno quanto è avvenuto questa notte, ucciderò anche te.” Detto questo, la donna svanì com’era apparsa, e Minokichi perse conoscenza. Il giovane non capì se era accaduto tutto per davvero o se si fosse trattato solo di un sogno, ma il mattino dopo, quando si risvegliò, ebbe la triste sorpresa di trovare accanto a sé il padre privo di vita. Al funerale in tanti cercarono di consolarlo, e molti dissero che la bufera era stata fra le più violente che si ricordassero a memoria d’uomo. Minokichi, pur provando un’immensa tristezza per la morte del padre, non fece parola con nessuno della misteriosa dama in bianco. Esattamente un anno dopo, durante un giorno di pioggia, Minokichi intravide dalla finestra una donna che si riparava sotto il portichetto di casa sua. La invitò all’interno ad attendere la fine del maltempo, e così la conobbe: disse di chiamarsi Yuki e di essere in viaggio per la capitale. Minokichi si offrì di aiutarla in qualsiasi modo, parlarono a lungo e bevvero tè. Ancora prima di capirlo, i due si erano già innamorati. Inutile dire che Yuki non ripartì più per il suo viaggio e rimase con Minokichi. I due si sposarono, ebbero cinque figli, e vissero per lungo tempo felicemente e senza problemi. L’unico fatto che preoccupava il marito era la salute cagionevole di Yuki, che sembrava essere ancora più delicata nelle giornate calde e in estate; fortunatamente, le brezze serali erano sufficienti a donarle sollievo e serenità. Una sera, mentre Yuki era occupata a cucire, Minokichi osservò attentamente la moglie, e costatando ancora una volta quanto fosse bella, gli sembrò di notare una certa somiglianza con la dama delle nevi, anzi… era proprio identica! Minokichi, dopo molte congetture, decise di dirlo a Yuki, e le raccontò per filo e per segno lo strano sogno fatto anni prima, la notte della morte del padre. “Era proprio necessario raccontarlo a qualcuno?” le chiese Yuki smettendo d’un tratto di cucire e voltandosi verso di lui “Non dovevi dirlo a nessuno: perché l’hai fatto?” disse alzandosi e dirigendosi verso la porta mentre il suo kimono sfumava fino a diventare bianco come la neve. Piangendo, la donna delle nevi si allontanò in un gelido mulinello d’aria da Minokichi per non essere costretta ad uccidere l’unico uomo che l’aveva amata, ma che aveva anche rotto la promessa. Da allora Minokichi non rivide mai più sua moglie, e la gente di quei posti narra tutt’oggi che, nelle gelide notti invernali, colei che loro chiamano Donna delle Nevi vaga sola e disperata tra i monti, alla ricerca di un uomo che possa amarla e, contemporaneamente, mantenere il segreto della sua vera identità.

    Fonte: http://samurai73.blogspot.com
    Scritto da Kaori


    - Il filo rosso del destino

    IL FILO ROSSO DEL DESTINO


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    In Giappone si dice che ogni persona quando nasce porta un filo rosso legato al mignolo della mano sinistra. Seguendo questo filo, si potrà trovare la persona che ne porta l'altra estremità legata al proprio mignolo: essa è la persona cui siamo destinati, il nostro unico e vero amore, la nostra anima gemella.
    Le due persone così unite, prima o poi, nel corso della loro vita, saranno destinate ad incontrarsi, e non importa il tempo che dovrà trascorrere prima che ciò avvenga, o la distanza che le separa, perchè quel filo che le unisce non si spezzerà mai, e nessun evento o azione potrà impedire loro di ritrovarsi, conoscersi, innamorarsi.
    Nella storia, era noto come visibile in alcuni quadri, che le donne tagliassero il dito mignolo al fine di poter rimanere fedeli ai propri mariti, o era usanza, tagliare nel sonno i mignoli dei propri innamorati per impedirne il tradimento.
    In altre versioni invece, era usanza tagliarsi il dito mignolo per liberarsi da "ogni legame".

    Ma da dove nasce questa storia? Ebbene, le sue origini risalgono ad un'antica leggenda cinese:
    Durante la Dinastia Tang c’era un tale di nome Wei i cui genitori morirono quand’era ancora molto giovane. Una volta diventato grande desiderava ardentemente sposarsi e avere una famiglia, ma purtroppo, per quanto la cercasse, non riusciva a trovare una moglie.

    Mentre era in viaggio, giunse un giorno in una città di nome Song, dove trovò alloggio in una locanda. Lì incontrò uno sconosciuto al quale, chiacchierando, espose le proprie difficoltà. L’altro gli disse che la figlia del governatore della città sarebbe stata un buon partito per lui, e si offerse di parlare con il padre della ragazza. Dopodiché i due decisero di rincontrarsi il mattino dopo di buon’ora davanti al tempio vicino alla locanda.
    In preda all’ansia, Wei giunse al tempio prima dell’alba, quando la luna era ancora alta in cielo. Sui gradini del tempio, appoggiato con la schiena a un sacco, sedeva un vecchio, intento a leggere un libro alla luce della luna.
    Avvicinandosi e data un’occhiata alle pagine da sopra la spalla del vecchio, Wei si accorse di non poterne leggere neppure una parola.
    Allora, incuriosito, gli chiese: “Signore, che libro è quello che stai guardando? Fin da bambino ho studiato parecchie lingue e conosco molte scritture, ma mai in vita mia ho visto un libro simile.”
    Il vecchio rispose sorridendo: “E’ un libro proveniente dall’Aldilà”.
    “Ma se tu vieni da un altro mondo, che ci fai qua?” chiese Wei.
    Prima di rispondere il vecchio si guardò attorno, quindi disse: “Ti sei levato molto presto. Di solito non c’è in giro nessuno, tranne quelli come me. Noi dell’Aldilà, incaricati di occuparci delle faccende umane, dobbiamo andare qua e là tra gli uomini, e spesso lo facciamo nella luce crepuscolare dell’alba”
    “E di che ti occupi?”
    “Dei matrimoni” replicò l’altro.
    Allora Wei gli aprì il suo cuore: “Sono solo al mondo fino dall’infanzia, e da molto tempo avrei voluto sposarmi e avere una famiglia. Per dieci anni ho cercato invano una sposa. Adesso spero di sposare la fanciulla del maresciallo. Dimmi, si realizzerà la mia speranza?”
    Il vecchio guardò il libro e rispose: “No. Non è la persona a te destinata. In questo momento quella che sarà tua moglie ha solo tre anni, e la sposerai quando ne avrà diciassette.”
    Deluso dall’idea di dover aspettare tanto, Wei notò il sacco cui il vecchio si appoggiava e gli chiese cosa contenesse.
    “Filo rosso per legare i piedi di mariti e mogli. Non lo si può vedere, ma una volta che sono legati non li si puo’ più separare. Sono già legati quando nascono, e non conta la distanza che li separa, né l’accordo delle famiglie, né la posizione sociale: prima o poi si uniranno come marito e moglie. Impossibile tagliare il filo. Sicchè, visto che sei già legato alla tua futura moglie, non c’è niente da fare” rispose il vecchio.
    E alla nuova domanda di Wei il vecchio replicò che la futura sposa non viveva lontana da lì, e che era la figlia della vecchia Chen, che aveva un banco sul mercato.
    “Posso vederla?”
    “Se davvero lo desideri, te la mostrerò, ma ricordati che il tuo futuro non cambierà.”
    Ormai l’alba era spuntata e, visto che l’uomo che attendeva non si vedeva, Wei tutto eccitato seguì il vecchio al mercato.
    Dietro la bancarella di frutta e verdura stava una povera vecchia cieca da un occhio, con una bambinetta al collo di circa tre anni, tutte e due vestivano di stracci.
    “Ecco tua moglie” fece il vecchio indicando la piccina, e Wei replicò in preda alla delusione: “E se io la uccidessi?”
    “E’ destinata a portare ricchezze, onori e rispetto alla tua famiglia. Qualsiasi cosa tu faccia, non puoi cambiare il destino” e così dicendo il vecchio scomparve.
    Profondamente deluso e incollerito con il messaggero dell’oltretomba, Wei lasciò il mercato con intenzioni omicide. Trovato un coltello e resolo affilato come un rasoio, lo diede al suo servo dicendogli: “Hai sempre eseguito i miei ordini. Adesso va’ a uccidere quella bambina, e io ti compenserò con cento pezzi di rame.”
    Il giorno dopo il servo, nascosto il coltello nella manica, andò al mercato e, celato tra la folla, si fece strada fino alla vecchia e alla bambina. Di colpo cavò il coltello, colpì la piccola, si voltò e scappò via, confondendosi con la folla strillante in preda al panico.
    “Ci sei riuscito?” gli chiese Wei quando il servo si presentò.
    “Ho cercato di colpirla al cuore, ma invece l’ho colpita tra gli occhi”
    Il ragazzo ricevette il compenso pattuito e Wei, sollevato all’idea di essere libero di sposare chi volesse, continuò la sua solita vita, e col tempo si scordò dell’intera faccenda.

    Tuttavia i suoi tentativi di trovare moglie furono vani, e così trascorsero quattordici anni. A quell’epoca lavorava in una località chiamata Shiangzhou, e le cose gli andavano molto bene, tanto che il suo superiore, il governatore locale, gli offrì in moglie la propria figlia. Così finalmente Wei ebbe una moglie bella e di ottima nascita, una diciassettenne che amava moltissimo.
    Non appena la vide Wei notò che la ragazza portava sulla fronte una pezzuola che non si toglieva mai, neppure per lavarsi e dormire. Non le chiede nulla, ma la cosa non cessava di incuriosirlo. Poi, parecchi anni dopo, si ricordò all’improvviso del servo e della bambina al mercato, e decise di chiedere alla moglie la ragione della pezzuola.
    Piangendo lei gli rispose: “Non sono la figlia del governatore di Shiangzhou, bensì sua nipote. Un tempo mio padre era il governatore di una città di nome Song, e la morì. Ero ancora piccola quando morirono anche mia madre e mio fratello. Allora la mia governante, la signora Chen, ebbe pietà di me e mi prese con sé. Avevo tre anni quando mi porto con sé al mercato, dove un pazzo mi accoltellò. La cicatrice non è scomparsa, e per questo la copro con una pezzuola. Circa sette od otto anni fa, mio zio ritornò dal Sud e mi prese con sé, per poi maritarmi come se fossi stata sua figlia.”
    “La signora Chen era per caso cieca da un occhio?” chiese Wei.
    E la moglie stupita: “Sì, ma come lo sai?”
    “Sono stato io a cercare di ucciderti” spiegò Wei profondamente commosso “Com’è strano il destino!”
    Dopodiché raccontò l’intera storia alla moglie, e adesso che entrambi sapevano tutta la verità, si amarono più di prima.
    Più tardi nacque loro un figlio che divenne un alto funzionario, e godettero di una vecchiaia felice e onorata.

    Scritto da Kaori


    - perchè cani e gatti sono nemici
    Tanto, tanto, tanto, ma proprio tantissimo tempo fa cani e gatti vivevano insieme in perfetta amicizia. Ma un giorno furono chiamati entrambi al cospetto della divinità alla quale era affidato il loro villaggio.
    La divinità si rivolse a loro e disse:
    «Vedete quella piccola isola laggiù nel mare, dove il firmamento sembra formare un tutt’uno con le acque? Dovete sapere che quell’isola è speciale, perché vi è sepolto un tesoro. Quello di voi che lo troverà e me lo porterà, guadagnerà una grande ricompensa, lo prometto. Chi guadagnerà la ricompensa potrà trascorrere tutti gli anni della sua vita fra gli agi e le ricchezze».
    Il cane e il gatto avevano ascoltato con attenzione le parole del dio e si avviarono veloci e decisi verso l’isola.
    Ma già subito all’inizio di quella impresa si presentò una grande difficoltà. Come tutti sanno, i gatti hanno un rapporto tutt’altro che amichevole con l’elemento “liquido” e con lo sport del nuoto. Invece il cane si trovava in acqua come a casa propria e attraversò il mare che lo separava dall’isola del tesoro alla massima velocità. Cercò il tesoro, lo trovò e subito fece ritorno con la stessa premura. Ma era un cane di piccola taglia, e la distanza da percorrere a nuoto era ardua e lunga. Quando finalmente arrivò sfinito alla spiaggia del suo paese natale, era così stremato che decise di sdraiarsi sulla morbida sabbia corallina e fare un sonnellino.
    Ma cosa ne era stato del gatto che non sapeva nuotare? Si era tenuto nascosto e aveva osservato tutto attentamente. Si avvicinò guardingo sulle zampe felpate al cane addormentato e con cautela gli sfilò il tesoro da sotto il corpo.
    Poi portò velocemente alla divinità il tesoro rubato. Il dio non ebbe il minimo sospetto sul modo in cui il gatto aveva ottenuto il tesoro e lo lodò dicendo:
    «Ottimo lavoro, gattino! Ti sei meritato la ricompensa che ho promesso. D’ora in poi vivrai tra le comodità insieme agli uomini nelle loro case e dormirai su morbide stuoie!»
    Il dio aveva appena finito di parlare, quand’ecco che comparve il cane. Non aveva più un tesoro da portargli, e il dio, credendo che fosse stato indolente, ordinò:
    «Tu, cane, d’ora in avanti vivrai all’aperto, in preda agli elementi e ti nutrirai di immondizie!»
    Ed è per questo che i gatti vivono comodamente insieme agli uomini, mentre i cani devono stare fuori casa e sopportare il vento e le intemperie.
    Si racconta che a partire da quell’antico episodio i cani e i gatti sono diventati nemici e non si sopportano più.

    Originariamente scritto da Yukino
  8. .
    - Origami

    Origami





    Con il termine origàmi si intende l'arte di piegare la carta (折り紙 o-ri-gami, termine derivato dal giapponese, ori piegare e kami carta) e, sostantivato, l'oggetto che ne deriva. Esistono tradizioni della piegatura della carta anche in Cina (Zhe Zhi" 折纸), tra gli Arabi ed in occidente.
    La tecnica moderna dell'origami usa pochi tipi di piegature combinate in un'infinita varietà di modi per creare modelli anche estremamente complicati. In genere, questi modelli cominciano da un foglio quadrato, i cui lati possono essere di colore differente e continua senza fare tagli alla carta, ma l'origami tradizionale era molto meno rigido e faceva frequente uso di tagli, oltre a partire da basi non necessariamente quadrate. Alla base dei principi che regolano l'origami, vi sono senz'altro i principi shintoisti del ciclo vitale e dell'accettazione della morte come parte di un tutto: la forma di carta, nella sua complessità e fragilità, è simbolo del tempio shintoista che viene ricostruito sempre uguale ogni vent'anni, e la sua bellezza non risiede nel foglio di carta. Alla morte del supporto, la forma viene ricreata e così rinasce, in un eterno ciclo vitale che il rispetto delle tradizioni mantiene vivo.

    Le origini
    L'origine degli origami giapponesi è strettamente legata alla religione shintoista e la valenza sacrale della carta è anche testimoniata dal fatto che in giapponese la parola carta e dei si pronunciano entrambe kami: le prime forme di origami, dette go-hei, erano costituite da semplici strisce di carta piegate in forme geometriche e, unite ad un filo o ad una bacchetta di legno, utilizzate per delimitare gli spazi sacri.
    A causa dell'estrema semplicità di queste prime forme di piegatura della carta, alcuni fanno invece risalire l'origine dell'origami all'epoca Muromachi (1392-1573), riconducendola alle cerimonie del dono augurale del noshi-awabi ai samurai: questo particolare mollusco, simbolo dell'immortalità, veniva offerto all'interno di un astuccio di carta, che con il passare del tempo divenne piegato in modo sempre più complesso fino ad acquistare dignità di dono in sé.

    È uso giapponese donare un origami a forma di gru. Infatti la gru (per i giapponesi) è simbolo di purezza.

    L'origami moderno e l'occidente
    La diffusione dell'origami in occidente si può ricondurre al libro di Sembazuru Orikata, affiancato dalla sezione sull'origami del testo enciclopedico Kan no mado (letteralmente, Finestra sulla stagione fredda): per il primo libro occidentale sull'origami, tuttavia, bisognerà attendere il 1928 con Fun with Paperfolding di Murray e Rigney, seguito dal Paper Magic di Robert Harbin (in gran parte basato, a sua volta, sugli studi Gershon Legman). Alla base di questi volumi vi è la prima teorizzazione occidentale riguardo all'origami, ad opera di Josef Albers, padre della teoria moderna dei colori e della corrente minimalista. All'interno del proprio progetto pedagogico, insegnò l'arte della piegatura degli origami tra il 1920 ed il 1930 adottando fogli circolari che venivano piegati in spirali e forme ricurve. Le sue opere hanno influenzato visivamente gli artisti di origami moderni come Kunihiko Kasahara, mentre le sue teorie si inseriscono nella pedagogia moderna attraverso l'opera di Friedrich Fröbel (1782 - 1852), che riconobbe il potenziale educativo degli origami e lo introdusse come strumento nel suo 'kindergarten system' nei primi anni dell'Ottocento.
    The Art of Chinese Paper Folding di Maying Soong (1948) è stato invece il primo libro a individuare le differenze tra l'origami e l'arte cinese di piegare la carta, sostanzialmente riconducibile all'interesse dei giapponesi per gli animali e a quello cinese per oggetti inanimati come le barche e gli edifici. Tra le tecniche di base, la base busta viene individuata come originaria della Cina: tra le forme tradizionali che prendono forma da essa, il più noto è il cosiddetto cappello dello studente.
    L'opera di Akira Yoshizawa ha imposto definitivamente il termine "origami" come sinonimo della piegatura della carta e in tutto il mondo solo alcuni ambienti conservatori cinesi utilizzano un altro termine, ovvero l'originario Zhe Zhi. Oggi, l'origami si è sviluppato come arte a sé ma ha contaminato anche altri ambiti, sia artistici che scientifici.

    L'origami nel mondo

    Oltre che in Cina, l'origami è parte integrante anche della cultura di altre parti del mondo:
    -in Vietnam pesci di origami vengono appesi agli alberi durante la festa del nuovo anno;
    -nelle Hawaii i tradizionali lei (ghirlande) vengono realizzate intrecciando fiori ad elementi di carta e frutti;

    Pieghe, tecniche e basi

    Il procedimento per la maggior parte degli origami si può suddividere in passi più semplici costituiti da un succedersi di pieghe. Le principali sono:
    -piega a valle, ottenuta piegando il lembo del foglio in modo che all'osservatore la
    -piega così ottenuta formi un avvallamento;
    -piega a monte, ottenuta piegando il lembo del foglio in modo che all'osservatore la
    -piega così ottenuta formi uno spigolo;
    -piega a fisarmonica o doppia piega semplice, costituita da una piega a valle ed una a monte successiva;
    -piega a libro, una piega a valle che coinvolge una parte di foglio già modellata da altre pieghe, che viene così mossa lungo una direttrice come, appunto, se si stesse sfogliando un libro;
    Inoltre, numerose figure origami prendono le mosse da una forma di base, una figura piana semplice realizzata sempre nello stesso modo e da cui si sviluppa la variazione che porta alla figura completa. Le principali basi sono:
    -base aquilone, costituita dalla piegatura di due lati del foglio adiacenti allo stesso angolo di modo che combacino lungo la diagonale e poi da una piegatura lungo quella stessa diagonale;
    -base pesce, una complessa forma il cui risultato finale è un rombo, così chiamata perché da essa si sviluppa in poche mosse la forma della carpa;
    -base quadrata, una base che assume la forma indicata dal suo nome dopo due successive pieghe a valle di un quadrato lungo le diagonali;
    -base triangolare, una base che assume la forma indicata dal suo nome dopo due successive pieghe a valle di un quadrato lungo le mediane;
    -base gru, variante della base pesce da cui prende forma in poche mosse la tradizionale gru augurale;
    -base fiore, ibrido tra la base quadrata e la base gru da cui si realizza il crisantemo;
    -base busta, una base che si è diffusa negli anni '80 ispirata ai passaggi per la realizzazione del crisantemo;
    -base girandola, un'elaborazione della base busta.


    I passaggi per ottenere una piega rovesciata all'interno



    Materiali
    Per realizzare un origami l'unico materiale che serve è la carta. Per gli origami di livello semplice o intermedio può essere utilizzato quasi qualunque tipo di carta. Si riportano di seguito alcuni tipi di carta di ampio utilizzo presso gli appassionati di origami.
    -carta da fotocopie, bianca o colorata, indicata per i principianti per il prezzo contenuto;
    -carta da legatoria, decorata con disegni colorati e fantasie floreali, indicata per la realizzazione di scatole e di origami modulari;
    -carta metallizzata;
    -carta velina, sottile e resistente, indicata per i modelli complessi ma molto difficile da maneggiare;
    -carta sandwich, realizzata incollando uno o più strati di carta velina su sottili fogli di alluminio (come quelli usati in cucina), indicata per i modelli molto complessi;
    -carta washi fabbricata a mano, carta molto costosa di produzione giapponese, decorata con disegni che richiamano la stoffa dei kimono, indicata per la realizzazione di modelli semplici;
    -carta pelle di elefante (o finta pergamena).



    Fonte: Wikipedia
    Scritto da Yukino


    - LA SCRITTURA GIAPPONESE

    La scrittura giapponese è caratterizzata da tre stili particolari: hiragana, Katakana e Kanji, in uso contemporaneo. Esiste anche una forma latinizzata della lingua giapponese, che usa caratteri romani ed è conosciuta con il nome di rōmaji. Tokyo per esempio viene scritta nel seguente modo: 東京 (forma kanji), とうきょう (forma hiragani), トウキョウ (forma katakana), tōkyō (forma rōmaji).

    La scrittura Kanji è caratterizzata dagli ideogrammi cinesi ed è infatti una forma di scrittura originatasi dalla lingua cinese. Venne inizialmente introdotta in Giappone nel V secolo, attraverso la Corea. Ogni ideogramma Kanji possiede un suo significato preciso ed una parola corrispondente; combinando i caratteri possono essere create più parole. In totale esistono circa 70.000 caratteri in forma Kanji: 1945 è il numero di quelli necessari alla comprensione quotidiana della lingua d'uso odierno. Qualche esempio Giappone (日本, letteralmente 'origine del sole'), acqua (水), fuoco (火). Prima dell'introduzione dei caratteri cinesi non esisteva nessun sistema di scrittura in Giappone; all'atto della loro adozione in Giappone, i caratteri cinesi vennero impiegati nella loro originaria pronuncia cinese, tant'è che ancora oggi accanto alla pronuncia giapponese (kun yomi) troviamo anche quella cinese (on yomi). In Giappone la forma Kanjiscrittura hiragana viene usata per scrivere nomi, aggettivi, avverbi e verbi, nonostante la lingua giapponese non possa essere scritta interamente ed esclusivamente in kanji.

    La scrittura in stile Hiragana nasce intorno al IX secolo e si sviluppa come forma autoctona da quella Kanji d'origine cinese. Insieme alla scrittura Katakana formano l'insieme di stile Kana. L'Hiragana si differenzia dal suo confratello presentandosi come una sorta di stile corsivo, consiste di 46 segni, sempre originatesi dal kanji e semplificatisi nei secoli. Se messi a confronto i segni kana nel complesso, e quelli hiragana in particolare, appaiono molto più semplici di quelli kanji. Ogni segno corrisponde a vocali (5, a e i o u) e consonanti che appaiono in forma sillabica (ka, ki, ku, ke, ko, ra, ri, ru, re, ro...), con la sola eccezione della 'n', intercambiabili tramite un piccolo cerchio posizionato sopra il carattere considerato.

    La scrittura Katakana, insieme alla scrittura hiragana, va a formare la cosiddetta forma kana, e non si differenzia dalla precedente, se non per i caratteri più rigidi e angolari che corsivi. Anche in questa forma si ha l'uso delle sillabe, formate da una sola vocale o da ambedue, consonante e vocale. Questa forma viene in particolare usata nella formazione di parole di origine straniera, prese cioè in prestito da altre lingue (come l'inglese) o parole cosiddette onomatopeiche (riproduzione linguistica dei suoni della natura, come l'abbaiare del cane, il miagolio del gatto, il piangere, ecc).

    La forma giapponese di scrittura rōmaji assume caratteri 'romani' che usa appunto i caratteri latini nella lingua giapponese. A sua volta si basa sui sisteme Hepburn e Kunrei, che usano differenti forme sillabiche e di pronuncia. Questa forma è in uso esclusivamente nei testi elettronici, come il computer e i cellulari, i segnali stradali; una forma di scrittura generalmente creata per coloro che non comprendono il giapponese.

    Originariamente scritto da IsaChan089



    - Simbologia Giapponese

    Simbologia Giapponese



    Nel linguaggio comune giapponese si sentono spesso metafore con le quali vengono spiegate anche le minime cose. Queste simbologie si possono estendere dagli oggetti, agli animali, a figure mitologiche e fantastiche. Nel corso dei secoli il popolo giapponese ha imparato a legare ad alcune cose un preciso significato simbolico, che applica anche quando si veste e nel proprio comportamento.
    Ed ecco alcuni dei simboli più frequenti e conosciuti.

    CARPA
    La carpa (koi in giapponese) è il tipico simbolo della perseveranza, questo perchè è un animale sempre in movimento che riesce ad andare anche contro correnti molto forti. Questo viene interpretato in due modi: il primo è quello elencato sopra, il secondo viene associato ad un carattere anticonformista.
    Essa è anche evocativa di un buon matrimonio e della buona fortuna in genere.
    Vi siete mai chiesti perchè durante il Kodomo no hi (festa del bambino) vengono attaccati degli aquiloni a forma di carpa? Be' la spiegazione è molto semplice, questo animale viene rappresentato immerso nell'acqua calma, ma è sempre in movimento. Questa raffigurazione serve a spiegare la voglia di un genitore di avere un figlio che da grande sia un "guerriero" determinato.

    CRISANTEMO
    Questo fiore è un fiore autonnale che ha ispirato molti poeti. Esso viene associato alla famiglia imperiale ed è quindi un simbolo nazionale.
    In origine era apprezzato per i suoi effetti, che si dice fossero di guarigione, proprio per questo tutt'oggi viene utilizzato in campo medico per la preparazioni di alcune medicine.

    FARFALLA
    Le farfalle hanno vari significati.
    Per i giapponesi, inanzitutto sono la rappresentazione delle anime sia dei vivi, sia dei morti che vegliano su di loro, per questo sono simbolo di longevità e gioia.
    Altro significato molto importante, molto simile a quello occidentale, è quello di paragonare la farfalla ad una ragazza : poiché escono trasformete in tutta la loro bellezza dopo essere state per molto tempo nelle loro crisalidi.
    Infine due farfalle vicine che danzano nell'aria, sono il simbolo della felicità di coppia.

    CILIEGIO
    Il ciliegio è una delle piante più amate in Giappone. Durante la loro fioritura molte persone fanno lunghe passeggiate nei viali ed addirittura festeggiano la nascita dei primi boccioli. Questi gesti non sono insensati per i giapponesi, perchè la pochezza della loro esistenza e di conseguenza la loro fragilità, rappresentano la brevità della vità umana.
    I ciliegi sono splendidi da ammirare nella loro piena fioritura, poichè i fiori nel loro insieme appaiono come delle nuvole, mentre quelli caduti a terra assomigliano alla neve.

    GLICINE
    Con la sua fioritura in prima estate, il glicine è stato utilizzato nei vestiti degli aristocratici per molti anni.
    E' usato come simbolo anche in una famosa e molto popolare danza Kabuki.

    GRU
    Le gru rappresentano longevità e buona fortuna.
    Sono le figure maggiormente associate all'anno nuovo ed ai matrimoni (come si può notare su molti uchikake - soprabiti matrimoniali).
    E' usanza giapponese fare 1000 gru di carta (origami) quando si esprime un desiderio speciale. Giganti e colorate collane con le gru si vedono spesso fuori dai templi.
    Per gli occidentali, le mille gru di carta sono associate con il bombardamento atomico di Hiroshima e un simbolo della pace nel mondo: questo è dovuto alla storia di una bambina (Sadako Sasaki) che aveva 2 anni quando fu bombardata Hiroshima e dopo 10 anni morì di leucemia: per la piccola Sadako (che divenne un simbolo) nel mondo molte persone si adoperarono inviandole degli origami di gru come buon auspicio per la realizzazione del suo desiderio di guarigione. Quando morì, le numerose gru di carta vennero sepolte con lei e nel 1958 fu posata all'Hiroshima Peace Memorial una statua che la raffigura innalzando l'origami di una gru verso il cielo.

    LIBELLULA
    Grazie al suo clima ed ai suoi corsi d'acqua, il Giappone è un territorio ideale per le libellule, tanto che in passato veniva anche chiamato "l'isola delle libellule".
    Oltre ad essere un simbolo della stagione estiva e del primo autunno, la libellula è associata (come altri insetti) al successo nelle arti marziali: i samurai, infatti, utilizzavano spesso la sua figura come decorazione per elmi ed armature. Inoltre, simboleggia il successo in genere, la forza, il coraggio e la felicità.

    PEONIA
    In origine, il fiore della peonia simboleggiava la buona fortuna, l'alto onore e la primavera.
    I giapponesi lo consideravano come "re dei fiori" e lo utilizzarono in popolari ricami di stoffe.
    L'arbusto, invece, figura raramente.

    PINO
    Essendo un sempreverde, il pino rappresenta longevità, buona fortuna e lealtà.
    Nell'arte, il pino è associato con l'inverno, il nuovo anno, la longevità ed a volte anche l'immortalità.

    RAGNO
    Il ragno è un simbolo dell'industria, proprio per le sue capacità di tessere ragnatele e per il suo continuo lavoro.
    Le storie folkloristiche raccontano che l'apparizione di un ragno annuncia la visita di un caro amico.
    Come anche nella cultura occidentale, si considera che il ragno abbia anche un "lato oscuro".

    RANA
    Poiché nell'agricoltura in giappone sono molto importanti i campi di riso coltivati con metodi di irrigazione ad inondazione, la rana è simbolo di buona fortuna.
    La rana, inoltre, è diventato un simbolo molto amato nella poesia e nell'arte (come ad esempio la Rana di M. Bashou).
    Statuette delle rane vengono spesso vendute nei templi perché la parola "rana" in giapponese si pronuncia come la parola "ritorno".

    RONDINE
    Le rondini migrano in Giappone ogni primavera, di cui sono anche simbolo.
    Rappresentano, inoltre, buona fortuna, fedeltà nel matrimonio e fertilità.

    TARTARUGA
    Simbolo di longevità, la tartaruga è legata ad interpretazioni religiose: si crede infatti che questo animale aiuti a sostenere il mondo, sorvegli il quadrante settentrionale dell'universo insieme al serpente, e porti delle sacre iscrizioni sul suo guscio.
    Nella tradizione giapponese, la tartaruga sviluppa una coda bianca fluttuante ed esala speciali vapori che evocano sacri gioielli.
    Scritto da Yukino


    - Teru Teru Bozu

    Teru Teru Bozu



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    Il Teru Teru Bozu, in giapponese てるてる坊主, è una bambola tradizionale fatta di carta o di stoffa di colore bianco che ha le sembianze di un piccolo fantasmino. La parola giapponese Teru è un verbo che significa risplendere mentre il termine bozu indica il monaco buddista.
    In passato veniva spesso appesa in ambiente rurale, dove veniva appesa dai contadini fuori dalla finestra. La bambola fungeva da amuleto per allontanare la pioggia e richiamare il bel tempo.
    E' molto di usanza, ancora oggi, nelle famiglie giapponesi appendere uno di questi fantasmini fuori dalle finestre per scacciare il brutto rempo.

    L'uso del Teru bōzu deriverebbe dalla sua capacità di impaurire Amefushi, lo spirito della pioggia. Amefushi è considerato nemico dei bambini perché impedisce di andare a giocare all’aperto.
    Amefushi in realtà non è cattivo; ha solo bisogno di sentirsi accettato dagli altri bambini con i quali vorrebbe giocare, ma visto che porta la pioggia viene sempre allontanato. Per tale motivo, si vendica facendo dispetti a chi lo ha cacciato.

    Il Teru bōzu è protagonista di una famosa Warabe uta, un tipo di filastrocca infantile giapponese, che recita:


    « てるてる坊主てる坊主

    あした天気にしておくれ
    いつかの夢の空のよに
    晴れたら金の鈴あげよ

    てるてる坊主てる坊主
    あした天気にしておくれ
    私の願を聞いたなら
    あまいお酒をたんと飲ましょ

    てるてる坊主てる坊主
    あした天気にしておくれ
    それでも曇って泣いたなら
    そなたの首をチョンと切るぞ»



    « Teru-Teru Bouzu, Teru Bouzu, ashita tenki ni shite o-kure.
    Itsuka no yume no sora no you ni haretara gin no suzu ageyo.
    Teru-Teru Bouzu, Teru Bouzu, ashita tenki ni shite o-kure.
    Watashi no negai wo kiita nara amai osake wo tanto nomasho.
    Teru-Teru Bouzu, Teru Bouzu, ashita tenki ni shite o-kure.
    Moshi mo kumotte naitetara sonata no kubi wo chon to kiru zo. »



    Tradotta così:



    « Teru Teru Bozu, Teru Bozu, portami il sole domani
    Se il cielo sarà sereno come lo sogno ti regalerò un campanello dorato.
    Teru Teru Bozu, Teru Bozu,portami il sole domani
    Se ascolterai le mie preghiere ti donerò del sake dolce
    Teru Teru Bozu, Teru Bozu, portami il sole domani
    Se sarà nuvoloso ti staccherò la testa »



    COSTRUZIONE DI UN TERU TERU BOZU

    La realizzazione è davvero molto semplice.
    Per prima cosa si prende un oggetto sferico che può essere o una pallina da ping pong oppure una pallina di natale che andrà a formare la testa del nostro fantasmino.
    In seguito si ricopre questa sfera con della stoffa o della carta bianca e la si fissa tramite un nodo al di sotto della testa (si può usare un nastro o un laccio).
    Infine si disegnano gli occhi, il naso e la bocca (volendo si possono anche cucire sopra).
    A questo punto il vostro Teru Teru Bozu sarà pronto per garantirvi una giornata di sole splendente.
    Se il giorno dopo ci sarà il sole, si può ringraziare il fantasmino abbellendolo con una piccola campanella di colore oro o lo si può portare con sé in qualsiasi attività (come la gita) prevista quel giorno.

    Scritto da Kaori


    - Hachiko

    Hachiko




    E' la statua di HACHIKO , un cane di razza Akita che ha lasciato un segno nel cuore di tutti i giapponesi e di chi conosce la sua storia.
    Hachiko nacque ad Odate, nella parte settentrionale della prefettura di Akita, nel novembre del 1923.
    Quando aveva due mesi entrò nella casa del signor Ueno , professore all'Università di Tokyo.
    Ogni mattina il professore si recava alla stazione di Shibuya per andare al lavoro e il suo cane lo accompagnava e tutte le sere tornava alla stazione ad accogliere il suo padrone che rientrava a casa.
    Ma una sera il professore Ueno non tornò più, un attacco di cuore l'aveva colpito all'università. Hachiko, che aveva allora 18 mesi, come tutte le sere lo aspettò alla stazione ma inutilmente... il suo caro padrone non sarebbe mai più ritornato...Hachiko venne affidato a dei parenti, ma per 10 anni, puntualmente, ogni giorno continuò ad andare ad aspettare il suo padrone alla stazione .
    Gli impiegati, commossi da tanto attaccamento, gli costruirono un ricovero e lo nutrirono finchè morì nel Marzo del 1935 all'età di 11 anni e 4 mesi...Ora è finalmente vicino al suo padrone: la sua tomba si trova infatti accanto a quella del professore Ueno nel cimitero di Aoyama.
    Presso l'entrata della stazione di Shibuya è stata eretta una statua in sua memoria ed un'altra è stata posta all'entrata della stazione di Odate: monumenti ad un Akita fedele per sempre.....

    Fonti
    Il Bazar di Mari
    Scritto da Yukino


    - Maneko Neko

    Maneki Neko


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    Il Maneki neko (招き猫 maneki neko, letteralmente "gatto che chiama"; anche noto come "gatto che dà il benvenuto", "gatto della fortuna", "gatto del denaro") è una diffusa scultura giapponese, spesso fatta di porcellana o ceramica, che si ritiene porti fortuna al proprietario. La scultura raffigura un gatto che chiama con un cenno di una zampa alzata, e di solito viene esposta in negozi, ristoranti e altre attività commerciali; è anche usata come amuleto shintoista. Se la zampa alzata è la destra dovrebbe attirare il denaro, la sinistra i clienti. Esistono Maneki neko di diversi colori, stili e gradi di ornamentoi. La razza di gatto rappresentata dalla statuetta è generalmente un bobtail giapponese.

    IL GESTO

    Per gli americani e gli europei può sembrare che il Maneki neko stia salutando piuttosto che richiamando (chiamando verso di sé). Ciò è dovuto alla differenza nei gesti usati dagli occidentiali e dai giapponesi, infatti i giapponesi usano chiamare con un cenno tenendo la mano alzata, con il palmo verso l'esterno, e piegando le dita verso il basso e poi riportandole in alto ripetutamente, da questo deriva la posa del gatto. Alcuni Maneki neko fatti appositamente per i mercati occidentali hanno la zampa rivolta all'indietro, quindi una posa che riproduce un cenno di richiamo più familiare agli occidentali.
    Si possono trovare sia Maneki neko con alzata la zampa destra sia con la sinistra, e a volte entrambe. Il significato della zampa destra o sinistra cambia col tempo e col posto. La credenza più comune, come detto sopra, è che la zampa sinistra attiri i clienti, mentre la destra salute e fortuna, anche se alcuni dicono il contrario. Altri ancora dicono che la zampa sinistra alzata sia la cosa migliore per i locali in cui si beve, la destra per le altre attività commerciali. (Chi sopporta bene l'alcool in Giappone è chiamato "hidari-kiki", ossia "mancino".)

    È opinione comune che più in alto sia la zampa, maggiore sia la fortuna che porta. Quindi la zampa dei Maneki neko ha avuto la tendenza a essere, negli anni, sempre più alta. Pertanto l'altezza della zampa è utilizzata da alcuni come metodo approssimativo per stimare l'età di una statuetta. Un'altra credenza comune è che più alta è la zampa e da più lontano verrà la fortuna.

    Alcuni Maneki neko hanno una zampa che si muove, azionata da una batteria o dall'energia solare, che ripete all'infinito il gesto del chiamare con un cenno.


    COLORE

    I Maneki neko si trovano di ogni colore. Benché all'inizio i colori fossero soltanto decorativi, adesso i differenti colori sono associati con differenti proprietà (ma il significato dei colori, come qualsiasi altra cosa riguardo ai Maneki neko, sono incredibilmente vari):

    Tricolore: Il colore di base è bianco, con macchie nere e arancioni disposte a caso. Questa colorazione è considerata particolarmente fortunata ed è quella più popolare per i Maneki neko. La credenza potrebbe essere correlata alla rarità di questa colorazione nei gatti bobtail giapponesi, ai quali è ispirata la rappresentazione del Manei Neko. In Giappone questo colore è chiamato Mi-ke, che significa tre-pellicce (o tri-pelo).

    Bianco: I gatti bianchi indicano purezza e sono il secondo tipo per diffusione.

    Nero: Si dice che i Maneki neko neri portino buona salute e tengano lontano gli influssi negativi. Sono molto apprezzati dalle donne perché dovrebbero essere particolarmente efficaci nel tenere lontano i molestatori.

    Rosso: Anche il rosso è un colore protettivo, e si ritiene che tenga lontani gli spiriti maligni e la malattia.

    Oro: associato con la ricchezza, il benessere economico.

    Rosa: Benché non sia un colore della tradizione, attualmente è un colore popolare ed è associato all'amore.

    Verde: Si dice che porti riconoscimenti accademici e protegga dagli incidenti stradali.


    COLLARE BAVAGLINO E CAMPANELLO

    I Maneki neko di solito hanno un qualche accessorio attorno al collo, che può essere un fazzoletto o una sciarpa, ma il più comune è il collare, un campanello e un bavaglino decorativo. Questi oggetti sono molto probabilmente ad imitazione di quelli che erano gli accessori ornamentali per gatti in voga tra le famiglie benestanti durante il periodo Edo. Venivano usati collari rossi fatti con un fiore (lo hichirimen), e piccoli campanelli erano attaccati per decorazione e per tener traccia del gatto nei suoi spostamenti.

    Il bavaglino al collo potrebbe anche essere correlato a quelli che spesso ornano le statue della divinità Bodhisattva Jizo. Statue di Jizo si possono trovare a protezione dell'ingresso di santuari e cimiteri. Jizo è il protettore dei bambini ammalati e morenti e i genitori riconoscenti di bambini guariti da una malattia mettono un bavaglio attorno a Jizo come dono di ringraziamento.


    LA MONETA

    I Maneki neko a volte sono raffigurati con in mano una moneta; di solito una moneta d'oro chiamata koban, usata in Giappone nel Periodo Edo. Un koban valeva un ryō, un'altra antica moneta Giapponese, tuttavia il koban della maggior parte dei Maneki neko vale dieci milioni di ryō. Un ryō può essere paragonato indicativamente a mille dollari.

    La moneta ovviamente è legata al ruolo del gatto nell'attrarre la buona fortuna e le ricchezze. Non sorprende quindi che spesso i Maneki neko siano usati come salvadanai, un'usanza che risale al 1890.

    A volte monete di piccolo taglio vengono lasciate come offerte a un Maneki neko. Questa usanza è in qualche modo simile a quella di lanciare una moneta in una fontana per buon augurio o in un pozzo dei desideri.


    MATERIALI

    I Maneki neko di solito sono fatti di porcellana o di ceramica; quelli più economici possono tuttavia essere fatti di altri materiali, dalla plastica, al legno alla cartapesta, all'argilla; mentre i Maneki neko più costosi possono essere di giada o d'oro. I Maneki neko che si muovono in genere sono di plastica.

    LEGGENDE E RACCONTI

    Maneki neko è protagonista di varie leggende. Tre delle più famose, che spiegano l'origine del gatto sono le seguenti:

    Il gatto del Tempio: Un ricco feudatario, durante un temporale, si stava riparando sotto un albero vicino al tempio Gotoku-ji (nella parte Ovest di Tokio). Il feudatario vide il gatto del monaco del tempio che lo chiamava e andò verso di lui; un attimo dopo l'albero fu colpito da un fulmine. Il ricco signore, che era così scampato al fulmine, fece amicizia col povero monaco e ciò portò prosperità al tempio. Quando il gatto morì, probabilmente in suo onore fu costruito il primo Maneki neko.

    La cortigiana: Una prostituta di nome Usugumo, che viveva a Yoshiwara, nella parte Est di Tokio, aveva un gatto, al quale voleva molto bene. Una notte il gatto iniziò a tirare forte il suo kimono. Qualunque cosa lei facesse, il gatto continuava. Il proprietario del bordello vide la scena, e pensando che il gatto fosse stregato, gli tagliò la testa. La testa del gatto volò fino al soffitto, dove uccise un serpente, che avrebbe potuto colpire da un momento all'altro. Usugumo fu atterrita dalla morte del suo amico animale. Per rallegrarla uno dei suoi clienti le costruì una statuetta che raffigurava il suo gatto e gliela regalò. Questa statuetta in seguito divenne popolare come il Maneki neko.

    L'anziana signora: Una donna anziana che viveva a Imado (nella parte Est di Tokio) fu costretta a vendere il suo gatto a causa dell'estrema povertà. Poco dopo il gatto le apparve in un sogno e le disse di fare con l'argilla un'immagine che lo ritraeva; la donna lo fece, e subito dopo vendette la statuetta. Poi ne fece anche altre, e la gente continuava a comprarle, erano così ricercate che la donna diventò ricca e benestante.

    Scritto da Kaori


    - Nei Giapponesi

    La Posizione



    FRONTE: carattere collerico, impulsivo ma dotato di molto coraggio.
    PALPEBRA DESTRA: sensibilità, sencerità, moderazione.
    PALPEBRA SINISTRA: suscettibilità, orgoglio.
    TEMPIA SINISTRA: ostinazione. prese di posizione talvolta errate, spese sconsiderate.
    TEMPIA DESTRA: successo, capacità di far emergere le proprie doti.
    SOPRACCIGLIA: matrimonio felice, serenità, costanza negli affetti.
    ORECCHIO DESTRO: fama, notorietà, ricchezza.
    ORECCHIO SINISTRO: avarizia, incapacità di mostrare il proprio talento.
    GUANCIA SINISTRA: temperamento attivo, studioso, impegnato ma malinconico.
    GUANCIA DESTRA: successo e felicità duraturi.
    A SINISTRA DEL NASO: imprevedibilità, incostanza.
    A DESTRA DEL NASO: amore per la vita semplice, all' aria aperta, amore per i viaggi.
    SULLA PUNTA DEL NASO: sincerità, lealtà, immediatezza.
    LABBRA: sensualità, orgoglio, avidità.
    MENTO: senso pratico, concretezza nella vita e negli affari.
    GOLA (DX): fortuna, estro, temperamento artistico
    GOLA (SX): sensualità, golosità, senso pratico.
    FIANCHI: sessualità vivace, carattere impavido, coraggioso.
    NATICHE: malizia, sensualità, tendenza a qualche bugia di troppo.
    INGUINE: benessere economico, abbondanza, salute delicata.
    COSCIA DESTRA: vantaggi economici, matrimonio felice e duraturo.
    COSCIA SINISTRA: gelosia, passionalità eccessiva, irresponsabilità.
    ZONA CENTRALE DEL PETTO: instabilità emotiva, pigrizia, tendenza ai litigi familiari.
    LATO SINISTRO DEL PETTO: temperamento pigro ed indolente.
    LATO DESTRO DEL PETTO: carattere vulcanico, audace, attivo.
    CAPEZZOLO: infedeltà, volubilità.
    OMBELICO: molta fortuna.
    ADDOME (SX): gelosia, grande avidità.
    ADDOME (DX): puntualità, laboriosità.

    Significati dei Nei

    In un secondo sito, invece, viene descritta la posizione e il significato dei nei, in un fattore puramente estetico (soprattutto nel periodo francese del '700)

    Il linguaggio dei Nei


    - Kokeshi

    KOKESHI


    iSSAG



    Le Kokeshi (こけし) sono un tipo di bambole tradizionali giapponesi, originarie della regione di Tōhoku. Realizzate manualmente in legno, hanno un busto semplice cilindrico e una larga testa sferica, con poche linee stilizzate a definire i caratteri del viso. Una caratteristica delle bambole Kokeshi è la mancanza di braccia e gambe.

    All'inizio del Novecento divennero talmente famose, che in Russia furono prese a modello dall'inventore della prima matrioska. Oltre a ornare le case giapponesi, sono ritenute di buon auspicio contro la cattiva sorte e considerate un raffinato oggetto da collezione da regalare a persone molto speciali.


    VARI TIPI DI KOKESHI:

    Esistono due tipi fondamentali di Kokeshi:

    traditional_kokeshi



    - Le Kokeshi "tradizionali" (伝統こけし dentō-kokeshi) hanno solitamente un busto più lungo e una testa più piccola, e sono diffuse soprattutto nella Prefettura di Miyagi, in quella di Akita, di Iwate e di Yamagata. I disegni del busto e la loro forma sono però caratteristiche della zona di produzione, che sono rimasti pressoché invariati dalle origini.
    La strada principale della città di Naruko, nella Prefettura di Miyagi è conosciuta come Kokeshi Street per via dei numerosi negozi artigianali specializzati nella produzione di queste bambole.


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    kokeshi_march2008



    - Le Kokeshi "creative" (新型こけし shingata-kokeshi) si distinguono da quelle "tradizionali" per il busto più corto e arrotondato da una parte, dall'altra per l'uso di colori e motivi più moderni; sviluppate e diffuse dopo la fine della Seconda guerra mondiale, possono essere trovate facilmente anche nelle grandi città, poiché non sono specifiche di nessuna zona del Giappone.


    PRODUZIONE:


    Si tratta di una lavorazione semplice ma richiedente molto tempo. Scelto il legno da utilizzare, lo si lascia asciugare per un lungo periodo, che può andare dai sei mesi ai cinque anni. Un esempio di legno usato per la creazione delle Kokeshi è l'Acero Giapponese.
    Quindi il legno viene levigato e formato secondo i canoni attraverso un tornio; una parte sottile e cilindrica per il corpo e una più grossa, sferica o comunque tondeggiante, come testa.
    Levigato ancora una volta, il corpo viene dipinto a mano con motivi floreali o vari, usualmente a rappresentare un kimono; la testa rappresenta generalmente un volto femminile. La bambola viene quindi ricoperta con uno strato di cera apposita per proteggerne i colori e darle lucentezza.


    ORIGINE DEL NOME E STORIA:

    La scrittura convenzionale in hiragana, こけし, è stata decisa durante la Kokeshi National Convention (全国こけし大会) nel 1939; prima di ciò l'origine del termine non era chiara: esistevano perciò svariate scritture ateji come 小芥子, che significa piccoli papaveri.

    Un celebre errore di traduzione dovuto agli ateji lo si può trovare in Looking for the Lost di Alan Booth; nel libro lo scrittore suggerisce che le bambole Kokeshi, in kanji "eliminazione del bambino" (子消し kokeshi), sarebbero feticci dedicati dalle madri ai propri bambini uccisi volontariamente dopo la nascita. Sebbene l'infanticidio fosse ancora praticato in Giappone nel 1900, non ci sono prove a favore della teoria di Booth, anzi; la parola "Kokeshi" stessa è originaria del dialetto Sendai, mentre in luoghi diversi le bambole erano conosciute con nomi differenti ai quali non si può applicare lo stesso significato.

    La traduzione più valida resta quindi bambole (芥子 keshi) di legno (木 ki, ko) o piccole (小 ko) bambole (芥子 keshi).

    Le prime bambole Kokeshi furono in realtà realizzate dagli artigiani del legno, i cosiddetti Kiji-shi, sul finire del Periodo Edo (1600-1868). Create all'inizio come souvenir per i turisti in visita alle terme della prefettura di Miyagi, ebbero un successo tale da propagarsi in tutta la regione di Tohoku.

    Scritto da Kaori
  9. .
    Daruma

    daruma2


    Il Daruma è una bambola Giapponese modellata sul bonzo Daruma,usata a scopo di portafortuna.Si dice che i daruma possono rialzarsi retti dopo essere caduti sette volte.Questa è una lezione per le persone per essere pazienti e non abbandonare finchè non abbiano superato le difficoltà che stanno affrontando.All'inizio,la bambola Daruma non ha gli occhi,sono completamente bianchi(diciamo che inizialmente è "incompleta").Quando il proprietario intraprende una nuova sfida,dipinge uno solo dei due occhi! quando la sfida è stata superata allora viene dipinto anche l'altro occhio ,come celebrazione del successo ottenuto.

    Ogni Daruma ha dei colori diversi,e ognuno con il proprio significato.

    Rosso : Portafortuna generale
    Giallo : Soldi
    Azzurro : Portafortuna per studio o lavoro
    Rosa : Amore
    Verde : Salute
    Nero : scaccia sfortuna

    IngriddeLugt-Daruma-s

    Alcune immagini:


    P.S:
    se non posso postare su questa discussione allora cancellate pure e vi chiedo di perdonarmi per l'errore ><


    Scritto da Dark Angel
  10. .

    I giapponesi e le scarpe


    Certamente avrete sentito parlare del fatto che i giapponesi si tolgono le scarpe appena entrati in casa, anche se sono ospiti. Detta così a qualcuno potrà sembrare perfino banale. In realtà è una questione più complessa, con implicazioni storico-sociali e… be’, forse c’è dell’altro, regole di cui probabilmente non avete mai sentito dire nulla prima d’ora, perché meno “famose” ^_^

    Prima però, soffermiamoci su questa prima regola. Tanto per cominciare non è cosa di poco conto. Ci sono ben due parole per descrivere “l’entrare in un posto senza togliersi le scarpe” ( 土足 , dosoku), ovvero con i piedi sporchi ( 泥足 , doroashi).
    Quando un popolo trova una parola semplice e breve per descrivere un concetto complesso, significa che “a quel concetto ci tiene molto”. A riprova di ciò c’è il fatto che tra le foto della seconda guerra mondiale (qui sotto avete un disegno) più significative per i giapponesi… ovvero tra le foto che meglio hanno “stigmatizzato” la vergogna, prima ancora che la sofferenza, inflitta al popolo giapponese dalla sconfitta nella IIª guerra mondiale… Tra le foto più riprodotte, dicevo, ce n’è una che sembra “mal si accompagni” a quelle cui subito tutti penseremmo, ovvero alle foto di Hiroshima e Nagasaki. E’ la foto di alcuni soldati americani con gli stivali infangati che calpestano il tatami.



    Quel che di più simile al 畳 tatami abbiamo qui in Italia è il vimini… Immaginate dei pannelli grandi un po’ meno d’una porta, fatti con del vimini (un po’ più fine del nostro), e messi in terra. Questi pannelli fanno anche da unità di misura standard per l’area di una stanza, quindi potreste trovarvi ad affittare una camera da 6 tatami, ad esempio. Nelle case giapponesi tradizionali i corridoi hanno il pavimento in legno (tipo parquet), ma le stanze principali (quindi non bagno e cucina) hanno in terra il tatami. Lo vedete nell'immagine postata qui soprai. Nell'immagine un bambino guarda l’uomo della Militar Police americana, ma gli altri due guardano le sue scarpe sul tatami. Che il disegno sia fatto da un bambino o da un adulto, non importa: dice comunque moltissimo della mentalità giapponese in proposito. Pestare il tatami, un tappeto, il parquet… qualunque spazio della casa, senza essersi tolti le scarpe è un’offesa molto grave. Assurdo? Vi ricordate che i giapponesi tradizionalmente dormono su futon? Si tratta d’appoggiare a terra…mmm… degli spessi “materassini” con sopra delle coperte. Se per terra fosse sporco, non piacerebbe nemmeno a voi, giusto?

    Come potete vedere nell’immagine a inizio articolo, in Giappone non si calpesta il tatami nemmeno con le ciabatte: sul tatami si va con le calze o a piedi scalzi. D’altronde, come detto, sul tatami si stende il futon ( 布団 ), si appoggiano i cuscini per sedersi ( 座布団 zabuton), ci si siede, ci si sdraia… Lo tocca la coperta del コタツ (kotatsu, tavolino con sotto una stufetta e sopra una coperta)… insomma, non va sporcato, per questioni pratiche, ma anche formali, di rispetto e educazione.

    Oggigiorno è raro trovare il tatami, ma… questo non “risolve” nulla. Ovunque entriate in Giappone, se doveste trovare una piccola zona oltre la porta, seguita da un gradino (specie se poi ci fosse un pavimento in legno), con tutta probabilità dovrete togliervi le scarpe. Questa “zona della casa”, l’ingresso, si chiama 玄関 , genkan. Praticamente in ogni casa giapponese qui dovrete togliervi le scarpe, ma… non solo! Certi ristoranti, ryokan (in alcuni ristoranti e ryokan trovate perfino stanze col tatami) e alberghi vari (in quelli in stile occidentale toglierete le scarpe appena entrati in camera), molti templi; le occasioni non mancheranno di certo… pensate che ho visto una coppia in aereo, due anziani coniugi… appena si sono seduti si sono tolti le scarpe e messi delle ciabattine! Le ciabattine da aereo! Non sapevo se ridere o togliere il cappello.
    Nella prima immagine qui sotto potete vedere che gli ospiti (genitori e parenti) di un festival scolastico hanno lasciato le scarpe all’ingresso (mentre gli studenti sono soliti lasciarle nelle apposite scarpiere… che vedete nell’immagine subito sotto, alle spalle delle studentesse).





    In molti posti entrare con le scarpe, come si legge nei cartello qui sotto e nell’immagine a seguire, non è ”semplicemente” 禁止 kinshi, cioè proibito, bensì 厳禁 genkin, ovvero rigorosamente proibito.



    Il fatto che si vedano simili cartelli dovrebbe di per sé rendere l’idea: è una regola da osservare con molta attenzione.
    Invece ho visto ragazzi stranieri, nel ryokan dove sono stato, che provavano a entrare e salire subito le scale in legno del ryokan senza togliersi le scarpe (nonostante di mezzo vedessero almeno altre 20 paia di scarpe, che saltavano ignorandole bellamente). Oppure scendevano le scale, per poi uscire a fumare, ma nel farlo tenevano le “ciabattine da parquet” (chiamiamole così), invece di rimettersi le scarpe, e poi volevano tornar su, verso le stanze in tatami, tranquillamente, senza riflettere un secondo su quel che facevano, senza pensare che se le usi per uscire poi ti riporti dentro sassolini e sporcizia… ma anche se non fosse – se è un’offesa per loro – perché non fare un minimo d’attenzione?

    Ho un altro aneddoto che spero renda l’idea della gravità della cosa. Brevemente… Una volta in Giappone ci fu un ladro che svaligiò una casa. Fece un po’ troppo rumore e i vicini chiamarono la polizia che arrivò subito e lo prese con tutta la refurtiva mentre… mentre si rimetteva le scarpe all’ingresso. Morale: “Posso anche essere un ladro, ma non entro in casa d’altri senza togliermi le scarpe”.
    Se ciò ancora non rendesse a sufficienza l’idea, possiamo vedere un’altra espressione. Spesso “dosoku de” sta per “dosoku de (fuminijitte)”, 土足で踏みにじって (metter piede -su qualcosa- senza togliersi le scarpe). E’ un’espressione che in senso figurato vuol rendere l’idea di arrecare a qualcuno un grave insulto, commettendo qualcosa di proibito, infrangendo un taboo. Ad esempio potrete leggere “l’esercito nemico dosoku de è entrato nella città di…”; è una frase carica di risentimento. Insomma, prendetemi sul serio quando dico di fare attenzione a togliervi le scarpe “quando è richiesto”.

    Prima di riassumere le regole da rispettare vediamo altre regole shoes-related ^_^ Se non c’è scarpiera, come in certi posti (templi, alberghi…), tolte le scarpe mettete le ciabattine che vi danno, ma fatelo SUL parquet (o quel che l’è, non scendete dal gradino con le ciabattine). Sarà solo forma, teoria, come volete, ma fate così. Dopodiché vi accovacciate e unite le scarpe accostandone i tacchi verso il gradino dell’ingresso, quindi seguite la padrona di casa che vi farà strada. Questo non è un vero obbligo (un componente della famiglia, magari non lo fa), ma è segno di buona educazione ed eviterete che la padrona di casa si senta in obbligo di farlo al posto vostro. Inoltre, e qui azzardo perché non sono sicuro di ricordare bene, lasciare le scarpe con le punte in avanti è il tipico modo in cui le lasciano i suicidi (sì, chi si suicida, buttandosi da un ponte o da un palazzo, in genere lo fa togliendosi le scarpe ).
    Ad ogni modo, eccovi un’immagine dell’ingresso (genkan) d’una casa: la porta è in basso a destra, mentre, in alto, dove si vede il gradino, inizia il pavimento della casa… Come vedete i tacchi sono tutti verso lo scalino d’accesso alla casa.



    Ultima regola… i giapponesi e le ciabattine da bagno ^_^
    Esistono delle ciabattine specifiche per il bagno. Non dovete usarne altre nel bagno, né usare quelle da bagno in casa. Un tempo i bagni non erano altro che latrine, perlopiù in comune con altre persone, quindi usare in casa delle calzature usate per andare in bagno era più che fuori discussione. Questa… mmm… Tradizione? Fobia? Disgusto? Razzismo calzaturiero?! (°_°) Be’ chiamatelo come vi pare, ma si è conservato fino ad oggi. Le toilettes giapponesi sono pulitissime, perfino quelle pubbliche, in genere sono perfino tecnologiche e iperconfertevoli… insomma, per nulla sporche, ma le tradizioni, si sa, sono dure a morire, soprattutto in Giappone. Così ancora oggi ci si cambia ciabatte per andare in bagno e, per la cronaca, esiste una stanza separata (di norma) apposta per il water, rigorosamente separata dalla stanza in cui trovate la vasca da bagno (rito semi-sacro per i giapponesi^^).

    Riassumendo le regole dei giapponesi su scarpe e ciabatte.

    1. Togliersi le scarpe e mettere le ciabattine (anche se siete ospiti) ovunque sia presente un genkan (occhio, c’è un piccolo gradino)
    2. Non buttatele a cavolo: tacchi uniti a toccare il gradino
    3. Con le ciabattine non scendete dal gradino
    4. Se entrate in una stanza col tatami, lasciate le ciabatte all’ingresso, prima della porta scorrevole, fuori in corridoio
    5. Se andate in bagno lasciate fuori dal bagno le ciabattine da casa e usate le ciabattine da bagno (e viceversa quando ne uscite)
    6. Ricordate che si tratta di regole pratiche e/o formali, ma per la buona educazione ciò vale sempre e ovunque. Andare in un paese e non cercare di osservarne le buone maniere e rispettare la sensibilità dei suoi abitanti è un comportamento inqualificabile.

    Un’ultima immagine per cercare di spiegarvi quanto ci tengano…



    Un famima (da “Family Mart”), cioè un negozio della famosa catena di konbini (o combini che dir si voglia). Gli impiegati* lo stavano semplicemente preparando per l’apertura (si vedono i lavori ancora in corso all’interno), eppure le scarpe sono state lasciate all’esterno. Spero sia un’ulteriore riprova dell’importanza di non mancare di rispetto a nessuno infrangendo questo “tabù” della società giapponese.

    *Il discorso non vale per persone qualunque (clienti) che entrano in un negozio o in uno di questi “piccoli supermarket”. Per maggior precisazioni, vedi questo mio commento.

    Fonte: http://studiaregiapponese.wordpress.com/

    Scritto da Yukino
25 replies since 24/7/2013
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