Last time around.

(long fic yaoi in prosecuzione).

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  1. meishells‚
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    Attenzione: questa storia è basata sull'amore tra due uomini.

    Attenzione: prima di postare questa storia (alla quale tengo particolarmente) volevo precisare, onde evitare equivoci, che è basata sui Kaulitz (sono i gemelli dei tokio hotel, per chi non li dovesse conoscere, qui: http://imageshack.us/photo/my-images/28/90hioh.png/ )
    ma non è una twincest (incesto, ossia amore tra gemelli) in quanto nella mia storia loro non sono gemelli ma... ma vedrete, eheh u.ù




    Titolo: Last time around. (la scorsa volta)
    Autore: Meishells,
    Genere: Romantico.
    Raiting: NC17
    Avvisi: Twincest not related, AU, fluff, language.
    Pairing: TomxBill.

    Riassunto: "Signore, posso chiederle cos’è che sta guardando?” sfiatò l’architetto ad un certo punto, notando gli sguardi continui dell’uomo che fissavano qualcosa dietro di lui.

    “Quella ragazza” sussurrò Neumman senza muovere le labbra “quella con i capelli neri, lunghi, è da un po’ che ti guarda come fossi un fantasma.”

    Tom aggrottò le sopracciglia e voltò il viso, fissando il locale da sopra la spalla.

    Quando finalmente trovò la ragazza con i capelli corvini e quando questa alzò lo sguardo, Tom boccheggiò.

    Conosceva quegli occhi caramello che, ora, lo stavano fissando coperti da una leggera patina luminosa, in procinto di piangere.

    La sentiva quella connessione, anche a cinque tavoli di distanza.

    “Thomas?” Neumann lo richiamò e lui sposto lo sguardo su di lui lentamente, quasi in stato di trans.

    “È un ragazzo, quello.”

    Fu tutto ciò che disse, prima di tornare a guardare il ragazzo, con una leggera malinconia.

    Te la ricordi la scorsa volta?





    lasw
    lasttimearound



    Prologo.


    Si allentò di poco il nodo alla cravatta e tirò su il colletto della camicia bianca, in modo che fosse ben in vista anche sotto la giacca nera.

    Chiuse gli occhi cercando di concentrarsi e ricordare il discorso preparato più di due settimane prima, si sorprese nell’appurare che non l’aveva affatto dimenticato nonostante il rumore fastidioso intorno a lui.

    Sentiva passi confusi, il rumore provocato dai tacchi sulle piastrelle grigio cenere del River Palace Hotel si mischiava a quello prodotto dai facchini che facevano stridere le rotelline dei carrelli pieni di valigie.

    Immaginò dietro di se gente scorrazzare qua e là in modo da rendere tutto il più perfetto possibile, esattamente come il suo dirigente, quella stessa mattina, gli aveva ripetuto più volte:

    “Kaulitz, conto su di te, tutto deve essere presentabile.”

    Si infilò le mani in tasca mentre ripeteva le ultime parole del suo discorso e infine, quando nella scenetta inventata nella sua testa sfregò entrambe le mani insieme annunciando la fine del suo progetto, si scaturì un ondata di applausi da sembrare quasi vera.

    “Thomas!”

    Sussultò voltandosi verso la voce che lo aveva chiamato e ritrovandosi davanti il volto trafelato di una ragazza.

    Poteva vedere chiaramente le sue guance arrossate per via della corsa, le labbra, ricoperte di un leggero strato rosso, rimanere dischiuse per permettersi di respirare con affanno e alcune ciocche di capelli biondi sfuggire all’elastico che li teneva racchiusi in una coda alta.

    “Nathalie, cosa succede?”

    Due paia di occhi azzurri scrutavano i sui, sorridenti. “Jost ti sta aspettando.”

    Tom deglutì quando la ragazza, con un cenno della testa, indicò la porta alla sua sinistra. Si voltò a fissare l’imponente porta in legno massiccio e sentì la bocca prosciugarsi.

    Non fece nemmeno caso alla segretaria che, con passo veloce, si ritirò; era troppo preso a tentare di placare il suo stomaco che continuava a mandargli fitte. Poteva giurare di non sentirsi cosi agitato dal giorno dell’esame di maturità, quando si era ritrovato davanti sei paia di occhi a scrutarlo attentamente mentre ripeteva e, si sforzava, di gesticolare nel suo discorso.

    Ma alla fin fine, lui era sempre andato bene. Per questo il suo capo l’aveva scelto per quel progetto, lui era in grado di ammaliare con i suoi discorsi, e in questo caso si puntava a convincere Jost, impresa ardua.

    Si passò una mano tra i cornrows neri sospirando e se ne tirò qualcuno, giusto per smaltire l’ansia.

    “Oh vaffanculo, ce la faccio.” scrollò le spalle e si sistemò la camicia prima di allungare una mano verso la porta.

    Fanculo anche all’ansia che gli metteva addosso Jost, per quanto in giro si dicesse fosse una persona tosta, lui ce l’avrebbe fatta. Avrebbe adulato il proprietario dell’albergo per far si che il giardino privato, seguito dalla spiaggia che quindi si affacciava al mare fosse diventato luogo di costruzione e poi avrebbe sprigionato la sua dote di architetto per il progetto del nuovo palazzo dell’albergo.

    Annuì a se stesso, fregandosene degli sguardi curiosi che lo fissavano, e spinse la porta entrando.

    *




    “…quindi dicevo che, eliminando il campo da golf, si potrebbe allargare il palazzo ‘c’ dell’albergo –ovviamente con aggiunta di camere- che poi, avrebbe un ampia vista sul mare. Io lo trovo un progetto fantastico e, in quanto architetto della Gesellschaft Neumann, posso assicurare che la parte presa dall’albergo sulla spiaggia, in quanto area naturale, verrà-”

    Si fermò quando vide l’uomo alzare una mano e sperò di non aver sbagliato qualcosa, di essere stato abbastanza formale.

    Jost aprì la cartellina in pelle contenente il progetto del Hotel e Tom notò come le sopracciglia gli si inarcarono fissando un punto in basso nel foglio.

    Puntò un dito proprio lì e poi si sporse verso destra, dove un uomo sulla quarantina si trovava comodamente seduto su una sedia girevole. Sembrava decisamente più simpatico e cordiale del signor Jost e rabbrividì quando quest’ultimo sussurrò qualcosa all’orecchio dell’uomo.

    “Vedo che ci saranno collettori solari per la produzione di acqua calda,” prese parola l’uomo scrutando il progetto e volgendo di tanto in tanto lo sguardo a Jost “per me è già abbastanza da ripagare la rasatura al suolo del campo da golf e la parte presa della spiaggia.”

    Tom sorrise, come previsto l’uomo era molto più gentile e incuteva meno terrore di tutti quanti gli uomini seduti al tavolo, compreso Jost.

    “Bene, se Friedrich è d’accordo per me può andare. Un ultima cosa..” aggiunse poi Jost, prima di alzarsi ed allungare una mano verso il giovane architetto “Firmerò se verrà immesso il canale di raccolta per l’acqua piovana. Questo Hotel vale le sue stelle.”

    Accettò di buon grado la mano del proprietario dell’albergo, costatando la sua forza nella presa ferrea ed annuì regalandogli un sorriso.

    “Sarà fatto, non credo che il signor Neumann avrà niente in contrario.”

    Vide tutti gli uomini alzarsi e prendere sotto braccio la propria cartellina rivolgendo un sorriso tirato a Jost, prima di dileguarsi in perfetto silenzio.

    Tom venne scortato fino alla porta principale, che dava sulla Hall dell’albergo, dall’uomo seduto, in precedenza, alla destra del proprietario.

    “Sei stato in gamba giovanotto, non molti vanno in simpatia a David. Fai i complimenti a Neumann per la scelta del personale.”

    Sorrise al complemento indiretto e strinse la mano all’uomo.

    “È stato un piacere esporre le mie idee, grazie a lei Friedirch.”

    Una volta che fu uscito dalla stanza si lasciò scappare un sorriso vittorioso che gli illuminò il viso; Neumann sarebbe rimasto soddisfatto.

    *




    Emise un basso grugnito quando sentì che i colpi alla porta non ne volevano sapere di cessare.

    Raccolse tutte le sue forze –e ce ne vollero tante- per togliere il fastidioso lenzuolo che gli si era attorcigliato intorno alle gambe ed alzarsi dal comodo letto dell’albergo. Prima di riuscire ad arrivare alla porta scorse l’orologio sul comodino e con suo sommo dispiacere notò che erano solo le nove.

    Chi mai di domenica mattina poteva rompere le palle, in un Hotel per di più?

    Non si preoccupò nemmeno di infilarsi una maglietta, ne tanto meno di togliersi l’espressione infastidita –modo gentile per non dire incazzata- dal volto.

    “Si?”
    Si trovò davanti una donnina, alta non più di un metro e sessanta che, per ovvie ragioni, aveva lo sguardo fisso sul suo petto.

    “Lei è il signor Kaulitz?”

    Annui svogliatamente odiando quella voce leggermente acuta e odiando ancora di più come gli occhi scuri della donna lo stavano fissando.

    “Il signor Numann le manda il servizio in camera.” e solo in quel momento Tom notò che, dietro il corpo cicciottello della donna, c’era un carrello contenente una miriade di dolci e bottiglie di succo.

    Si scansò dallo stipite della porta e fece spazio alla cameriera. Questa, dopo aver lasciato il carrello avanti al letto si congedò con un timido : “scusi il disturbo”. E Tom la odiò ancora di più, senza un reale motivo.

    Quella mattina si era svegliato di cattivo umore e, il bigliettino al centro del carrello che recitava “complimenti Kaulitz, alle nove e mezza ti aspetto al bar dell’albergo” , non aiutò a rallegrarlo soprattutto se firmato Neumann.

    Sospirò portandosi alle labbra una brioche e arrendendosi all’idea che in meno di mezz'ora sarebbe dovuto essere al bar.

    *



    Si porto un dito alle labbra, schiudendole e lasciando passare la punta della sua lingua sul polpastrello per inumidirlo, lo sfrego contro l’angolo in alto del giornale e fece girare la pagina, sorridendo soddisfatto.

    Il sorriso gli si allargò quando si ricordò che, presto, su quel giornale sarebbe sicuramente stato menzionato il nome della sua compagnia. Già si immaginava i titoli.

    Gli architetti della Gesellschaft Neumann in una nuova impresa. Il River Palace Hotel è in mano loro.

    Si, decisamente da copertina di un film più che titolo di un giornale; glielo dicevano sempre da piccolo di essere un montato, ma a lui, in fondo, cosa poteva importargliene?

    Aveva un lavoro, soldi in quantità, era addirittura famoso in gran parte della Germania e per di più aveva donne a volontà.

    Ripiegò il giornale sul tavolo e volse lo sguardo per il bar, scrutando le persone ai tavolini. Quando finalmente ebbe adocchiato una bella ragazza si focalizzò li.

    La ragazza in questione alzò lo sguardo mostrando i suoi occhi pesantemente truccati di nero e accennando un timido sorriso a Neumann, che continuava a fissarla con fin troppo interesse.

    Proprio mentre stava per sfoggiare la sua mossa segreta, una mano si posò sulla sua spalla facendolo sobbalzare e, prima di voltarsi, riuscì a notare gli occhi spalancati della ragazza.

    “Signor Neumann, mi perdoni per il ritardo.” sfoggiò il suo sorriso migliore e il suo capo, in risposta, gli fece cenno di sedersi.

    “Allora Thomas,” alzò una mano verso il bancone del bar tenendo gli occhi fissi sull’architetto “devo complimentarmi con te, Jost in persona è venuto a congratularsi per il progetto.”

    Tom arrossì lievemente notando con la coda dell’occhio che una cameriera si stava avvicinando. “grazie mille, ne sono immensamente felice.”

    Neumann fù interrotto dalla cameriera e fece cenno a Tom, in modo che prendesse le sue ordinazioni. Il ragazzo quindi si limitò a prendere un caffè ristretto, poiché, dopo la colazione fatta in camera, tutta questa fame non l’aveva, mentre il suo capo prese un semplice succo.

    Finirono per parlare di lavoro, cosa che annoiò a morte Tom, ma d’altronde non si aspettava chissà che discorsi dal suo capo.

    "Signore, posso chiederle cos’è che sta guardando?” sfiatò l’architetto ad un certo punto, notando gli sguardi continui dell’uomo che fissavano qualcosa dietro di lui.

    “Quella ragazza” sussurrò Neumman senza muovere le labbra “quella con i capelli neri, lunghi, è da un po’ che ti guarda come fossi un fantasma.”

    Tom aggrottò le sopracciglia e voltò il viso, fissando il locale da sopra la spalla.

    Quando finalmente trovò la ragazza con i capelli corvini e quando questa alzò lo sguardo, Tom boccheggiò.

    Conosceva quegli occhi caramello che, ora, lo stavano fissando coperti da una leggera patina luminosa, in procinto di piangere.

    La sentiva quella connessione, anche a cinque tavoli di distanza.

    “Thomas?” Neumann lo richiamò e lui sposto lo sguardo su di lui lentamente, quasi in stato di trans.

    “È un ragazzo, quello.”

    Fu tutto ciò che disse, prima di tornare a guardare il ragazzo, con una leggera malinconia.

    Te la ricordi la scorsa volta?

    ~



    Nda: che dire, spero che il prologo vi sia piaciuto anche se un pò lunghetto e beh.. spero in un pò di commenti, (:

    Edited by meishells‚ - 16/1/2012, 19:09
     
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  2. Jane_.
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    E' molto interessante come storia spero che il prossimo capitolo arrivi presto
    Ciaooo!
     
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  4. meishells‚
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    Grazie mille, *-*
    si continuerò sicuramente, datemi solo un pò di tempo, sono incasinata per via dell'editing. A breve posterò il primo capitolo^^
     
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  6. meishells‚
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    Nuova copertina:



    (Prometto che il prima possibile posterò il capitolo, mi manca solo una scenetta çç)

    Edited by meishells‚ - 23/3/2012, 13:50
     
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  7. meishells‚
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    Come promesso, ecco qui il capitolo.

    Disclaimer: Tutto ciò che è scritto di seguito è purametne inventato senza nessun riferimento alla realtà dei fatti e niente di ciò che è descrito è a scopo di lucro.



    01: "Nice to meet you."

    1° Luglio di otto anni prima.

    “Brucia, brucia, brucia!”

    Le risate che si scatenarono intorno a lui mentre, con i piedi infuocati, correva sulla sabbia furono l’ultimo dei suoi pensieri. Quando davanti a lui apparve -finalmente, aggiunse con le lacrime agli occhi- il mare, non si fermò, correndo fin quando si ritrovò con le caviglie a mollo.

    Si lasciò sfuggire un gemito di puro sollievo e quasi si convinse di aver visto del fumo evaporare dalla pianta dei suoi piedi.

    Si okay, il mare era bello, l’Italia pure e, detto sinceramente, le ragazze erano anche delle gran gnocche, ma a lui quella vacanza proprio non andava giù. In quel momento sarebbe dovuto essere in giro per la Germania con la sua squadra di basket, fiero di essere arrivato fino ai regionali. E invece no, suo padre lo aveva spedito in vacanza –da leggersi anche punizione- da sua zia, che poi quella vacanza per chiunque altro all’infuori di lui poteva essere considerata spettacolare, quelli erano dettagli.

    Suo padre sapeva come giocare le sue carte.
    E per cosa lo aveva spedito li, poi? Perché era stato bocciato.

    Si guardò intorno notando qualche bambino che, ridendo, lo indicava.

    “Bastardo.” digrignò i denti pensando a quanti più insulti potessero addirsi a suo padre.

    Lui odiava il mare.

    *



    “Guarda quel tizio Bill, è più sfigato di te! Da non crederci.”

    “Helena, smettila di prendere in giro tuo fratello!”

    La donna allungò un braccio oltre il suo asciugamano dando un gentile scappellotto sulla nuca della figlia, ricevendo in cambio una pernacchia. Tutto questo sotto lo sguardo atterrito di Bill, malamente seduto sotto l’ombrellone e con le carte in mano.

    “Davvero, sto iniziando a convincermene anche io, mamma.”

    “Andiamo Bill non dire queste sciocchezze .”

    Il ragazzo passò velocemente la carta sull’asciugamano della sorella e storse le labbra quando questa, con un sorriso che andava da un orecchio all’altro, toccò il mazzo urlando “merda!”.*

    “Helena! Bill! Che giochi sono questi?”

    La signora vide ridere entrambi i figli e li guardò con la bocca spalancata: non era una parolaccia in italiano, quella?

    Mentre la bambina, ancora con il sorriso in volto, le spiegava che quel gioco glielo aveva insegnato il portiere dell’albergo quella mattina –che a detta del figlio più grande era un tizio veramente gentile e figo- Simone si spalmava la crema sulle spalle, lasciando però una leggera patina bianca, il sole picchiava davvero forte lì!

    Inforcò gli occhiali da sole, si mise comoda sull’asciugamano e, con il sottofondo dei figli che ridevano urlando parolacce e la gente intorno che li guardava irritati, si addormentò.

    Più tardi, quando il sole era ormai calato ed un leggero venticello smuoveva ombrelloni e asciugamani in terra, la famiglia tedesca si era alzata, aveva raccattato le proprie cose ed aveva fatto ritorno in albergo.

    Solo la piccola Helena, però, aveva fatto caso allo strano ragazzo che prima urlava correndo come un pazzo per la spiaggia. Lo aveva visto entrare nel loro stesso albergo e si era anche fatta due risate quando lo aveva visto sbattere la testa contro il vetro della reception, che probabilmente non aveva notato, e poi imprecare a voce alta.

    È davvero sbadato, aveva osservato la bimba fissando poi i vestiti un po’ troppo larghi del ragazzo ed il piccolo zainetto da mare che aveva in spalla, poco dopo, però, sua madre l’aveva richiamata e lei era corsa via sorpassando il suo fratellone proprio mentre si accingeva ad entrare nella stanza.

    Era stata una lunga giornata quella e, mentre Simone punzecchiava Bill rinfacciandogli il fatto di sembrare un peperone umano, Helena si era infilata sotto le coperte, anche questa volta con un sorriso sulle labbra.

    Le stava proprio piacendo quella vacanza.

    *



    Quando quella mattina si svegliò, la prima cosa che vide, persino prima della luce che filtrava dall’enorme vetrata e della confusione nella sua camera d’albergo, furono gli occhi di sua zia.

    “Ragazzo sei sveglio?”

    La donna lo vide sobbalzare ed appoggiarsi con la schiena alla testata del letto, sbattere più volte le palpebre e strizzare gli occhi prima di mettere a fuoco la sua figura. Tom borbottò qualcosa di incomprensibile soffocando uno sbadiglio per poi fissare stranito la zia, comodamente seduta al bordo del suo letto. Del suo scomodo letto. Si, perché quella notte Tom era stato sveglio per ore prima di riuscire a trovare una posizione comoda e, quando si era ritrovato supino, era addirittura riuscito a contare tutte le molle della rete che premevano sulla sua schiena.

    E fortuna che quella era la suite più privilegiata, affidata all’architetto che portava avanti i lavori dell’Hotel. Si sarebbe ricordato di schernire la zia in ambito lavorativo, una volta svegliato del tutto.

    La donna lo stava ancora guardando.

    E Tom, mettendo finalmente a fuoco la sua figura, non si sorprese di trovarla già vestita e con una pila di fogli in mano, pronta a lavorare.

    “Che c’è?”

    “Oh, sei vivo caro” allungò la mano per sfiorare la guancia del nipote, ma la ritrasse quando lo vide storcere il naso “pensavo fossi entrato in catalessi.”

    Tom boccheggiò. Quella era matta, faceva forse parte della sua punizione ritrovarsi una zia esaurita?

    “In ogni caso, volevo dirti che sto scendendo per andare al lavoro. Oggi si terranno i lavori nei giardini dell’albergo, non penso di farmi viva per tutto il giorno” si alzò dal letto stirandosi fino al ginocchio la lunga gonna nera, stretta in vita.

    “Puoi fare ciò che vuoi, il servizio in camera è gratuito. . . sai, essere il primo architetto con buoni progetti in mano, ha i suoi vantaggi” aggiunse sbuffando una risatina.

    Il ragazzo, ancora mezzo addormentato, la fissava con gli occhi sbarrati. Aveva capito poco o niente di tutte le cose che la zia aveva blaterato.

    L’unica cosa che aveva percepito con chiarezza era stato lo sbattere della porta.

    *



    Era stata davvero una mattinata rilassante.

    Quel giorno si era alzato non appena il sole aveva fatto capolinea nel cielo, aveva frugato dentro il piccolo armadio a muro dell’hotel ed aveva indossato le prima cose che gli erano capitate sotto mano.

    Ora, invece, di ritorno dalla spiaggia con un secchiello pieno di conchiglie tra le braccia e i capelli appiccicati al volto per via del sudore, cominciava ad avvertire una certa stanchezza. Sbuffò e, una volta arrivato alla fine della strada, posò il secchiello di fianco a se lasciando scivolare a terra lo zaino che teneva in spalla; ci mise un po’ per trovare il cellulare sotto quell’ammucchio di asciugamani e creme solari, ma quando lo tirò fuori non si stupì nel trovare le dodici chiamate perse di sua madre.

    “Accidenti.” Si passò il braccio sulla fronte asciugandosi in parte il sudore e socchiuse gli occhi sotto i potenti raggi del sole.

    Mancava poco all’albergo dove alloggiava, quindi si rimise lo zaino in spalla ed afferrò le conchiglie: aveva deciso che sarebbe stato inutile richiamare Simone, si sarebbe accertata che suo figlio fosse ancora vivo di li a poco.

    *



    Era appena sceso dalla sua camera d’albergo ed era ancora leggermente addormentato. No, in realtà, era ancora totalmente rincoglionito e quando con passo lento e goffo varcò la soglia della stanza, adibita per fare colazione, la prima cosa che fece fu tapparsi le orecchie.

    Dannazione, cos’era quel trambusto di prima mattina?
    Che poi prima mattina non era -a confermarlo il grande orologio a muro, proprio sopra il tavolo con i vari dolciumi e bevande, le cui lancette indicavano il piccolo 12 stilizzato-; fatto sta che Tom strizzò gli occhi assonnati e si guardò intorno piuttosto scazzato.

    C’era poca gente: due o tre famiglie erano comodamente sedute davanti a tavoli apparecchiati e piccoli mocciosi scorrazzavano per la sala e intorno a Tom, ridendo e contribuendo a rovinargli i timpani.

    “Ecco il nipote del capo,” un ragazzo dietro di lui rise dandogli un rovinosa pacca sulla spalla “amico sbrigati o finirà anche il pane tostato”

    Tom sorrise confuso prima di seguire il dito del ragazzo. Il tavolo con i dolciumi.

    “Oh. Cazzo” non che avesse veramente fame, ma, seppur il dipendente di sua zia gli stava simpatico, Tom non aveva mai amato prolungare le conversazioni troppo a lungo e no, non era un asociale anzi, ma aveva i suoi tempi per metabolizzare ed istaurare un dialogo.

    E di prima mattina -a mezzogiorno- non era proprio il caso. “Ho proprio, uhm. . . fame. Ci vediamo Georg”

    Cazzo, si chiamava Georg?

    Dal sorriso che il dipendente, -coi lunghi capelli castani che a Tom sembravano richiedere molta più cura di quanto lui ne dedicasse ai suo dreadlock- gli rivolse poco dopo, penso che, si, quello era il suo nome e che non si era affatto accorto delle fregole che lui aveva.

    Tom si passo una mano sullo stomaco, accarezzandolo un volta con movimento circolare, per enfatizzare il fatto che avesse fame e poi si girò, pronto a dileguarsi.

    Forse fu un caso che proprio in quel momento, per via dei jeans troppo larghi di Tom o per la sua sbadataggine, una figura in calzoncini e con un secchiello in plastica verde pisello si ritrovò schiacciato sotto il peso del rasta.

    “Oh… uh cazzo. Ehm, I-i’m sorry.” Tom si rialzò velocemente senza nemmeno soffermarsi sulla faccia della persona che aveva travolto. Era tremendamente imbarazzato e intorno a lui poteva avvertire anche qualche risata mal nascosta.

    Due giorni, due fottuti giorni che era li e già aveva fatto abbastanza figure di merda.

    Guardò fisso la moquette rossa sotto i suoi piedi, notando una quantità industriale di conchiglie sparse su essa e altrettanta sabbia impastata ad acqua.

    “You’re welcome.” Tom, ancora rosso in volto, fu costretto ad alzare il viso ed incontrare gli occhi del ragazzo avanti a se.

    Il dipendente della zia, dietro di lui, se la rideva.

    Bill, dal canto suo, era incazzato nero. Cavolo, aveva passato una mattinata a scegliere quelle conchiglie per forma e colore!

    “So, can you help me?” continuo allungando la mano verso quel ragazzo ricoperto di tende, che spacciava per vestiti.

    Tom si grattò la guancia sentendo le guance ustionare e afferrò la mano del ragazzo, tirandolo su verso di se.
    Nel momento stesso in cui questo si spolvero i calzoncini, cercando poi di voltare la testa quanto più possibile per vedere come fosse messo di dietro -ed in tal caso avrebbe scoperto che il suo sedere era completamente zuppo e che qualche conchiglia era rimasta attaccata al costume- la gente nella sala tornò a farsi i fatti propri.

    Tom tirò un sospiro di sollievo.

    “Really, i’m really. . .really sorry.” Balbettò qualcosa in un inglese scorretto e sviò lo sguardo incazzato dell’altro ragazzo.

    Cazzo, lui aveva un insufficienza grande come quell’hotel in inglese e, va bé che era una lingua internazionale, ma quello straniero non poteva pretendere poi molto da Tom.

    “No. Problem.” Tom lo vide girarsi e sussurrare qualcosa nell’orecchio di una bambina con luminosi riccioli biondi, che si inginocchio aiutandolo a raccogliere le conchiglie.

    Non sapeva davvero se scappare, ormai intimidito più che mai da quella situazione, oppure continuare a scusarsi come uno scemo.

    Il ragazzo moro rialzò lo sguardo su di lui e lo fissò come a dire cosa diamine ci facesse ancora li poi passò velocemente la mano sulla pavimento cercando di spargere la sabbia. Pensava forse che cosi sarebbe andata via?

    Sembrava decisamente poco esperto nel pulire e nessuno li intorno aveva la minima intenzione di aiutarlo, quindi Tom si chinò di fronte a lui cominciando a raccattare buona parte delle conchiglie a terra. La bimba di fianco a lui gli sorrise e fece una pernacchia all’altro ragazzo correndo poi via.

    “Grazie dell’aiuto, piattola! Ti spezzo le ossa se ti prendo.”

    Tom spalancò la bocca fissando la smorfia del ragazzo -il quale aveva arricciato le labbra carnose in un tenero broncio- poi rise, divertito e sorpreso.

    “Cristo, ma sei tedesco?”

    “Oh.” Il ragazzo moro lo fisso con una conchiglia in mano ed i grandi occhi caramello spalancati “e tu non sei inglese?”

    “No, proprio no!” Tom si batte due pacche sui jeans, all’altezza delle cosce e si alzò ridendo “Sono Tom, piacere.”

    L’altro ragazzo lo imitò, stringendosi al petto il secchiello ora nuovamente pieno di conchiglie “Bill.”

    Già, forse fu proprio un caso o forse il destino a far si che quei due ragazzi si incontrassero.

    Tom sorrise, mettendo da parte l’imbarazzo e riacquistando un po’ di sicurezza. Guardò ancora una volta il ragazzo avanti a lui, notando solo ora quanto i suoi lineamenti fossero delicati e quanto assomigliasse ad una ragazza.

    Una bella ragazza.

    “Bhé in questo caso. . .” Thomas rise “Nice to meet you.”


    ~

    Nda: Spero di non avervi deluso. Avevo promesso che avrei postato oggi e ieri sera l'ultima scenetta non era ancora completa. In realtà l'idea si è sviluppata proprio come volevo io, però il modo in cui è scritta è un po' sciatto e poco descrittivo per i miei gusti. In ogni caso, spero che vi piaccia e ripeto, non mi aspetto solo commenti positivi, per cui sentitevi anche libere di dire "Hey, mi hai proprio deluso, questo capitolo me lo aspettavo molto più bello e bla bla bla." Non può che farmi piacere. Apprezzo la sincerità.

    E asdvtysdvdsv ho scritto troppo, me ne vò. Grazie mille in anticipo!
    (:


    *Merda!: è un gioco di carte che credo ormai tutti conoscano, ma per sicurezza lo spiego uguale. Il numero di carte che si ha in mano dipende dal numero di giocatori (ovviamente carte da "scopa", per capirci) e tutti i giocatori devono scegliere una carta di quelle che hanno tra le mani e la devono passare contemporaneamente a tutti gli altri al giocatore alla propria destra. Lo scopo del gioco è di avere 4 carte uguali però con il seme diverso e quando succede bisogna battere la mano sul mazzo urlando appunto "merda!", chi poggia per ultimo la mano sopra al mazzo deve prendere un altra carta. Perde chi ha più carte da parte, quindi più "chili di merda."
    Se lo conoscevate, bene. Altrimenti giocateci che ci si taja dalle risate!

    *Fregole: è un modo di dire romano che sta ad indicare quando una persona ha fretta --> "Oh, dove vai cosi presto? Che c'hai fretta/le fregole?

    Edited by meishells‚ - 23/3/2012, 13:50
     
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  8. gerlanda
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    Mi piace un sacco brava!!!!!!!! :dolce:
     
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  9. meishells‚
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    CITAZIONE (gerlanda @ 17/4/2012, 14:36) 
    Mi piace un sacco brava!!!!!!!! :dolce:

    Aww, grazie mille! :ooh:

    Sai che dopo tutti i vari commenti ancora non so come chiamarti?
     
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  10. gerlanda
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    CITAZIONE (meishells‚ @ 17/4/2012, 15:50) 
    CITAZIONE (gerlanda @ 17/4/2012, 14:36) 
    Mi piace un sacco brava!!!!!!!! :dolce:

    Aww, grazie mille! :ooh:

    Sai che dopo tutti i vari commenti ancora non so come chiamarti?

    ma continuerà????????? sono molto curiosa...
    che vuol dire non sai come chiamarmi? :)
     
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  11. meishells‚
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    Certo! Sto finendo il terzo capitolo. (:
    Che non so il tuo nome, posso chiamarti gerlanda?
     
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  12. gerlanda
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    E' il mio nome vero, precisamente secondo nome! :timido:
    aspetto il nuovo capitolo con ansia!!!! :dolce:
     
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  13. meishells‚
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    CITAZIONE (gerlanda @ 18/4/2012, 14:36) 
    E' il mio nome vero, precisamente secondo nome! :timido:

    Accidenti non avevo capito, scusami tanto :damo20100802.gif:

    Per allentare l'attesa del nuovo capitolo ho postato una shot, questa volta non yaoi però: 1er Janvier.
     
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12 replies since 28/7/2011, 18:03   187 views
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