Occhi negli occhi

One-shot || Drammatico || Romantico

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  1. ::denny::
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    Autore: ::denny::
    Genere: one shot
    Rating: arancione
    Tipologia: drammatico, romantico
    Breve descrizione: Zack e Christine sono due giovani innamorati. Convivono e non possono stare l'uno senza l'altra. Passano insieme tutto il loro tempo libero e si conoscono profondamente. Un giorno, Chris si sveglia in ritardo, prende la macchina per andare al lavoro e...
    Note: partecipazione al Contest di Scrittura #1 (immagine scelta: 7)




    “Sono tornata!” si annunciò Christine entrando in casa. Quello che vide la lasciò senza fiato.
    Il piccolo tavolo che si trovava a metà tra la cucina e il salotto era apparecchiato per due, una sola candela accesa svettava tra due bicchieri riempiti di vino rosso, e un profumo dolce, aromatico e gustoso riempiva l'aria.
    Qualcuno l'abbracciò da dietro e le sussurrò all'orecchio un sensualissimo: “Bentornata.” Lei si girò e lo abbracciò a sua volta.
    “Bé, che significa?” gli chiese, prima di scoccargli un bacio sulle labbra.
    “Dev'esserci per forza un motivo che mi spinga a cucinare per te?” rispose Zack, sfoderando uno dei suoi meravigliosi sorrisi. Lei lo baciò di nuovo.
    “E allora perché sei a petto nudo?” domandò, contro le sue labbra.
    “Perché sono un diavolo tentatore”, rise.
    Decisero di averne abbastanza delle chiacchiere e che la cena poteva aspettare. Il bacio divenne più profondo, Christine sfiorava i suoi muscoli lisci e tesi come seta. Zack le tolse il maglioncino, lentamente. Ma le loro bocche non esitarono ad incontrarsi di nuovo.
    La prese in braccio e, non senza sbattimenti contro mobili e pareti, ridendo, la portò in camera e la stese sul letto.
    Occhi negli occhi, le sfilò le scarpe. Poi fu la volta dei calzini. Dei pantaloni. E delle mutandine. Chris non riuscì ad evitare di ridacchiare mentre la spogliava. E trattenne il fiato quando anche lui si tolse quegli inutili indumenti.
    “Quanto sei bello” gli sussurrò.
    “Dovresti vederti con i miei occhi, allora capiresti cos'è la bellezza” le rispose, scivolando sopra di lei.
    Ricominciarono a baciarsi, con passione, mentre lui tentava di slacciarle il reggiseno. Chris rise e lo aiutò, e le loro bocche si incontrarono ancora, e ancora.
    E allora non ci fu più spazio per i sentimenti.
    La penetrò con una spinta, diretto, come piaceva a lei.
    Ben presto presero lo stesso ritmo, e il calore cresceva, e non avevano altro appiglio se non le loro dita intrecciate, e non guardavano altro che gli occhi l'uno dell'altra.
    Nel corso della notte, fecero l'amore più e più volte, mentre il vino diventava imbevibile e la cena nel forno si raffreddava.


    Zack si svegliò con il suono della sveglia, terribilmente irritante. Christine dormiva ancora, sopra il suo braccio, tutta raggomitolata contro il suo fianco. La guardò con il sorriso sulle labbra, ripensando a quanto era stata spavalda e perfetta quella notte, e le accarezzò la guancia. Dio, quant'era bella. Così dolce e inerme mentre dormiva.
    La voglia di tenerla lì, accovacciata contro di sé, si fece prepotente come ogni mattina, ma se non voleva fare tardi doveva svegliarla. Bé, lei era già in ritardo.
    “Chris... piccola?” La chiamò diverse volte, dandole lievi baci sul viso.
    Lei mugugnò qualcosa e socchiuse un occhio.
    “Sei in ritardo” la informò, sorridendo. Il tempo che quelle parole si fecero strada fra la nube della sonnolenza che la avvolgeva e strabuzzò gli occhi.
    “Le otto?? Merda, perché non mi hai svegliata prima?” lo sgridò, fiondandosi nel bagno.
    “Perché anch'io mi sono svegliato adesso” rispose Zack, ridendo.
    Chris fece capolino dal bagno e bofonchiò qualcosa mentre si lavava i denti, e ovviamente non si capì niente.
    “Certo, ho capito tutto” fece lui, ridendo ancora. Scese dal letto e si diresse lentamente verso il bagno, completamente nudo.
    Chris si sciacquò la bocca e ripeté: “Mi serve la macchina, con la metro arriverei troppo tardi. E mettiti qualcosa addosso!” Gli tirò un asciugamano.
    “Va bene, va bene, prendi la macchina. Ma vai piano, piratessa.”
    “Sissignore!” rispose dalla camera.
    Ricomparve in bagno, già vestita e pronta a truccarsi.
    “Sei l'unica donna al mondo capace di vestirsi e truccarsi in cinque minuti” le disse lui, sbalordito.
    “No, sono l'unica donna al mondo ad essere sempre in ritardo. E non offendere il genere femminile!” Gli scoccò un bacio sulle labbra. “Disgraziato. Ci vediamo stasera.”
    “Non mangi niente?”
    “Non ho tempo.”
    “Non hai mangiato neanche ieri sera” la sgridò, bloccandola. Le soffiò sul collo e lei scoppiò a ridere.
    “Smettila! Va bene, ti prometto che prenderò qualcosa dalla macchinetta al lavoro, però basta solletico!”
    “Andata. Ci vediamo stasera.” Non aveva nessuna intenzione di lasciarla andare. La baciò appassionatamente. Lei rispose al bacio, ma dopo poco si divincolò.
    “Ti amo!” gli urlò dalla porta.
    “Ti amo anch'io” rispose Zack, e si lasciò andare alle risate. Pazzesca.



    Si tirò su di scatto. Non voleva sognare più, era doloroso.
    Ma quanto aveva dormito? Si girò verso la sveglia, segnava le 2 di pomeriggio. Ma poi, chi se ne importava? Non aveva voglia di alzarsi, ma se stava a letto si sarebbe messo a pensare, e poi a ricordare, e non andava bene.
    “Ehi, bello, ti sei svegliato?” gli chiese Alan, entrando in camera con due tazze di caffé.
    Zack si ributtò sul letto e sbuffò.
    “Che diavolo ci fai qui, tu??” lo rimbeccò.
    “Sono venuto a portare fuori la mummia, prima che rinsecchisca” fece Alan, ridendo. “Vestiti, usciamo.” Gli porse la tazza.
    “Non ho voglia di uscire” rispose Zack, cupo, mettendosi a sedere. Prese la tazza e bevve un sorso.
    Alan lo guardò, serio.
    “Sono preoccupato.”
    “Per cosa?”
    “Per te, che altro se no?”
    “Non dovresti.” Scese dal letto e si diresse verso il bagno. Sapeva benissimo dove voleva andare a parare, e non aveva alcuna intenzione di starlo a sentire.
    “Ma tu sei abituato a girare nudo per casa?” lo prese in giro Alan, coprendosi gli occhi.
    Non gli rispose nemmeno.
    Da tempo ormai aveva perso la voglia di scherzare, di ridere, di uscire a godersi il sole, di fare qualunque cosa. Si sentiva svuotato, come se avesse già dato tutto quello che aveva da dare e non gli rimaneva più nulla, dopo che lei se l'era portato via... Non aveva voglia nemmeno di pensare.
    Si prese la testa tra le mani, quasi volesse spaccarsela a metà, per fare uscire tutto quello che lo tormentava e non gli dava tregua.
    “Amico, scherzi a parte, sono quasi due mesi che va avanti così, e non puoi più continuare” gli disse Alan, appoggiato allo stipite della porta.
    “Sai, amico” fece sarcastico, “esiste una cosa chiamata privacy.”
    “Mai detto di non essere un guardone” rispose a tono, alzando le mani. Poi tornò serio. “Devi continuare con la tua vita, Zack, non puoi rinchiuderti in casa.”
    “Perché no? Chi lo dice?” Si lavò la faccia.
    “Lei non avrebbe voluto questo per te.” Alan si morse un labbro, non avrebbe dovuto dirlo.
    Zack chiuse il rubinetto e lo fulminò con lo sguardo. “Non azzardarti a nominarla.”
    “Hai ragione, non avrei dovuto. Ma ti stai trasformando davvero in uno zombie, guardati!”
    Lo ignorò, tornò in camera e si mise addosso le prime cose che trovò. Poi prese la tazza e andò fuori, sul terrazzino.
    Alan, ovviamente, lo seguì.
    “Io e te siamo amici da tanto tempo, Zack, e non sopporto di vederti così.” Si sedette sulla sedia di plastica accanto alla sua. Era la prima volta che lo vedeva così serio. “Ma capisco che ti serva un aiuto per uscirne.”
    “Non mi serve nessun aiuto. Mi serve che mi lasciate stare, tutti quanti.”
    “Sei proprio testardo, lo sai?” Alan alzò gli occhi al cielo, poi guardò l'orologio. “Senti, io un lavoro ancora ce l'ho, perciò vado. Il mio numero ce l'hai se ti serve. Ciao bello.” Gli diede una pacca sulla spalla e si dileguò.
    “Io non ho bisogno di nessuno” borbottò da solo, finendo il caffè.
    Ogni giorno, da due mesi a quella parte, lo passava nello stesso identico modo: tonnellate di caffè, zapping senza senso in tv, qualche volta giri altrettanto senza senso sul computer, cibi surgelati, e così fino a sera. La sera, e la notte, erano la parte più difficile: al tramonto si sedeva fuori e stava ad osservare il cielo scolorire, dall'azzurro intenso al blu più cupo. Ed era in quel momento che la solitudine diventava un fardello pesante, così pesante da diventare insopportabile, da creare un buco nel petto così profondo da mozzarti il respiro. Era in quei momenti che l'alcool diventava il suo migliore amico. Era in quei momenti che aveva più bisogno di lei.

    La giornata scorse come sempre, ma le parole di Alan non gli davano tregua, e si aggiungevano al mucchio di cose a cui non voleva pensare ma che gli affollavano la mente.
    Quando rientrò in casa, diede un'occhiata in giro: era tutto esattamente come l'aveva lasciato lei. Il suo disordine era ciò che lo faceva sentire a casa, che gli scaldava il cuore e che gli faceva pensare: “E' qui che devo stare.” Come se lei non se ne fosse mai andata. L'armadio in cui sembrava che fosse scoppiata una bomba; mezzo pavimento della camera coperto dai libri, visto che ne aveva talmente tanti da non sapere più dove metterli; gli armadietti del bagno in uno stato di totale confusione. Era contraddittorio il fatto che si trovasse calmo in mezzo al caos, ma così era e così sarebbe rimasto.
    A quel punto gli tornarono in mente le parole di Alan, implacabili.
    Devi continuare con la tua vita.
    La mia vita è questa, grazie tante, pensò di rimando.
    Il sole era basso all'orizzonte, così uscì a godersi il tramonto. Era una cosa che lei amava fare, e che avevano preso l'abitudine di fare insieme, e lui non poteva lasciare andare quell'abitudine.
    Andiamo, sii serio: questa la chiami vita?
    Sobbalzò al suo stesso pensiero: che diamine gli prendeva? Ormai era così, non poteva farci niente. Oppure no?
    Ad un tratto realizzò tutto. Divenne pienamente consapevole di quello che era successo e rivide tutto, tutto quanto. Capì che non poteva più fare finta di niente.
    E il respiro iniziò a farsi affannoso. Non poteva essere, come aveva potuto fare finta di niente?
    Si girò a guardare il sole, e invece di rassicurarlo, gli ricordò, con i suoi raggi, la luce che nella vita di Zack non c'era più.
    Gli occhi gli si riempirono di lacrime. Gli avevano insegnato che un uomo non doveva piangere, ma non riuscì a trattenerle. Mentre lo sguardo restava sul cielo che lentamente si tingeva dei colori più incredibili, quei colori che nemmeno i pittori riuscivano a ricreare veramente, Zack lasciava che le sue guance si tingessero del colore del dolore più intenso: trasparente.

    Il cielo era sui toni dell'indaco quando Alan comparve dalla portafinestra.
    Zack era seduto con le ginocchia al petto, la testa appoggiata ad una mano.
    “Ehi... che succede?” gli chiese Alan, raggiungendolo.
    “Che ci fai qui?” ribatté Zack, asciugandosi le guance. Gli occhi rossi però, non poteva mascherarli.
    “Ti ho chiamato una decina di volte, ma non rispondevi e mi sono preoccupato.”
    “Sembri una zia, cavolo.”
    Alan rise e lo guardò fisso. “Cosa è successo, me lo vuoi dire?”
    Non voleva rispondere. Si morsicò un'unghia. Ce la mise tutta per non crollare di nuovo, non era virile. “Chris è morta, Alan” gli disse, con la voce rotta.
    Alan sospirò e gli accarezzò la testa. “Sì, Zack, purtroppo sì.”
    “Perché lei? Perché me l'hanno portata via?” Si prese la testa tra le mani, cercando di contenere i singhiozzi.
    “Questo non lo so. Forse c'era un piano più grande per lei.”
    “Io non ero abbastanza?” chiese, guardandolo, disperato.
    Alan sapeva che prima o poi sarebbe arrivato quel momento, ma gli si inumidirono gli occhi comunque. Già, perché lei?
    “Tu lo eri, Zack, non credere il contrario... Non voglio dirti qualche inutile frase fatta, perché io non posso sapere quanto sia doloroso. Posso solo dirti: sfogati, e stai tranquillo.”
    Rimasero così per un po': Alan a tranquillizzarlo che niente di tutto quello che avrebbe detto o fatto sarebbe uscito da lì, Zack a capire quanto davvero fosse profondo quello che provava, e a fare i conti con quello che prima voleva solo ignorare. Quando si fu calmato almeno un po', iniziò a parlare. “Mi manca così tanto...” tirò su con il naso. “Non voglio uscire di casa perché so che lei non sarà qui ad aspettarmi... Non voglio andare avanti, non voglio dimenticarla.”
    “Non è detto che tu debba farlo” rispose Alan, capendolo al volo. “Lei sarà sempre parte di te, qualunque cosa accada, ma rinchiudersi in casa non servirà a molto.” Gli sorrise, comprensivo.
    “D'accordo, ma... mi servirà tempo” concluse Zack, ricomponendosi. Lei era sempre insieme a lui, anche se in un modo diverso. Doveva accettare il fatto che non avrebbe più visto il suo sorriso, e andare avanti.
    “Tutto il tempo che ti serve...”

    Dopo qualche giorno, Zack decise di mettere via i suoi vestiti. Gli ci volle tutto il suo coraggio per chiedere aiuto ad Alan; tutta la sua resistenza per evitare di stringersi al volto il suo vestito preferito e raggomitolarsi a letto a piangere sul suo profumo; e tutto il suo cuore per chiudere le scatole con il sorriso, sapendo che non era lei quella che stava mettendo via. Poi fu la volta dei libri, ma si trattò più che altro di sistemarli che di metterli via, dato che avevano sempre avuto lo stesso gusto in fatto di letteratura.
    Tolsero dalla casa il disordine di Christine, ora riusciva a pensarne il nome, anche se ciò significava che doveva trovare un altro modo per sentirsi a casa.
    “Piano piano poi, puoi modificare l'arredamento” consigliò Alan, buttandosi sul divano con la birra in mano.
    “No, dai, non è così male.” Zack lo imitò e sorrise. Finalmente si era fatto una doccia (e la barba), era uscito a comprare qualcosa di sano da mangiare e la casa era in ordine. Pensò che Chris sarebbe stata fiera di lui.
    “Se lo dici tu...” fece Alan con un'espressione scettica in viso. “Ti va di uscire stasera? Niente di impegnativo, festeggiamo il fatto che sembri di nuovo un essere umano.”
    Pensava di strappargli una rista, invece lo sguardo di Zack si fece perso.
    “Se non ti va non importa” continuò.
    “Pensi che... potrei?” sussurrò Zack. Si sentiva ancora meno virile di prima, ma ormai... “E se una si avvicinasse? Che dovrei fare? Non mi ricordo più come si fa.” Si passò una mano sul viso.
    “Mica è detto che cuccherai per forza” rise Alan, cercando di alleggerire l'atmosfera.
    Annuì. “Ehi, amico... grazie. Per tutto, sai...” bisbigliò poi.
    “Non ti preoccupare.”

    Entrarono nel loro pub preferito, dove la birra era buona e la gente sempre la stessa. Si sedettero al bancone e quando Kim, la barista, li vide, lanciò un gridolino.
    “Guarda un po' chi si vede! Quanto tempo, eh?” li apostrofò, mentre preparava due boccali senza nemmeno guardarli. Si avvicinò a loro, appoggiandosi con i gomiti al bancone, così da farsi sentire meglio in mezzo alla ressa di quella sera.
    “Come stai?” chiese a Zack, a mezza voce. Lui capì subito a cosa si riferiva.
    “Meglio... ci è voluto tempo, però.” Le sorrise e lei annuì, felice di sentire che si stava riprendendo. Alan ordinò due boccali della loro birra preferita, poi venne completamente assorbito da una discussione con due suoi conoscenti appena entrati. Zack non li ascoltava nemmeno, preso ad osservare Kim: non aveva mai notato che i suoi occhi erano quasi dello stesso colori di quelli di Chris, così ambrati che alla luce sembravano oro. La cosa lo lasciò spiazzato per qualche minuto.
    “Allora, ti sei perso un sacco di cose, sai?” lo informò Kim, avvicinandosi di nuovo.
    La serata passò così, con Alan che continuava a distrarsi parlando con chiunque, Kim che lo aggiornava sulle ultime novità e Zack che l'ascoltava chiacchierare senza sosta, a metà tra l'attenzione e uno strano stato di trance. Notava sempre di più molte cose in lei che gli ricordavano Christine: la spontaneità, l'allegria, il modo di sistemarsi i capelli dietro l'orecchio, ma soprattutto l'attenzione nei suoi riguardi.
    Stava facendo di tutto per farlo stare meglio, e ci stava riuscendo.


    Lo stato di trance si interruppe quando si ritrovò a casa di Kim.
    Gli sembrava di avere assunto qualche strana droga: non ricordava dove avesse lasciato Alan, quando si fosse messo d'accordo con lei per andare a casa sua e non sapeva nemmeno che ore fossero. Ricordava solo di aver parlato con lei a lungo, di tutto e di tutti, e che da molto tempo non si sentiva così a suo agio come con lei.
    “Che strano averti a casa mia” disse Kim, rompendo il silenzio. Si buttò sul divano e gli fece segno di sedersi accanto a lei. Si tolse il giubbotto, lo appoggiò a una sedia e si accomodò.
    Non si era ancora appoggiato che lei gli buttò le braccia al collo e lo baciò.
    Zack rimase pietrificato. Non se lo aspettava minimamente e non sapeva cosa fare.
    Istintivamente, ricambiò, anche se non era sicuro di quello che stava facendo.
    Kim approfondì il bacio, sorridendo. Davvero lui la rendeva così felice?
    Poi la ragazza si tolse la maglietta. Zack la guardò, a metà tra la voglia di tenerla tra le braccia e respingerla. Gli tolse la maglietta e lo baciò di nuovo. Era una bella sensazione quella che gli provocava, ma c'era qualcosa che non andava.
    “Aspetta, aspetta, aspetta...” fece lui, quando capì che non poteva andare oltre. Kim si staccò con un'espressione mortificata in viso. Zack sospirò e continuò: “Non è per te, davvero. E' che non posso... non ancora...” Non riusciva a spiegarsi come voleva. Non riusciva a capire perché non poteva stare con una ragazza così carina e che le somigliava così tanto.
    Kim gli prese la mano. “Parlamene” gli disse. E il suo sorriso confortante lo convinse a dirle tutto.
    Le disse quanto fosse profondo il legame che aveva con Christine, ancora adesso; quanto lei avesse avuto un impatto così forte nella sua vita, e come non poteva e non voleva dimenticarla. Le disse del periodo in cui si era chiuso in casa a cercare di non pensarla e di non ricordarla, e che invece tutto ciò non faceva altro che occupargli la mente; di come stava per impazzire e che a salvarlo erano stati il ricordo di lei e Alan. Le disse che non avrebbe mai trovato qualcuna come lei e che non sapeva nemmeno se ne sarebbe stato capace.
    Per tutto il tempo, Kim lo guardò e lo ascoltò senza battere ciglio. Nei momenti in cui soffriva di più, dava una stretta alla sua mano, e quando le raccontò della volta in cui si era davvero reso conto che lei non c'era più, le vennero le lacrime agli occhi.
    “Lei mi manca... e io non so come fare...” concluse Zack, con un sospiro. Non l'aveva guardata nemmeno una volta, e, quando si girò, vide una lacrima scorrerle sulla guancia. Lei lo abbracciò e lo tenne stretto per un po'.
    “Non devi dimenticarla per forza... lei sarà sempre con te, e sa che l'amerai sempre e comunque” gli disse. Le stesse parole che gli aveva detto Alan.
    La strinse, e, quando lei si staccò, la guardò.
    Occhi negli occhi, pensò che avrebbe potuto perdersi in quello sguardo dorato, e non ci sarebbe stato niente di male... giusto?

    ("Occhi negli occhi" - ::denny:: Creative Commons License
    This work is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 3.0 Unported License)
     
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    Bellissima...mi sono messa a piangere tanto mi ha fatto commuovere...
     
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    CITAZIONE (Dolce Kyoko_82 @ 5/11/2012, 16:18) 
    Bellissima...mi sono messa a piangere tanto mi ha fatto commuovere...

    Oddio :damo20100826.gif:
    Grazie! :damo20100802.gif:
    Cioè, non volevo farti piangere, ma essere riuscita ad emozionare qualcuno... mamma mia! :damo20100826.gif:
     
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  4. ritarita
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    Davverodavvero molto bella!!! :damo20100874.gif: ..complimenti denny!
     
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    CITAZIONE (ritarita @ 5/11/2012, 18:19) 
    Davverodavvero molto bella!!! :damo20100874.gif: ..complimenti denny!

    Grazie mille!! :damo20100826.gif:
     
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    E' la verità Denny a me è piaciuta moltissimo...non vedo l'ora di leggere altri tuoi racconti...mi piaci come scrivi...
     
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    CITAZIONE (Dolce Kyoko_82 @ 5/11/2012, 21:23) 
    E' la verità Denny a me è piaciuta moltissimo...non vedo l'ora di leggere altri tuoi racconti...mi piaci come scrivi...

    Ti ringrazio tanto! :damo20100826.gif:
    Ho altre storie ma mi vergogno a pubblicarle... :damo20100810.gif:
     
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    ♥ La capricciosa e rompiscatole gattina ♥ Una volta chiamatasi Airi Hoshina
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    Ma..ma bellissimo TT^TT
    buaa ç_ç ho gli occhi lucidi T^T
    sei stata bravissima! Complimenti! Bella storia, scorrevole, scritta bene e sopratutto piena di sentimento. Bella, mi ha tolto il fiato.
     
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    CITAZIONE (Airi Hoshina @ 7/11/2012, 15:00) 
    Ma..ma bellissimo TT^TT
    buaa ç_ç ho gli occhi lucidi T^T
    sei stata bravissima! Complimenti! Bella storia, scorrevole, scritta bene e sopratutto piena di sentimento. Bella, mi ha tolto il fiato.

    Quanti complimenti, grazie mille!! :damo20100806.gif: :damo20100826.gif:
    Ah, ho visto il tuo post nel sondaggio, sì, sono una ragazza xD
     
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    ♥ La capricciosa e rompiscatole gattina ♥ Una volta chiamatasi Airi Hoshina
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    ahn, okkii! bene, ora son più tranquilla XD

    ed è vero (: non ringraziare (:
     
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    CITAZIONE (Airi Hoshina @ 7/11/2012, 22:39) 
    ahn, okkii! bene, ora son più tranquilla XD

    ed è vero (: non ringraziare (:

    Bé, non sono abituata ai complimenti, quindi... :damo20100802.gif:
     
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    Quand'è che ci si arrende, che si decide che il troppo è troppo? La risposta è una sola. Mai.
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    Bellissima. Mi piace come scrivi e mi piace la storia. Complimenti, mi ha commosso :damo20100806.gif:
     
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    CITAZIONE (Mandragora @ 17/11/2012, 12:37) 
    Bellissima. Mi piace come scrivi e mi piace la storia. Complimenti, mi ha commosso :damo20100806.gif:

    Grazie mille per i complimenti!! :damo20100826.gif:
     
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    una storia commovente (tanto che ho pianto :cry:) e anche scritta bene... continua così :damo20100852.gif:
     
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