Sogno di una notte di mezzo inverno

Romantico, scolastico, drammatico, shoujo [CONSLUSO]

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    Forse sarà un po' fuori luogo e magari nemmeno poi così tanto sensato. Però, leggendo un po' qua e un po' la e amando io stessa scrivere, mi sono detta:"Perché non provi a vedere cosa viene fuori dalle tue idee?". So che non è nulla di che, ma spero che a qualcuno possa interessare :79005482.gif:[/color]

    Prologo
    Neve. Fredda e solitaria cadeva leggiadra dal cielo. Al tocco caldo della mia mano, svaniva diventando semplice acqua. Mi ricordava un po' me: fuori forte e sicura, dentro fragile, pronta a rompermi ad ogni piccolo tocco.
    -Andiamo? Ti ho preso una cioccolata calda.-
    -Si.-
    La sua voce. Così calda da riscaldare il freddo inverno del mio cuore. I suoi occhi. Un oceano nero in cui sarei annegata volentieri. Le sue mani. Forti e delicate.
    Mentre camminavamo per le strade affollate, sotto la neve, il mio cuore non smetteva di battere. Lui era lì, di fianco a me, con il suo solito fare disinvolto. Le mani gli tremavano, probabilmente emozionate. Erano passati anni da quando le nostre strade si erano incrociate e io ho potuto sempre fare affidamento su di lui. Mi aveva aiutata durante il liceo, con gli esami per l'università e a trovare un lavoro. Lo guardai con una gioia fasulla e lui mi sorrise.
    -Cosa farai questo Natale? Lo andrai ancora a trovare?-
    -Si.-
    Certo, era per quello che non potevo essere pienamente felice. Qualsiasi cosa facessi, l'altro era sempre nei miei pensieri. Cercai di dimenticarlo, fallendo miseramente.
    -Dovresti passare il Natale con me, invece.-
    -Già, dovrei...-
    -GUARDAMI!-
    Le sue dita, di solito dolci e gentili, stringevano forte le mie spalle esili e doloranti.
    -Alex, mi fai male!-
    La stretta divenne ancora più forte e una lacrima scese passiva sul mio viso.
    -Melly, io sono caldo, io sono presente, scegli me una volta per tutte.-
    Mi baciò. Non era il nostro primo bacio, ma quella volta trovai in quelle labbra la frustrazione e la paura, non la dolcezza e l'amore a cui ero abituata. Ricambiai il bacio stringendogli il viso tra le mani. Il suo corpo era caldo, era una verità. Mi lasciò andare e sorrise.
    -A volte, Melly, mi basta solo questo per essere felice.-
    Lo guardai con gli occhi stracolmi di lacrime, ma decisi di non piangere. Mi limitai a mostrargli uno dei miei falsi sorrisi che non hanno emozioni. Non so se si accorse della falsità che stavo creando o no, ma sorrideva anche lui e, per quegli attimi, mi sentivo un po’ più leggera. Volevo solo la felicità, ma chissà dove mai avrei potuto trovarla.

    Capitolo 1: Era il mio primo ultimo giorno di scuola
    -Melly, tesoro, se non scendi subito perderai il pullman.-
    -Si, nonna. Scendo immediatamente.-
    Mi guardai allo specchio per l’ultima volta e mi sforzai di sorridere in modo convincente. Delusa, optai per il classico sorrisino educato. Spazzolai la divisa per l’ultima volta e mi precipitai fuori casa.
    -Melly, il pranzo…-
    -Nonna, ho dei soldi con me. Prendo un panino a scuola. Ciao.-
    Ogni volta che guardavo mia nonna, vedevo gli occhi di mia madre. Quegli occhi freddi pieni di apprensione e tolleranza. Gli stessi occhi che mi guardavano gelidi mentre una voce senza espressione mi annunciava il divorzio dei miei genitori. La donna che avevo sempre ammirato aveva un altro uomo e, mio padre, piccolo e stanco, senza ribellarsi la lasciò andare.
    Mentre camminavo verso la fermata, guardai il cielo. Era di un azzurro vivo, pieno di nuvole che giocavano tra di loro. Una leggera brezza scompigliò i miei capelli potando con se piccoli petali di ciliegio. Li ammirai danzare tra di loro accompagnati dal fischiettare del vento. Mi guardai intorno.
    “Strano” pensai “non ci sono alberi di ciliegio in questa zona della città”.
    Affrettai il passo e presi il bus per un pelo. All’interno molti ragazzi indossavano l’uniforme della mia scuola. Tutti sembravano felici ed eccitati nel rivedere i propri compagni di scuola. Era il caso di farmi degli amici per un solo anno? Abbassai lo sguardo e presi le cuffie del mio mp3. Una dolce melodia uscì dalle piccole casse e mi sentii più a mio agio.
    “Solo per un po’” mi promisi “il tempo di arrivare a scuola”.
    Quando l’autobus frenò alla mia fermata, sognante scesi gli scalini inciampando sui miei stessi piedi. Caddi rumorosamente davanti al cancello principale della mia nuova scuola.
    -Ahi- guardai il mio ginocchio rosso e dolorante. Una goccia di sangue vivo incominciò ad uscire lentamente. Sentii le risa di alcuni ragazzi e, per orgoglio, trattenei le lacrime.
    -È proprio da me inciampare davanti a scuola con tutti gli studenti fuori. Stupida!-
    -Ti sei fatta male?-
    Alzai gli occhi e vidi una ragazza molto magra con lunghi capelli neri. La sua carnagione era molto chiara, come se non avesse mai conosciuto il sole. Gli occhi castani erano contornati da un ombretto scuro che stonava con il color rosa delle labbra.
    -No, non è nulla.-
    -Tieni, prendi il mio fazzoletto. Ti accompagno in infermeria.-
    Mi porse la mano e io la accettai. Camminammo insieme verso l’infermeria, un po’ impacciate grazie alla mia gamba.
    -Bene, siamo arrivate. Ora aspetta l’infermiere. Ah, a proposito, io mi chiamo Namamono Alisa.-
    -Piacere Namamono-san, io sono Okiwawa Melissa.-
    -Oh, un nome straniero.-
    -Si, italiano. Mia madre è italiana.-
    -Ecco il perché della forma strana dei tuoi occhi. Vado. Sono rappresentante di classe. Non posso fare tardi proprio il primo giorno di scuola. Ciao, ci vediamo in giro.-
    -Ciao.-
    I miei occhi. Li ho sempre odiati perché la loro forma non è ne occidentale ne orientale. Una via di mezzo che non mi permetteva di classificarmi come una giapponese di puro sangue e, questo, facilitò le prese in giro di alcuni miei vecchi compagni di scuola. Presa da ricordi non proprio lieti, mi persi tra il bianco puro di alcune nuvole dell’orizzonte. Un po’ distratta, tardai ad accorgermi che non ero più sola in infermeria.
    -Uhm, uhm. Tu sei Okiwawa?-
    Un ragazzo alto, dai capelli neri e occhi verdi, ergeva fiero davanti a me.
    -Si.-
    -L’insegnante non può venire e ha mandato me per vedere cos’è successo. Sinceramente credevo fossi un ragazzo. C’è un altro Okiwawa in quest’istituto. O forse era Okisawa? Beh, cos’è successo?-
    -Sono caduta davanti a scuola. Nulla di grave. Vorrei solo un cerotto e del disinfettante. Posso fare da sola, grazie.-
    -Si, sono sicuro che lo puoi fare da sola.-
    E mi sorrise. Un sorriso caldo, bellissimo. Per la prima volta dopo tempo sentii una morsa al cuore. Senza accorgermene sorrisi anch’io.
    -Oh, un sorriso. Sei carina quando sorridi.-
    Si scansò dalla mia visuale per ritornare con del disinfettante ed una garza.
    -Tieni. La cerimonia di benvenuto inizierà tra mezz’ora. Se non sai dov’è l’aula, ti aspetto qui fuori così….-
    -No, me la cavo. Grazie.-
    Abbassai gli occhi e lui sospirò. Uscì dalla stanza lasciandosi dietro una dolce scia di profumo.
    Sorrisi e guardai fuori dalla finestra.
    -Non mi hai nemmeno detto il tuo nome…-
    E il mio cuore ricominciò a battere.

    Capitolo 2: Vacanze Estive
    Mancavano poche ore alla fine del primo trimestre scolastico. Era ora del pranzo e, come al solito, ero seduta al mio banco gustando avaramente gli onigiri fatti da mia nonna. Il sole era caldo e il vento portava con se l’afosità dell’estate. Il mio sguardo saettava nel campo da calcio seguendo la sagoma di lui.
    - … quindi potremmo andare tutti i giorni in piscina e, magari, incontrare qualche ragazzo affascinante. Allora ti va Melly? … Melly?!? … Melissa! … Ehi, testa vuota! SIGNORINA OKIWAWA, MI RISPONDA!-
    -Si, presente!-
    -Presente? Mica tanto!-
    -Scusami, Alisa. Ero presa dai miei pensieri.-
    -Si, certo i tuoi pensieri.- e mi sorrise. Adoravo quella ragazza. Dal primo giorno di scuola fu per me un tutore, un’insegnante, una confidente e un’amica. Sorrisi a mia volta, arrossendo timidamente.
    -Beh, allora? Che mi dici? Facciamo l’abbonamento mensile in piscina?-
    -Scusami, ma passo. Non mi piace la piscina. Troppa gente.-
    -… e se invitassimo anche Kuroshi?-
    Il rossore sul mio viso si fece più vivo. I miei occhi si posarono sulla mia amica, eccitati e euforici.
    -Kuroshi? Davvero lo possiamo invitare?-
    -Certo, ma se a te non piace la piscina…-
    -No! Ci vengo. CI VENGO! Andiamo in gruppo. Sarà più divertente. ^^-
    -Melly, sei la solita!-
    Risate. Che suono melodioso. Non credevo che dalla mia gola potesse uscire ancora tale melodia. Dovevo ringraziare Alisa e Yuuji per questo. Le prime due persone che incontrai il mio primo di giorno di scuola e le uniche due che mi aiutarono a ritrovare me stessa. Erano passati solo tre mesi da quell’unione per nulla forzata e, ai quei tempi, credevo che nulla potesse cambiare. Purtroppo, a breve imparai che nulla è per sempre.
    -Melly, posso farti una domanda?-
    -Mhm-
    -Se ti piace così tanto Kuroshi, perché semplicemente non glielo dici?-
    -ALISA!!!! SHHHHHHH!. Se ci sentissero?-
    -Certo, come se non fosse già ovvio a tutti che ti piace. Solo lui non se ne è accorto. Ovvio tonto com’è. Capisco perché ti piace. Siete la metà di una mela e… mmmmmm.-
    Infilai a forza uno dei miei preziosi onigiri dentro la sua bocca e le sorrisi.
    -Taci e mangia, stupida.-
    Sentii un “Goal” fuori dalla finestra. Mi affacciai e intercettai gli occhi di Yuuji. Gli sorrisi e lui mi salutò. Il dong della campanella segnò la fine dei nostri sorrisi timidi..
    A fine lezioni, cercai disperatamente di far entrare tutto quello che avevo sotto il banco nella mia cartella e, presa dalla fretta, sfrecciai fuori dalla classe senza salutare nessuno.
    -Melly, dove vai?-
    -Scusami, Alisa, ma sono in ritardo per il club. Se faccio tardi anche oggi agli allenamenti non mi fanno giocare alla prossima partita. Ciao, ti chiamo stasera.-
    -Ciao, testa vuota.-
    Scesi di corsa le scale che portavano in palestra e, tra inciampi e ruzzoloni, arrivai appena in tempo per il fischio del sensei.
    -Okiwawa? Perché hai addosso l’uniforme scolastica?-
    -Mi scusi sensei, ma sono appena arrivata e non ho fatto in tempo a cambiarmi. Però, sono puntuale, vede? Quindi mi permetta di giocare nella prossima partita, la prego. Posso allenarmi anche con la gonna.-
    -Oh, Okiwawa, cosa devo fare con te? Fila a cambiarti e poi fai 10 giri di corsa intorno alla scuola. Vedremo se sarai degna di giocare.-
    -Sissignore!-
    Ero felice. Ero veramente felice. Dopo gli allenamenti mi incamminai saltellando verso il cancello scolastico.
    -Ciao, Melly. Ci rivediamo a Settembre.-
    -Ciaoooo, Melly. Buone ferie.-
    Feci un “ciao” a tutti con la mano e corsi verso la fermata dell’autobus dove incontrai Yuuji. Al solo vederlo, mi sentii ansiosa e felice.
    -Ehi, testa vuota! Finiti gli allenamenti?-
    -Si, e non chiamarmi testa vuota.-
    Mi sorrise, guardandomi divertito.
    -Ma la tua testa è davvero vuota. Forse il criceto è morto.-
    -Dai, stupido. Smettila di prendermi in giro. Piuttosto tu che ci fai ancora qui a quest’ora? Oggi non avevi il club.-
    -No, ho aspettato una ragazza.-
    Per un attimo pensai che mi stava aspettando. Mi illusi che gli piacevo. Poi, tornando alla realtà, mi accorsi del talismano rosa che aveva sulla cartella.
    “Un talismano d’amore. Sicuramente gliel’ha dato la ragazza che ha aspettato.”
    Per un attimo indugiai a parlare, ma poi, spinta dalla curiosità, aprii la bocca sapendo che mi sarei ferita.
    -Ah, si? E chi è?-
    I suoi occhi verdi mi guardarono incerti e la sua voce fredda arrivò dritta al cuore come una freccia.
    -Momoi, la rappresentante di classe della 2F. Mi doveva chiedere una certa cosa. È per questo che l’ho aspettata.-
    -Ah!-
    Le mani mi divennero gelide. Incominciai a sentirmi davvero fuori posto.
    -E cosa voleva?-
    -Melly, cosa vuol dire cosa voleva? Le piaccio, no? Mi ha chiesto di essere il suo ragazzo e io ho accettato.-
    -Tu hai accettato…..-
    Tu-Tum Tu-Tum Tu-Tum Tu-Tum
    Il mio cuore si spense nuovamente e, quella volta, non riuscii a trattenere le lacrime. Lui, la persona che mi piaceva più al mondo. La sua gentilezza. Il suo prendermi in giro. Le sue premure verso di me. Il suo guardarmi così intensamente. Cosa significava tutto questo? Perché non potevo essere io la persona che gli piaceva?
    -Melly, che hai?-
    -Kuroshi, sono contenta per te.-
    -E me lo dici piangendo? Stai bene?-
    Schiaffeggiai la sua mano premurosa prima che si potesse appoggiare sul mio viso.
    -Non toccarmi, per favore. NON TOCCARMI!-
    I miei piedi, disperati, presero a correre nella direzione opposta da dove si trovava la fermata del bus. Il ticchettio delle mie scarpe si confondeva a quello di Yuuji.
    “Perché mi stai seguendo? Lasciami sola ti prego”.
    Era veloce, troppo veloce. La sua mano prese la mia e la mia faccia si ritrovò schiacciata al suo petto.
    -Non so cos’hai, ma se ti è successo qualcosa da farti stare così male, usami per confortarti. Io e Namamono te lo abbiamo promesso, no? Per te, ci saremo sempre.-
    “E ora che c’entra Alisa?”
    Decisi di non scansarmi dall’ennesima premura di Yuuji. Sapevo che quell’abbraccio era come un addio, ma lo tenni stretto a me sperando di non perderlo, consapevole che non era mai stato davvero mio.
    Così le mie vacanze estive ebbero inizio.


    Capitolo 3: Era il mio ultimo primo giorno di scuola
    Negli ultimi giorni di vacanza, sentivo la tristezza salire sempre più in alto fino a straripare dai miei occhi. Era arrivato il mio ultimo anno di liceo e, alla fine, avrei visto tutti i miei amici entrare in università e realizzare i propri sogni mentre, io, sarei stato scaraventato nel mondo del lavoro. Guardai per l’ultima volta le mie riviste di architettura e le buttai nel cassonetto con rabbia. Aggiustai il colletto della divisa scolastica e mi incamminai verso la fermata dell’autobus. Il sole era caldo, ma la freddezza dell’inverno non aveva ancora abbandonato del tutto il Giappone. Gli alberi di ciliegio incominciavano a fiorire sempre di più e il loro profumo inondava con grazia le mie narici. Qualche petalo mi cadde sulla spalla e, sorridendo, li raccolsi. Intorno a me nulla era cambiato. Persino i petali di ciliegio erano di quel rosa vivo come gli scorsi anni. Ripensai a me bambino e all’innocenza che si perde quando si cresce. Pensai a mio padre e mi chiesi se lui si ricordava dei suoi sogni di bambino oppure erano passati troppi anni. Strinsi forte il pugno strapazzando i petali che avevo nella mano, per poi lasciarli cadere stropicciati al suolo. Io mi sentivo proprio come quelle foglioline. Arrivai alla fermata dell’autobus e salutai con un cenno del capo i miei compagni di scuola. Qualche battuta dopo ero perso tra le noti struggenti di una canzone del mio mp3.
    Quando arrivò l’autobus, salii di malavoglia e mi sedetti nelle ultime file, come sempre. Più il bus si riempiva e più la mia voglia di scappare si faceva sentire. Stavo per scendere a poche fermate da scuola quando vidi salire una ragazza che non avevo mai visto. Indossava la divisa della mia scuola e pensai fosse una matricola. Portava i capelli castani legati da una treccia laterale. La curiosa forma dei suoi occhi contornava un nero spento. Il suo sguardo era rivolto verso il basso e sembrava essersi isolata dal mondo grazie al suo mp3. Mi alzai e mi avvicinai a lei per osservarla meglio. Sembrava piccola e indifesa.
    “Allora perché mi sembra emanare una grande forza?”
    Lei alzò lo sguardo verso di me, ma mi ignorò. In quell’attimo vidi la rabbia nei suoi occhi neri e riconobbi in essi lo stesso mio disagio. Guardai fuori dal finestrino. Mancavano tre fermate per arrivare a scuola, ma io non potevo aspettare tanto. Prenotai la fermata e mi preparai a scendere.
    -Ehi, amico, non siamo ancora arrivati.- mi urlò qualcuno in fondo all’autobus.
    -Scendo qui e mi faccio due passi. Ciao a dopo.-
    Scesi, mi girai verso le porte che si chiudevano e salutai con il pensiero la ragazza che mi aveva provocato una sensazione di asfissia. Camminai verso scuola, accompagnato da una dolce voce europea proveniente dall’mp3.
    Appena arrivai a scuola mi precipitai nell’aula dei professori.
    -Buongiorno, tutto pronto per la cerimonia?-
    -Oh, Kuroshi, buongiorno. Si, tutto pronto. La tua compagna Namamono dovrebbe arrivare da un momento all’altro. Poi possiamo raggiungere gli insegnanti e i rappresentanti delle altre classi. Allora? Come ci si sente ad essere all’ultimo anno?-
    -Sensei, una merda!-
    -Kuroshi, le parole.-
    -Si, scusi. È che ho paura per il futuro e quindi non sapr…-
    -Sensei, buongiorno. C’è una ragazza in infermeria, ma non riesco a trovare l’infermiere.-
    -Namamono, buongiorno. Andrò io da lei. Un attimo che prendo i registri. Li portate voi in classe?-
    -Certo.-
    -Namamono, chi è la ragazza?-
    -È nuova. Si chiama Okiwawa Melissa. È straniera. Ha degli occhi davvero strani.-
    “Occhi strani.” Presi le mani di Alisa e le chiesi se la ragazza che era in infermeria portava una treccia. Al suo si mi girai verso il sensei.
    -Vado io. La conosco. Essendo nuova non saprà nemmeno dove si farà la cerimonia. La affidi a me, Sensei.-
    -Va bene, Kuroshi. Sbrigati, però. Su vai.-
    Feci sbattere la porta alle mie spalle e corsi verso l’infermeria. Ansimante,aprii la porta e la vidi. Era proprio lei. Pensierosa stava guardando fuori dalla finestra. Chiusi piano la porta alle mie spalle e mi avvicinai a lei piano, quasi terrorizzato di spezzare quella dolce immagine. Al suono della prima campanella, mi ricordai perché ero lì.
    -Uhm, uhm. Tu sei Okiwawa?-
    Guardandola da vicino mi parve ancora più bella di quanto mi ricordassi.
    -Si.-
    Rimasi un attimo lì, preso in contropiede dalla sua risposta immediata e concisa. Imbarazzato presi a vaneggiare.
    -L’insegnante non può venire e ha mandato me per vedere cos’è successo. Sinceramente credevo fossi un ragazzo. C’è un altro Okiwawa in quest’istituto. O forse era Okisawa? Beh, cos’è successo?-
    I suoi occhi mi guardarono incuriositi.
    -Sono caduta davanti a scuola. Nulla di grave. Vorrei solo un cerotto e del disinfettante. Posso fare da sola, grazie.-
    -Si, sono sicuro che lo puoi fare da sola.-
    Spontaneamente le sorrisi e lei ricambiò con una tale dolcezza da farmi tremare le gambe.
    -Oh, un sorriso. Sei carina quando sorridi.-
    Andai verso l’armadietto dei medicinali realizzando a poco a poco quello che avevo detto.
    “Sei carina quando sorridi? Ora penserà che sono un cretino.”
    Presi le prime cose che mi capitarono per le mani e gliele portai quasi tremante.
    -Tieni. La cerimonia di benvenuto inizierà tra mezz’ora. Se non sai dov’è l’aula, ti aspetto qui fuori così….-
    -No, me la cavo. Grazie.-
    I suoi occhi si fiondarono sul pavimento, probabilmente imbarazzati. Sospirai vistosamente, un po’ infastidito da quella falsa presunzione. Le lanciai un’altra occhiata e uscii dall’infermeria. Chiusi forte la porta e mi appoggiai sul muro di fianco.
    “Dì quello che vuoi, presuntuosa. Tanto io ti aspetto qui.”
    E finii per perdermi in quel dolce azzurro del cielo pensando che dentro di me stava sbocciando una nuova primavera.

    Capitolo 4: Vacanze estive
    -Yuuji, passa di qua. YUUJI. Cocciuto perché vuoi fare le cose per conto tuo? Siamo una squadra.-
    Non pensai a niente. Il mio unico obbiettivo era portare la palla alla porta avversaria. Sentivo i suoi occhi seguire i miei movimenti. Volevo davvero che quegli occhi fossero orgogliosi di me. Scartai un paio di avversari e corsi ancora più veloce, perdendo tutto il fiato che avevo dentro i polmoni. Mancavano pochi metri alla porta. I muscoli delle gambe mi facevano male per la corsa eccessiva. “Un ultimo sforzo, Yuuji. Segna per lei.” e calciai la palla più forte che potevo.
    -GOAL! Abbiamo vinto. Bravo Yuuji testone.-
    Sorrisi fiero di me. “Questo goal è per te Melissa!”. Alzai lo sguardo verso la finestra della nostra classe e intercettai i suoi occhi. La salutai e lei ricambiò. Era davvero bella.
    -Dai Yuuji, andiamo a cambiarci prima dell’inizio delle lezioni.-
    -Si.-
    -La prossima volta, però, fai giocare un po’ anche a noi. Lo avevamo già capito che sei bravo, ma anche noi vogliamo divertirci un po’.-
    -Ahahahah! Si, scusate.-
    Attirato da uno strano rumore, girai lo sguardo verso un mio compagno di squadra che calciava la sua borsa sportiva.
    -Che ha quel cretino?-
    -Non lo sai? Si è dichiarato ad una ragazza e lei lo ha rifiutato.-
    -Capisco. Non c’è bisogno di prenderla così male.-
    -Sai com’è Oki. È bello, intelligente e presuntuoso. È abituato ad avere tutte le ragazze ai suoi piedi, ma si è innamorato dell’unica ragazza che non lo considera ne bello ne attraente.-
    -Chi è la scema?-
    -È la tipa nuova della nostra classe. Quel bocconcino di Okiwawa.-
    Il mio cuore si rallegrò. A Melissa non piaceva quell’idiota di Oki. Ero preso dall’euforia di quel pensiero che non mi accorsi che, davanti a me, Oki mi guardava in modo inespressivo.
    -Yuuji, posso parlarti?-
    -Dimmi Oki.-
    -Tu sei amico di Okiwawa giusto? Tu, lei e Namamono siete sempre insieme.-
    -Si, ma non so nulla di quello che è successo tra di voi, quindi non chiedermi niente.-
    -Dai, Yuuji. Fai da tramite. Lei mi piace davvero. Però voglio essere sicuro che quello che mi ha detto è vero.-
    Lo guardai con aria curiosa.
    -Che ti ha detto?-
    -Che lei sta già uscendo con qualcuno!-
    Arrivò così. Inaspettato e violento. Il mio cuore scoppiò in mille pezzi e il mio io interiore incominciò ad urlare per sputare l’amaro della delusione. Avrei voluto prendere a pugni Oki, ma cosa c’entrava? Se Melissa era già fidanzata, lui non ne aveva colpe. Perché non mi aveva mai detto nulla? Perché aveva lasciato che io mi innamorassi di lei giorno dopo giorno?
    -Oki, non lo so. Melly non è una che mente. Se ti ha detto che è già fidanzata, lo è per davvero. Mettiti il cuore in pace ora- “Come me lo devo mettere io”.
    Due ore dopo ero tra i corridoi scolastici triste e arrabbiato. Stavano iniziando le vacanze estive e non avrei più avuto l’occasione di vedere Melissa fino a settembre. Lei sarebbe uscita con quel tipo? Chi era? Come aveva fatto ad ingraziarsi Melissa? Da quanto tempo andava avanti questa storia? Se fossi stato più furbo, lei sarebbe stata mia? Diedi un piccolo calcio al muro e guardai fuori dalla finestra.
    -Senpai, posso disturbarti?-
    -Ciao, tu sei… aspetta.. Il tuo nome è…-
    -Momoi Rika. Sono della 2F. Sono la manager del club di basket.-
    -Si, giusto. Ci siamo conosciuti durante lo scorso festival scolastico. Scusami, che figuraccia a non ricordarmi il tuo nome. Eppure sei così carina, che stupido che sono.-
    Risi di controvoglia. Si, era davvero carina, ma non paragonabile a Melissa.
    -Senpai, vado al punto. È da tempo che volevo dirtelo, ma non ho mai trovato l’occasione. Aspettami dopo le lezioni davanti al club di calcio. Ti aspetterò finché non arrivi. A dopo.-
    Si girò e si allontanò come se nulla fosse, lasciando dentro di me la certezza che mi avrebbe chiesto di diventare il suo ragazzo e che io, stupido, avrei accettato per non passare le vacanze a crogiolarmi da solo a casa pensando a Melly e al suo fidanzato.
    Dopo la dichiarazione, mi sedetti alla fermata dell’autobus. Rimasi seduto per un’ora o forse due. Lasciai passare diversi bus pensando “Prendo sicuramente il prossimo”, ma volevo vedere Melly un’ultima volta prima delle vacanze.
    Ci avevo quasi perso le speranze quando alzai lo sguardo e la vidi saltellare verso di me.
    “La solita scema.” e risi da solo.
    -Ehi, testa vuota! Finiti gli allenamenti?-
    -Si, e non chiamarmi testa vuota.-
    Divertito dalla sua irritazione, le feci un buffetto sulla testa.
    -Ma la tua testa è davvero vuota. Forse il criceto è morto.-
    -Dai, stupido. Smettila di prendermi in giro. Piuttosto tu che ci fai ancora qui a quest’ora? Oggi non avevi il club.-
    -No, ho aspettato una ragazza.-
    Aspettai la sua risposta per un po’, ancora speranzoso.
    “Dai, ti prego Melly. Dimmi di essere tuo. Permettimi di amarti.”
    Non ricevendo una risposta, la guardai incuriosito. Aveva gli occhi coperti dalla frangia e le mani erano strette in due pugni solidi. Finalmente spezzò il silenzio.
    -Ah, si? E chi è?-
    -Momoi, la rappresentante di classe della 2F. Mi doveva chiedere una certa cosa. È per questo che l’ho aspettata.-
    -Ah! E cosa voleva?-
    “Stai scherzando?” la guardai e mi sembrò sempre più distante.
    -Melly, cosa vuol dire “cosa voleva?” Le piaccio, no? Mi ha chiesto di essere il suo ragazzo e io ho accettato.-
    -Tu hai accettato…..-
    La vidi tremare per un attimo. Le lacrime le caddero sui pugni.
    “Che sia…?!?!”
    -Melly, che hai?-
    -Kuroshi, sono contenta per te.-
    -E me lo dici piangendo? Stai bene?-
    Allungai la mano verso di lei per accarezzarle il viso, ma mi spinse via con violenza.
    -Non toccarmi, per favore. NON TOCCARMI!-
    Scappò via da me. Rimasi lì, per un attimo, non capendo cosa fosse successo. Scattai e incominciai a correre verso di lei, diminuendo sempre di più la distanza fisica tra noi. Appena la raggiunsi, le presi la mano e la strattonai verso di me. La abbracciai così forte da farla quasi soffocare.
    -Non so cos’hai, ma se ti è successo qualcosa da farti stare così male, usami per confortarti. Io e Namamono telo abbiamo promesso, no? Per te, ci saremo sempre.-
    Lei ricambiò il mio abbraccio e singhiozzo sul mio petto finché ne ebbe forza.
    Non avevo capito cosa c’era di diverso in quell’abbraccio, ma mai avrei immaginato che, con un semplice gesto, stavo allontanando da me la persona che amavo.
    Così iniziarono le più lunghe vacanze estive della mia vita.


    Capitolo 5: Ritorno a scuola
    “Ciao, questa è la segreteria di Okiwawa Melissa. Al momento non posso rispondere, ma se ti va lasciami un messaggio dopo il bip: mi faccio viva io, promesso.”

    “Ciao Melly, sono ancora io, Alisa. Ma dove sei? Che ti è successo? Dovevamo andare in piscina ricordi? Chiamami, non farmi preoccupare. Siamo ancora in tempo per andarci qualche volta. Ciao”

    “Okiwawa, sono Oki. Il tuo numero me lo ha dato Namamono. So che sei impegnata, ma se ti va qualche sera possiamo uscire in gruppo? Ci conto. Il mio numero è XXXXXX. CHIAMAMI!”

    “Melissa, siamo Kaori e Miku. Usciamo stasera? C’è il festival in città. Andiamo tutti insieme. Metti lo yukata. Chiamaci!”

    “Melissa, ora sono davvero preoccupata. Tua nonna ha detto che sei partita per andare a trovare tuo padre. Non potevi dirmelo? In fondo non siamo amiche? Ti prego richiamami! Anche Kuroshi è preoccupato. Se non vuoi farlo per me fallo per lui. Ciao”

    “Ciao testa vuota. Sono Yuuji. Sono tutti preoccupati per te. Non puoi mica lasciarci così senza dirci nulla. Forse dove sei non prende il cellulare? Non hai nemmeno un computer per leggere le mail? Dove sei andata a trovare tuo padre? Pensavo che lui fosse di Tokyo, ma forse ho capito male. Ti prego quando leggi le mail o senti i messaggi ci richiami? Se non tutti richiama almeno Alisa. Sta andando fuori di testa. E anche io.”

    “Melissa, tuo padre ha detto che ti sei chiusa in camera da quando sei arrivata e non sei ancora uscita. Cos’hai tesoro? Qui, ogni giorno, vengono i tuoi amici a cercarti. Non rispondi nemmeno al cellulare mi dicono. Tra pochi giorni ci vediamo. Divertiti tesoro. Non sprecare questa pausa. Ricorda che nonna ti vuole tanto bene. Ciao.”

    “MELISSA PREPARATI! SE NON L’HAI CAPITO SONO ALISA. DOMANI INIZIA LA SCUOLA. ME LA PAGHERAI PER TUTTO QUELLO CHE MI HAI FATTO PASSARE QUESTO MESE! PREPARATI PER LA SUPER VENDETTA DI NAMAMONO AHAHAHAHAHA. Ah si, ti voglio bene!”

    Già. Il giorno dopo sarebbe iniziata la scuola e io non ero pronta a rivedere Yuuji. Forse un mese è troppo poco per dimenticare o, semplicemente, il mio cuore si rifiutava di farlo. Diedi la buona notte a mia nonna e salii goffamente le scale. Sentivo un grande peso dentro di me. Forse avrei dovuto dichiararmi? Che senso avrebbe avuto ora, visto la sua storia con Momoi? Dovevo solo farmi forza e comportarmi come sempre. Solo che, in quel momento, proprio non mi ricordavo com’era la normalità. Aprii la finestra della mia camera e mi buttai sul futon. Guardai il cielo stellato che a Tokyo mi era tanto mancato.
    “Pensa, è lo stesso cielo ma questo sembra così bello.”
    Mi addormentai con il ricordo caldo del sorriso di Yuuji.

    -OKIWAWA. Stupida testa vuota.-
    -Alisa! Ciao-
    L’abbracciai forte nascondendo il mio volto tra i suoi capelli.
    -Quanto mi sei mancata. Scusa!!! Giuro che non me ne andrò più via così. Però mia madre si sta risposando e mio padre è caduto in depressione e non potevo lasciarlo solo proprio ora. Mi capisci?-
    -Allora questi sono i fatti. Ora capisco le tue lacrime.-
    “Yuuji”. Alzai lo sguardo e lo vidi, lì, bello come me lo ricordavo. Stavo per sorridergli quando al suo fianco spuntò una testolina castana tutta boccolosa.
    -Yuuji, andiamo dai. Accompagnami in classe. Voglio vantarmi con le mie amiche.-
    -Si, ho capito. Ci vediamo in classe Melly.-
    -E io? Kuroshi esisto pure io! Tu mi vedi Melly, vero?-
    -Si, Alisa ti vedo!-
    Guardai con amarezza Kuroshi e Momoi allontanarsi.
    -È così che stanno le cose. È per questo che sei andata da tuo padre? È a causa di Kuroshi, vero?-
    “Alisa.” e piansi. Buttai via le lacrime che avevo trattenuto dentro di me così a lungo. Cercavo sempre di sorridere per non fare preoccupare mio padre, ma dentro mi stavo spegnendo.
    -Dai. Su su. Non temere, Melly. Kuroshi non fa sul serio con quella. È solo un passatempo. Un giocattolo che butterà quando si sarà annoiato.-
    -Forse avrei dovuto dichiararmi. Avrei dovuto dirgli che mi piaceva. Però non volevo perdere la sua amicizia. Senza Kuroshi non sono niente. Senza te non sono niente. Io non sono niente.-
    -Se continui così, non ti considererò più mia amica. Stupida. Andiamo in classe.-
    -Si.-

    - In piedi! Saluto! Seduti!-
    -Studenti. Vi prego di impegnarvi in questo trimestre come vi siete impegnati lo scorso. Quest’anno avete gli esami di ammissioni per l’università. Uscite da quest’istituto con lode. Siate il nostro onore più grande. Tra poco inizieremo la lezione, ma prima vorrei presentarvi un nuovo studente. Anche quest’anno la nostra scuola ha intrapreso il programma “scambio studenti”. Moriki Jun è partito durante le vacanze estive per l’America. Mancherà a tutti noi, ma vi prego di accogliere con gioia il nuovo studente. Prego, Price Alexander .-
    Alzai lo sguardo verso la porta. Un ragazzo dai capelli biondi e occhi neri entrò a passo sicuro. “Tipico ragazzo americano” pensai.
    -Grazie. Per favore prendetevi cura di me. Ho studiato il giapponese per anni, ma è la prima volta che mi metto alla prova. Spero di imparare tanto da voi e spero voi possiate imparare qualcosa da me. Grazie.-
    OHHHHHHHHHHH
    Applausi e risatine occuparono l’intera classe. In effetti era proprio un bel ragazzo. Guardai Alisa che mi fece subito l’occhiolino alzando il pollice in su che stava a significare “PROMOSSO”. Feci cenno ad un si timido con la testa.
    -Bene, Price. Siediti nell’ultimo banco vicino alla finestra, dietro quella ragazza. Iniziamo la lezione.-
    “Quella ragazza” ero io. Passò di fianco a me con aria fiera e si sedette con disinvoltura sulla sedia. Sentii un piccolo tocco sulla spalla e tesi le orecchie.
    -Ciao, sono Alexander, ma chiamami Alex.-
    Mi girai e gli sorrisi.
    -Qui in Giappone non funziona così. Se non sei in confidenza, per rispetto devi chiamare la gente per cognome e usare gli onorifici. Quindi da oggi tu per me sei Price-san e io per te sono Okiwawa-san.-
    -Ok. Tu, però il mio nome lo sai.-
    -Melissa.-
    -Oh. Nome italiano.-
    -Si. Ora shhhhh. Se no il sensei si arrabbierà con noi.-
    -Ok. Melissa.-
    -Ma….-
    -Price e Okiwawa, silenzio.-
    -Scusi, sensei.-
    Arrabbiata, mi girai verso di lui e gli feci la linguaccia. Mi sorrise dolcemente mandandomi un bacio. Imbarazzata, gli diedi le spalle e sprofondai sul libro di testo.
    “Stupido, stupido, stupido.”
    Però ero divertita. Mi piaceva il suo modo di fare disinvolto e sicuro, classico degli stranieri. Guardai fuori dalla finestra e ammirai il cielo azzurro. Forse mi attendeva una primavera a sorpresa.

    Capitolo 6: Festival scolastico
    Alisa ergeva fiera davanti alla cattedra. Tutti gli occhi erano puntati su di lei.
    -Bene. Questo è il nostro ultimo festival scolastico. Dobbiamo impegnarci tutti per far si che sia un bel ricordo da portare con noi per sempre. Si accettano proposte, ma niente sale del the o cosplay o altre attività banali.-
    -Coooooosa? Ma Namamono-chan, il cosplay è divertente.-
    -NIENTE COSPLAY, OKI PERVERTITO!-
    Alzai la mano aspettando di essere notata.
    -Dimmi Melly.-
    -L’anno scorso, quando ero a Tokyo, la mia classe ha fatto una casa dei fantasmi con tanto di rappresentazione e buffet. Che ne dite?-
    -Melly, ma è geniale.-
    -Già, una buona idea.-
    -Si, facciamolo.-
    -Ma ci serviranno tanti soldi per i costumi e per le decorazioni.-
    -No, niente affatto. Possiamo chiedere aiuto al club teatrale e vedere cosa ci manca.-
    -Bene, ragazzi. Allora siamo tutti d’accordo?-
    -Siiiiiiiiiiiii-
    Sorrisi guardando il banco, fiera di me. Un tocchetto alla spalla destra mi fece trasalire dai miei pensieri.
    -E brava Melly.-
    -Price- san. Okiwawa-san per te.-
    -Ok, Melly.-
    -Okiwawa-
    -Melly-
    -Okiwawa-
    -Melly-
    -Okiwa….-
    -Certo che andate d’amore e d’accordo voi due.-
    Alzai lo sguardo e vidi Yuuji con il suo solito sorriso da convenienza. Alex mi abbracciò da dietro.
    -Certo, siamo fidanzati.-
    -Price- san. Che cavolo stai dicendo? Io e te fidanzati? Nemmeno morta. Ti odio. Sparisci. Lasciami.-
    -Lasciala.-
    La voce dura di Yuuji zittì l’intera classe.
    -Se non vuole essere abbracciata da te, non farlo. Si chiama educazione. Non la conoscete voi americani?-
    -Ehi, amico. Cerchi qualche problema? Sono la persona sbagliata.-
    -Ragazzi, non fate così. Alisa, aiuto.-
    Ero in mezzo a due fuochi. Alex non era intenzionato a lasciarmi andare e Yuuji sembrava essere davvero infastidito. Il silenzio della classe stava diventando pesante. Tutti guardavano il nostro strano trio.
    -Ragazzi, dai, composti e tu, Kuroshi, sei rappresentante quanto me. Aiutami a portare avanti quest’assemblea per favore.-
    -Quando Price lascerà Melissa, possiamo continuare.-
    La situazione stava diventando pesante. Appena sentii la presa di Alex allentarsi, balzai in piedi e mi diressi verso l’uscita della classe.
    -Siete solo dei bambini, ma io non sono un giocattolo. Voglio essere io a decidere chi abbracciare e chi no. Voglio che questo sia chiaro.-
    Uscii sbattendo la porta alle mie spalle.
    “Stupidi! Tutti e due! Che imbarazzo”.
    Scivolai sul muro di fianco la classe, fino a sedermi per terra e mi accovacciai portando le ginocchia al petto.
    “Mi sento così imbarazzata”.
    Dopo qualche minuto la porta si aprì e Alex uscì dalla classe con aria divertita. Abbassò lo sguardo verso di me e sospirò.
    -La stessa cosa vale per me, Melly. Sono io a decidere chi abbracciare e chi no.-
    Mi disse con aria scocciata. Sentii il suo corpo scivolare di fianco al mio. Lo guardai con aria imbarazzata.
    -Price-san. Devo essere anche io a volerlo però.-
    -Ok, Melly. Allora dimmi che non ti piace quando ti abbraccio o ti dico cose carine. Dimmi che non ti piace il fatto che io sia interessato a te.-
    Il suo viso si avvicinò pericolosamente al mio. Il mio cuore incominciò a battere forte provocandomi piacere. Respirai debolmente. Non avevo la forza di respingerlo e, in realtà, desideravo anche io baciarlo.
    -Melissa, è il tuo primo bacio?-
    Guardai quegli occhi neri simili ai miei. Emanavano eccitazione e adrenalina.
    -No…- sussurai.
    Strinse il mio viso tra le sue grandi e forti mani e mi baciò. Era dolce e delicato. Le sue labbra erano morbide e sapevano di marmellata. Mi sciolsi alla sua stretta e presi a baciarlo anche io. Mi sentii libera per la prima volta dopo tanto tempo. Quando ci staccammo per riprendere fiato, il nulla si rimpadronì della mia testa.
    -Wow, Melly.-
    -Price. Baciami. Baciami ancora. Baciami fino a farmi dimenticare chi sono.-
    I suoi occhi mi guardarono stupiti.
    -Come siamo audaci, Melly. Siamo a scuola però e…-
    Lo zittii con le mie labbra. Lo baciai ancora e ancora e ancora. Le sue mani ardevano sui miei fianchi. Cos’era quella sensazione? Da dove veniva quel tipo di eccitazione? Il suono della campanella mi riportò in me. Aprii gli occhi e mi scansai.
    -Ti chiedo scusa. Sembro una pervertita.-
    -Veramente, Melly, non mi sei mai sembrata più bella e innocente di ora.-
    Gli sorrisi. Non il solito sorriso irritato che era ormai d’obbligo verso i suoi confronti. Un sorriso dolce che partiva dal profondo del cuore. Non avrei mai immaginato che Alex sarebbe diventato veramente importante per me, piuttosto mi accontentavo delle sensazioni piacevoli che riusciva a regalarmi. Così, a pieno Ottobre, una leggera brezza primaverile riscaldò un po’ il mio cuore stanco.


    Capitolo 7: Ritorno a scuola
    Era la mia ultima possibilità per convincere mio padre che sarei riuscito ad andare all’università e, contemporaneamente, a lavorare part-time. Era così difficile accettare le condizioni di un figlio? In fondo dovevo lavorare per i suoi debiti. Dovevo pagare anche con la mia infelicità?
    -Papà, io vado.-
    -Ciao.-
    -Papà… Volevo chiederti una cosa.-
    Gli occhi stanchi di mio padre si appoggiarono sul mio viso.
    -Cosa c’è che non va Yuuji?-
    -Sai il bar dove lavoro? Per il proprietario non ci sono problemi se io vado all’università. Mi ha dett….-
    -Yuuji, BASTA! Ti ho detto che è difficile lavorare ed essere uno studente universitario.-
    -Ma papà, ora io lavoro e faccio lo studente. Questo non ha intaccato i miei voti. È da tre anni che riesco a raggiung…-
    -Ho deciso! Basta!-
    -Papà, potrei avere una borsa di studio e…-
    Il corpo di mio padre si alzò di scatto dalla sedia rovesciando il caffè.
    -Buona giornata, Yuuji.- e sparì dentro la cucina.
    Arrabbiato, corsi a perdi fiato verso la fermata dell’autobus che riuscii a prendere per un pelo. Mi sedetti agli ultimi posti, cercando di ignorare la rabbia che premeva sulle meningi. Guardai fuori dal finestrino e improvvisamente divenni ansioso pensando che, da lì a poche fermate, avrei rivisto Melissa. Lei, però, non salì mai su quel bus. Che fosse andata a piedi? Aveva perso l’autobus? Rimasi in silenzio, solo, con la musica che pompava forte nel mio cervello.
    Giunto a scuola, mi trascinai di mala voglia verso l’entrata. Lì ad aspettarmi, come avevo immaginato, c’era Rika tutta in tiro.
    -Buongiorno Yuuji!!!!-
    -Buongiorno.-
    -Finalmente ci rivediamo, mi sembra passato un secolo.-
    La guardai infastidito per poi fissare il grande orologio scolastico.
    -Più che un secolo, Rika, sono passate all’incirca 12 ore da quando hai lasciato casa mia.-
    -Stupido Yuuji. A me sembra di morire quando tu non sei con me.-
    “A me, cara Rika, mi sembra di morire quanto tu sei con me.”
    Risi per i miei pensieri e affrettai il passo verso l’entrata, lasciandola indietro. Un leggero venticello scompigliò i miei capelli e un dolce profumo di iris arrivò alle mie narici. Melissa e Alisa erano davanti alla porta principale che si abbracciavano. Melly era nascosta tra i capelli di Alisa e, di lei, si vedeva solo un buffo chignon decorato con dei fiorellini rosa. Sorrisi e feci per raggiungerle quando sentii tirarmi la camicia.
    -Ti ho preso Yuuji.-
    -Già.-
    “Che fastidiosa che sei Rika”
    -Quelle sono tue compagne di classe vero? Namamono la conosco, ma l’altra mi sfugge.-
    -Pensa che quella che ti sfugge è la ragazza che mi piace per davvero.-
    La vidi diventare rossa dalla rabbia. Feci per andarmene, ma lei mi trattenne ancora.
    -Stupido. Ci stavo cascando. Andiamo a salutarle.-
    Così mi avvicinai a loro con Rika aggrappata a me.
    -…mia madre si sta risposando e mio padre è caduto in depressione e non potevo lasciarlo solo proprio ora. Mi capisci?-
    -Allora questi sono i fatti. Ora capisco le tue lacrime.-
    Due occhioni neri si affacciarono dalla spalla di Alisa. “Sei ancora bellissima, Melly” pensai e le sorrisi. Stavo per dirle di andare in classe insieme, ma Rika si intromise seppellendo il mio coraggio.
    -Yuuji, andiamo dai. Accompagnami in classe. Voglio vantarmi con le mie amiche.-
    -Si, ho capito. Ci vediamo in classe Melly.-
    -E io? Kuroshi esisto pure io! Tu mi vedi Melly, vero?-
    -Si, Alisa ti vedo!-
    Le salutai con la mano e accompagnai Rika in classe.
    -Così è per questo che stai con me? Per vantarti con le tue amiche che stai uscendo con un ragazzo più grande? Signorina Momoi, mi delude.-
    -Stupido. È che stavi guardando Quella con occhi da pesce lesso e mi sono ingelosita.-
    -Capisco.-
    Le sottili dita di Rika intrappolarono il mio viso. Mi fermai e la guardai infastidito.
    -Tu sei mio Yuuji, non ti lascerò scappare.-
    Spinse le sue labbra violentemente sulle mie. Non ricambiai il bacio, mi limitai a tenere gli occhi aperti e ad aspettare che lei si stancasse.
    -Ciao, Yuuji. Ti aspetto per pranzo sul terrazzo est. Kiss.-
    “Aspetta e spera.”
    Arrivai in classe appena in tempo per il suono della campanella. Mi sedetti al mio banco lanciando uno sguardo a Melissa che, come al solito, guardava sognante fuori dalla finestra. Un biglietto mi colpì in viso. Divertito mi guardai intorno e vidi Alisa e la sua linguaccia lunga puntarmi con disprezzo.
    “Sei stupida o cosa?!?!”
    Aprii il bigliettino.
    “MA CHE CAZZO COMBINI STUPIDO E IMBRANATO CHE NON SEI ALTRO? USCIRE CON MOMOI RIKA? MA CHE HAI IN QUELLA TESTA? SEGATURA? LASCIALA SUBITO! POTRESTI FAR SOFFRIRE QUALCUNO CON QUESTO TUO ATTEGGIAMENTO DA PRINCIPE DEGLI IDIOTI”.
    Sorrisi tra me e me.
    “Grazie per le parole dolci. Alisa, spero che non sia tu quella che soffre per la mia relazione con Rika.”
    Riguardai Melly mentre Alisa coordinava la classe all’entrata del professore.
    - In piedi! Saluto! Seduti!-
    -Studenti. Vi prego di impegnarvi in questo trimestre come vi siete impegnati lo scorso. Quest’anno avete gli esami di ammissioni per l’università. Uscite da quest’istituto con lode. Siate il nostro onore più grande. Tra poco inizieremo la lezione, ma prima vorrei presentarvi un nuovo studente. Anche quest’anno la nostra scuola ha intrapreso il programma “scambio studenti”. Moriki Jun è partito durante le vacanze estive per l’America. Mancherà a tutti noi, ma vi prego di accogliere con gioia il nuovo studente. Prego, Price Alexander .-
    Un ragazzo alto e dai capelli biondi entrò in classe. Lo guardai negli occhi e lui mi ricambiò. Ostentava sicurezza e presunzione. Prima di aprire bocca, osservò tutta la classe con un sorriso da ebete sulle labbra. I miei nervi si irrigidirono quando guardò con interesse un punto indefinito verso il banco di Melissa.
    -Grazie. Per favore. Prendetevi cura di me. Ho studiato il giapponese per anni, ma è la prima volta che mi metto alla prova. Spero di imparare tanto da voi e spero voi possiate imparare qualcosa da me. Grazie.-
    -Bene, Price. Siediti nell’ultimo banco vicino alla finestra, dietro quella ragazza. Iniziamo la lezione.-
    Seguii quel bell’imbusto fino a che il suo sedere non si lanciò sulla sedia. Alzò la mano per picchiettare la spalla di Melissa e solo Buddha sa cosa avrei dato per sentire cosa si stavano dicendo. Credo che quello che mi fece più incazzare fu il sorriso di Melly mentre parlava con lui.
    -Price e Okiwawa, silenzio.-
    -Scusi, sensei.-
    Guardai ancora per un po’ quei due e, alla fine, decisi di sconfiggere il nervosismo con un sonnellino riparatore. Mi appoggiai al banco e chiusi gli occhi. Non ricordo bene cosa sognai ma, qualunque cosa fosse, lasciò in me una brutta sensazione di nostalgia.

    Capitolo 8: Festival scolastico
    Era arrivato Ottobre e il festival scolastico era alle porte. Durante l’assemblea di classe, Alisa faceva le veci di entrambi, mentre io sedevo scomposto sul mio banco.
    -Bene. Questo è il nostro ultimo festival scolastico. Dobbiamo impegnarci tutti per far si che sia un bel ricordo da portare con noi per sempre. Si accettano proposte, ma niente sale del the o cosplay o altre attività banali.-
    -Coooooosa? Ma Namamono- chan, il cosplay è divertente.-
    -NIENTE COSPLAY, OKI PERVERTITO!-
    Sorrisi battendo una mano di conforto sulla spalla di Oki. Nel fra tempo Melissa alzò la mano.
    -Dimmi Melly.-
    -L’anno scorso, quando ero a Tokyo, la mia classe ha fatto una casa dei fantasmi con tanto di rappresentazione e buffet. Che ne dite?-
    -Melly, ma è geniale.-
    -Già, una buona idea.-
    -Si, facciamolo.-
    -Ma ci serviranno tanti fonti per i costumi e per le decorazioni.-
    -No, niente affatto. Possiamo chiedere aiuto al club teatrale e vedere cosa ci manca.-
    -Bene, ragazzi. Allora siamo tutti d’accordo?-
    -Siiiiiiiiiiiii-
    “Dai Melly, guarda dalla mia parte.”
    Ero abituato allo sguardo di Melissa che mi fissava fiera dopo aver raggiunto un traguardo, ma stavolta mi ignorò. Mi alzai dal mio posto per andarmi a congratulare finendo per arrabbiarmi.
    -E brava Melly.-
    -Price- san. Okiwawa-san per te.-
    -Ok, Melly.-
    -Okiwawa-
    -Melly-
    -Okiwawa-
    -Melly-
    -Okiwa….-
    -Certo che andate d’amore e d’accordo voi due.-
    Mi mascherai con un sorriso falso che gettai nella spazzatura nel momento in cui Price abbracciò Melissa.
    -Certo, siamo fidanzati.-
    -Price- san. Che cavolo stai dicendo? Io e te fidanzati? Nemmeno morta. Ti odio. Sparisci. Lasciami.-
    -Lasciala.-
    Le mani incominciavano a prudermi e, se non fossi stato a scuola, sono sicuro che avrei preso a pugni quell’idiota.
    -Se non vuole essere abbracciata da te, non farlo. Si chiama educazione. Non la conoscete voi americani?-
    -Ehi, amico. Cerchi qualche problema? Sono la persona sbagliata.-
    -Ragazzi, non fate così. Alisa, aiuto.-
    -Ragazzi, dai, composti e tu, Kuroshi, sei rappresentante quanto me. Aiutami a portare avanti quest’assemblea per favore.-
    -Quando Price lascerà Melissa, possiamo continuare.-
    Stavo per prendere il braccio di Melissa per liberarla dalla stretta di Price, quando lo fece da sola. Si alzò e si precipitò verso l’uscita della classe.
    -Siete solo dei bambini, ma io non sono un giocattolo. Voglio essere io a decidere chi abbracciare e chi no. Voglio che questo sia chiaro.- e chiuse forte la porta dietro di se.
    -Kuroshi e Price, siete due idioti.-
    -Taci Alisa!-
    -Ma bravo. Io sarò americano e non conoscerò questa signora educazione di cui parli, ma almeno le ragazze le tratto bene.-
    -Tu, piccolo bastardo…-
    -KUROSHI BASTA-
    Una mano immobilizzò il mio braccio destro. Dietro di me Oki mi teneva forte mentre Alisa mi guardava con aria di rimprovero. Abbassai lo sguardo vergognandomi di me stesso. Non solo avevo messo in imbarazzo Melissa, ma ero finito dalla parte del torto per seguire la mia gelosia.
    -Ragazzi, l’americano va a vedere dov’è andata Okiwawa. Con permesso.-
    Seguii i passi di Price finché, come Melissa, non sparì dietro la porta. In classe, il forte gelo che avevo creato, pian piano andò scemando. Mi sedetti al banco di Melly e guardai fuori. Di fianco a me una testolina nera mi guardava incuriosita. Alisa mi prese le mani cercando la mia attenzione.
    -Sai, lo sospettavo. A te piace Melissa. Perché non ti dichiari? Sei stupido? Lei non aspetta altro che sentirti dire che ti piace.-
    -Alisa… Io… Sono solo un idiota che non sa far altro che complicare le cose. Ti chiedo solo un favore. Lascia che siamo io e Melly a risolvere i nostri problemi sentimentali, ok?-
    -Ma…-
    -OK?-
    Gli occhi castani di Alisa si spensero all’istante. Abbassò il viso e si fissò per un po’ le mani. Il suo ok fu oscurato dal suono della campanella. Era ora di pranzo. Non volevo vedere Melissa e non volevo pranzare con Rika. Presi il mio bento e uscii di corsa dalla classe. Melly e Price erano seduti sul pavimento, ma decisi di ignorarli. Solo pochi mesi prima sembrava tutto così semplice, mentre in quel momento mi sentivo perso e vulnerabile. Forse ero solo arrabbiato per l’incognita che gravava nel mio futuro e Price era la ciliegina sulla torta.
    In fine, quel giorno, seduto sotto un albero, con il freddo che incominciava a farsi più pungente , decisi di chiudere a chiave il mio amore per Okiwawa Melissa.


    Capitolo 9: Il falò
    -Bene ragazzi! Qui è Namamono Alisa che vi parla! Grazie della vostra partecipazione. È grazie a tutti voi che il festival è stato così meraviglioso. Ognuno di noi ha il merito per il nostro successo. E ora tutti al falò!-
    -Siiiiiiiii-
    Sentii la mano fredda di Alex stringere la mia. Alzai il viso verso di lui. Sotto il chiarore del tramonto i suoi occhi brillavano candidi, nonostante il loro nero profondo. Gli sorrisi. Non eravamo fidanzati. Uscivamo insieme, ma lui rispettava i miei tempi e io ne ero felice. Mentirei se dicessi che ero innamorata o semplicemente cotta di lui. Mi piaceva, questo si. Intimidita mi guardai intorno e, non vedendo nessuno, mi avvicinai al viso di Alex per baciarlo sulla guancia.
    -Oh. E questo per che cos’era? Per la mia ottima interpretazione di Dracula?-
    -No. Solo perché sei tu.-
    -Sciocca.-
    Ridemmo insieme riscaldati da quel strano sentimento a cui non sono ancora in grado di dare un nome.
    -Dai Melly, andiamo con gli altri a gustarci il falò.-
    -Si.-
    Gli strinsi più forte la mano e corsi con lui verso il campo dove i professori stavano per accendere il falò. La sera non tardò ad oscurare gli ultimi raggi di sole. Il clima era caldo ed eccitante. Guardai il cielo sereno, dimenticandomi di tutto il resto.
    “Tante piccole stelle provenienti da mondi lontani che probabilmente non esistono più, ma il loro ricordo è capace di raggiungere la terra dopo anni e anni. Wow! Che splendido panorama.”
    -Melly, allora? Dov’è Price?-
    -Alisa.- mi guardai intorno alla ricerca di Alex. -Era qui fino a qualche minuto fa.-
    -Come va con Price? Non ho ben capito che rapporto avete voi due e…-
    -Nemmeno io lo so. Per ora mi basta sapere che sto bene quando gli sono vicina.-
    -…… E Kuroshi?-
    Era dal giorno dell’assemblea che non ero più riuscita a parlare con Yuuji. Quando ci incrociavamo sul bus, non mi salutava o degnava di una minima attenzione. Cercai qualsiasi forma di contatto, invano.
    -Kuroshi mi ignora.-
    -Forse dovresti andare da lui per parlargli. Sai, si è lasciato con Momoi e lei non lo lascia un attimo in pace.-
    -Vai tu Alisa. Sei sua amica da più tempo di me, no? Io sto qua ad aspettare Alex.-
    -Melissa. Vai! Aspetto io Alex. Ora si trova vicino al capanno della palestra. Vai! Io non sono stata in grado di tirargli su il morale.-
    Le mie gambe incominciarono a correre prima dei miei pensieri. Senza nemmeno accorgermene ero arrivata al capanno che mi aveva indicato Alisa. Lo percorsi su tutti e quattro i lati, ma di Yuuji nessuna traccia. Presi il mio cellulare e lo chiamai. Una dolce melodia proveniva dal boschetto che segnava il limite della proprietà scolastica. La seguii mentre, tra le mani tremanti, tenevo stretta il telefono aspettando una risposta.
    <pronto?!>
    -Kuroshi, sono Okiwawa.-
    <questo lo so. Ho il tuo numero in rubrica.>
    -Si. Certo. Dove sei?-
    <perché?>
    La freddezza della sua voce mi colpì dritto al cuore. Sentii le lacrime che chiedevano di uscire, ma non glielo permisi. Mi fermai davanti al boschetto e presi coraggio per entrare.
    -Alisa mi ha detto che ti sei lasciato con Momoi e volevo solo sapere come stavi.-
    <melissa, io sto bene. È Rika che ha bisogno di conforto. Quindi se non c’è altro io ….>
    -Ti prego Yuuji, non chiudere la chiamata.-
    Dall’altra parte del telefono il respiro di lui si era fatto più affannoso.
    -Ehi, Yuuji. Stai bene? Perché respiri così?-
    <tranquilla, sto camminando veloce ecco perché. Ti raggiungo al falò.>
    In quel momento vidi un’ombra alla mia destra. Era Yuuji, non potevo sbagliarmi. Mi girai verso di lui e affrettai il passo per prendergli la manica della camicia. Lui si girò di scatto con aria minacciosa che si fece indifferente nel momento esatto in cui i nostri sguardi si intrecciarono.
    -Sei qui. Pensavo fossi al falò.-
    -Volevo consolarti e Alisa mi ha detto dove trovarti, ma al capanno non c’eri, così ti ho chiamato e ho seguita la suoneria.-
    -Una Sherlock Holmes italo giapponese.-
    Mi aspettai un sorriso che non arrivò mai. Il suo sguardo era freddo e senza emozioni. Camminammo fino alla palestra in silenzio. Non mi era mai pesato non parlare con le persone ma, in quella situazione, il silenzio era opprimente e mi dava una sensazione di disagio.
    “Dai, Yuuji. Interrompi questo silenzio, per favore. Tira fuori una delle tue battute idiote.”
    -Sai, Melly, penso che tu e Price state veramente bene insieme.-
    Il mio cuore si bloccò per un attimo.
    “No, questo no Yuuji.”
    -Non stiamo insieme.-
    -Ah si? Strano. Ho sentito che qualcuno vi ha visti uscire dai love hotel.-
    “No”
    -Ci sono tante voci in giro. Non le hai mai ascoltate. Perché credi proprio in questa?-
    -Tranquilla, Melly. Era per dire.-
    E il silenzio si intromise di nuovo tra di noi. Eravamo così vicini da sfiorarci, ma così distanti per poterci capire. Cos’era cambiato? Arrivammo al falò guardando entrambi per terra.
    -Bene. Sei qui sana e salva. Ora devo andare. Buona continuazione.-
    Si girò frettolosamente e si avviò verso l’uscita della scuola. Lo guardai per un attimo e poi gli corsi dietro.
    -Aspettami Yuuji. Aspetta!-
    Non so se mi sentì o meno, ma i suoi passi non rallentarono e nemmeno si fermò. Con tutta la forza che avevo corsi più veloce così da bloccarlo.
    -Che vuoi?-
    -Ti ho chiamato, non mi hai sentito?-
    -No.-
    -Bene ora però mi senti. Siamo ancora amici Yuuji, vero?-
    Vidi un lampo di rabbia nel verde dei suoi occhi. Feci un passo indietro e lo guardai meglio. La prima volta che lo vidi in infermeria mi sembrò un dio mentre, quella sera, davanti a me vidi un ragazzo anonimo e apatico. Per poco non mi misi a piangere per lo spettacolo che avevo davanti agli occhi. Dov’era finita la forza di Yuuji? Abbassai lo sguardo al suolo.
    -Si, Melissa. Siamo ancora amici. Siamo solo buoni amici.-
    Quel “solo” entrò dentro la mia testa come una bomba. Rimasi immobile mentre lui mi scansò per riprendere la sua camminata verso casa.
    “Solo buoni amici. Lo so. Allora perché fa così male?”.
    Le tante attese lacrime scesero sul mio volto. Per la prima volta da quando ci conoscevamo, Yuuji mise in chiaro i suoi sentimenti nei miei confronti. Quando alzai gli occhi pieni di lacrime verso le stelle, il cielo non mi sembrò più così bello.

    Capitolo 10: Quella stessa notte
    -Melissa. Ti ho cercata ovunque e tu, semplicemente, te ne stavi qui seduta di fianco al falò.-
    Alzai il viso e sorrisi con tutta la convinzione che avevo in corpo.
    -Si, Alex. Sono qui. Alisa non ti ha fatto compagnia?-
    -Cosa c’è?-
    -Cosa vuol dire cosa c’è?-
    -I tuoi occhi. Sono rossi. Si vede che hai appena pianto.-
    -Tutto bene. Sarà il calore del fuoco.-
    -Bene, allora vieni con me lontano da questo fuoco.-
    Mi alzai accettando l’aiuto di Alex. Tenendomi forte la mano, si mise a correre trascinandomi con lui fuori dalla scuola.
    -Ehi. Dove stiamo andando?-
    -A casa mia.-
    Vibrai a quella risposta.
    -Alex, io…-
    -Non voglio fare nulla che tu non voglia. Ok?-
    -Ok!-
    Venti minuti dopo ero nell’ascensore di un condominio di lusso.
    -Ma è la scuola a pagarti tutto questo?-
    Non riuscii a trattenere la mia sorpresa.
    -No, sono i miei. Non gli andava che io disturbassi una famiglia giapponese. Sai dove avrei dovuto stare?-
    -No.-
    -Da Kuroshi.-
    Il suo nome mi provocò non poco dolore, ma feci finta di nulla.
    -Capisco.-
    -Bene, siamo arrivati!-
    Le porte dell’ascensore si aprirono mostrando un lungo corridoio che terminava davanti ad una porta blindata color mogano.
    -Quella in fondo è casa mia.-
    Percorsi dietro Alex il corridoio che portava al suo appartamento. Non appena aprì la porta i miei occhi si posarono sulla ricchezza dell’intero atrio. Era enorme. Al centro della stanza un grande divano bianco contornava un tavolino di vetro. Dietro al divano un arco accompagnava all’interno di una cucina spaziosa, arredata con il miglior mobilio ed elettrodomestici. Il pezzo forte dell’atrio era il pianoforte a coda proprio al centro della stanza. Lanciai un’altra occhiata furtiva ed entrai.
    -Non hai la tv.-
    -Si, è in camera da letto.-
    Mi avvicinai al pianoforte e sfiorai i tasti bianchi producendo una scala musicale non proprio armonica.
    -Alex, ma tu suoni?-
    -Diciamo che me la cavo.-
    -La conosci “Lacrimosa” di Mozart?-
    -Si.-
    -Me la suoni?-
    -Melly! È la prima volta che vieni a casa mia e vuoi che ti suono una così triste sinfonia?-
    -Ti prego.-
    Non mi rispose. Si limitò a sedersi davanti al piano e ad appoggiare le sue lunga dita sui tasti. Una struggente melodia si impadronì dell’intera casa. Mi sedetti di fianco a lui e chiusi gli occhi. Mozart era il compositore preferito di mio padre. Quando ero piccola adoravo passare i miei pomeriggi seduta sulle forti gambe di mio padre ad ascoltare il vecchio giradischi di mio nonno. Crebbi tra le note struggenti di Morzat e Bach. Alex non era da meno.
    -Stai sorridendo.-
    -Mi ricordo quando ero piccola e ascoltavo questa sinfonia con mio padre. È vero che è struggente, ma a me piace tanto.-
    -L’ho sempre pensato che sei strana e, ora, ne ho la prova.-
    -Dai, stupido. Non rovinare questo momento.-
    Le sue dita continuarono, instancabili, a produrre quel dolce suono.
    -Ora me lo dici perché hai pianto?-
    -Davvero, nulla!-
    -Melly, hai così poca fiducia in me?-
    Guardai la tristezza del suo volto e non riuscii a fermare le mie parole.
    -Non essere triste per una come me. Ho pianto per Kuroshi. Credo che ce l’abbia con me. Credo di aver fatto qualcosa che lo abbia ferito o deluso o chissà che altro.-
    -Lui ti piace tanto, vero?-
    Smise di suonare e io soffermai la mia attenzione sul suo viso contorto in una morsa di dolore.
    -Credo che io ti stia usando, Alex. Sono così egoista da approfittare dei tuoi sentimenti per sentirmi meglio. Se vuoi cacciarmi da qui, per me va bene.-
    -Melly. Quando hai incominciato a piacermi sul serio, sapevo che avevi occhi solo per quel tizio. So a cosa vado incontro continuando a starti vicino, ma ora che ti conosco un po’ meglio, non riesco a lasciarti andare. Voglio proteggerti e fa nulla se sarò io quello che rimarrà ferito. Mi bastano i ricordi che stiamo creando insieme per ritenermi soddisfatto.-
    -Anche tu mi piaci, Alex. Potrei anche innamorarmi di te se non ci fosse Kuroshi.-
    Mi pentii di aver parlato di Yuuji. Strinsi forte i pugni e mi vergognai di me stessa. La mano fredda di Alex si appoggiò sul mio viso donandomi un po’ di calore.
    -Melly. Sei così vulnerabile che io non riuscirò a trattenermi. È meglio che ti accompagno casa.-
    Arrossii. Sapevo cosa intendeva e decisi di non muovermi.
    -Voglio ascoltarti ancora un po’.-
    -Melly, sono pur sempre un uomo.-
    -Per me va bene Alex. Non è la mia prima volta.-
    Persino io rimasi turbata dalla mia tanto audacia.
    -Melly, io…-
    Lo guardai prepotente con una sorta di presunzione che non mi apparteneva.
    -Se hai paura che mentre facciamo l’amore penserò a Kuroshi, non hai di che temere. Non lo farò.-
    -Lo so, Melly. Solo, non voglio che tu te ne penta.-
    “Alex, che combini? Prima lanci l’amo e poi ti rifiuti di pescare?”
    -Dov’è la camera da letto?-
    -In fondo al corridoio dietro quella porta.-
    -Ti aspetto lì.-
    Non aspettai risposta e corsi verso la stanza da letto. Rispetto all’atrio, la camera di Alex era neutra e spoglia. Vi era solo un letto, un piccolo comò e la tv. Accarezzai le lenzuola e mi resi conto di cosa stavo facendo. Era troppo tardi per tirarsi indietro e non volevo farlo.
    Le braccia di Alex arrivarono prima che io potessi accorgermene. Mi strinse forte a se. Sentii il suo respiro caldo sul collo e mi tranquillizzai all’istante.
    -Sei ancora in tempo per uscire da questa casa. Non ti assicuro che, una volta iniziato, io riesca a fermarmi.-
    Mi girai abbracciandolo di mia volta.
    -Sono sicura.-
    Le sue carezze, i suoi sguardi, la sua voce roca. Tutto di lui era una dolce tortura. Anche se gli chiesi di possedermi con forza, lui mi amò per tutta la notte non avendo paura di mostrare i sentimenti che provava per me. Porto ancora oggi il tatuaggio di quella dolce notte nella mente ma, ancor di più, mi piace ricordare le parole che Alex mi disse un attimo prima che Morfeo mi portasse nel suo mondo.
    -Ti amo, Melissa. Non so cosa ci sarà nel tuo futuro, ma se penso al mio, di sicuro vedo il tuo volto. Finché tu mi vorrai, non ti lascerò. Ti amo più della mia stessa vita. Sarò eternamente tuo, te lo prometto.-
    Che ne volevo sapere dell’amore? Avevo solo diciott’anni. Forse, per me era tutto un gioco, ma imparai che certe promesse sono veramente eterne.


    Capitolo 11: Il falò
    L’ultimo giorno del festival scolastico non ero in perfetta forma. Avevo lasciato Rika, ma ero ancora vittima delle sue scenate. Per quel giorno, quindi, mi limitai a fare d’ombra ad Alisa e ad annuire di tanto in tanto. A volte i miei occhi cadevano su Melissa, ma cercavo subito di distrarmi. Dal giorno dell’assemblea, per qualche motivo, nel momento in cui avevo deciso di sopprimere i miei sentimenti per lei, avevo anche preso la decisione di ignorarla, nonostante lei fosse sempre presente tra i miei pensieri.
    Di lì a breve ci sarebbe stato il falò e io e Alisa, da bravi rappresentanti, dovevamo ringraziare la classe e congratularci per l’impegno di tutti.
    -Ehi, Kuroshi. Tu hai un bel vocione. Ringrazia tu tutti.-
    -Namamono, tu sei più brava di me in queste cose. Io vado a rilassarmi al capanno della palestra, lontano da questa confusione. Ciao bella!-
    -Ehi, Yuuji idiota! Torna indietro!!!!-
    Alzai la mano per salutarla mentre, irritata, chiedeva l’attenzione della classe per iniziare il suo discorso.
    -Bene ragazzi! Qui è Namamono Alisa che vi parla! Grazie della vostra partecipazione. È grazie a tutti voi che il festival è s………-
    Arrivai davanti alla palestra e mi buttai per terra tra l’erba alta. Guardai il cielo che si stava sempre più scurendo. Ormai la sera era scesa e una leggera brezza fredda mi provocò una fastidiosa pelle d’oca.
    “Che cielo splendido! A volte siamo troppo distratti per accorgerci della bellezza dell’universo.”
    Una testa si intromise tra me e il cielo.
    -Price. Posso fare qualcosa per te?-
    -Posso sedermi?-
    Lo guardai infastidito e annuii.
    -Che bella serata, vero? A Manhattan il cielo non si vede così bene.-
    -Immagino. Che vuoi Price? Ti vuoi dichiarare?-
    Rise e risi anche io per la mia idiozia.
    -Sei molto attraente Yuuji, ma non sei proprio il mio tipo.-
    -Il tuo tipo è Melly.-
    Un silenzio deprimente si impadronì del campo dove eravamo seduti.
    -È un problema per te se mi piace Melissa?-
    “Si che è un problema. Non riesco a non pensare a lei. Lei era mia. Come hai potuto intrometterti tra di noi?!?!?!”
    -No, nessun problema.-
    -Non sono stupido. A te lei piace.-
    -E quindi? Se ti dicessi che mi piace? Cosa cambia? A te piacerebbe comunque, no?-
    -Si.-
    -Hai altro da dirmi Price?-
    -Yuuji, noi non siamo amici e penso non lo saremo mai. Però, purtroppo per me, io sono onesto. Se tu mi dici di lasciar perdere Melissa, io la lascerò stare. A te piace da più tempo di me, no? Sono io l’intruso qui. Ma stai attento! È la tua unica possibilità! Se mi dirai di procedere, io non mi fermerò.-
    Sentii gli occhi di Price sul mio viso rosso e arrabbiato. Avrei voluto dirgli di lasciarla stare. Avrei voluto correre verso Melissa e gridarle il mio amore. Avrei voluto essere meno codardo. Però, quando pensavo a Melly con Price, l’unica cosa che mi veniva in mente era il suo splendido sorriso. Lui la faceva brillare di una luce che non avevo mai visto in lei quando era in mia compagnia.
    “Non posso essere egoista. Non voglio lasciarla andare, ma lei ora è felice.”
    Mi alzai e guardai dritto in quegli occhi che erano molto simili a quelli di Melly.
    -Price, cerca di farla felice. Solo ricordati che, se mai dovesse piangere o stare male, prima ti ammazzo e poi la faccio mia!-
    Così detto mi allontanai verso il boschetto che delimitava l’area scolastica. Da lontano, Price sospirò un “Tu sei meglio di me Yuuji!” distorto dai miei passi pesanti sull’asfalto.
    Appena dentro al boschetto, presi a correre per arrivare al centro dove mi aspettava un grande albero quasi privo di foglie. Sfogai la mia frustrazione su quel vecchio tronco. Tra calci e pugni, non mi accorsi del tempo che passava. Mi accasciai al suolo e cercai il cielo offuscato dai rami degli alberi che mi circondavano. Venni scosso dalla vibrazione del cellulare seguita da “Time after Time”. Presi in mano il telefono e vidi la faccia buffa di Melissa sullo schermo. La tristezza soffocò la risata che stava per emergere dalla gola. Un po’ riluttante risposi al telefono.
    -Pronto?!-
    <kuroshi, sono Okiwawa.>
    -Questo lo so. Ho il tuo numero in rubrica.-
    <si. Certo. Dove sei?>
    -Perché?-
    Mi accorsi troppo tardi della freddezza della mia voce. Stavo per reclamare in tono più dolce, ma mi fermai: se volevo dimenticarla dovevo rimanere distante.
    <alisa mi ha detto che ti sei lasciato con Momoi e volevo solo sapere come stavi.>
    -Melissa, io sto bene. È Rika che ha bisogno di conforto. Quindi se non c’è altro io ….-
    Stavo per chiudere quando la sua dolce voce mi colpì al cuore.
    <ti prego Yuuji, non chiudere la chiamata.>
    A quel tono, non seppi controllarmi e presi a camminare veloce verso il falò.
    <ehi, Yuuji. Stai bene? Perché respiri così?>
    -Tranquilla, sto camminando veloce ecco perché. Ti raggiungo al falò.-
    Sforzai ancora di più le gambe, tenendo stretto all'orecchio il telefono per sentire il suo respiro.
    “Sono troppo lento. Meglio correre.”
    Non feci in tempo a scattare che sentii tirarmi la camicia. Mi girai di scatto, infastidito da quell’impedimento improvviso. I miei occhi incrociarono quelli di Melly e il cuore mi fece male per un nano secondo. Chiusi la chiamata e mi girai del tutto per guardarla meglio.
    -Sei qui. Pensavo fossi al falò.-
    -Volevo consolarti e Alisa mi ha detto dove trovarti, ma al capanno non c’eri, così ti ho chiamato e ho seguito la suoneria.-
    -Una Sherlock Holmes italo giapponese.-
    Detto questo mi girai e le feci segno di seguirmi. Me la ritrovai di fianco, un po’ affaticata. Probabilmente aveva camminato veloce o corso per raggiungermi. Rallentai un po’ il passo e mi sforzai di non guardarla. Il profumo di iris che la circondava, creava nel mio cervello un altro ricordo legato a lei. Mi piaceva la sua compagnia. Mi piaceva meno la pesantezza del silenzio che si era creato tra noi. Dissi la prima cosa che mi venne in mente, pentendomene il secondo dopo.
    -Sai, Melly, penso che tu e Price state veramente bene insieme.-
    -Non stiamo insieme.-
    Il tono dolce che aveva al telefono era solo un ricordo. Mi innervosii e continuai per quella strada, come un idiota.
    -Ah si? Strano. Ho sentito che qualcuno vi ha visti uscire dai love hotel.-
    -Ci sono tante voci in giro. Non le hai mai ascoltate. Perché credi proprio a questa?-
    -Tranquilla, Melly. Era per dire.-
    Pensai che era meglio stare in silenzio. Preferivo essere soffocato dal nulla piuttosto che sotterrarmi con le mie stesse mani. Mi rilassai quando vidi la luce del falò e sentii le urla di gioia dei nostri compagni di scuola.
    -Bene. Sei qui sana e salva. Ora devo andare. Buona continuazione.-
    Mi girai veloce, preso dalla paura di non riuscire a trattenere il mio amore per lei.
    -Aspettami Yuuji. Aspetta!-
    Feci finta di non sentire e aumentai il passo. Un ticchettio alle mie spalle si fece sempre più insistente finché una testolina castana fece capolino davanti ai miei occhi. La guardai freddo, ferendomi con la preoccupazione del suo volto.
    -Che vuoi?-
    -Ti ho chiamato, non mi hai sentito?-
    -No.-
    -Bene ora però mi senti. Siamo ancora amici Yuuji, vero?-
    Amici. Certo. Eravamo solo quello, no? Mi arrabbiai con me stesso per essere un masochista. Cosa potevo dirle? Forse potevo fare un torto a Price? Feci per risponderle che no, non eravamo amici e che io l’amavo, ma la mia forza venne meno nel momento in cui lei abbassò lo sguardo tagliando nettamente il nostro contatto visivo. Serrai i pugni e sputai l’amara verità che tutti sapevano.
    -Si, Melissa. Siamo ancora amici. Siamo solo buoni amici.-
    La scansai e proseguii verso l’uscita della scuola. Sentii qualche singhiozzo e mi girai verso Melissa che stava lì, immobile, con le lacrime che le rigavano il viso. Il cuore incominciò a farmi più male e corsi via da quello scenario che io stesso avevo creato. Pensai che più veloce correvo e più allontanavo il ricordo di lei da me. Arrivai davanti al laghetto artificiale, quasi al confine con le campagne. Affaticato mi accasciai sul prato freddo e gridai un NO con l’ultimo fiato che avevo nei polmoni. Mi distesi guardando il cielo che mi sembrò insulso senza il dolce sorriso di Melissa.

    Capitolo 12: Quella stessa notte
    Rimasi per diverso tempo su quel prato freddo. Era mezzanotte quando decisi che era ora di rientrare. Affaticato, ripercorsi i miei passi attendendo il miracolo dell’indifferenza verso il mio amore non ricambiato. Il freddo era più pungente e l’aria più pesante di qualche ora prima. Intorno a me regnava il vuoto.
    “Scaricato e solo. Potrebbe andarmi peggio?”
    Girai al primo incrocio e, senza accorgermene, capitai davanti casa di Alisa. Mi fermai un attimo guardando verso la sua stanza e ricordando un me più piccolo lottare con una Namamono più piccola per l’ultimo biscotto. Sorrisi amareggiato e proseguii verso casa.
    -Yuuji, sei tu?-
    Mi girai scocciato sapendo di ritrovare Alisa alle mie spalle.
    -Già. Non chiedermi cosa ci faccio qui, perché non lo so nemmeno io.-
    Mi si avvicinò un po’ intontita e mi prese la mano. La guardai e, per un attimo, il mio cuore non si sentì più così solo.
    -Yuuji, Yuuji, Yuuji. Secondo me lo sai perché sei qui. Ricordati che sono pur sempre la tua migliore amica d’infanzia.-
    Mi sorrise con naturalezza. Il suo classico sorriso da “andrà tutto bene, basta crederci”. Involontariamente, risposi a quel sorriso con le lacrime. Lei mi abbracciò e mi accompagnò dentro casa, nella sua camera che non era cambiata per nulla. Mi sedetti sul letto e continuai a piangere con Alisa al mio fianco.
    -Dove cazzo si nascondevano tutte queste lacrime?-
    -Yuuji…-
    Quando mi calmai, la guardai dritto negli occhi vergognandomi di me stesso. Feci per andarmene, ma lei mi trattenne.
    -Ehi, non dirmi che ti vergogni di me? Ti ho visto in situazioni peggiori, Yuuji.-
    -Si, ma ora siamo cresciuti Namamono.-
    -Non si è mai troppo grandi per piangere.-
    -Come siamo arrivati a questo punto?-
    -Intendi con Melissa?-
    La guardai torvo e annui.
    -Stasera Price è venuto a parlarmi. Mi ha detto che, se solo io avessi detto “Melly è mia”, lui si sarebbe fatto da parte senza problemi.-
    -E tu?-
    -Gli ho affidato Melissa.-
    -MA SEI SCEMO?!?!?!?-
    La schiaffeggiai con lo sguardo e, di risposta, lei mi fece il dito medio.
    -Avanti, Alisa! Hai visto com’è Melly con Price? Ride e si arrabbia con una naturalezza che non ha mai mostrato con me. E poi, hai visto il suo sorriso verso quello? È così bello e smagliante.-
    -Yuuji, ma provaci almeno. Non scherzo quando dico che lei, in realtà, non aspetta altro.-
    -Ti ha parlato di Price?-
    -Si.-
    -E che ti ha detto?-
    -Yuuji, non mi sembra il caso di parlartene.-
    -Io voglio saperlo. Per favore Alisa.-
    Mi guardò insicura e poi sospirò. Alisa, che grande amica. Sapeva che quello che stava per dirmi non mi sarebbe piaciuto e voleva proteggermi ma, d’altra parte, credeva in me e sapeva che non ero facile da spezzare.
    -Non lo ama. Prova affetto, ma non lo ha mai eguagliato all’amore. Però…-
    Mi guardò preoccupata per qualche secondo e poi continuò.
    -…le piace. Lo trova simpatico. Una boccata d’aria fresca. Mi ha raccontato che lui non le fa nessuna pressione e questo le piace. Mi ha confidato che, quando lui la bacia, lei si sente libera e riesce a non pensare a nulla. Si sente in difficoltà perché crede di usarlo, ma non riesce a fare a meno di lui. Una volta ha detto “Non capisco perché. In fondo io non lo amo. Però i miei pensieri sono sempre rivolti a lui e quando sta con me io mi sento tranquilla”.-
    L’ascoltai attentamente capendo ogni singolo stato d’animo di Melissa. Era confusa e triste. Provava una felicità che non credeva appartenerle e si sentiva in colpa. Guardai il soffitto e risi per trattenere le lacrime.
    -Se ne innamorerà. Se non oggi, domani. E se non sarà domani, tra una settimana. Lo sapevo. Price è importante per lei. Se avevo una possibilità, me la sono giocata del tutto grazie all'americano. Ho aspettato troppo e fatto scelte sbagliate. Sono un codardo.-
    -Yuuji, tu non sei un codardo. Sei solo un idiota, tranquillo. Vi piacete a vicenda, ma entrambi fate gli idioti e complicate tutto. Non capisco perché, ma mi date su i nervi.-
    Era arrabbiata e aveva ragione ad esserlo. Guardai l’orologio che segnava 10 minuti alle 2 del mattino.
    -Alisa, ti dispiace se dormo qui?-
    -Se non fai il pervertito…-
    -Tranquilla, non sei attraente.-
    Mi colpì con un cuscino e si alzò dal letto.
    -Come osi? Stupido idiota. Ti prendo il futon. Aspetta qui.-
    Dieci minuti dopo, le luci erano spente e io guardavo il soffitto della camera di Alisa.
    -Ehi, topo dormi?-
    -No, stupido. Che vuoi?-
    -Grazie!-
    La sentii sorridere da sotto le coperte.
    -Prego, Yuuji.-
    Mi addormentai prima di riuscire a pensare a Melissa.
    La mattina seguente mi svegliai disturbato dalla suoneria di un cellulare. Mi alzai intorpidito in cerca di Alisa, ma di lei non c’era traccia. Guardai l’orologio che segnava le 10. Affaticato mi alzai e presi il cellulare di Namamono dalla scrivania. Aveva ricevuto una mail da Melissa. Mi maledico ancora adesso per averla aperta.
    “Ciao Alisa! Dormi? Io mi sono appena svegliata nonostante sia andata a letto poche ore fa. Allora, ti sei divertita ieri al falò? Non sono riuscita a salutarti perché Alex mi ha presa di forza e mi ha portata nel suo appartamento. Non fare quella faccia! Non ha fatto nulla che io non abbia voluto. Si! Perché è successo qualcosa. Sei seduta? Ho fatto l’amore con Price. Non era la mia prima volta, ma mi sono comportata da imbranata come se lo fosse. Lui è stato paziente e dolce. È stato meraviglioso. Ci vediamo oggi pomeriggio? Ho tanto da raccontarti. Si, parlo dei dettagli. Chiamami!”
    Con disinvoltura lasciai il cellulare di Alisa esattamente dove lo avevo preso. Indossai la felpa e mi guardai intorno. La camera di Alisa non era cambiata proprio per niente, ma io ero diverso. Uscii lasciando silenziosamente il me bambino giocare felice tra i miei ricordi.


    Capitolo 13: Una verità nascosta
    -Sigh.. Sniff Sniff.. Sigh..-
    -Dai Melly, basta piangere. Dopo capodanno ritornerò da te.-
    -Lo so Alex. Però da qui a capodanno è lunga.-
    -Devo andare Melly. Devo parlare con i miei genitori e dirgli che continuerò gli studi qui in Giappone.-
    -Sai che non voglio che lo fai per me.-
    -Infatti non lo faccio per te, ma solo per me stesso. Sento che se ti dico addio, potrei morirne.-
    -Esagerato!-
    -Bene. Il mio aereo partirà tra poco. Sayonara Okiwawa-san.-
    -Sayonara Price-san.-
    Prima di raggiungere Alisa che mi attendeva all'entrata dell'aeroporto, aspettai che la sagoma di Alex diventasse solo un ricordo. Erano iniziate le vacanze invernali e lui aveva deciso di tornare in America per dire ai suoi che, dopo il diploma, sarebbe rimasto a studiare qui in Giappone. Mentirei se dicessi che non ne ero felice, ma mi sentivo in colpa. Dalla nostra prima volta insieme erano passati due mesi e non avevo ancora messo in chiaro le cose con lui. In realtà non sapevo nemmeno io se eravamo una coppia o meno.
    Ritornai da Alisa con gli occhi rossi e un sorriso incerto.
    -Sei la solita! Avevi promesso di non piangere, testa vuota!-
    -Ma lui era lì che se ne andava e io ... Sigh Sniff..-
    -Dai, stupida. Visto che siamo qui, che ne diresti di farci un giro prima di ritornare a casa?-
    -Alisa, è il 24. Non vuoi passarlo con nessuno?-
    -Si. Con la mia migliore amica.-
    Le sorrisi e la presi per mano per accompagnarla tra le vie famigliari di Tokyo. Il tempo era freddo e la prima neve era prevista per sera. Prima di prendere il treno per tornare a casa, convinsi Alisa a cenare in un ristorante, non proprio economico, ma con il miglior ramen della città.
    -Melly, avevi ragione. è squisito!-
    -Lo so, che cosa credi? Sul ramen non si mente.-
    Rise e quasi si ingozzo con il brodo.
    -Allora?! È da un po' che non parliamo di Price. Come va con lui?-
    -Bene.-
    -Bene?!?-
    -Si.-
    Abbassai lo sguardo sulla ciotola davanti a me, consapevole che avrei sputato la mia frustrazione.
    -Se lo dici tu, Melly. Solo non mi sembri convinta.-
    -Alisa, mi piace stare con lui. Adoro quando mi accarezza e tremo solo a pensare alla passione dei suoi baci, ma..-
    -Ma..-
    -Il mio cuore appartiene ancora a Yuuji.-
    -Price lo sa?-
    -In passato gliel’ho già detto, ma non ne abbiamo più parlato. Sono stanca di mentire e lui e a me stessa.-
    -Capisco. Che si fa allora?-
    -Ora sono confusa. Vorrei davvero amare Alex.-
    -È per questo che non volevi che Price andasse in America? Non vuoi che lui rimanga qui per te perché, visto che quello che ami è Yuuji, lui sta sacrificando il suo avvenire per nulla, giusto?-
    -Non potevi essere più chiara.-
    -Allora perché non parli a Kuroshi? Di che hai paura?-
    -Che lui mi dica che non gli piaccio.-
    -Idiota!-
    Guardai la faccia di Alisa diventare rossa per la rabbia.
    -Alisa?!?!-
    -Tu e Kuroshi. Siete due idioti. Non dovrei parlarne, ma ora sono stufa.-
    -Alisa, che...-
    -Tu gli piaci, Okiwawa. Gli sei sempre piaciuta. Lui non fa altro che pensare a te e, quando cerca di avvicinarsi, improvvisamente succede qualcosa che lo blocca. Per esempio ora la cosa che lo blocca è la tua felicità.-
    -La mia felicità?-
    -Si. Ricordi il festival scolastico? Lui e Price si sono parlati. Price gli ha detto che si sarebbe fatto da parte se lui glielo avesse chiesto, ma quell'idiota gli ha dato la sua benedizione. E perché? Solo perché è più affezionato al tuo sorriso che al suo cuore.-
    Mi alzai di colpo rovesciando il brodo sul tavolo. Mentre Alisa rimediava al mio danno, ripensai a tutto quello che era successo da quando Yuuji era entrato nella mia vita. Ricordai il batticuore della prima volta che lo vidi in infermeria, il suo sorriso smagliante, la sua dolce voce, i suoi abbracci, il calore che mi trasmetteva solo guardandomi.
    -Alisa. Dobbiamo tornare indietro. ORA!-
    -Ok, vai a prendere i biglietti. Io pago il conto.-
    Corsi fuori dal ristorante maledicendo la mia stupidità.
    Qualche ora dopo, io e Alisa percorrevamo gli ultimi chilometri che ci separavano da casa in totale silenzio. Più ci avvicinavamo a destinazione, più il mio cuore scalpitava.
    -Alisa. Ti ha risposto?-
    -No. Gli ho già mandato tre mail. Nulla. Non vorrei chiamarlo. Dovrebbe essere a lavoro a quest'ora.-
    -Mi sento agitata e spaventata.-
    -Tranquilla. Mal che vada lo aspetterai fuori dal lavoro. Se non è lì, andrai a casa sua.-
    -Dovrò contattare anche Price. Mi sento male per lui. Continuo ad essere egoista.-
    -Meglio ora che dopo.-
    -Già.-
    Trrr Trrr Trrr
    -Melly. Una mail di Kuroshi. Leggi.-
    "Namamono, ti manco così tanto? Non puoi aspettare domani per il mio regalo? Comunque si, sono a lavoro e smonto per le 23. Se hai voglia aspettami fuori, ma sta attenta. A dopo. Ah, io non ho comprato nulla per te. Scusa. Ciao."
    -Sono le 22. Arriveremo in tempo.-
    -Grazie, Alisa.-
    -Prego. Quindi quello stupido non ha un regalo per me. Lo strozzo quando lo vedo.-
    -Ma nemmeno tu hai un regalo per lui.-
    -Eh? Ma se gli sto donando te. Ingrata. Ingrati.-
    Risi e sentii il cuore alleggerirsi di poco. Mancava meno di un’ora al mio incontro con Yuuji.
    "Aspettami, Yuuji. Sto arrivando."
    E le paure volarono via accompagnate dallo stridio dei freni del treno. Ero arrivata alla fine della corsa.

    Capitolo 14: Il nostro sogno di una notte di mezzo inverno
    "Brrr.. Che freddo. Se solo nevicasse, forse, non sarebbe così pungente."
    Mancavano dieci minuti alle 23. Stranamente, il mio cuore scandiva un ritmo calmo. Feci per un paio di volte avanti e indietro davanti al bar dove lavorava Yuuji.
    Guardai l'orologio.
    "Ancora cinque minuti. Il tempo non passa più."
    Proprio in quel momento la porta del bar si spalancò e il cuore che fino a poco tempo prima era calmo, martellò prepotente sul petto.
    -Auguri.-
    -Ci vediamo a capodanno.-
    -Auguri alla famiglia.-
    -Grazie a tutti per stasera.-
    Mi girai dando le spalle ai colleghi di Yuuji che uscivano dal locale, affaticati per il duro lavoro. Una mano si appoggiò sulla mia spalla destra. Non avevo bisogno di girarmi per sapere che dietro di me c'era un Yuuji un po' sorpreso.
    -Melly?!? Che ci fai qui? E Alisa? Ti ha obbligata a venire qui per non sentirsi sola? Adesso dov'è?-
    Mi girai tremante e lo guardai. Un fulmine uscì da quegli occhi verdi che mi avevano accompagnato nei sogni più belli.
    "Mi dispiace, Alex, ma non posso più trattenermi."
    -Veramente Alisa non c'è. Mi ha pregato di darti questo biglietto.-
    Innocente allungai la mano verso di lui facendo l'ingenua. Lui aprì il biglietto e un dolce sorriso gli rilassò il viso.
    -Quindi sei tu il mio regalo di Natale. Quella scema.-
    Mi sentii rilassata. Ora che era davanti a me, sembrava tutto meno complicato.
    -Yuuji, mi accompagni a casa?-
    -Mhm? Come? Ma sei il mio regalo. Voglio goderti per un po'. Vieni.-
    Si incamminò verso il centro della città. Lo guardai per un attimo prima di seguirlo.
    "Se questo è un sogno, non svegliatemi per favore."
    -Aspetta un attimo. Chiamo mia nonna per dirle che faccio più tardi del previsto.-
    -Ok.-
    Durante la chiamata, i miei occhi non lasciarono per un secondo gli occhi di Yuuji. Avevo paura che, se mi fossi distratta, lui sarebbe scomparso. Mi chiedevo dove ci avrebbe portato quella passeggiata. Sarei riuscita a dichiararmi?
    -Ok. Apposto. Possiamo andare.-
    -Bene.-
    Ci incamminammo insieme verso le vie illuminate dalle lanterne decorative invernali. Il profumo di Yuuji mi riportava indietro nel tempo. Ricordi felici e tristi fecero capolino tra i miei pensieri. Stranamente, il silenzio tra noi aveva smesso di essere una pesante tortura.
    -Sai, Melly. Oggi ho pensato proprio a te.-
    -Ah, si?-
    -Si. Accompagnavi Price all’aeroporto, no?-
    “No, Yuuji. Non ricominciare con Alex, per favore.”
    -Già.-
    -Quindi è partito?-
    -Già.-
    -Bene.-
    Lo guardai e vidi il suo solito sorriso dolce e sincero. Forse, Alex sarebbe diventato solo una piccola parentesi della mia vita. Doveva per forza essere il prezzo da pagare per la mia felicità? L’infelicità di un’altra persona era necessaria? Per un attimo mi incupii e smisi di camminare. Un’amara lacrima scese sul mio viso, marchiandomi come se fosse fuoco. I passi di Yuuji smisero di martellare tra le strade semi vuote.
    -Ehi. Che hai?-
    -Io mi chiedevo se la felicità di un individuo dovesse dipendere necessariamente dall’infelicità di un altro.-
    Percepii lo sguardo confuso di Yuuji, seguito da un abbraccio caldo e protettivo.
    -A volte capita di essere infelici Melly. La vita è così lunga e non possiamo passarla tutta ad essere felici, non credi? Sai che noia!-
    Respirai l’odore di Yuuji e mi sentii un po’ più sollevata.
    -Mi piacerebbe non essere il brutto ricordo di nessuno.-
    In quel momento, la tanto attesa neve cadde sulle nostre teste.
    -Oh. Guarda Melly. Nevica!-
    Alzai il viso al cielo e sorrisi a quello spettacolo che tanto mi piaceva, fin da quando era bambina.
    -Sai Yuuji, per un po’ il cielo mi era sembrato solo un’insulsa macchia sulla terra mentre, oggi, grazie a te, penso che sia ritornato meraviglioso.-
    Guardai quegli occhi verdi pieni di commozione e arrossii.
    -Penso la stessa cosa, Melissa.-
    Mi prese la mano e la portò sul suo petto. Il cuore di Yuuji martellava forte quanto il mio.
    -Senti? Questo mi succede quando tu sei davanti a me. Che il cielo mi maledica per il torto che sto per fare a Price, ma ho aspettato fin troppo.-
    Dolci, le sue labbra si appoggiarono sulle mie. Non so spiegare cosa provai. Un’esplosione di emozioni si impadronì semplicemente del mio corpo. Rabbia, gioia, frustrazione, ansia, passione e altre mille sensazioni, ma solo una arrivò al cuore: l’amore che avevo sempre provato per quel ragazzo giapponese dagli occhi verdi. Il suo modo di baciare era simile a quello di Alex, dolce e intenso. Penso che tecnicamente tutti i baci sono uguali, cambiano solo i sentimenti e le emozioni.
    Quando Yuuji si stacco dalle mie labbra, il freddo pungente di quella notte mi riportò alla realtà.
    -Ti amo, Okiwawa Melissa.-
    -Yuuji…-
    Ci abbracciammo forte con la paura di poterci perdere di nuovo. La neve continuava a scendere candida, segnando l’inizio della mia storia con Yuuji. Camminammo quasi per tutta la notte silenziosi, con qualche sorriso sincero e con tanto amore da donare. Quando arrivammo davanti a casa di mia nonna, riuscivo già a sentire la sua mancanza.
    -Sei arrivata. Scusa. È davvero troppo tardi.-
    -Non preoccuparti. Va bene così.-
    -Ti chiamo domani. Vado.-
    Stava per andarsene e io non ero ancora pronta a lasciarlo. Tirai il suo cappotto e, quando si girò, lo baciai. Credevo di non potermi mai stancare di quelle labbra. Credevo che con un bacio, tutto sarebbe diventato più semplice. Così lo salutai con la certezza che, quella notte, noi fossimo diventati l’infinito.
    Salii veloci le scale, mentre mi spogliavo. Mi buttai sul mio futon appoggiando il cellulare di fianco al cuscino. Faticai a prendere sonno, ma prima di addormentai sussurrai “Buonanotte Yuuji”, seguito da una stretta dolorosa al cuore.


    Capitolo 15: Una verità nascosta
    -Papà, sto per andare a lavoro. Il pranzo è nel frigo. È solo da riscaldare, ok?-
    -Si, Yuuji.-
    Feci per uscire di casa, ma venni trattenuto dal fruscio dei fogli che mio padre stava esaminando. Mi avvicinai a lui un po' intimorito e cercai di leggere con insuccesso.
    -Altre fatture da pagare, papà?-
    -No.-
    -Allora di cosa si tratta?-
    -È un fascicolo della Tokai University.-
    Le gambe mi tremarono per un attimo. Guardai quell'uomo stanco fare l'indifferente.
    -Quindi vuol dire che posso fare domanda?-
    -No. L'ho già fatta io. Devi solo sostenere l'esame d'ammissione a Marzo.-
    Trattenni a stento le lacrime. Mi limitai ad abbracciare quell’uomo che avevo un po’ odiato negli ultimi mesi.
    -Grazie, papà. Grazie davvero.-
    -Ora vai a lavoro. Sbrigati! Non farmi rimpiangere le mie scelte.-
    -Si.-
    -Ah, Yuuji?!-
    -Si?-
    -Tua mamma sarebbe fiera di te. Un po’ meno di me.-
    Dopo anni, vidi il sorriso di mio padre. Commosso sorrisi anch’io e uscii di casa. Arrivato a lavoro, presi a scaricare il camion e a servire ai tavoli pieno di energie. Sarei andato all’università e questo mi bastava per rendere i miei giorni migliori. Certo, sarebbe stato meglio se avessi avuto dalla mia parte l’amore di Melissa. Il suo ricordo arrivò violento, annebbiando la felicità che avevo provato poco prima.
    -Yuuji, due caffè e due torte salate al tavolo 18. ORA!-
    -Si, senpai.-
    “Non volevo lavorare oggi. È il 24. Si dovrebbe stare con la persona amata.”
    Il mio buon umore svanì del tutto. Di cosa mi lamentavo? In fondo io non avevo una persona amata con cui passare il Natale. Era per questo che avevo accettato di lavorare al posto di un collega. Non volevo passare la giornata chiuso in casa pensando a quello che poteva essere o a quello che realmente era stato.
    Ripensai ai manga di Alisa. Tanti disegni romantici e tante frasi fatte. Non si legge mai di amori non ricambiati. Tutti sperano nel finale felice, ma la vita è solo una bastarda.
    -Yuuji, due torte con panna al tavolo 14. SVEGLAITI.-
    -Si, scusi senpai. Corro.-
    Già. Correre. Passiamo tutta la vita a correre, ma per arrivare a dove? Alla fine tutti diventiamo polvere e nessuno si ricorderà di quello che eravamo. Siamo solo di passaggio in un mondo che ci tiene in ostaggio, che ci obbliga a delle regole e che offusca i nostri sogni.
    -Yuuji. Non sei in forma oggi. Eppure stamattina eri così contento.-
    -Si, capo. Sono in perfetta forma. Mi sono solo lasciato distrarre da qualche pensiero pessimista.-
    -Yuuji, sei così giovane. Alla tua età, tutto deve essere facile e preso con leggerezza, capito? La cosa più importante è che tuo padre ha acconsentito a farti andare all’università, no?-
    Sorrisi cortesemente e lo ringraziai.
    -Lavora, scansa fatiche.-
    Sbuffai divertito e tornai a lavorare, stavolta con più impegno di prima. Non mi accorsi del tempo che passava finché il mio stomaco non mi chiese cibo.
    -Capo, pausa?-
    -Si, vai. Tanto tra un po’ non ci sarà più nessuno.-
    Presi un panino e andai nello spogliatoio per rilassarmi un attimo.
    “Cenare da solo il 24 dicembre. Sei proprio un triste individuo Yuuji.”
    La vibrazione del cellulare attirò la mia attenzione. Tre e-mail di Alisa mi svelarono che, in fondo, non ero così tanto solo.

    “Ciao Yuuji, qui è Alisa che ti parla. La tua bellissima e buona e stupenda amica. Oggi lavori, vero? Mi dici a che ora smetti? Vorrei passare per darti il mio regalo. Ci tengo! Rispondimi!”

    “Ehi, stai facendo il pervertito davanti ai tuoi filmini porno e non hai tempo di rispondermi??? Dai, Kuroshi. È importante per me darti questo regalo. Rispondimi!”

    “Santa pazienza, Yuuji. Ma dove sei? Giuro che vengo a casa tua e faccio un casino se non mi rispondi.”

    -Ma che ha quella stupida? Un regalo? Ma se sono anni che non me ne fa uno.-
    Divertito risposi alle mail e finii la mia pausa gustando la mia curiosità. Quando tornai a lavoro, i clienti si erano dimezzati.
    -Yuuji? Tra un’ora voglio essere fuori di qui, sbrighiamoci a pulire.-
    -Si, senpai.-
    -Scusami per essere stato duro con te durante il servizio, ma sono un po’ nervoso ultimamente.-
    Guardai il mio senpai incuriosito. Era da due anni che lavoravo con lui e non lo avevo mai visto ne agitato ne nervoso.
    -Come mai?-
    -Non so come chiedere alla mia ragazza di sposarmi e questo mi da sui nervi.-
    Sorrisi cortesemente.
    -Di certo io non ti posso aiutare, ma di solito alle donne piacciono cose tipo fiori e cene in ristoranti di lusso. E poi di che ti preoccupi? Se sta con te è perché ti ama anche se, secondo me, è solo fuori di testa.-
    -Yuuji, idiota. È solo che ci tengo a lei. Sai, ho passato gli ultimi cinque anni ad amarla e a non avere il coraggio di dichiararmi. Pensavo di non piacerle, mentre anche lei era cotta di me. Sai quanto tempo ho sprecato? E dire che potevamo stare insieme fin da subito, ma le mie paure sono state più forti del mio coraggio.-
    -MOIKI, PUOI VENIRE DIETRO A DARMI UNA MANO?-
    -Si, capo.-
    Le parole del senpai martellarono nella mia testa violente. Salutai gli ultimi clienti del bar e mi misi a pulire la sala. Ripensai a Melissa e alla prima volta che la vidi. Forse, mi innamorai di lei proprio su quell’autobus. Ricordai le parole di Alisa “Vi piacete a vicenda…”. Era vero? A Melissa piacevo? La sua dolce voce risuonò nei miei pensieri e fu tutto più chiaro. Le sue lacrime, i suoi sorrisi, i suoi problemi, le sue paure. Per parecchi mesi lei si era affidata a me e io, alla prima occasione, l’avevo spinta tra le braccia di un altro come se lei fosse un peso per me. L’avevo tradita e mi odiai per questo.
    -Bene, ragazzi. Tutti fuori da qui.-
    -Si, capo.-
    -Auguri.-
    -Ci vediamo a capodanno.-
    -Auguri alla famiglia.-
    -Grazie a tutti per stasera.-
    Davanti al bar, un cappotto bianco contornato da dei boccoli castani se ne stava immobile. Il profumo di iris entrò dentro le narici e il mio cuore incominciò a battere forte. Allungai la mano verso quella presenza celestiale, con la paura che fosse solo un miraggio. Quando la toccai capii: era arrivato il mio miracolo di Natale.

    Capitolo 16: Il nostro sogno di una notte di mezzo inverno
    -Melly?!? Che ci fai qui? E Alisa? Ti ha obbligata a venire qui per non sentirsi sola? Adesso dov'è?-
    Si girò lentamente verso di me. Incrociai i suoi occhi e un lampo di desiderio attraversò il mio corpo
    -Veramente Alisa non c'è. Mi ha pregato di darti questo biglietto.-
    Presi il pezzo di carta dalle sue mani, sfiorandole. Erano gelide.
    “Da quanto tempo mi stai aspettando?”
    Aprii il bigliettino e mi rilassai visibilmente.
    “CIAO STUPIDO. TI PIACE IL MIO REGALO? NON LASCIARTELO SFUGGIRE. VOGLIO I DETTAGLI. CIAOOOO!”
    -Quindi sei tu il mio regalo di Natale. Quella scema.-
    -Yuuji, mi accompagni a casa?-
    -Mhm? Come? Ma sei il mio regalo. Voglio goderti per un po'. Vieni.-
    Mi incamminai ancora incredulo di quello che stava succedendo. Sarei andato all’università e, forse, avrei avuto l’amore di Melissa. Guardai il cielo soddisfatto, pensando che lassù qualcuno mi voleva bene.
    -Aspetta un attimo. Chiamo mia nonna per dirle che faccio più tardi del previsto.-
    -Ok.-
    Mentre lei chiamava, i suoi occhi mi tennero in ostaggio. Non osai abbassare lo sguardo. Per me, lei, era un sogno ad occhi aperti.
    -Ok. Apposto. Possiamo andare.-
    -Bene.-
    La portai con me per le vie illuminate della città. Sotto le luci festive, i suoi occhi brillavano. Guardai la sua bocca e il desiderio di assaggiarla si fece vivo sulle mie labbra. Cercai di distrarmi dicendo la prima cosa che mi passò per la testa.
    -Sai, Melly. Oggi ho pensato proprio a te.-
    -Ah, si?-
    -Si. Accompagnavi Price all’aeroporto, no?-
    “Stupido! Perché metti di mezzo l’americano ora?”
    -Già.-
    -Quindi è partito?-
    -Già.-
    -Bene.-
    Sorrisi a quel faccino un po’ triste. Camminai ancora per un po’ finché non sentii il vuoto di fianco a me. Mi girai e vidi Melissa ferma, con le labbra tremanti e le lacrime che scendevano limpide.
    -Ehi. Che hai?-
    -Io mi chiedevo se la felicità di un individuo dovesse dipendere necessariamente dall’infelicità di un altro.-
    Sapevo che stava parlando di Price, ma feci finta di non capire. Mi avvicinai e l’abbracciai forte a me. Mi mancava il suo calore e l’odore della sua pelle. Appoggiai il mio mento sulla sua testa e sospirai.
    -A volte capita di essere infelici Melly. La vita è così lunga e non possiamo passarla tutta ad essere felici, non credi? Sai che noia!-
    -Mi piacerebbe non essere il brutto ricordo di nessuno.-
    L’abbracciai ancora più forte. Più si mostrava fragile e più avevo voglia di proteggerla. Chiusi gli occhi godendomi quel momento che mi fu strappato da tanti piccoli fiocchi bianchi.
    -Oh. Guarda Melly. Nevica!-
    Alzò lo sguardo verso il cielo e io faticai a non baciarla.
    -Sai Yuuji, per un po’ il cielo mi era sembrato solo un’insulsa macchia sulla terra mentre, oggi, grazie a te, penso che sia ritornato meraviglioso.-
    -Penso la stessa cosa, Melissa.-
    Presi la sua mano e la portai sotto il giubbotto, dove il mio cuore stava battendo per lei. Ero arrivato al limite.
    -Senti? Questo mi succede quando tu sei davanti a me. Che il cielo mi maledica per il torto che sto per fare a Price, ma ho aspettato fin troppo.-
    La baciai con tutta la passione che avevo tenuto nascosta in quegli ultimi nove mesi. Quando lei ricambiò il mio bacio, la strinsi più forte a me, con la paura che potesse sfuggirmi di nuovo. Le sue labbra erano dolci e il suo profumo inebriava i miei sensi. Mi staccai da lei di malavoglia e le confessai il mio amore.
    -Ti amo, Okiwawa Melissa.-
    -Yuuji…-
    Guardai l’orologio. Non potevo stare ancora con lei, così la accompagnai a casa a passo lento. Durante il tragitto non parlammo quasi per nulla. Le stringevo la mano con la speranza che lei non l’avrebbe mai lasciata. Non avevo bisogno di confessioni o dichiarazioni. Ero sicuro che da quel momento e per sempre, noi saremmo stati una cosa sola.
    -Sei arrivata. Scusa. È davvero troppo tardi.-
    -Non preoccuparti. Va bene così.-
    -Ti chiamo domani. Vado.-
    Mi girai per andarmene, ma lei mi strattonò e mi baciò. Il nostro secondo bacio. Sarei riuscito a tenere il conto dei nostri baci? Mi salutò con un gran sorriso e io ricambiai. Presi il cellulare e mandai una mail ad Alisa.
    “Ehi, topo. GRAZIE!”
    Sorrisi al cielo e corsi verso casa, un po’ impacciato per la neve. Intorno a me, il colore bianco la faceva da padrone. Pensai a tutto quello che era successo. Mi sentivo un dio. Nulla poteva abbattermi. Quanto avevo sofferto negli ultimi mesi? Mi credevo solo nonostante avevo con me un piccolo angelo dagli occhi neri. A diciotto anni, non pensi alle conseguenze. Credi di essere eterno e te ne freghi di quello che ti circonda. Feci lo stesso errore.
    Trr Trr Trr
    Presi il cellulare e non mi accorsi dei fari bianchi che slittavano sulla neve. Non sentii dolore. Sorrisi al cielo che aveva preso le sembianze di Melissa. Di fianco a me, bagnato dalla neve, lo schermo del cellulare mostrava al nulla:
    “12.25.XXXX 03:26 a.m.
    Da: Namamono Alisa
    A: me
    Oggetto: ;)
    Prego e auguri, Yuuji testone!”


    Epilogo
    Okiwawa Melissa


    -Mammaaaaaaa. Junior non mi ridà la Barbie.-
    -Mammaaaaaa. Christabel mi tira i pizzicotti.-
    -Alexander e Christabel, basta o la mamma si arrabbia sul serio.-
    -Scusaaaa.-
    Guardai i miei due angioletti con lo specchietto retrovisore e sorrisi a quelle facce arrabbiate.
    -A casa si mangia il gelato se fate i bravi.-
    -Siiiiiiiiiiiiii.-
    Non feci in tempo ad aprire la porta di casa, che le mie due pesti erano già in cucina con il gelato in mano. Sorrisi e presi due ciotole, una rosa e una blu. Le riempii di gelato, panna montata e glassa al cioccolato.
    -Ecco a voi. Cercate di non sporcare, va bene?-
    -Si, grazie mamma.-
    Erano parole buttate a vento. Sapevo che da li a breve mi sarei ritrovata inginocchiata a pulire il gelato dal tappeto.
    -Melissa, sono a casa.-
    Mi affacciai dalla cucina e vidi Alex in giacca e cravatta, stanco e stressato. Le mie due pesti si lanciarono su di lui.
    -Ben tornato, papà.-
    -Papà, vieni a vedere la tv con noi?-
    -Si, arrivo. Saluto la mamma e sono subito da voi.-
    Lo aspettai con aria maliziosa in cucina. Quando mi raggiunse, mi sorrise e mi baciò con dolcezza.
    -Ben tornato.-
    -Grazie. Ti sembra il caso di far mangiare il gelato ai bambini in pieno inverno?-
    -E che male può fargli?-
    -Sei la solita.-
    Mi abbracciò da dietro e le sue mani scivolarono sulle mie cosce. Sentii il suo desiderio e rabbrividii.
    -Ehi. Vuoi fare un altro figlio? Proprio qui?-
    Guardai verso la sala e lui seguì il mio sguardo. Sospirò e si staccò da me sbuffando.
    -Hai ragione. Allora? Quando parte il tuo aereo?-
    -Tra quattro ore. Ho tutto il tempo di mettere i ragazzi a letto e di preparare il bagaglio.-
    -Lascia, farò tutto da solo. Vai a prepararti.-
    Annuii e feci per salire le scale quando una mano fredda mi strinse delicatamente il polso.
    -Melly, è l’ultima volta, vero?-
    -Si!-
    Gli sorrisi e salii le scale. Entrai in camera da letto, presi la valigia più piccola che avevamo e ci spinsi dentro un paio di vestiti, qualche trousse di make-up e asciugamani. Chiusi il trolley e mi guardai allo specchio. Per quanto mi sforzavo di cambiare, a parte qualche ruga di espressione, davanti a me vedevo la diciottenne fragile che ero un tempo. Prima di richiamare brutti ricordi, mi alzai e feci la doccia. Dopo essermi sistemata, entrai nelle camere dei miei figli, li baciai e scesi le scale verso l’atrio.
    -Bene, Alex. Allora io vado.-
    -Sii prudente Melly. Ti amo.-
    Lo baciai e sfuggii da quella casa per l’ultima volta. Sfrecciai per le strade di Manhattan piene di decorazioni natalizie e festoni su un taxi che odorava di stantio. Qualche ora più tardi ero su un aereo diretto in Giappone. Guardai il cielo che tanto amavo dal finestrino. Era inevitabile ricordare. Dalla morte di Yuuji erano passati vent’anni. Di quel periodo ho un ricordo vago. Le mie lacrime, il viso di Yuuji pallido, il funerale, le lacrime di Alisa, il cielo nuvoloso. Tutto era cambiato, ma la vita correva veloce lo stesso. Dopo essermi diplomata al liceo, passai due anni rinchiusa in casa di mia nonna. Ignorai sia l’aiuto di Alisa che quello di Alex. Quando mia nonna morì, Alisa mi aiutò con la cerimonia e Alex mi ospitò nella sua casa. Grazie a lui, mi iscrissi all’università e ne uscii qualche anno dopo con lode. Dopo di che, sempre grazie ad Alex, entrai nel mondo del lavoro. Fu in quel periodo che ricapitai tra le sue lenzuola e accettai di diventare sua moglie. Restammo in Giappone per altri due anni, poi ci trasferimmo in America per il suo lavoro. Pensavo così di poter dimenticare ma, ovviamente, Yuuji è una scritta indelebile nei miei ricordi. Così ogni anno, all’anniversario della sua morte, mi recavo al cimitero per portargli una rosa rossa. Quell’anno, però, avevo giurato ad Alex che era l’ultima volta che andavo da Yuuji.
    Arrivai a Tokyo stanca e intontita per il fuso orario. Non feci tappa in hotel, presi il treno e ritornai nella città dei miei diciotto anni. Come da copione, presi tre rose dal fioraio e camminai a passo svelto per raggiungere il cimitero. A differenza degli scorsi anni, la neve non aveva ancora ricoperto il Giappone.
    Girai per le lapidi. La prima tappa fu mia nonna.
    “Ciao nonna, come va? Io sto bene come puoi vedere. Mi manchi sai? Soprattutto mi mancano i tuoi onigiri. In America non mi trovo male, ma il Giappone mi manca. Infondo ho passato ventisei anni della mia vita qui. A volte penso di tornare indietro, ma non voglio che i miei figli rinunciano alla loro vita. Ti voglio bene. ”
    La seconda tappa fu mio padre.
    “Ehi, papi. Come butta? A me bene. I tuoi nipotini stanno crescendo velocemente. Junior si sta appassionando al football, mentre Christabel vuole fare la ballerina. Con Alex va tutto bene. Tranquillo, mi ama e mi rispetta. È un bravo marito e padre. Mi manchi papà.”
    Per ultimo lasciai Yuuji.
    “Ciao Yuuji. Hai visto? Quest’anno la neve non ha ancora ricoperto la tua lapide. In america mi trovo bene. I miei figli crescono a vista d’occhio e … sai … Non so che altro dirti. Perché sei morto? PERCHÈ MI HAI LASCIATA DA SOLA?”
    Le lacrime scesero piano verso il mento. Davanti a me, la foto di un Yuuji diciottenne mi faceva l’occhiolino e mi sorrideva come se tutto andasse bene.
    -Zia Melly. Mamma guarda è proprio zia Melly.-
    Asciugai le lacrime e mi girai verso la piccola Kaori. Allargai le braccia e aspettai quel piccolo scriciolo correre verso di me. L’abbracciai e la strinsi forte.
    -Allora, Kaori, come stai?-
    -Bene, zia. Io e mamma siamo venuti a trovare lo zio Yuuji.-
    Ebbi una piccola fitta al cuore. Lasciai Kaori e mi alzai cercando un sorriso convincente, sapendo, però, che lei non ci sarebbe cascata.
    -Ciao, Melly.-
    -Ciao, Alisa.-
    -Kaori, non ti allontanare dalla mamma per favore.-
    -Si, mamma. Rimango qui con lo zio.-
    Guardai Alisa e trattenni le lacrime. Ci sedemmo su una panchina vicino alla tomba di Yuuji, guardando la piccola Kaori che giocava con la sua bambola.
    -I tuoi figli? Come stanno?-
    -Bene, grazie.-
    -E Price?-
    -Anche lui sta bene.-
    -E tu?-
    Scartai lo sguardo della mia migliore amica. Non sarei mai riuscita a mentirgli.
    -Come al solito. E Oki? Come sta?-
    -Bene. Devo occuparmi più di lui che di Kaori.-
    Sorridemmo entrambe senza emettere alcun suono.
    -Quando parti per l’America?-
    -Ho il volo domani pomeriggio. È già tanto che il mio capo sia riuscito a darmi questi due giorni di ferie.-
    -Sai Melly, la vita qui senza di te è un po’ vuota.-
    Le strinsi la mano cercando di sorridere.
    -Melissa, non devi fingere con me. Si vede che stai ancora male per quello che è successo vent’anni fa.-
    -Ho sprecato il mio tempo con lui. Se solo fossi stata più coraggiosa, forse a quest’ora lui potrebbe essere ancora vivo.-
    -Ehi, puoi disdire l’albergo?-
    -Si.-
    -Bene. Allora ti aspetto a casa nostra. Kaori saluta la zia Melly e andiamo.-
    Sorrisi a Kaori e le salutai con la mano finché non scomparvero dalla mia vista. Mi girai e ritornai sulla tomba di Yuuji.
    “Vorrei dirti che non butterò più ancora lacrime per te, ma so che non sarà così. Ho promesso ad Alex che questa è l’ultima volta che ti vengo a trovare. Dice che non fa bene ne a me ne ai nostri figli. Credo che, in realtà, la cosa non fa bene a lui. Mi piacerebbe dirti che sono felice, ma se penso alla mia felicità, penso a te e a quella lontana sera. Mi sento ancora in colpa per la tua morte. Credo ancora che, se avessi aspettato il giorno successivo per vederti, tu saresti qui con noi. Magari non staremmo insieme, ma tu saresti ancora vivo. Caro Yuuji, aspettami. Prima o poi noi due ci rivedremo e guarderemo insieme quel cielo che abbiamo sempre amato.”
    Sono passati molti anni dall’ultima volta che ho visto la tomba di Yuuji. Non sono più tornata in Giappone e, ora, non ho nemmeno le forze necessarie per farlo.
    I miei figli sono cresciuti ed entrambi si sono sposati. Sono diventata nonna di tre bellissimi nipoti, uno da Alexander Jr e due da Christabel. Ora passo le giornate al parco tenendo la mano di mio marito mentre guardo il cielo azzurro con la consapevolezza che, lassù, Yuuji sta aspettando il mio arrivo.


    Epilogo
    Kuroshi Yuuji


    È difficile capire dove mi trovo. Non so se sono passati pochi giorni o parecchi anni. A volte sento le lacrime di Alisa e altre le urla di Melissa. Dentro di me porto tanta tristezza. Sono consapevole che la mia vita è finita, ma non riesco ad accettarlo. Ho lasciato sola la persona che amo per la seconda volta, ma ora non posso rimediare. Melissa viene raramente a trovarmi, mentre Alisa mi raggiunge quasi ogni giorno. Grazie a lei ho scoperto che Melly è diventata un’assistente sociale e che vive in America. Ha sposato Price e ammetto che la cosa non mi piace, ma spero che lui possa farla felice. Da lui, ha avuto due bellissimi bambini. Sono arrabbiato perché avrei voluto essere io il padre dei suoi figli. Anche Alisa si è sposata con Oki e ha una bambina che mi chiama zio. Kaori viene spesso a trovarmi. Mi racconta della scuola, degli amici e del bambino che le piace. Io sorrido, ma so che non può vedermi. Infondo io ora sono il nulla.
    Invidio tutti voi che siete vivi. Potete amare, arrabbiarvi, odiare. Potete rincorrere i vostri sogni e realizzarli. Io, invece, rimango chiuso qui con la speranza che qualcuno si ricordi di me perché, altrimenti, ho paura che potrei scomparire per sempre.
    Sono consapevole che non potrò stare in questo posto per sempre, ma so che un giorno lei verrà da me e, insieme, guarderemo ancora l’azzurro del cielo che abbiamo sempre amato.


    FINE



    Bene! Se qualcuno è riuscito ad arrivare fino a qui, grazie per la pazienza e la fiducia! Spero che questo piccolo sfogo letterario ti sia piaciuto o, almeno, non ti abbia fatto proprio schifo :damo20100810.gif:
    Per me, cmq, è stato divertente ^^
    Emmy :damo20100874.gif:
     
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  2. Kuroneko
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    :damo20100806.gif: sonno commossa!!! mi piace com'è scritto e anche la storia!
    Ammetto di aver sperato che finisse bene, ma devo dire che mi è piaciuta moltissimo a prescindere! :damo20100820.gif:
     
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  3. OnlyDreams
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    Grazie ^^ "Purtroppo" sono una fan accanita delle storie che finiscono male, un po' da lacrimuccia insomma ^^
     
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  4. Kuroneko
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    XD tranquilla! quando scrivo anch'io avevo la tendenza a far finire male le storie..poi tra le lamentele delle mie amiche e la tristezza che provavo nel rileggere quello che scrivevo ho cambiato rotta, ma ti capisco!
     
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3 replies since 2/5/2013, 23:52   77 views
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