The boy saw the comet and he felt as though his life had meaning. And when it went away, he waited his entire life for it to come back to him.
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Nero.
Sono stesa su un freddo pavimento – quel pavimento – con gli occhi serrati, il cuore che mi martella incessantemente nel petto. Non voglio aprirli, so già cosa mi aspetta: un buio senza fine, denso e opprimente quanto vuoto. So anche che, però, prima o poi dovrò farlo. Cerco di alzarmi a sedere, le mani tremanti, e prendo un respiro profondo per infondermi coraggio. Adesso i miei occhi sono spalancati e quel buio familiare non cessa di essere terrificante come la prima volta in cui l'ho visto, la prima volta in cui l'ho avuto incollato addosso, come una seconda pelle impossibile da rimuovere. Stringo forte le gambe con le braccia al petto e aspetto. È inutile gridare. Non servirà. Pregare, forse. Il punto è che non c'è mai nessuno che venga a salvarmi. Non c'è nessuno, in questo niente, a parte me.
Ormai mi sono abituata a finire in questo luogo – o dovrei dire non luogo – e sicuramente questa non sarà l'ultima volta. Non ricordo bene come ci sia arrivata al principio, all'epoca ero molto piccola... Avevo 8 o 9 anni, era successo qualcosa di brutto a casa ed io stavo piangendo, inconsolabile, in un angolo della mia cameretta. Mi ci aveva portato qualcuno? Per anni l'avevo pensato, ma ad oggi sarebbe impossibile. «Shh, non si piange, lo sai. Bisogna essere forti, nella vita. Devi esserlo, già ora. Quello che ci accade è la nostra croce, una croce che dobbiamo portare fino alla fine. Niente ci viene dato che non possiamo affrontare. Sii brava, non piangere. NON PIANGERE, TI HO DETTO!» Forse erano state proprio quelle lacrime a condurmi qui? Eppure è da così tanto tempo che ho rinunciato a simili esternazioni, ma non ho smesso di svegliarmi su questo pavimento gelido... Non piango, lo giuro, non più.
Il tempo passa, lo sento, anche se non capisco mai di preciso quanto resti chiusa qui. Non ci sono oggetti che possa toccare, suoni che riesca a percepire. Non c'è una luce da seguire. L'uscita? Uno svenimento, improvviso e totale. Però non si può decidere – non vorresti nemmeno, tra l'altro – quando altre tenebre ti condurranno via da te... Devi solo aspettare.
Alzarmi in piedi e camminare mi è impossibile, la paura mi schiaccia a terra. Una volta, animata da quello che penso fosse un raptus di follia causato da un'attesa che mi era sembrata durare una vita, avevo cominciato a strisciare disperata, alla ricerca di qualcosa che non fosse solo la dura pietra del pavimento. Fu così che, ad un certo punto, toccai quello che a tutti gli effetti era un muro: il non luogo era una stanza, dunque? Prima di poterlo scoprire, ovviamente, svenni. Quella fu l'unica occasione in cui decisi di muovermi. Per fare qualcosa che ci terrorizza, come spostarsi nel nero più totale, ci vuole coraggio. Ma io...
Io non sono niente. O almeno, niente di speciale. Nessuno di cui valga la pena avere considerazione. Provare un briciolo d'amore. Una bambina, una ragazza, una donna. Una figlia. Voluta? Non voluta? Un'amica, una compagna, un'amante. Un'alleata. Una nemica. Nemica per chi, però, se non per me stessa? Per me stessa...
In un attimo, tutto mi è chiaro. Questo luogo, questo buio che mi divora... So cosa sono. «Alzati, abbi coraggio... Fidati di me!» sussurro improvvisamente a me stessa. Respiro affannosamente, piena di timore ma anche di una nuova forza mai avuta prima. Mi metto in ginocchio lentamente, le mani a terra che una dopo l'altra si staccano, per darmi la spinta a tirarmi su, ritta in piedi. Ho gli occhi chiusi. Giro su me stessa, allargando le braccia, come in una danza. E poi, in un soffio, le mie palpebre si alzano. Ed io vedo.
Eccolo lì. Un raggio luminoso scende sino a quello che credo essere il centro della stanza, quasi provenisse da una finestra posta in alto. Mi avvicino, finalmente padrona di me stessa, lasciando che quella luce si posi sul mio viso. È così calda... Sorrido. Non ho più paura, perché adesso lo so, non devo più aspettare per uscire. Questa luce... È la mia. Sono io, quando spero. Quando credo. Questa stanza... È dentro di me. Abbasso di nuovo le palpebre, fiduciosa. «Ci vediamo fuori.»
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