[Bleach] Diamante

IchiIshi - Rosso - Lemon, Yaoi, OneShot

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  1. Ishirane
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    Titolo : Calore Freddo
    Fandom : Bleach
    Pair : Ichigo Kurosaki x Uryuu Ishida
    Rating : Rosso
    Avvertimenti : Lemon, Yaoi, OneShot
    Riassunto : La prima volta che Ichigo Kurosaki si presentò davanti a Uryuu Ishida, quest’ultimo pensò che non avesse spina dorsale.
    No, non in senso metaforico, proprio in senso letterale.
    Note: Scritta per la Big Damn Table di Fanfic Italia su Livejournal. Io e una mia amica ci siamo divisi cinquanta prompt tutti da dedicare a Ichigo Kurosaki accoppiato a ogni maschio che respiri *O*

    SPOILER (click to view)
    La prima volta che Ichigo Kurosaki si presentò davanti a Uryuu Ishida, quest’ultimo pensò che non avesse spina dorsale.
    No, non in senso metaforico, proprio in senso letterale.
    Mani nelle tasche dei jeans, schiena incurvata, ginocchia leggermente piegate, testa rivolta al pavimento. L’aveva alzata giusto per guardarlo qualche secondo negli occhi poi aveva distolto lo sguardo.
    Uryuu Ishida non lo capiva, quel ragazzo.
    Per quanto si sforzasse tutto di lui gli rimaneva pressoché oscuro.
    Per prima cosa il suo modo di fare completamente fuori da ogni schema logico. Logica, che parola dal significato oscuro…Quando si parlava di Ichigo la razionalità andava cordialmente a farsi benedire ogni santissima volta.
    Perché quel ragazzo era tutto tranne che ragionevole.
    Si buttava a capofitto in tutto quello che faceva senza nemmeno pensarci, il più delle volte a casaccio e per Uryuu, così metodico, era pressoché inconcepibile.
    Con i soliti giri di parole inutili, gli aveva chiesto di parlare.
    Ishida lo fissò, perplesso.
    Da quando erano tornati dalla Soul Society, Ichigo era strano.
    Non che di solito si comportasse in maniera inappuntabile, per carità, ma l’arciere ammise a malincuore che lo era molto più del solito. A malincuore perché nell’ultimo periodo si era trovato a fissare sempre troppo spesso quello shinigami dai capelli a istrice. Sempre più spesso si chiedeva cosa passasse in quella testa fosforescente, che pensieri la attraversassero.
    Era pura curiosità, si giustificava ogni volta con se stesso.
    Eppure sentiva che era più di mero interesse disinteressato.
    Ma aveva preferito non farsi troppe domande. Perché non avrebbero avuto risposta e Uryuu Ishida odiava non avere risposta a una domanda.
    Così, quella volta, lo aveva seguito, spinto ancora da quella stupida curiosità che lo premeva a volere sapere cosa passasse in quella testa da renderlo tanto insicuro.
    Perché non l’aveva mai visto così insicuro da quando lo conosceva.
    Si era praticamente dato in pasto a tredici compagnie per salvare Kuchiki, pur non avendo palesemente l’esperienza per poter permettersi di farlo, senza mostrare un attimo di smarrimento.
    Eppure adesso doveva dirgli qualcosa che lo stava mettendo parecchio in difficoltà.
    E per quanto il ragazzo non fosse naturalmente curioso, anzi, le cose tendevano a scorrergli addosso come se tutto quello che si succedeva attorno non lo toccasse minimamente, tutto ciò che riguardava Ichigo risvegliava il lui una sorta di zoccolo duro e persistente che lo spingeva a scoprire, indagare, chiedere.
    Si stupiva persino di se stesso.
    Quindi seguì il sostituto shinigami per tre rampe di scale per arrivare al tetto.
    La sua espressione doveva essere abbastanza criptica, ne era consapevole, ma non sapeva cosa fare. Vedere Kurosaki che si mordicchiava un labbro dal nervosismo aveva pressoché dell’incredibile.
    E poi sputò fuori quelle parole.
    E Uryuu si sentì letteralmente gelare.
    E poi andare a fuoco, un pezzo di pelle dietro l’altro, un muscolo per volta.
    Sì sentiva ardere ed era pressoché certo di essere arrossito violentemente.
    Si aspettava di tutto, da Kurosaki. Dalla cosa stupida al solito colpo di testa del ragazzo. Non se ne sarebbe certo stupido. Ma quelle sole due parole l’aveva completamente preso di sorpresa.
    E non perché gli dessero fastidio, ma perché non sapeva cosa rispondere.
    Un’altra cosa che l’arciere odiava era non saper rispondere alla domande altrui.
    Non era nemmeno una domanda.
    Mi piaci.
    Ma come diavolo era venuto in mente a Ichigo una cosa del genere? Non credeva fosse in grado di vedere più in là del suo naso!
    Certo, l’aveva stupito, ma non capiva ancora se in positivo o in negativo.

    Cinquantatre giorni dopo, Uryuu ancora si chiedeva cosa passasse per la testa di Ichigo e, esattamente come un mese e mezzo prima, non sapeva darsi risposta.
    Però capiva un po’ meglio certi atteggiamenti nascosti dietro quella perenne maschera che portava in viso.
    Il non volere che qualcuno morisse per una sua mancanza, il non volere perdere di nuovo qualcuno che amava.
    In quel poco di tempo che avevano passato insieme, aveva capito poco di lui, lo ammetteva. Ma aveva compreso una cosa di sé stesso. Ci teneva a lui. Molto più di quanto lui stesso riuscisse ad ammettere.
    E per quanto continuasse a ritenerlo un inutile testa calda che seguiva solo quella parodia di istinto che aveva, cercando di spacciarlo per istinto vero e proprio, di lui si fidava.
    Perché Ichigo era una persona buona. Nel senso più classico del termine.
    Era impulsivo, testardo, non sapeva mai cosa stesse facendo, però aveva degli ideali che seguiva sempre, aveva una sorta di “istinto” interno che lo spingeva a comportarsi sempre nel modo giusto.
    Se non fosse stato così sentimentalmente compromesso avrebbe azzardato uno “schifosamente giusto”. Perché poteva essere tagliuzzato in dieci modi diversi e da dieci persone diverse (Una più forte dell’altra) ma lui non si sarebbe mai arreso.
    Ed era un comportamento che gli invidiava profondamente.
    Perché Uryuu Ishida aveva sempre pensato a se stesso, prima che agli altri.
    Un comportamento profondamente egoista, il suo, ma era anche il modo di comportarsi di chi era stato ferito una volta e non voleva che succedesse mai più.
    Si fidava talmente tanto che, quel cinquantaquattresimo giorno, accettò, senza nemmeno farsi una domanda, di andare a casa sua, anche se aveva qualche dubbio.
    Non che il ragazzo potesse saltargli addosso all’improvviso, per carità.
    Ichigo non faceva quel genere di cose. Ichigo era un ragazzo profondamente giusto. Non avrebbe mai obbligato nessuno a fare qualcosa contro la sua volontà.
    Lo trattava sempre con i guanti, Ichigo.
    Come se fosse stato qualcosa, o qualcuno, di terribilmente prezioso. I suoi baci erano sempre leggeri e delicati, le sue mani lo carezzavano come se lo volessero far risplendere.
    Come un diamante.
    Certe volte si domandava se si comportasse così per paura o davvero perché lo riteneva così terribilmente raro da non volere che si rovinasse.
    Non era mai andato più in là di così e questo dava fastidio a Ishida. E non capiva perché.
    E questa era una cosa che lui odiava.
    Voleva di più? Non voleva proprio?
    Uryuu non capiva, sapeva solo che così non poteva continuare. Perché c’era quel grumo fastidioso e bollente che si agitava sempre dalle parti del basso ventre ogni volta che Ichigo lo sfiorava.
    Aveva ammesso già da un bel po’ che teneva al suo compagno di classe.
    Ma desiderarlo?
    Tutto un altro paio di maniche.
    Quindi, quando lui lo portò nella sua camera borbottando qualcosa sul fatto che la sua famiglia non ci sarebbe stata per tutta la giornata, l’arciere continuava a domandarsi cosa sarebbe successo.
    Perché Ichigo non fa mai quello che ti aspetti che faccia.
    E’ praticamente matematico. Uryuu non sapeva nemmeno più quante erano state le volte che l’aveva stupito comportandosi in un modo che non aveva previsto. Come quando gli aveva fatto trovare un pacchetto sotto il banco il giorno del suo compleanno, qualche giorno prima.
    Non ricordava nemmeno quando gli aveva detto la data del suo compleanno!
    Ormai aveva capito che Kurosaki era imprevedibile proprio perché spesso non pensava a quello che stava facendo.
    Lo invitò a sedersi sul letto mentre lui rimaneva in piedi, bloccato, di nuovo insicuro. E Ishida, di nuovo, non capì per quale oscuro motivo. Sembrava volergli dire qualcosa, ma non spiccicava parola.
    “ Se vuoi, puoi baciarmi” Il suo tono era calmo, fermo, tranquillo. Come sempre.
    E Ichigo, stavolta, scoppiò.
    “ Non so più cosa fare, con te! Stai con me, ma sei sempre così gelido, così maledettamente distaccato che non capisco perché tu abbia accettato! Sei bellissimo e freddo come un diamante, perfetto, e io non so fare altro che ammirare la tua bellezza. Sembra che non ti tocchi mai niente, anche quando ti bacio, anche quando ti accarezzo, sembri così dannatamente lontano!
    La sua espressione non cambiò più di tanto, solo arrossì leggermente.
    Ma dentro era profondamente sconvolto.
    Davvero fuori era così freddo? Davvero fuori non si vedeva quanto Ichigo lo mandasse a fuoco?
    Ricordava di aver letto da qualche parte che i diamanti erano ritenuti frammenti di stelle.
    Stelle, brillanti di luce fredda da lontano e brucianti di un calore spaventoso se solo si guardasse più da vicino.
    Magari non riusciva a dimostrarlo all’altro ma Uryuu era davvero assuefatto a questa sensazione di calore, tanto che, se il ragazzo l’avesse lasciato, sapeva che sarebbe stato inghiottito dal freddo che l’avrebbe di sicuro invaso.
    Non sapeva cosa dire, Ishida. Non sapeva nemmeno cosa pensare, come esprimere quello che sentiva.
    Non era mai stato bravo a esprimere i suoi sentimenti.
    E quindi decise, per una volta, di non ragionare, di provare a fare come Ichigo, che si lanciava a peso morto e lasciava che la corrente lo trasportasse. Si alzo e con lentezza ma decisione si avvicinò al ragazzo.
    Aspettò di riuscire a fissarlo negli occhi prima di pronunciare, con chiarezza, quelle poche parole che sperava bastassero a rassicurarlo.
    “Sono qui perché tengo a te”
    Sapeva che non era molto ma non riusciva a dire di più. Una specie di enorme bolla di calore gli bloccava la gola e gli impediva di pronunciare altre parole mentre una vampata gli percorreva il collo e il viso come una scossa elettrica.
    Poi poggiò le labbra sulle sue, in modo leggero e un po’ titubante.
    Aveva l’impressione che alla fine avrebbe comunque dovuto spiegargli qualcosa che non avrebbe capito, ma in quel momento lasciò semplicemente che le onde lo portassero via, mentre quella sensazione di calore che gli trasmettevano le labbra di Ichigo si spostava fino al petto.
    Era anche la prima volta che si faceva avanti lui, pensò Uryuu leggermente stupito.
    E forse fu proprio questo a calmare il suo compagno, che lo prese tra le braccia e lo strinse leggermente.
    Fu un bacio casto ma caldo, quel calore che ti avvolge, lasciandoti però una sensazione di fresco dentro, un qualcosa di piacevole come quando mangi un cucchiaio di granita in un giorno afoso.
    Si staccarono dopo pochi secondi, l’arciere con la fronte poggiata sulle labbra dell’altro e le mani sulle sue spalle. Sentiva le mani di Ichigo sulla sua vita, brucianti. Era quasi certo che i suoi polpastrelli disegnassero l’Orsa Maggiore sul suo fianco destro, ma ormai l’unica cosa che il suo cervello percepiva era il calore e il resto, i pensieri, i dubbi, stava andando un po’ alla deriva.
    Rimasero lì per qualche minuto, poi sentì la mano di Ichigo intrecciarsi alla sua e spingerlo verso il letto alle sue spalle. In modo gentile, ovviamente, per dargli la possibilità di tirarsi indietro.
    Se fosse stato il tipo, Uryuu si sarebbe messo a ridere.
    Persino in una situazione del genere, Ichigo pensava ancora a dargli la possibilità di scappare.
    Decisamente, stupidamente buono.
    Ma si lasciò condurre senza opporre resistenza al letto, non sapendo nemmeno lui cosa sarebbe successo.
    Non si erano mai spinti così in là e Ichigo non era certo più esperto di lui, in certi campi.
    Smise di pensare quando avvertì le labbra del ragazzo sul proprio collo, un altro bacio casto, e decise che era il caso di scollegare il cervello.
    Non era certo una buona idea pensarci quando “sarebbe stato il momento” ma in quell’istante l’unica cosa che voleva era godersi quel calore che lo avvolgeva e cominciava a infiltrarsi in tutti i pori della sua pelle.
    Per una volta Uryuu Ishida avrebbe lasciato che non fosse la sua mente a decidere per lui.
    Decisamente Ichigo Kurosaki in un mese appena era riuscito a cambiarlo in una maniera che non credeva possibile.
    Il ragazzo dai capelli arancione si sedette con lui sul letto, portando le mani dalla sua vita al suo viso, circondandolo con i palmi. Fronte contro fronte, lo sguardo basso a fissargli le labbra.
    L’arciere stava per decidersi a baciarlo, visto che lui non si decideva, quando un soffio uscì dalle labbra dischiuse dello shinigami. Aprì e chiuse la bocca un paio di volte e a Uryuu, ricordò, stupidamente, un pesce rosso. Faceva pure pendant con i capelli…
    Il silenzio si protraeva e Ishida stava cominciando a innervosirsi. Perché non parlava? Cominciava seriamente a temere che dovesse dirgli chissà cosa di chissà quale importanza…
    “Posso…Posso spogliarti?”
    …oppure il solito colpo di testa di…
    Quando recepì il messaggio contenuto in quelle due semplici parole (Il due lo stava rovinando...) i suoi pensieri si incepparono, si bloccarono, come se il primo di una fila di persone inchiodasse e gli altri lo tamponassero a catena. Poi si dissolsero mentre il suo viso cambiava colore.
    Era sicurissimo di aver completamente cambiato tonalità, altrimenti non si spiegava il fuoco che aveva cominciato a bruciargli nelle vene.
    I secondi, o forse erano minuti, di silenzio si protrassero, come dilatati nel tempo e Ichigo iniziò, lentamente, a ritirarsi, come se quel silenzio fosse un “No” impenetrabile quanto un muro di cemento.
    Fu fulmineo, Ishida. Prese i polsi del ragazzo e li trattenne, proprio come se non volesse lasciarlo andare. Ichigo trattenne il fiato, non solo per quelle mani strette intorno ai suoi polsi, che mandavano leggere scariche lungo tutto il braccio, ma anche perché Uryuu si era fatto avanti, aveva impedito che se ne andasse. Era una cosa stupida essere così contenti per un gesto così piccolo, ma non poteva farci niente. Ed Ishida se ne accorse. Non che ci volesse un genio, Ichigo era trasparente quanto un vetro. Era Uryuu quello complicato, non certo lo shinigami.
    A seconda dal punto di vista da cui lo guardavi, l’arciera cambiava.
    In modo sottile, quasi impercettibile, ma cambiava.
    Come un diamante perfettamente tagliato. Con mille sfaccettature, mille tagli che sembrano tutti uguali ma che hanno sempre leggere differenze. Eppure, da qualunque faccia lo guardassi, quel diamante al suo interno era sempre purissimo, senza niente a contaminarlo.
    Poi, con lentezza e non poca titubanza, portò quelle mani alla sua camicia, davanti alla fila di piccoli bottoni bianchi. Ichigo non si fece certo pregare e, con calma, li slacciò uno dopo l’altro.
    L’aveva capito, che certe cose Ishida non le aveva fatte con nessuno.
    Per quanto potesse essere inesperto, aveva compreso che con lui ci voleva la calma. Non perché potesse spaventarsi, quello no.
    Perché lui voleva assaporare con lentezza ogni sensazione esplosiva che lui gli procurava, portandolo al livello dell’adorazione. Avrebbe speso interi anni della sua esistenza solo passando le mani su quella pelle liscia, facendo scorrere i palmi e i polpastrelli su quell’epidermide così bianca e perfetta. Come se volesse levigarlo, come se volesse lucidare la sua bellezza con le proprie mani.
    Il profumo delicato che avvertì appena scostò i lembi della camicia fu un miscuglio di sapone e aria fresca, quell’odore che lo caratterizzava da sempre.
    Ishida, a occhi chiusi, lasciava che la sensazione delle mani dell’altro lo portassero in alto, sempre più su. Le sentiva accarezzarlo con lentezza, seguendo ogni linea. Il profilo di quel muscolo, la durezza di quell’osso che sporgeva un pochino più dell’altro.
    Voleva conoscere tutto di lui, Ichigo, anche il suo corpo, ogni minimo segno che deturpava quella bellezza candida.
    Una piccola cicatrice sul fianco destro.
    Un neo sotto l’ultima costola.
    Il segno dei Quincy, che svettava proprio accanto al suo cuore.
    Lo toccava come se non esistesse un domani, come se memorizzare tutto quello che riguardava il ragazzo che gli piaceva fosse questione di vita o di morte. E forse, in parte, era anche così.
    Aizen se n’era andato con l’Hogyoku e, prima o poi, avrebbe fatto la sua mossa.
    Quel periodo sospeso, quei giorni passati a pensare “E adesso?” lo stavano logorando, facendolo sprofondare nella consapevolezza che, in qualunque modo la battaglia si potesse concludere, ci sarebbero state vittime.
    Il tempo era ciò che gli mancava, in quella guerra.
    Il tempo di salutare i suoi amici, la sua famiglia. Il tempo di divertirsi, di arrivare a ventun’anni e dire “Sono maggiorenne”, il tempo di stare un po’ con quel ragazzo sempre troppo freddo e rigido ma che sapeva accendergli dentro un fuoco che non si spegneva mai abbastanza presto.
    Ecco il motivo di quello che stava facendo. Si ritagliava a forza del tempo per imparare tutto di Ishida.
    Il ragazzo che gli piaceva.
    Non sapeva, non credeva, fosse amore. Sapeva solo una cosa. Il pensiero di andarsene senza avergli fatto capire quanto ci teneva, quanto lo scaldava a dispetto di quanto lui sembrasse freddo come un diamante, lo facevano stare male. Un senso di oppressione al petto che stringeva proprio lì, tra la gola e lo stomaco, e non lo faceva dormire la notte, lasciandolo a rigirarsi sotto le coperte.
    Le mani scorreva con indolenza su quel corpo levigato, sulle braccia sottili ma forti, premendo a ogni passaggio le mani, come se lo stesse levigando, come se lo stesse lucidando.
    Una bellezza pura, la sua. Proprio come un diamante, andava mantenuta.
    Lo spogliò anche dei pantaloni e vide il suo viso tingersi leggermente di rosso.
    Si allungò su di lui senza toccarlo se non con le mani, e, mentre passava i palmi sulle cosce, lo baciò.
    Un bacio lungo e umido, stavolta, un incontro di lingue, prima esitanti poi sempre più sicure.
    Voleva scaldarlo, voleva che brillasse. Voleva, un po’ egocentricamente, che il suo calore lo temprasse e lo rendesse ancora più bello, solo per lui.
    Sentì il suo respiro accelerare e sapere che era merito suo lo infiammò.
    Il sangue prese a scorrergli molto più velocemente nelle vene, il cuore a martellargli nel petto e si accorse, fermandosi di botto, di essersi terribilmente eccitato. Un diffuso rossore imporporò anche le sue guance, mentre un leggero senso di colpa mischiato a vergogna lo pervadeva.
    Voleva solo omaggiare la bellezza di Uryuu con le sue mani, voleva che avvertisse quanto lo riscaldasse, voleva che fosse una cosa solo e soltanto per lui.
    Respirava lentamente cercando di calmarsi, ma vedere Ishida in tale stato di grazia lo eccitava all’inverosimile e il sangue continuava a correre verso il basso, facendolo inturgidire ancora di più.
    L’arciere sembrò accorgersi che c’era qualcosa che non andava perché aprì gli occhi, domandandosi se aveva fatto qualcosa che non andava.
    Vedere quegli occhi scuri appannati per quello che gli aveva fatto fu un ulteriore pugno al plesso solare, per Ichigo, che si morse le labbra per trattenere un gemito.
    Ma il problema a quanto pare era evidente per Uryuu che, mordendosi il labbro un po’ titubante, allungò una mano ai pantaloni di Ichigo. Slacciò nervoso il bottone e abbassò la zip, sentendo sotto le dita il duro gonfiore che riempiva i boxer.
    Lo shinigami non si trattenne, quando vide le mani candide del ragazzo così vicine al suo sesso; gemette senza remore artigliando il lenzuolo del letto.
    Una bolla di calore si espanse nel petto di Ishida, a quel gemito, a quella vista, correndo giù, sempre più giù, finchè non si stabilizzò all’altezza del suo inguine. Quando scavalcò il bordo dei boxer sfiorando la punta umida, Ichigo chiuse gli occhi e buttò la testa all’indietro, sopraffatto dal piacere che provava per un gesto così lieve.
    Uryuu sentì quella bolla rompersi, spandendo fuoco liquido nelle sue vene e nel suo membro, che si inturgidì nei suoi pantaloni. Anche l’arciere gemette, anche se in modo molto più leggero e contenuto.
    Ichigo si sdraiò accanto al ragazzo, prendendo a baciarlo sul collo e portando la sua mano ai pantaloni dell’altro. Voleva che anche lui provasse ciò che quella mano faceva provare a lui.
    Li slacciò con foga quasi febbrile, trascinato ormai da quella cosa che i più chiamano “voglia”. Ichigo non l’aveva mai provata, ma era fantastico fare quelle cose con Uryuu, in un letto, in una casa vuota. Mandava la sua sanità mentale a puttane, letteralmente.
    Presto le mani dei due cominciarono a muoversi in sincronia, ognuno teso a percepire i sussulti dell’uno o dell’altro a una mossa particolarmente azzardata.
    Su e giù, giù e su, come se conoscessero istintivamente i punti deboli del corpo dell’altro, come se i loro corpi si riconoscessero tra di loro, “Ecco, è lui”.
    Il ritmo aumentò, i gemiti anche, e Ichigo si slanciò verso le labbra dell’altro, come se starci lontano fosse doloroso. Lo baciò, leccò le labbra, le succhiò, e con la lingua ingaggiò una battaglia senza ne vinti ne vincitori, mentre le mani continuavano a muoversi con forza sui loro sessi.
    Poi Ishida fece una cosa che mandò Ichigo dritto dritto al capolinea.
    Si strinse a lui agganciando una gamba al suo fianco, spingendo il proprio membro con il suo.
    La scossa elettrica che percorse tutta la sua colonna vertebrale lo fece venire con un gemito più forte degli altri contro lo stomaco del suo compagno, che venne dopo aver avvertito quel liquido caldo macchiargli il ventre.
    Rimasero lì, abbracciati, i respiri corti e gli occhi chiusi, per un tempo che parve interminabile.
    Poi Ishida, la mente logica e razionale dei due, anche se in quel momento non era esattamente ne l’una ne l’altra cosa, si alzò a sedere, guardandosi intorno in cerca di qualcosa con cui pulire quel macello.
    I suoi sarebbero tornati, prima o poi, e non intendeva farsi trovare conciato in quel modo.
    Arrossì vistosamente quando i pensieri tornarono su quello che era appena successo; Ichigo era, come al solito, inutile. A pancia in su con un braccio sugli occhi, sembrava prossimo a morire. E figuriamoci se si preoccupava di pulirsi, lui.
    Dopo aver trovato un pacchetto di fazzoletti di carta in un cassetto della scrivania, si rese almeno presentabile prima di tornare da Ichigo. Una doccia sarebbe stata decisamente meglio, ma si sentiva davvero spossato anche solo per pensare di farla, figuriamoci per farla davvero.
    Cercando di non imbarazzarsi (Ma si imbarazzava per quello e non per ciò che era successo prima che, a ben vedere, era anche peggio? Si diede dell’idiota da solo.) sistemò anche il compagno, per poi sdraiarsi di nuovo al suo fianco, la schiena contro il muro e la testa sotto il suo collo.
    Fu praticamente naturale, per Ichigo, stringerselo contro e affondare la testa tra i suoi capelli profumati.
    Ringraziò il cielo che Ishida non avesse detto niente, non aveva voglia di discutere.
    Si sentiva piacevolmente appagato e non voleva che quella sensazione se ne andasse tanto presto.
    Gli diede un bacio in fronte, Ichigo, un bacio tenero e veloce, dicendo “Grazie”.
    Uryuu era davvero la cosa più preziosa che avesse, come un diamante.
    Anzi, forse più di un diamante.
     
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  2. raffapucca
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    Brava, complimenti!!! :clap: :clap: :clap:
     
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1 replies since 7/10/2009, 23:10   111 views
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