Il Pianista e lo Scrittore - Originale, Yaoi -

Fiction tra un pianista senza voce e uno scrittore.

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. reiko88
        Top   Dislike
     
    .

    User deleted


    Il Pianista e lo Scrittore





    *Prologo*

    Sono uno scrittore, uno di quelli falliti, uno di quegli scrittori che pubblicano un solo libro che riscuote un sacco di vendite ma che poi non si sente più nominare; sono uno scrittore e come tale abbastanza trasandato.
    Ho un bel viso ma non lo curo, ho un bel corpo ma non lo tengo allenato inoltre la mia persiana è sempre mezza abbassata. Il mio salone è grande ma ho una scrivania piccola, un pc che si impalla ogni due minuti e un hard disk che mi sta chiaramente dicendo “ addio”.
    Vivo di notte e dormo di giorno, per essere preciso la mia giornata comincia con il caffè: questo fa si che la mia colazione avvenga alle quattro del pomeriggio, la mia cena e il pranzo sono abitualmente composti di cibi precotti.
    Essere single ed essere uno scrittore non fa molta differenza.
    La mia “carriera” in ascesa iniziò ad undici anni quando feci sul diario di un amico la mia prima dedica storpiando una poesia che avevo letto tempo addietro che faceva all’incirca così:

    Smetterò d’essere tuo amico quando un poeta cieco e sordo riuscirà a dipingere il rumore di un petalo caduto sul pavimento di cristallo di un castello che non esisterà mai” .

    Il mio verso invece recitava:

    Smetterò d’essere tuo amico quando un pittore cieco e sordo riuscirà a sentire il tonfo del suo sterco e vedere se ha centrato il wc

    Leggendola il mio amico affermò che dovevo fare il poeta e io seguii il suo consiglio.
    La verità è che volevo dormire fino a tardi anche se naturalmente nelle interviste dichiarai sempre il falso, dicendo qualche semplice pensiero e mutandolo in uno profondo.
    Scrissi e scrissi, partecipai a molti concorsi ma mai nessuno mi notò, o meglio, tutti volevano pubblicarmi ma le stesse persone volevano soldi e quest’ultimi, io potevo solo sognarmeli.
    Riflettei allora di andare a vendere un rene per poter pubblicare qualcosa di mio, però mentre cercavo su internet qualche possibile acquirente il mio telefono squillò.
    Pensavo avessero sbagliato.
    Conobbi invece il mio editore, mi fece molte domande a cui risposi a monosillabi e che mi fissò un appuntamento. Rimasi senza parole. Quando riattaccai, pensai tra me e me: “ Quest’uomo deve essere sicuramente cieco” perché quella era a mio parere l’unica spiegazione logica.
    Per mia sorpresa non fu così. Ci vedeva, ci vedeva benissimo e si assunse il rischio di pubblicare uno dei miei tanti lavori.
    Oltre al manoscritto che avevo spedito me ne chiese altri per valutarmi al meglio e alla fine scelse il racconto che a me piaceva meno.
    Da quel giorno la mia vita cambiò e potei finalmente dormire fino a tardi e scrivere di notte.
    Anche i soldi arrivarono, ma quelli, si sa, non sono mai abbastanza, la maggior parte li dovetti ridare a tutti quelli a cui avevo chiesto dei prestiti.
    Ora ho una bella casa lo ammetto ma le mie camere sono impolverate, non pulisco la mia scrivania figuriamoci le stanze! Tra l’altro ho molte cose che le persone potrebbero definire come “completamente inutili”dai soprammobili più strani agli oggetti senza senso. Ah si, naturalmente ho una libreria, una libreria gigantesca, ma purtroppo ho imparato bene a tenermi lontano dai libri perché ne sarei sicuramente influenzato e non voglio rischiare una denuncia per plagio quindi preferisco leggere e rileggere solo quelli che mi sono piaciuti di più.
    Quando fallirò completamente avrò sicuramente una montagna di libri da leggere, ma per ora il mio editore ha detto che devo sfornare entro sei mesi un altro libro degno del primo e che deve riguardare assolutamente qualcosa che vada di “moda” in questo periodo.
    Potrei tentare con storie di vampiri, racconti banali d’amore e altre stronzate del genere ma per il mio secondo romanzo anche se sono sicuro che il mio editore non gradirà ho deciso di scrivere una storia omosessuale, anche se sono convinto al cento per cento che in fase di pubblicazione uno dei due “lui” diventerà magicamente una “lei”.

    Che altro raccontare di me ?

    Ho i capelli scuri, raccolti in una coda. Li tengo lunghi perché non ho voglia di tagliarli ma li lego così perché allo stesso tempo mi danno fastidio.
    I miei occhi di un colore scuro che tende al blu sono affilati poiché il tempo e le esperienze mi hanno donato un’espressione sicura. Porto sempre gli occhiali, scrivere non giova certamente alla vista ma mi consolo con la bella montatura pagata un occhio della testa.
    E’ una montatura squadrata, piccola ma non troppo, anche perché altrimenti, non servirebbe a nulla!
    Fisicamente è notevole la mia alta statura che mi permette di restare in forma, nei limiti naturalmente; probabilmente fossi stato basso sarei stato in sovrappeso.
    Ho ventisette anni, sono ancora un ragazzo in fondo o così almeno credo.
    Ho un gatto che mi comanda, l’avevo preso per non sentirmi solo ma non c’è praticamente mai, solo alla mattina mi salta addosso per avere la sua razione di cibo, si struscia sulle mie gambe tutte le volte che vuole essere coccolato e quando stampo le pagine dei miei libri, puntualmente, ci si accovaccia sopra. Sentire un suo miagolio è più unico che raro e nel momento in cui lo sento comincio a parlare da solo (cosa che faccio spesso) e lo ringrazio di avermi degnato della sua “voce”.
    Si chiama Neve ed è tutto nero con occhi color del ghiaccio.

    E poi … poi ho un enorme pianoforte in mezzo al salone.

    Non lo suono io, non ne sarei mai stato capace a malapena sapevo suonare con il flauto “ Jingle bells “ figuriamoci saper suonare un pianoforte. Lo suona lui, lo suona un ragazzo bellissimo che all’apparenza parla pochissimo e che ancora fatica a pronunciare intere frasi. Si è presentato grazie ad un mio annuncio strambo in cui avevo scritto:
    Cercasi ispirazione, mi serve qualcuno che sappia suonare il pianoforte” .
    Si presentò davanti alla mia porta con una lettera in cui spiegava che non pronunciava più una parola da anni eppure quando lo feci accomodare al grande pianoforte suonò un discorso pieno di melodie e sapeva raccontare come mai nessuno era riuscito a fare. Non proferì né la parola dolore né la parola disperazione, ma ugualmente in quella musica ne udii il significato.
    Ricordo che gli sorrisi compiaciuto, mentre abbassava il capo mi avvicinai a lui e gli tesi una mano dicendogli:
    ” Hai pronunciato uno dei discorsi più belli che le mie orecchie abbiano mai sentito.
    Piacere, mi chiamo Zefir. “
    La sua lettera si presentò per lui: firmato, Laris.



    *Fine prologo *


    Nota 1




    *******

    Ci dica: come fa ad avere idee tanto originali per i suoi romanzi, signor Zefir.

    È semplice scrivere. Basta fare di una sciocchezza un dramma, raccontare qualcosa di normale e farlo diventare una tragedia e naturalmente bisogna soffrire enormemente...in fondo avete mai conosciuto un artista felice ?
    Invece, con un altezzoso sorriso e guardando tutti dall’alto verso il basso, dalla sala conferenze dicevo:
    ” Ho letto molto, senza alcuni scrittori non sarei quello che sono adesso. La mia famiglia mi è sempre stata vicino e soprattutto ho studiato tutto quello che c’era da studiare sulla sintassi, sugli aggettivi, sui tempi i modi verbali e la grammatica“.
    Come degli allocchi risero delle mie bugie.
    Sorrisi anche io di loro, in modo freddo e spietato.


    ****

    Come vi dicevo, assunsi quel “pianista senza voce”, ormai lo chiamavo così nella mia mente e la sua musica, melodie per lo più leggere e delicate echeggiavano per tutte le stanze.
    Nulla di troppo complicato: era bravo, ma ero anche cosciente del fatto che esistevano pianisti migliori di lui. Però, anche se alcune volte sbagliava qualche nota, ammetto che la cosa, più di tanto, non mi toccava.
    Cosa me ne facevo d’altronde di un buon pianista che sapeva suonare uno spartito alla perfezione ma nello stesso tempo, incapace di trasmettermi qualunque tipo d’emozione ?
    Proprio guardandolo creai uno dei miei tanti versi:

    i migliori pianisti sono quelli che non sanno leggere le note sugli spartiti,
    i migliori scrittori sono quelli che sanno scrivere con il cuore, non con la penna,
    il miglior “ ti amo” è di quello che non sa pronunciarlo


    La mia espressione seria tendeva a cambiare, quando rileggevo le mie frasi, scritte spesso in modo indecifrabile, con ironia mi chiedevo quale tipo di droga mettessero nel caffè per farmi scrivere stronzate del genere.
    Ridevo di me stesso, dei miei racconti, delle mie stupide frasi, eppure, per un motivo a me ignoto al pubblico queste piacevano e anche molto, o almeno a giudicare dalle ultime entrate.
    Questa per me era la cosa, in assoluto, più importante... beh ... ovviamente dopo il mio telefilm preferito e la possibilità di dormire fino a tardi.
    Posai lo sguardo su di lui, sul suo calmo profilo, sulle labbra perfettamente serrate, sul capo leggermente abbassato e su quello sguardo fisso su tasti bianchi e neri, che guardava, fissava, come se fossero suoi soltanto: in quei momenti non riuscivo a comprendere se fosse stato lui ad essere attratto da quel pianoforte, o piuttosto, non fosse il pianoforte ad essersi innamorato di lui ...
    Mentre pensavo, alzai un sopracciglio: certo, non mi bastavano gli amori omosessuali da descrivere! Dovevo pure sbizzarrirmi con strane fantasie sugli oggetti!

    Si fermò ad un tratto e la sua espressione calma cambiò lievemente, con naturalezza e si voltò appena verso di me, guardandomi: i suoi occhi erano color del ghiaccio ed era affascinante il contrasto venutesi a creare con gli scuri capelli, non neri, piuttosto di un castano intenso che forse addolciva quell’espressione che sarebbe apparsa gelida, fin troppo fredda.
    La sua espressione in realtà, la identificavo a quel tipo di persona che con una calma quasi irreale, non si sarebbe scomposta più di tanto se il mondo fosse scoppiato all’improvviso, dicendo piuttosto qualcosa del tipo:
    se dobbiamo morire, perché scomporsi più di tanto ?
    Avevo sempre creduto che questo tipo di persone fossero davvero molto tristi.

    Alzai le sopracciglia, facendo uno strano mugolio che in realtà avrebbe dovuto rispecchiare una sorta di domanda su cosa volesse da me. Fissai il suo viso quasi ovale confrontato con il mio allungato, i suoi capelli pettinati con una riga nel mezzo con due ciuffi che gli ricadevano perfettamente ai lati del viso fino ad arrivare al mento. Un po’ come se volessero incorniciare quel viso, bello come quei quadri che non sono reputati abbastanza “importanti” o “affascinanti” perché dipinti da uno sconosciuto qualsiasi, o perché, qualche “critico d’arte” non li reputa abbastanza perfetti, trovando l’imperfezione in ciò che è in realtà perfezione.
    Solo in quel momento mi accorsi che in verità ero io a guardarlo per tutta la durata della sua melodia e non viceversa, come di solito accadeva (ammetto che ero io ad essere oggetto degli sguardi altrui) gli sorrisi superbo allora.

    -Ah scusami, ti sarai sentito fissato - dissi in tono scherzoso, quello poi che mi era usuale anche se forse più che scherzoso lo definirei beffardo: ero diventato troppo sicuro di me, fino ad apparire arrogante.
    Piegai poi il capo all’indietro facendo scricchiolare il collo e maledii il mio medico che non vedevo da cinque anni e che l’ultima volta mi aveva detto con sicurezza:
    “ lei è sano come un pesce “
    Eppure, da un po’ di tempo a questa parte quando rimanevo bloccato con la schiena e sentivo ad ogni movimento le mie ossa scricchiolare, pensavo “ sono sano come un pesce del naviglio
    ( era un sorta di fiume che avevo avuto il “piacere” di visitare a Milano, in Italia, l’acqua tendeva al verde scuro e in esso galleggiavano cose ignote. La leggenda narra che se provi ad entrare per farti un bagno, n’esci geneticamente modificato, con quattro braccia, tre occhi e due piselli).
    - Ho la scogliosi, me lo sento.-
    Mormorai quest’affermazione abbattuto, pensando che il primo che mi avesse detto qualcosa del tipo “ma su dai, ha ancora 27 anni, sei giovane” lo avrei pestato volentieri a sangue.
    Tralasciando questi pensieri guardai Laris:
    – Mangiamo un boccone, ti va ? Avrai fame immagino –
    Lui guardò l’orologio con i numeri romani che segnava le cinque del pomeriggio poi ritornò al mio sguardo interdetto.
    – Emh … è il mio pranzo … o cena? Non saprei….Vieni con me lo stesso, mi annoio in questa casa da solo e poi non ho intenzione di sfruttarti…anche tu hai la tua ora di pausa –
    Naturalmente non mi aspettavo una sua risposta, non tanto per il fatto che non parlasse, piuttosto perché, anche nel caso fosse stato dotato di grandi capacità oratorie ero certo di un suo impossibile rifiuto.
    ... Quando si era soli capitava troppo spesso di fare affermazioni, non più domande ...

    Pochi secondi dopo lui si alzò, seguendomi silenziosamente: il passo lieve e leggerò lo paragonai immediatamente a quello di un felino.
    Arrivammo alla cucina, una stanza semplice, nulla di particolarmente elaborato. Il frigorifero era in acciaio inox e la cucina era dotata giusto di un paio di fornelli: intanto, alla fine, preferivo sempre il mio vassoio con il quale mangiavo o davanti al gran televisore al plasma o seduto alla scrivania, a pensarci bene la cucina era il luogo dove facevo di tutto tranne che mangiare.
    Aprii il frigorifero per vedere cosa conteneva, voltandomi verso il pianista e domandagli cosa preferisse. Per tutta risposta lui accennò ad un “no” con la testa.
    - Ehi guarda che sono bravissimo a cucinare cibi precotti! –
    Per qualche istante abbassò il capo sorridendo, alzando leggermente le spalle e mettendo una mano davanti a quelle labbra che sembravano cucite da un doloroso ricordo.
    - Ehi non ridere ! Guarda che non è mica da tutti cucinare bene cibi già pronti! La mia specialità sono latte e cereali, eh ! –
    Abbassò ancora di più il capo, come se si vergognasse per quella sua reazione, coprì ancora di più il suo sorriso che probabilmente si sarebbe trasformato in una risata. Sospirai. Anche se non ero molto felice del motivo della sua leggera ilarità, questo ultima mi faceva sentire stranamente sereno.

    Vorrei che non coprissi quel sorriso.
    Fu il primo pensiero che attraversò la mia mente.

    O cazzo
    Fu il secondo immediato pensiero, che seguì il primo.

    Iniziai subito a perlustrare il frigo. Mi ero forse rincoglionito del tutto?
    Probabilmente era l’influenza del libro che stavo scrivendo. Non sarebbe stata la prima volta in fondo in cui sarei stato suggestionato dai miei scritti. Rallentai il mio cuore prima di avere un infarto, quindi decisi di non pensarci.
    Scelsi degli spaghetti con il pesce (se così si poteva definire ... ) e lo riscaldai nell’unica padella che avevo.
    Assumevo un pianista e non assumevo una domestica ...
    Normale no?
    C’era qualcosa che chiaramente in me non andava, ma di quello non mi stupii più di tanto.
    Prima che avesse preso tutto fuoco, misi la pietanza in un piatto posato sul vassoio; stavo in piedi guardando Laris che dall’altra parte della cucina stava appoggiato contro il muro con l’aria calma che era ormai prerogativa di quel bel viso.

    Chissà quanto aveva gridato.

    Mandai giù il primo boccone e la mia aria si fece ancor di più curiosa verso la persona che se ne stava di fronte a me.
    I nostri sguardi s’incrociavano, quando volevo la sua attenzione, non avevo il bisogno di pronunciare il suo nome.
    -Pensavo –
    “Strano” pensai tra me e me.
    Inghiottii un altro boccone di quel cibo che molti avrebbero reputato nocivo, lui con un cenno di capo mi segnalò di proseguire.
    In realtà non volevo dire qualcosa di particolarmente dettagliato. Solamente, con la mia solita aria arrogante, volevo renderlo partecipe dei miei pensieri

    -Mi chiedevo quanto avevi gridato per stare così in silenzio come lo sei ora.-

    Forse ero stato sgarbato dato che lui aveva distolto velocemente lo sguardo, come a non volerne parlare ed uscì dalla cucina dirigendosi la dove c’era il pianoforte, mentre io continuavo a mangiare.
    Ma proprio da quella grande sala sentii arrivare la sua risposta, composta di note basse alternate ad altre veloci.

    Increspai lievemente le labbra quella musica era come se mi dicesse:
    “ Se stai pensando che sono una persona triste o ti faccio pena, ti sbagli di grosso.”
    Le sue note erano chiare e sicure come fossero state parole a cui era impossibile replicare.

    A pensarci bene era strana quel tipo di comunicazione che c’era tra noi due. Tuttavia mi sembrava tra le più belle e produttive che avevo mai avuto nella mia vita. Non avrei mai pensato che sarebbe stata con una persona che faceva fatica a dire una sola parola, però ricordai che da me nessuno si era mai aspettato scritti che parlassero d’amore o frasi che forse nemmeno avrei mai pronunciato.
    Ero una persona realista e cinica, leggere di due disperati amanti, per chi mi conosceva, rappresentava senz’altro una sorpresa: in realtà quello che facevo era scrivere d’amore, ma parlare spesso d’odio.
    Ero forse uno dei pochi scrittori ad essere superficiale.

    Finii il mio pranzo o cena, decidete voi, mi rimisi seduto sulla mia sedia. Fissai lo schermo con i miei occhi blu dando un’occhiata da sotto le lenti, a quel pianista e improvvisamente ricominciai a scrivere, guidato solamente dalla sua melodia.


    Continua...




    Nota 2

    ***

    Avete mai provato a litigare con qualcuno che considerate un artista?

    Che sarà uno scrittore, un musicista, uno sculture o un pittore, fidatevi, con lui sarete sempre dalla parte del torto, saprà usarvi parole, portarvi esempi a cui sarà impossibile ribattere e infine dopo avervi dato il colpo di grazia se è uno scrittore si farà passare per una vittima melodrammatica del suo stesso racconto, se è uno sculture assumerà una posa in cui vi sarà impossibile non volerlo abbracciare, se un pittore dipingerà espressioni così tristi su quadri di tela con un volto immutabile e se invece è un pianista non ascolterete altro che una nenia triste per tutto il giorno, quindi dovrete essere voi a piegare il capo e chiedere scusa e mentre sfiorerete le loro labbra pensando che forse era colpa vostra, non vi accorgerete del sorriso beffardo e vincitore che vi troneggia sulle loro maledette labbra.

    Non innamoratevi mai di questi elementi perché non riuscirete a tirarli su da un baratro in cui loro stessi hanno voluto cadere, l’unica cosa che potete sperare è che vi tedino la mano, non per risalire, ma per trascinarvi giù con loro.

    ***

    I giorni passavano e vedere Laris, anzi, sentire Laris era ormai diventata quasi un’abitudine.
    Ogni giorno le melodie cambiavano oppure gli dicevo qualcosa io riferendogli che dovevo scrivere magari un pezzo con un dialogo triste, o invece che mi serviva qualche melodia spensierata in modo di alleggerire i toni del libro.
    E lui rispondeva con un energico sì di capo. Mi faceva quasi tenerezza da quanto s’impegnava.
    E ogni giorno….ogni giorno migliorava sempre più.
    Il ticchettio dei tasti e quelli del piano si sovrapponevano, più le sue melodie m’ispiravano per un capitolo e più scrivevo veloce per paura che le mie idee andassero via da momento all’altro, molte volte erano così tante che dovevo tenere aperto sia word sia un block notes per appuntarmi ciò che volevo scrivere dopo o semplicemente trascrivere una frase nel momento che mi era venuta in mente.
    Non vi era dubbio, il pianoforte m’ispirava….o forse era Laris a fare quella sorta di magia.
    Sospirai almeno l’undicesima volta in quella giornata, ero distratto dai numerosi pensieri così ambigui e mi misi una mano tra i capelli scomposti per riposarmi mentalmente almeno un minuto.
    Dovevo smetterla.
    Poi con ancora la mano sulla fronte guardai per l’ennesima volta il suo profilo, perché ogni giorno mi sembrava sempre più bello ?
    Posai la mano sulla scrivania, ci mancava solo che la battessi ripetutamente, che passavo per un idiota.
    Non ero omofobico, anche perché sarebbe stato ridicolo sennò scrivere di una relazione gay, solamente non avevo mai avuto attrazione per uno del sesso maschile, ripensai alle mie relazioni….e mi accorsi che c’impiegai nemmeno un minuto. Era abbastanza preoccupante.
    La mia vita “amorosa” era piatta come l’encefalogramma di un morto.
    Il fatto era che le “signore” che avevo frequentato alla fatidica loro domanda “ Mi ami ? “ ( che arrivava dopo nemmeno due settimane ) rispondevo:
    ” Amo molte cose. Amo la neve, amo la notte, amo i libri, amo i soldi, amo i gatti…ma mi viene difficile amare un essere umano.”
    E puntualmente ribattevano con un “ Sei senza cuore “ oppure “ Ah, non troverai mai nessuna “ il mio era solo un piacere carnale non avevo mai davvero provato dei veri sentimenti nei loro confronti, alzai di poco la fronte e lessi quello che avevo scritto e mi chiesi come mai raccontavo storie romantiche o in ogni caso di questo genere;…
    Narravo d’amore, ma non sapevo provarlo, raccontavo d’opposti, ma cercavo qualcuno simile a me, nel complesso quella era la mia maledizione.
    Chissà cosa n’avrebbe pensato Laris. In qualche modo ero sicuro che lui avrebbe capito quel ragionamento, anche se non ne sono poi così sicuro, ho incontrato davvero poche persone che hanno appoggiato le mie strambe idee.
    In ogni caso se una persona era bella, uomo o donna che fosse, bella restava.
    E Laris…era bellissimo.
    -Inutile non ci riesco.- pronunciai fissando la nuova pagina di word completamente bianca, com’è che le mie idee erano sparite del tutto e in un solo attimo ?
    Dodicesimo sospiro in quella fioca giornata.
    -Usciamo.-
    dissi davanti allo schermo, poi mi voltai verso di lui che aveva smesso di suonare e ripetei la mia richiesta davanti all’espressione sorpresa
    – Tranquillo, adoro il mio pc, ma non ho chiesto a lui di uscire ma a te. -
    Assunse la solita espressione calma, ma era diversa, le sue labbra erano incurvate leggermente in un sorriso.
    Misi il mio cappotto nero, arrivava alle ginocchia per questo mi limitai a mettermi un banale maglione e dei semplici jeans abbastanza larghi, tanto il mio capotto copriva abbastanza in quel modo potevo anche trascurare il vestiario, per questo adoravo il freddo e ovviamente odiavo il caldo, ma eravamo a novembre quindi non avevo da preoccuparmi; Laris mi raggiunse nell’atrio e fu singolare la scena che mi si parò davanti, era infagottato in un giubbotto che era chiaramente troppo grande per lui, di color panna e aveva una sciarpa nera che gli copriva metà del viso, notai anche dei guanti e quando ritornai alla metà del viso scoperta distolse lo sguardo scocciato e imbarazzato allo stesso tempo.
    Mi sembrò che urlasse “ Non ridere. Zitto ti prego
    Qualche istante e scoppiai a ridere, odiava chiaramente il freddo.
    - ahah sembri un orso polare combinato così, no anzi un pupazzo di neve !- rendere partecipe dei miei pensieri chiunque era sempre stata una mia caratteristica, gli aprii la porta trattenendomi, poi però lui si fermò all’uscio guardò dietro di se e poi me.
    Non capii immediatamente, però gli risposi intuendo.
    - Non ti preoccupare per il libro ho ancora qualche mese per finirlo le idee arriveranno è solo che…mi sono bloccato in una parte e poi comunque ci sei tu, l’ispirazione mi verrà sicuramente.-
    …in verità lo dicevo per tranquillizzare me stesso.
    -….aaah…certamente stai pensando “ Ma a me cosa me cosa importa ?! “- dissi tirandomi indietro dei capelli sperando che ci restassero dato che mi davano fastidio davanti agli occhi.
    Lui scosse la testa, sapevo che ero riuscito a farlo ridere di nuovo, chissà com’era la sua risata.
    ….Chissà com’era la sua voce ?
    Se era dolce come le sue melodie allora sarebbe stata musica per le mie orecchie.
    -Dai andiamo….Te l'ho già detto che sembri un eschimese conciato così ? –
    fu lui a spingermi dalle spalle per farmi uscire da casa, mentre chinò il capo a quella stupida battuta.

    Doveva sicuramente avere sui venti anni, non superava i venticinque, anzi n’aveva molti meno, eppure quello più entusiasta d’uscire ero forse io, che mi fermavo in ogni negozio, che indicavo ogni persona che era accampata per strada a vendere le caldarroste, tra l’altro era un giorno in cui facevano quelle bancarelle dove si passano le giornate senza mai comprare niente.
    Non so perché ma adoravo quel clima.
    - Pensa che mi hanno sempre invitato in prestigiose cene, con caviale e cibi considerati sfarzosi, ma se mi avessero invitato per promuovere o parlare del mio libro in una di queste bancarelle sarei stato mille volte più felice. Erano tutti così noiosi! -
    gli dissi guardandomi attorno, mentre probabilmente avevo gli occhi illuminati da quella stupida festa. Laris invece era sempre composto e non aveva di certo un portamento come il sottoscritto, credevo fosse elegante solo nella sua postura al pianoforte, invece lo era in tutto, dal movimento più semplice all’andatura più veloce. Teneva le mani in tasca e il viso leggermente alzato scrutando tutto con i suoi occhi color del ghiaccio, rispetto a me era di bassa statura, c’era anche da dire che però io ero alto un metro e ottantasette quindi era facile essere più bassi di me ma nonostante ciò sembrava ugualmente al mio livello.
    Io al contrario ero abbastanza trasandato, insomma conducevo una vita da eremita non m’importava di mettere abiti firmati o qualcosa del genere e quando tutti mi facevano notare il mio cattivo gusto nel vestire portavo l’esempio di Jhonny Deep, perché lui vestiva scomposto ed era uno degli uomini più belli del mondo e io invece no ?
    - Non ti piace nulla ? vuoi qualcosa in particolare ? – gli chiesi, molto probabilmente si stava annoiando.
    Lui stava per “dire “ di no, poi si soffermò su un negozio e lo indicò. Sorrisi di tenerezza perché mi ricordò un bambino, uno di quelli che quando desiderava qualcosa la mostrava con un movimento del corpo.
    Guardai dove indicava e alzai un sopracciglio.
    -…ma sarebbe un controsenso! – ribattei, mentre vidi cosa aveva segnalato.
    Era una semplice gelateria.
    Lui scosse la testa e si avviò io lo segui poi si fermò lì davanti guardando l’insegna come se fosse qualcosa d’irraggiungibile.
    -Mh vediamo…in effetti, non fanno solo gelati…quindi cioccolata calda ?-
    Ancora un no.
    -….Crepè ? -
    Altro no.
    Avrei dovuto assolutamente imparare un alfabeto per i muti o portarmi un blocco per gli appunti.
    -…Frappè ?-
    Quella volta fu un sì e sprofondò nella sua stessa sciarpa con quel cenno affermativo di capo.
    -Bene, entriamo allora.- proposi, ma lui non mi seguì.
    Restò immobile davanti alla vetrina e quindi gli lo ripetei ancora.
    Improvvisamente il suo sguardo si fece perso, chi mai aveva affermato che gli occhi di un azzurro come il suo, erano glaciali ?
    Erano i più dolci e più belli che io avessi mai visto.
    Prese una manica del mio giubbotto e ancora una volta abbassando il capo scosse la testa e mi sembrò terribilmente triste….o forse no…la sua era paura.
    Non poteva parlare.
    Anche entrare in un semplice negozio o una normale gelateria non sarebbe riuscito a dire nessuna parola e quindi ne pronunciare cosa voleva o desiderava.
    Mi liberai dalla dolce stretta e carezzai la sua nuca abbassata fu l’unico gesto che mi venne in mente per tranquillizzarlo.
    - Chiedo io per te. Aspettami qui.- andai verso il negozio.
    Nella fila e appiccicato alla gente valorizzai ancora di più la mia vita da recluso, fui l’unico quel giorno ad ordinare una coppetta e un frappé, fu anche un’impresa uscire, nella loro vita passata quella gente doveva sicuramente essere appartenuta alla razza dei vichinghi.
    Uscii affannando.
    - è stata dura, ma c’è lo fatta ! – dissi dietro di lui guardando la sua schiena esile. Si girò appena a tre quarti, era vagamente preoccupato e non mi ci volle molto per capire che si sentiva in colpa.
    - Ho dovuto combattere, spintonare una vecchia e scavallare un bambino rompiballe e mi hanno pure sbagliato a dare il resto…ma nonostante questo….ecco a lei.- dissi energetico.
    Allungai il bicchiere di frappè che lui prese.
    Senti freddo e bevi il frappè…è un controsenso lo sai ? – gli feci notare, mentre m’incamminai verso le ultime bancarelle rimaste, fece chiaramente finta di ignorarmi.
    ….- Laris…sbaglio o sei permaloso ? – gli chiesi con un sorriso beffardo sul volto.
    Si stupì e poi velocizzò il passo.
    Sì lo era. E anche molto. Forse si poteva capire di più una persona nel silenzio che nel sentirla parlare, pensai guardando la sua figura da dietro e le prime e ovvie domande si fecero largo nella mia mente.
    ” Chissà cosa era successo. “
    La sua lettera ricordava che non era muto, ero quindi sicuro che la voce l’avesse….fui io a guardare lui in modo gelido alle sue spalle con i miei occhi profondi e il mio sorriso si fece accattivante
    pensando che quella voce un giorno sarebbe stata mia.
    Lo raggiunsi, constatai che il gusto che avevo scelto – stracciatela e caffé – per il frappé gli piaceva, “ menomale “ pensai tra me stesso.
    Poi ad un tratto quella bella giornata finì, un fulmine a ciel sereno, due, tre gocce e infine un acquazzone.
    Mormorai un – Grazie Dio… - ( all’inizio lo maledivo, poi era diventato una sorta d’amico/ nemico invisibile con cui parlavo )
    Ma d’altronde era un classico…insomma ero uscito, non potevo pretendere che ci fosse il sole tutto il giorno sarei stato troppo fortunato e mi sarei sorpreso.
    D’istinto presi la sua mano nella mia e lo trascinai con me per ritornare a casa al più presto, comprare un ombrello dagli iettatori della pioggia non se ne parlava nemmeno, spuntavano fuori come funghi, ma il loro maledetto ombrello che si rompeva in nemmeno cinque minuti non l’avrei comprato neanche morto.
    Fortuna che non eravamo lontani, quindi a casa, correndo ci arrivammo in dieci minuti, fradici s’intende.
    Chiusi la porta di casa dietro le mie spalle e mi poggiai contro di essa, mentre sentivo l’acqua che scendeva dalle mie tempie.
    - è completamente normale…quando sono senza ombrello piove, e quando l’ho splende il sole.-

    - Etcìù! -
    Riaprendo gli occhi e recuperando fiato, guardandolo capii il perché si era messo tutti quegli strati di vestiti era anche una persona che prendeva il raffreddore facilmente.
    - Etcìù- …realizzai la situazione, lo presi dalle spalle e lo scossi.
    -Non ammalarti, non farlo, altrimenti dovrai stare a riposo e non potrai suonare!- ero un egoista, ma sapevo che lo ero in un modo impossibile da odiarmi…o almeno credevo
    - …vado a prenderti qualcosa! – restò sbigottito di fronte a quella preoccupazione che più che per lui era per me stesso.
    In realtà non mi preoccupavo per nessuno tranne che per me stesso…anzi no, nemmeno di me stesso a volte.
    Andai nella gran camera cercando velocemente tra gli armadi, dire che era disordinato era poco, assomigliava di più al completo caos.
    Ma trovai quello che cercavo, l’essenziale insomma e intanto potevo sentire i tuoni che si facevano largo nel cielo, mi ricordai delle cose stese che avevo messo sul terrazzo.
    Ecco, in quel caso maledii Dio.
    Presi un asciugamano, dei vestiti e una coperta e ritornai all’atrio, glie li posai sul divano che c’era li, mi guardò accigliato.
    -Tu dormi qua.- gli dissi e poi aggiunsi – tornerai domani, non ti preoccupare io starò di là a scrivere, quindi non mi dai fastidio.- il solito tono, quello che non chiedeva, ma impartiva senza nemmeno volerlo davvero.
    ….Dargli un ombrello e farlo andare via dicendogli “ me lo riporterai domani” era un concetto che ignorai e forse lo ignorammo in due.
    Guardò prima i vestiti e poi me
    – Lo so, lo so, non sono il massimo, ma almeno così i tuoi si asciugheranno.- poi dopo avermi lanciato uno sguardo di comprensione si voltò nuovamente dall’altra parte, fece qualche passo e guardò al di fuori della finestra.
    Pioveva a dirotto, feci qualche passo e mi misi di fianco a Laris.
    -….Ti piace la pioggia ? – ne sembrava affascinato, toccò la superficie del vetro, bastò il suo lieve accenno e il suo sguardo lontano per capire la sua risposta “ Molto. “
    A me non m’intratteneva come spettacolo, mi piaceva solo il suo rumore, mentre dormivo sotto le coperte, lo trovavo rilassante ma non più di questo.
    Guardammo la pioggia dalla gran finestra in vetro e pensai a chi faceva lo stesso in quel momento o a chi aveva la mia stessa speranza.

    ….

    C’era chi sperava che quella pioggia durasse in eterno per potere stare accanto alla persona che aveva dimenticato l’ombrello e quindi era stata costretta a trattenersi,
    c’era chi si era perso nella grande metropoli, mentre era al volante e il passeggero a lui vicino fingendosi preoccupato sperava che sbagliasse nuovamente strada in modo di potersi smarrire all’infinito e chi come me, sperava di non finire mai il suo libro in modo da avere la sua musa accanto per sempre.


    Continua...




    Nota 3


    Perdonatemi.
    Vi prego leggete fino in fondo e capirete.
    Mi chiamo Laris e vi chiedo anticipatamente scusa se mi presento in quest’assurdo modo.
    Non ho voce, non sono muto, ma faccio fatica a parlare, il mio silenzio dura ormai da più di cinque anni, ma non vi voglio annoiare con la mia storia.
    Ho letto il vostro annuncio, so che siete uno scrittore, non ho mai letto niente di vostro, ma so che siete famoso e che siete stimato dai migliori critici letterari, mi dispiaccio che so così poco di voi, ma dovete credermi mi piace suonare, immensamente, adoro suonare il pianoforte, dovete sapere solo questo signor Zefir. Ho vinto alcuni premi, forse non i più importanti, ma sono abbastanza bravo, il fatto di non riuscire più a parlare mi vieta di fare molto cose e una di queste è il “successo”.
    Aspiravo a diventare un pianista famoso, ma mi è impossibile, per questo, quando ho letto il vostro annuncio ho provato ha fare questo tentativo, ma non per farmi conoscere, la mia presenza sarà poco più di un’ombra di questo non dovrete darvi pensiero, la fama non m’interessa più.
    Leggendo il vostro annuncio ho pensato “ è meraviglioso “, lei ha dato la possibilità di realizzare l’ambizione che ogni musicista che si rispetti ha.
    Questo mondo mi ha fatto dimenticare molte cose, ma leggendo le vostre righe mi sono ricordato del perché suonavo.
    C’è una ragione che supera il denaro, la fama o le lodi degli altri.
    Suono per far trasmettere qualcosa, suono in modo che la gente possa creare ispirata dalle mie banali melodie, suono per sentirmi ancora vivo e per tenere in vita anche gli altri.
    Anche il solo fatto di pensare che qualcuno in questo mondo ascolti una melodia da me creata, di notte, mentre sta pensando alla propria vita, mi renderebbe davvero felice.
    Toccare l’animo di qualcuno è la maggiore delle mie ambizioni,
    far sapere cosa provo o cosa ho provato è invece il lato più egoistico di me.
    Desidero questo, ed è per questo motivo che suono, lei me l’ha fatto ricordare ed io, anche se sono ai suoi occhi uno sconosciuto non saprò mai come ringraziarla per avermi fatto ricordare il mio sogno che è stato contaminato dalla realtà.
    Sicuramente non so scrivere bene come voi, non ho parole sufficienti per spiegare e non ho voce per far sapere, ma fatemi suonare e tutto vi sarà chiaro.
    Basterà che mi dite che tipo di melodie volete e v’improvviserò,
    se volete che vi racconti una storia, ditemi il titolo e ve la suonerò,
    se desiderate qualcosa di più complesso, datemi un buon spartito e lo eseguirò.
    M’impegnerò anche a recuperare la mia voce in modo che tutto vi sia più facile e per non mettervi a disagio.
    Nel vostro annuncio affermavate che cercavate un pianista, non sono uno di quelli perfetti, tutt’altro, ma mi piace suonare è l’unica cosa che mi viene bene e che so fare, se non suono, non posso fare altro, sostanzialmente sono una persona inutile.
    Anche se non suonerò per voi ricordatevi che vi ringrazierò sempre.
    E scusate ancora una volta se non riesco a proferirvi parola ma a presentarvi solo questa ridicola lettera.

    Grazie.
    Laris. “




    Era uscito da un romanzo ottocentesco.
    Era questo quello che pensai, quando lessi per la prima volta la sua stramba lettera.
    C’era ancora chi dava del “ voi “ ?
    Non sapeva scrivere? Quel moccioso sapeva scrivere meglio di me.
    Ora che invece la stavo leggendo circa per la trentesima volta di fila, dopo un mese dalla sua permanenza, la trovo adorabile.
    Naturalmente non ha ancora proferito parola ne ha cercato di farlo, però diventa ogni giorno più bravo.
    Ero sdraiato sul mio letto e guardavo il soffitto che avevo fatto dipingere color della notte con un sacco di stelle, almeno così m’illudevo e rileggevo quella lettera.
    Quello che invece non aveva fatto progressi ero io.
    Allora quel mese mi ero prefissato i seguenti obbiettivi:
    Fare cinquanta addominali al giorno.
    Pulire casa o assumere una domestica.
    Chiamare una persona che non sentivo più da anni.
    Scrivere almeno cento pagine del nuovo libro.
    Fare riuscire a dire almeno una parola a Laris.

    …..obbiettivi tutti falliti. Anzi.

    Avevo mangiato di più,
    non avevo mosso muscolo per pulire,
    avrei aspettato un altro anno per chiamare quella persona,
    le pagine del libro non aumentavano,
    e da Laris non una parola.

    Guardai il cellulare dove c’era segnata l’ora, erano le tre del pomeriggio, feci uno sbadiglio, dovevo svegliarmi e dovevo continuare quel libro, era così facile dirlo, ma scriverlo era un’impresa.
    Mi alzai dal grande letto foderato di seta rossa e mi avviai nel bagno per darmi una rinfrescata, in parte la mia mattina incominciava così, ma del tempo a questa parte, puntualmente alle quattro il mio campanello che nessuno conosceva, suonava.
    Assonnato mi avviavo verso la porta, non lo salutavo con un “ciao” ma con uno sbadiglio, facevo davvero tanta fatica a svegliarmi mi ci volevano dalle due alle quattro ore.
    E non sapevo come il suo volto potesse essere sempre ben pulito, ordinato e bello, da una parte però era positivo il fatto che avessi dimenticato il mio aspetto, altrimenti sarei sicuramente stato un gran narcisista, sapevo anche io, che senza cure particolari avevo del fascino.
    Mi sedetti davanti al pc che accessi con l’immancabile tazza di caffé, ormai accompagnata dalla brioche vuota che Laris mi portava, si vede che aveva capito che ero davvero una di quelle persone pigre.
    Io facevo lavorare il cervello d’altronde.
    Posò il giubbotto sull’appendi abiti lì all’entrata, prese una bottiglietta d’acqua e poi anche lui si accomodò al suo posto, era un piacere guardarlo, mentre faceva quei gesti così naturale, al contrario dei primi giorni dove era assolutamente impacciato.
    Inoltre anche il mio gatto, Neve, che non si vedeva quasi mai, gli si era affezionato e a volte si strusciava sulle sue gambe, mentre era seduto e ti rimando riceveva una tenera carezza, poi ottenuto quello che voleva se n’andava. Era un ruffiano proprio come tutti i gatti.
    Si sgranchì le dita, poi si voltò verso di me e risposi alla sua muta domanda.
    - Suona ciò che vuoi, non devo scrivere nulla di particolare.- gli dissi per poi guardare la pagina di word vuota.
    Fu una melodia diversa dalle altre, era molto “leggera “, non notai nessuna pesantezza nelle note com’era in genere nel suo stile, non sapevo nulla di pianoforte, quindi non so come descrivere con nomi adatti, era una melodia triste ma di speranza, era tipo come una di quelle classiche storie dove una fanciulla aspetta su un grigio scoglio, guardando il mare e attendendo una nave di ritorno che riporti sano e salvo il suo compagno.
    Sono uno scrittore, gli esempi che posso fare sono solo questi, non ho parole tecniche, né un’esperienza per poter capire.
    Eppure quelle storie così dolci, che si sarebbero unite alle note che stava suonando Laris, i miei occhi le vedevano crudeli.
    Non credevo in una sorta d’amore eterno, anzi diciamo che non credevo nell’amore, quelle storie erano state palesemente cambiate dai cantastorie, nessun uomo sarebbe rimasto fedele alla propria donna per anni e anni e d’altronde anche una donna senza garanzia di ritorno non avrebbe aspettato e allontanandosi dall’alto scoglio sarebbe andata a cercare un nuovo amore, anche nella fiaba più dolce c’era qualcosa di triste, ma era una sfumatura che pochi riuscivano a cogliere.
    Queste storie non narrano d’amore ma di crudeli promesse mai mantenute.
    Alzai lo sguardo blu su di lui che stava suonando….Riusciva davvero a farmi fare dei viaggi mentali assurdi, ma era questo che volevo, provare ancora qualcosa.
    La melodia continuò e s’instaurò nelle mie orecchie, probabilmente l’avrei canticchiata senza nemmeno accorgermene, era una di quei brani semplici che però ti rimaneva in mente in un modo o nell’altro.
    Chissà se quando se ne sarebbe andato avrei sentito in lontananza il suono di quel piano.
    Ripresi a scrivere qualcosa, più di controvoglia che per passione, ma con qualcuno lì mi sembrava il tempo trascorresse più veloce, cercavo di mettere le mie idee per iscritto, le scene che avevo in mente, ma perdevano un sacco con lo scritto e quindi non ero mai soddisfatto rileggendo le pagine. Mi chiedevo sempre se il personaggio principale sarebbe riuscito a trasmettere ciò che provava, per me era quello l’importante, non avevo mai un vero e proprio “ tema “ da comunicare, non avevo nulla da insegnare al mondo o dire cose che erano già state dette milioni di volte.
    Ma naturalmente i critici ci avrebbero trovato un tema profondo, che io stesso ignoro, lo avrebbero esaltato e mi avrebbero chiesto cose del tipo
    “ Perché ha scritto questo libro ? Cosa voleva comunicare ? “
    Le risposte erano abbastanza semplici.
    Ho scritto perché devo finire di pagare ancora il mutuo e non volevo assolutamente comunicare nulla.
    Ma naturalmente dovevo inventare qualcosa “degno” del libro scritto. Se sarebbe uscito non cambiando nulla ( cosa ben poco probabile ) le domande sull’orientamento sessuale sarebbero state le prime, n’ero certo.
    Non avevo la pretesa di scrivere storie d’amore ma nemmeno di solo sesso.
    E alla domanda se fossi stato etero o gay, avrei risposto che ero zoofilo dato che amavo gli animali, in quel caso avrei aumentato o placato i dubbi.
    Le note di quel giorno erano delicate e il suo profilo quasi immobile, solo a volte seguiva quei tasti bianchi e neri, lo sguardo color del ghiaccio sempre puntato, attento ma allo stesso tempo rilassato.
    Non c’era niente da fare la figura del pianista mi affascinava.
    Passarono due ore e mi sorpresi di ciò e di quanto avevo scritto, fu indubbiamente facile immaginare con la musica che echeggiava in quel salone, mi veniva quasi naturale, il ticchettio dei tasti della tastiera si era adattato perfettamente a quelli del pianoforte, era così che incominciavo a scrivere, un passo più avanti c’era lui con le sue melodie e poi dietro come se mi avesse spianato la strada c’ero io che accatastavo parole e parole.
    Avevo fatto un buon lavoro per quanto riguardava la quantità, ora dovevo solo rileggerlo e verificare la qualità, ma non sapevo mai darmi pareri obbiettivi, insomma era logico che ciò che scrivevo in parte mi piacesse, altrimenti non l’avrei scritto no ?
    Avrei controllato in un secondo momento, mi voltai e vidi l’esile schiena che si muoveva al ritmo dei tasti
    – Ah chissà cosa si prova, in un certo senso t’invidio.-
    si girò lievemente, lasciando cadere una mano sul suo ginocchio e suonando appena con l’altra note a caso, ma che se suonate da lui assumevano una particolare grazia e bellezza.
    -Non ho mai avuto senso del ritmo o cose del genere e non riesco ad andare ad orecchio, ma mi sarebbe davvero piaciuto.- gli dissi stirandomi la schiena.
    Poi Laris si alzò e mi venne incontro, in genere ero sempre io a farlo, prese un mio polso che era teso verso l’alto ( naturalmente non mi stiracchiavo in modo composto ) e m’invitò con se.

    Fummo davanti al grande pianoforte, mi ci trascinò e fece gesto di sedermi, ma risposi di no con la testa.
    - Stai scherzando vero? Ti ho appena detto che non so suonare una sola nota a malapena conosco solo le note natalizie della canzone jingle beels con il flauto! – insistette e prese una mia mano e la mise sul pianoforte.
    Sbuffai e mi sedetti di controvoglia. Sembrava impossibile, ma si poteva convincere una persona senza nemmeno una parola.
    - Guarda se tutto va bene, so suonare solo il triangolo.! – gli dissi distorcendo un sopracciglio, mi regalò un sorriso di comprensione ma allo stesso tempo sicuro come per dirmi che sapeva quello che stava facendo e con chi aveva a che fare.
    Sicuramente non fui molto collaborativo nei suoi confronti e quando suonò una prima nota allungando il braccio guardai da tutt’altra parte e ne suonai apposta un'altra, gli sorrisi altrettanto arrogantemente.
    Era più che altro diventata una sfida.
    Io che dicevo con un sorriso “ Non sono capace, fidati, non insistere “ e lui che ribatteva con una nota “ Smettila e prova, ti aiuto. “
    Suonò ancora la stessa nota di prima, poi mi strattonò dalla manica larga del maglione nero e vi posò la mia mano lì dove c’era la nota.
    La suonai.
    - Bene ora so suonare. Ciao.-
    feci per alzarmi, ma mise l’altra mano sulla mia larga spalla e mi rifece “accomodare.”
    Era dietro di me, leggermente incurvato mentre io ero seduto, il suo respiro sfiorava il mio viso.
    Suonò ancora una volta, ma furono tre note di seguito, provai a memorizzarle visivamente e riprovai a produrle.
    Beh era stato facile, in fondo dovevo solo pigiare dei tasti.
    Suonò ancora lui quelle tre note, solo che lui al contrario di me poggiava delicatamente i polpastrelli, aveva un tocco leggero e potei notare le sue mani, erano ben articolate e le sue dita allungate, sembravano perfette e assolutamente adatte a suonare quello strumento d’ebano e d’avorio.
    Suonate le tre note iniziali n’aggiunse quattro.
    - Ma non me lo ricorderò mai così ! –
    protestai voltandomi appena, come risposta ripeté le sette note totali. Rifeci, ma sbaglia alla quarta nota e per una seconda volta tentai di alzarmi ma senza successo.
    Allora, suonai tre note e dopo le altre quattro, lentamente l’una dall’altra dato che le stavo memorizzando ad occhio.
    Risuonò le sette note con più armonia di me e velocemente, se pigiate dalle sue mani ne potevano assumere il significato, sembrava quasi l’inizio di un grande spartito da lui inventato.
    Quindi provai a risuonarle più “ velocemente “ tra l’una e l’altra, ne rimasi lievemente stupito, non sarei mai stato capace di suonare uno strumento, non avevo n’orecchio né conoscenza delle note, lo sapevo eppure Laris con quel gesto era come se dicesse che tutti potevano farlo.
    Aggiungemmo altre note per arrivare fino a dieci, naturalmente ci volle una buona mezz’ora per eseguirle dignitosamente o quantomeno orecchiabili e ormai un vago sorriso era sulle mie labbra, il viso di Laris invece era tranquillo e calmo come sempre, concentrava lo sguardo ghiaccio sui tasti bianchi e sulla mia mano.
    Poi mi fece riprovare un'altra volta eseguendo le dieci note, solo che quella volta suonò con me, e mentre cercavo di ricordare i tasti che dovevo schiacciare, si aggiunse una seconda melodia, più bassa di quella che stavo suonando io, quel piccolo “ pezzo” sembrò cambiare, sembrò assumere un senso. Suonato da me, era solo il tentativo di qualcuno che cercava di assemblare delle note, ma con il suo piccolo sottofondo diede armonia al tutto, pigiai l’ultimo tasto quasi stupefatto, mentre la sua mano suonava le ultime cinque basse notte, che ricordavano le mie ma fatte in un modo diverso.
    Guardai il pianoforte e la sua mano che sfiorava il tasto nero…
    c’ero riuscito …?
    Poi lo sguardo entusiasta si rasserenò sul mio volto, sospirai chiudendo gli occhi.
    No…era Laris che c’era riuscito.
    -Bene. Hai vinto tu, contento ? – dissi riaprendo gli occhi con un mezzo ghigno beffardo.
    La sua mano sulla mai spalla si allontanò, e pensai che sarebbe bastato poco per sfiorare le sue labbra, bastava solo che mi voltassi appena e inclinassi il mio viso per lambire quel pacato sorriso
    E invece mi limitai ad alzarmi dalla morbida seggiola coperta di pelle nera, passare una mia mano suoi capelli quasi neri e dirgli soddisfatto:
    – Questa è l’ultima volta che tocco il pianoforte, ho solo capito che non ci sono portato –
    Lui fece una smorfia di disappunto, incrociando le braccia e guardando da tutt’altra parte.
    Alla fine avevo vinto io quella sfida. Gli avevo mentito.
    - Ad ognuno il suo.
    Mi sarebbe piaciuto suonare, ma ci sei tu che ci pensi già a farlo tramutando ciò che provo in musica, io invece mi limito a scrivere, per me stesso e per quelle persone che a parole non riescono ad esprimersi.-
    Ritirai la mia mano, mentre posò quegli occhi color dell’artico sui miei blu di sotto alla montatura.
    Adoravo molto di più quell’espressione persa, che gridava ciò che voleva dire ma per un motivo o per un altro non ci riusciva.
    Forse perché era quella realmente vera, quella che solo rare volte mostrava e tutte le volte per avere quella parte di lui dovevo arrivare alla sua anima.
    - Suona per me, esprimi ciò che io non riesco a fare con le parole e io scriverò per te ciò che non riesci a gridare.-

    Non avevo mai pronunciato cose del genere a voce alta, di solito mi limitavo a fare di quel tipo di frasi, battute che davo ai miei personaggi immaginari, invece mi trovavo lì davanti a Laris a pronunciare parole che mai avrei creduto di poter dire.
    Il suo sorriso tenue sparì lentamente e il suo capo si abbassò, mentre la lunga frangia che teneva ai lati gli coprì quel viso così bello e fu un attimo, lo ritrovai stretto a me, ne rimasi sorpreso, restai immobile in quella stretta, definirlo abbraccio sarebbe stato errato.
    Non mi mossi ne contraccambiai, aspettai che si allontanasse lentamente da me, ma sicuramente avrei descritto con un esempio meraviglioso, quella stretta che stringeva al disotto del mio petto e quelle mani da pianista che tenevano stretti i lembi del mio maglione largo, ma soprattutto, avrei dovuto trovare delle parole adattate per descrivere ciò che provai.

    Se avessi potuto conoscerlo, avrei descritto il suo dolore, ma non ero capace di questo e se avessi potuto amare, per una volta nella mia vita avrei narrato una vera storia d’amore, ma anche questo, mi sembrava impossibile da scrivere.

    In realtà, passandoli la mano tra i capelli avrei voluto avvicinarlo a me e baciarlo,
    avrei voluto che la sua melodia e il mio racconto continuassero all’infinito, ma non lo specificai in quella frase, non ricambiai il disperato abbraccio, probabilmente perché non mi sarei limitato ad una semplice pacca sulla spalla, per questo feci dei miei gesti solo la metà, in modo che potessero risultare quasi dolci e gentili, quando in verità erano egoistici e possessivi.



    Ero uno scrittore e come tale raccontavo menzogne.


    Continua...




    Nota 4:


    ***

    Se amate qualcuno che viene definito un artista, sappiate che avrà un sacco d’amanti.
    Lo scrittore vi abbandonerà in quella che poteva essere una piacevole notte per leggere un libro,
    il pittore guardando il chiaro di luna gli sarà impossibile non ritrarre le tenebre,
    il musicista vagherà nel corridoio canticchiando una melodia e se sentite un rumore di corde o di tasti, non vi preoccupate, vi starà tradendo con il suo primo amore.

    E se alla mattina, chi noterà i loro occhi stanchi e gli domanderà " Ma cosa hai fatto stanotte ?"
    vi potrebbero rispondere con un vago sorriso malizioso e maledetto,
    " Ho fatto l'amore. "


    ***

    Fu uno spartito immaginario suonato con enfasi, più complesso degli altri, ci furono solo due o tre note errate, ma considerando che era una di quei pezzi veloci gli errori non facevano stonare del tutto il brano, era suonato a due mani l’una distante dall’altra, non ci fu nessun’esitazione era sicuramente un brano “ forte”, come se avesse voluto cancellare quell’attimo di debolezza che aveva avuto.
    Mente io con volto impassibile scrivevo il mio racconto, ogni sua nota, una mia parola, fu così che arrivai alla cinquantesima pagina elettronica, ovvio me ne servivano altre, ma andava bene così le idee primo o poi sarebbero arrivate.
    Rilessi riga per riga quel pomeriggio assorto nei miei pensieri e nei miei ricordi.
    Nessuno avrebbe mai scommesso su di me, nessuno avrebbe mai potuto immaginare cosa sarei diventato e sicuramente nelle note del mio libro non avrei mai potuto scrivere cose del tipo
    “ Dedicato alla mia famiglia che mi ha sempre sostenuto “
    In verità sapevo che quella specie di dedica era fatta solo per una serie di convenevoli, perché quando la prima volta che dissi “ Mah…fare lo scrittore non mi dispiacerebbe “, non ci furono risposte come “ Ti sosteremmo “ o qualcosa del genere, il tono fu tutt’altro, del tipo “ Smettila di sognare e incomincia a trovarti un lavoro serio “ o “ Non farai mai soldi in questo modo e poi figurati se pubblicano te “.
    Insomma…furono risposte normali. Non mi stupii, né mi avevano di certo rovinato o infranto un sogno, semplicemente avevano espresso la loro opinione del tutto realista e razionale.
    Quindi quando mi ritrovai alla prima pagina del mio libro, “ dedicato a …” fu la parte più difficile da scrivere. Non riuscivo a trovare un nome.
    In realtà l’avrei dedicato a me stesso, ma il mio editore mi aveva detto che non si poteva quindi quel lontano dì ricordo che presi il mio giubbotto di pelle e feci un giro nel grigio inverno di quella giornata nostalgica.
    E fu in quel modo che trovai una persona a cui dedicare il mio libro.
    La mia prima nota di ringraziamento, quella che c’è prima d’ogni racconto, era andata ad un certo Richard.
    Chi era? In verità non lo sapevo nemmeno io, l’avevo incontrato in quel freddo pomeriggio, era coperto di stracci e faceva l’elemosina al ciglio della strada, il suo cartello diceva quel che tutti gli altri clochard scrivevano
    “ Mi chiamo Richard, ho fame e non possiedo una casa, vi prego datemi qualche moneta “
    Mi piegai sulle ginocchia e lo guardai negli occhi stanchi:
    ” Trovati un lavoro, piuttosto di stare qui a supplicare” gli dissi, mentre frugai nella tasca nel giubbotto corto di pelle.
    ” Fosse facile “ rispose lui non scomponendosi. Aveva stranamente un’aria fiera anche quando stava facendo l’elemosina e trovavo affascinante quel contrasto.
    Risi appena.
    ” Una settimana fa avrei potuto essere te lo sai ? Quindi ti capisco. “
    ” Ma non fatemi ridere signore, il vostro aspetto è trasandato, ma vedo un bel rolex sul vostro polso, vedo il vostro capotto in pelle e sento odore di colonia, sono povero ma non cieco. “
    Sospirai.
    ” Questo è uno strano modo di elemosinare Richard, lo sai ? “
    ” Non lo faccio per hobby infatti, non mi riesce bene “ mi rispose con il mio stesso tono di voce, sarcastico.
    Lo guardai nuovamente con l’aria superba ma non perché era un senzatetto, ma perché quell’espressione era naturale sul mio volto.
    ” Dicevo davvero…ho avuto solo fortuna, puoi starne certo. “ dissi chinando il capo e sfilando dei soldi dal portafoglio.
    ” Non ti sto facendo la carità bada bene, ma è come se stessi pagando me stesso, perché come ti ho detto sarei potuto sedere accanto a te a questa ora. “
    ” Come siete modesto “ rispose con sprezzo e rifeci il mio mezzo sorriso.
    ” No, sono realista “ e gli misi vicino i miei soldi, dopodichè mi alzai e mi rimisi retto sulla schiena.
    ” Mi raccomando usali giustamente, sono impregnati della mia ispirazione “ sbarrò gli occhi grigi, quando vide la somma, ero sicuro che fosse la più consistente che avesse mai visto “ usali per una buona vodka e per qualche droga tagliata bene “ dissi per poi voltargli le spalle.
    ” Lei…è strano ! è matto ! “ dopo la sorpresa iniziale rise scuotendo la testa.
    Alzai una mano per salutarlo e proseguire sulla mia strada verso casa per scrivere il suo nome.
    Fu così che nacque la mia dedica.
    Una settimana più tardi uscì il mio primo libro e lo portai a quella persona che stava ogni mattina sul ciglio della strada con i suoi abiti stracciati, con il suo cartello, ma con uno sguardo fiero.
    ” Guarda, questo è il mio libro, devo assolutamente festeggiare ! “ gli riapparsi davanti con il fiato corto, non mi riconobbe immediatamente solo qualche secondo dopo e mormorò
    “ Ah, sei la persona strana ! “
    Il sole stava calando, quindi non mi stupii del fatto che aveva accesso un piccolo fuoco, lì dove accampava, era un po’ più basso di me non sapevo dire quanti anni aveva, non superava la quarantina ma trasandato com’era ne dimostrava sicuramente di più.
    Non gli feci mai domande del tipo “ perché conduci questa vita ? “ non erano fatti miei né m’importavano.
    ” ...Sei uno scrittore ? “ disse buttando un occhio sul libro che avevo in mano.
    “ Sembra di sì “risposi assorto guardando il fuoco davanti a noi.
    ” E di cosa parla ? “ mi chiese con noncuranza, mentre si sfregò le mani per scaldarsi.
    ” è solo una sciocchezza portata all’estremo non è nulla di che. “
    Gli altri potevano leggere le mie storie con occhi diversi ma io sapevo da cosa erano nate e non erano questo granché, bastava solo saperle raccontare, il tutto stava nelle parole.
    Il fuoco sembrò accecarmi e con le lenti degli occhiali ne faceva il riflesso, intanto il freddo era ormai palpabile e il fiato era una nuvola bianca, solo quando succedeva questo pensavo “ è inverno “ e quando la gente si metteva i sandali allora per me era “estate “, quando invece vendevano le caldarroste e le foglie erano rosse era “autunno “ e la “primavera “ era, quando non avevi né freddo né caldo.
    Era questo il modo in cui vivevo le mie stagioni, non c’era data.
    Guardai il mio libro con freddezza poi sorrisi amaramente e lo buttai nel fuoco
    ” Servirà di più in questo modo “ dissi e Richard rispose “ sicuramente”
    tacque un attimo per poi ridere, ma quella risata finì subito e anche lui con il suo profilo dignitoso guardò il fuoco davanti a sé.
    Poi sulle sue labbra fece un sorriso di comprensione e dolore
    ”…Tu devi essere solo persona strana, oggi è il 24 Dicembre.”.
    Ricambiai con un sorriso beffardo, ero sicuro che qualcuno primo o poi mi avrebbe preso a schiaffi a causa del mio volto strafottente.
    ” Come sei acuto Richard “replicai con tono saccente.
    Si sfregò ancora una volta le mani, i guanti che aveva di certo non tenevano caldo confronto i miei in pelle nera.
    ” Non l’ho capito da questo. Non hai nessuno a cui far leggere quel libro per questo ti ho detto che sei solo “
    Fu un tono quasi paterno.
    I miei occhi blu diventarono due fessure.
    ” Ti è passata la voglia di sorridere arrogantemente eh ? “.
    Feci una smorfia e guardai da tutt’altra parte.
    Non pronunciammo più nessuna parola, in fondo non avevamo nulla di cui parlare solo che quantomeno in quel modo avrei potuto dire che avevo passato del tempo con la persona a cui dedicai quel libro.
    Non so che fine fece Richard, una settimana dopo sparì dal quartiere e da allora non lo vidi più.

    Sbadigliai rumorosamente ed esclamai un – che sonno!- Laris guardò l’orologio e ridacchiò.
    Erano le 5 del pomeriggio, ero cosciente che avevo degli orari più che strani.
    Ascoltai la sua melodia che si fece calma quasi come una nenia.
    -Ehi così mi stimoli il sonno! – gli dissi dalla scrivania, mentre controllavo le ultime parti che avevo scritto.
    Non era vero, era una canzone lenta, ma sarebbe stato impossibile addormentarsi con quelle note, anche se mi sarebbe piaciuto, ma la voglia di ascoltare ogni sua nota fino alla fine mi avrebbe costretto a restare sveglio.
    Mi ritrovai a fare un pensiero e credo fosse naturale, che con il tempo chiunque lo avrebbe fatto.
    Le sue note non mi bastavano più, volevo sentire la sua voce.
    Era così che s’incominciava ad invaghirsi di una persona ? Volendo sapere sempre di più ?
    Tolsi i miei occhiali squadrati e mi massaggiai una tempia con un sospiro.
    - Lo sai che con questo comportamento incuriosisci ancora di più ? – gli dissi, mentre mi alzai dalla sedia.
    Continuò a suonare con il volto tranquillo quella “marcia “ solenne, solo lievemente incurvò le labbra.
    Lo sai che con le labbra dolci che ti ritrovi viene voglia di azzannarle ? “
    a questo avrebbe sorriso un po’ meno n’ero sicuro.
    Mi spostai sul divano rosso e presi in mano il telecomando per accendere la tv a schermo piatto e poi mi rivolsi all’unica persona che era in quella casa – Se vuoi puoi anche smettere, sarai stanco anche tu- non sapevo esattamente se suonando ci si stancava, io so solo che mi affaticavo a fare tutto.
    Non interrompeva mai ogni suo brano in modo burrascoso, ne lasciava le note a metà, quindi solo quando ebbe dato una conclusione appropriata avanzò verso il gran divano rosso, esitò prima di sedersi e mi guardò.
    - Accomodati. Non c’è bisogno che ti fai questi scrupoli, stai praticamente mezza giornata a casa mia, che tu ti sieda o prenda qualcosa dal frigorifero non c’è di certo bisogno che chiedi il permesso. -
    gli dissi intuendo le sue preoccupazioni, doveva sicuramente essere un tipo ben educato, di certo non come me.
    -E poi non ti mangio mica !- aggiunsi, e nella mia mente pensai “ Forse “.
    Basta, era colpa del maledetto libro che stavo scrivendo, quindi accettai la cosa, quando sicuramente il libro sarebbe finito e lui non sarebbe più restato in quella casa, la mia “fissa “ del momento sarebbe scemata, n’ero più che sicuro.
    O almeno…speravo.
    Feci un giro per i canali ma non c’era nulla di mio gradimento, quindi decisi di fare qualcosa di più costruttivo, mi alzai e accessi la console che era sotto il plasma.
    -Giochi ? – gli chiesi, lui distorse un sopraciglio poi fece cenno di no con la testa, guardò di fianco a se e prese ciò che era accanto al basso tavolino nero.
    Alzò ciò che aveva impugnato nella mano e mi guardò, capii perfettamente cosa mi stava chiedendo.
    Risposi alla sua muta domanda che chiedeva “ Posso ? “
    - Beh se ti va di rovinarti la serata, leggilo pure, non è un granché, non l’ho ancora pubblicato, troppo poco commerciale, hanno detto così e quindi insieme al mio editore stiamo aspettando un periodo più fruttifero per pubblicarlo. – gli dissi mentre sfogliò il libro che aveva in mano.
    L’avevo scritto e giusto per sfizio avevo richiesto una copertina, la rilegatura e la stampa solo per me. Avere dei fogli in casa che il mio gatto usava come cuccia non era il massimo, quindi era più comodo conservare i miei scritti come libri.
    Ritornai a sedermi con un joystick in mano, aspettando che mi dasse la schermata d’inizio, dove mi chiedeva se volevo iniziare nuovamente il gioco o caricare i dati.
    Laris si poggiò con la schiena al divano e mise le ginocchia vicino a se, utilizzandole come se fosse un appoggio per il libro che si apprestava a leggere.
    - Non è una storia molto bella, anzi è ridicola, parla della Vita e della Morte, li descrivo come personaggi e ognuno è la metà dell’altro, ma naturalmente come in tutte le storie banali d’amore, faranno fatica ad incontrarsi è una di quelle storie dove sai che i due protagonisti non potranno mai stare insieme per sempre. -
    Forse era proprio perché i miei finali erano sempre drammatici che facevo fatica a farmi pubblicare.
    Lui alzò lo sguardo stupito, c’era un vago entusiasmo nei suoi occhi e le sue guance presero colore, non feci in tempo a dire “ Non ridere ! “ che lui si mise una mano davanti alle labbra e trattene la sua risata.
    Io e i miei racconti contrastavamo sempre troppo, lo sapevo.
    - Beh in ogni caso, quando vuoi sei libero di andare, non credo che scriverò ancora, non ne ho voglia.- caricai la partita e mi ritrovai lì dove avevo lasciato il gioco.
    Era imbarazzante. Doveva essere l’incontrario, ero io lo scrittore e avrei dovuto leggere un buon libro seduto sul mio divano, lui invece che era ancora un ragazzo, avrebbe dovuto entusiasmarsi per i videogiochi, eppure questi ultimi in un certo senso m’ispiravano, però in un altro senso erano anche miei nemici dato che mi distraevano.
    Passarono alcuni minuti e poi furono ore.
    Fu un clima tranquillo, Laris accanto a me, che sfogliava le pagine man mano che finiva di leggere e io invece che non facevo altro che cercare di avanzare al livello successivo e mi sentivo stranamente a mio agio.
    Passammo così quel tempo, anche se Laris avrebbe voluto parlare credo che non avrebbe pronunciato nessuna parola perché quel silenzio non era “ reale “, non era quel silenzio in cui due persone non sapevano cosa dire, n’era creato dal suo misterioso mutismo. Era un silenzio diverso, dove le parole non servivano ed era strano pensarlo dato che io vivevo di parole.

    Poi il sonno si fece sentire, non ricordai bene cosa successe ma in fondo ero capace di addormentarmi sulla scrivania perciò assopirmi senza accorgermene sul divano rosso non mi riuscì difficile. Solo quando sentii un peso nello stomaco, senza nessuna grazia, rimasi in dormiveglia, chiedendomi che ore fossero e dove era finito Laris, mentre chi mi era piombato addosso, cercava prepotentemente delle coccole strusciando il muso sul mio mento.
    - Neve ...va via...- ma naturalmente non mi ascoltò e posizionai meglio la testa sul manico del divano.
    Vidi la sagoma di Laris aveva indosso il giubbotto, probabilmente stava andando via, avrei voluto accompagnarlo a casa ma ero ancora tra sogno e realtà quindi i miei sensi non erano del tutto connessi.
    Mi misi un braccio sulla fronte per ripararmi dalla luce, riuscii solo a dire a voce bassa:
    - Stai andando via ? -
    La risposta naturalmente non arrivò come sempre, ma mi ero quasi abituato a parlare con lui in quel modo.
    Poi sentii che si avvicinò a me, ma non fu per il rumore dei suoi passi, perfino in quello era silenzioso, me n’accorsi a causa del buon odore che aveva.
    Maledettissimo libro omosessuale.
    Le fusa del gatto conciliavano il mio sonno, sempre pesante, tra l’altro me lo stavo portando appresso dalle 5 di quel pomeriggio.

    - Buonanotte Zefir.-

    Un sussurro vicino al mio orecchio, i suoi capelli che sfiorarono il mio viso di lato, nulla di più di questo.
    Quella voce era ancora meglio delle sue melodie di qualunque altro suono.
    Di certo non avrei mai pensato di sentirla, mentre ero in dormiveglia e avevo sempre immaginato che nell’eventualità si fosse verificato quel fatto, il sentire la sua voce, ne sarei rimasto sorpreso e gli avrei fatto un sacco di domande, invece, Morfeo mi rapì tra le sue braccia senza permettermi replica.
    Le situazioni che immaginavo non capitavano mai.
    Il suo respiro mi sfiorò appena, poi il suo buon odore si allontanò, la luce che si spegneva e infine il rumore della porta d’entrata che si chiudeva dietro alle sue esili spalle.

    Cosa sognai ?
    Sognai un’intervista che mi avevano fatto, ricordando la voce femminile che mi chiese quella domanda. Offesa


    ***

    -Qual’è la parte più difficile da scrivere ? -
    Dovetti pensarci qualche secondo per inventare l’ennesima fandonia
    Chi mai avrebbe creduto che era proprio la nota d’inizio libro, un semplice nome, era per me la parte più complicata di un racconto ?
    - Il finale naturalmente.- risposi mentendo, in genere, le mie storie, le creavo proprio pensando alla fine.



    Ma…credo che non sarà più un problema decidere a chi dedicare il mio prossimo libro e a chi farlo leggere.

    ***

    Continua



    Nota 5


    Il sole di prima mattina mi accecò non ricordavo più quella sensazione da anni dato che casa mia la mattina era una specie di bunker, cercai di ripararmi dal sole con il braccio, ma prontamente il mio gatto nero reclamava la sua razione di cibo con fusa più che rumorose.
    -…Adesso mi sveglio…ancora un attimo…- gli dissi con voce impastata.
    -Meow- mi rispose con il miagolio basso e secco.
    Con fatica mi alzai, pur rimanendo seduto sul divano mettendomi una mano tra i capelli scompigliati e sciolti.
    Erano appena le nove, era uno shock per me che ero abituato a svegliarmi molto più tardi, il gatto balzò giù dal divano e si diresse in cucina tenendo la coda alta ben in vista come per incitarmi a seguirlo.
    Diedi un’occhiata al tavolino davanti a me e presi in mano gli occhiali squadrati….ebbi un breve flash e li lasciai cadere dalle mani, i miei occhi si spalancarono per un secondo.
    Aveva parlato.
    ….oppure l’aveva sognata la sua voce ?
    Aveva pronunciato il mio nome.
    …oppure era solo un mio desiderio che l’avesse fatto?
    Mi ritrovai più sveglio che mai ma confuso. E io cosa avevo risposto ?
    Probabilmente niente dato che sapevo che quando avevo sonno crollavo seduta stante, mi alzai svogliatamente e andai verso la cucina, sicuramente avevo qualcosa a cui pensare per tutta la mattinata.
    Cibai il mio gatto con delle scatolette specifiche per i piccoli felini, poi e me stesso con una tazza abbondante di cereali, ma la mia aria intontita si mischiava a quella del dubbio e cercai di ricordare la notte che era appena passata.
    E se aveva davvero parlato….Sarebbe cambiato qualcosa ?
    Restai in silenzio tra i miei pensieri sorridendo a malapena e dire che in genere le persone s’impensierivano quando un'altra persona non proferiva parola, io invece mi feci preoccupato per il motivo contrario, era quasi ridicolo.
    Feci il primo pensiero poetico di quella mattina finendo la mia colazione.
    Laris aveva già parlato, lo fece quando suonò la prima nota del pianoforte fatto d’ebano e d’avorio
    Questo era il mio pensiero, quello da scrittore, umanamente invece non vedevo l’ora di sentire la sua voce uscire dalle sue labbra.
    Restai sveglio quella mattina, non riuscii a riprendere sonno e aspettavo con una certa ansia il suo arrivo, ma poi mi persi nella mia biblioteca personale e il tempo passò tranquillamente, inoltre avevo anche la mi fidata console a tenermi compagnia, quindi le mie giornate passavano non era mai un problema cosa fare o come passare il tempo e solo quando mi dimenticai di che ore erano il campanello della mia porta trillò.
    I miei occhi si spalancarono, lasciai immediatamente sul ripiano la tazza di caffé che stavo sorseggiando in quel momento e corsi verso il corridoio per andare ad aprire, io che prima di farmi alzare dal divano dovevano suonare almeno tre volte mi misi a correre per aprire la porta, credevo che quel momento non sarebbe mai arrivato.
    E se era un venditore ambulante lo avrei ucciso, se era la vicina che mi chiedeva del sale per l’ennesima volta, anche lei l’avrei uccisa senza pietà.
    Aprii immediatamente, con il fiato corto, senza guardare chi era.
    ….Laris.
    Menomale non avrei dovuto commettere nessun omicidio.
    Era con il volto chino ma appena aprii rialzò il volto stupito guardandomi, ovvio, dovevo sembrare ridicolo.
    -Tu hai parlato vero ? Ieri sera hai parlato non è così ? O stavo sognando ? – gli dissi quello immediatamente, non sarei stato capace di stare ancora nel dubbio per altra mezza giornata, né tanto meno avrei fatto finta di niente, non ero mai stato bravo a trattenermi ne a stare in silenzio.
    Quindi…al diavolo la suspence e i mille dubbi!
    Lui si mise una mano davanti alla bocca e rise. Ma fu diversa dalle altre risate, era trattenuta ovviamente, ma non era silenziosa, poi mi scostai dalla porta per farlo entrare e ripresi fiato.
    Si tolse il giubbotto e lo attaccò lì dove all’entrata c’era l’attaccapanni, poi sfilò qualcosa dalla tracolla sportiva che portava quel giorno e me la diede; era il mio libro, quello che si era messo a leggere la sera prima.
    -…L’hai già finito ? – gli chiesi guardando la copertina.
    Con un cenno di capo mi rispose di si.
    ….Quindi avevo solo immaginato la sua voce ?
    Sfogliai il mio stesso libro, mi venne d’istinto e vi trovai un semplice biglietto scritto su un foglio bianco mentre Laris si apprestava ad andare al grande pianoforte, guardai la sua schiena e poi il biglietto che mi aveva lasciato.

    Leggetelo pure ad alta voce. “
    Incominciava così quella seconda lettera.
    -….cos’è una specie di recensione ? – dissi mentre lessi ciò che c’era scritto mentre sentii qualche nota pressata a caso da Laris, lo faceva sempre all’inzio prima di suonare seriamente.
    Feci ciò che mi richiedeva per iscritto.
    - “ Ho letto il vostro libro, ho letto la prima pagina e non riuscivo più a smettere, quindi scusatemi se non vi ho chiesto il permesso di portarlo con me, ma volevo assolutamente sapere come andava a finire.
    Non sono un gran lettore, quindi non posso giudicare e so che un banale, è molto bello e scritto bene, detto da me non ha poi così importanza ma mi è davvero piaciuto
    .” -
    Mi fermai e risposi alla sua lettera non capendola pienamente.
    - Scherzi vero ?
    Guarda che spesso quelli che si mettono a criticare i libri dei miei non capiscono nulla, inoltre non puoi immaginare la soddisfazione di chi legge raramente e rimane affascinato da un libro che ho scritto io, non è assolutamente vero che non ha importanza il tuo parere, ha più importanza il tuo che quello di chi si mette lì a pensare quante stelle darmi, se tutto va bene leggerà solamente la sintesi che c’è nel retro della copertina! -
    Si girò a tre quarti verso di me ma non era del tutto convinto delle mie parole.
    ….Mi chiedevo perché si sottovalutasse così ? Io che peccavo in arroganza, trovavo stupido denigrarsi in quel modo.
    Continuai a leggere le poche righe.
    - “ Sapete leggendo, non avrei mai pensato che avreste potuto scriverlo voi ma poi ho ricordato il vostro sguardo concentrato davanti allo schermo, mi chiedo se vi siete mai accorto di come leggermente incurvate le labbra mentre le vostre dita scorrono su quella tastiera che probabilmente conoscete a memoria, rammentando quest’immagine era ovvio che il libro non poteva essere altro che vostro. “ -
    Restai pensieroso e m’interruppi quella lettera era fin troppo seria quindi smorzai il tono con una mia battuta.
    - Eh già, deve essere davvero impressionante vedere qualcuno che sorride davanti al proprio pc, lo sapevi che i migliori serial killer incominciano così ? -
    Le sue note l’una distante dall’altra mentre le suonava in piedi, ancora una volta il suo profilo mi sembrò il più elegante di tutti.
    - “ Io non riuscirei mai immaginare storie del genere.
    Anche io un po’ v’invidio, però ho pensato che se qualche mia nota suonata può anche solo ispirarvi racconti del genere la mia invidia sparisce e mi sento davvero onorato di essere qui a suonare per voi Zefir.
    Inoltre….Mi fate spesso ridere, ve ne siete accorto ?
    “-
    Incrociai il suo sguardo troppo azzurro, gli rivolsi un sorriso beffardo, sulle sue labbra invece comparse quello quieto che aveva sempre, probabilmente solo con la sua espressione elegante e tranquilla poteva mettere a suo agio chiunque.
    - Sì me ne sono accorto e ora ogni volta che riderai mi dovrai dare cinque euro-
    A volte c’era chi apprezzava le mie strane battutacce.
    Ricordavo una volta in cui in quei giorni, tanto per cambiare, si era rotto un elettrodomestico a casa mia e avevo dovuto chiamare qualcuno che me lo aggiustasse e il tipo al citofono mi aveva chiesto se andava l’ascensore dicendo che non aveva voglia di fare i piani a piedi.
    Risposi con garbo, ma poi imprecai immediatamente qualcosa del tipo “ Ma brutto idiota, mica sei menomato ! Ti pagano per cosa? Per suonare i citofoni? ! “
    e naturalmente, quando arrivò a vedere il danno del frigorifero disse “ è rotto. “
    Grazie al cazzo. Quello lo sapevo pure io.
    Se n’andò, ricordo, senza aver terminato nulla e dicendo “ ritornerò “ mentre chiusi la porta e borbottai qualcosa di simile a “ sciogliti nell’acido ! “Laris tratteneva la sua risata.
    E con quella immagine che avevo nella mente prosegui la sua lettera.
    - “ E anche se non sembra, non rido più da molto tempo. Tutti mi trattano con riguardo e falsa gentilezza, sembra che hanno paura del mio silenzio, ma voi mi parlate come se potessi rispondervi da un momento all’altro e non vi fate problemi a nascondere la vostra curiosità, è come se mi diceste tutto quello che vi passa per la testa.”-
    A questa mi venne da tossire e pensare * quasi * tutto.
    - Inoltre, anche se non dico mai nessuna parola, quando suono il pianoforte faccio interi discorsi, a volte sono tristi, a volte allegri e altre volte ancora di speranza, ma molti ancora si ostinano a dirmi “ cerca di parlare “, eppure con un pianoforte e toccando anche solo una nota per me è una lettera.
    Non mi reputo affatto silenzioso.
    “-
    ….Non che non lo era. Era sicuramente una di quelle persone che ogni giorno aveva una cosa nuova da dire e la diceva sempre con un tono diverso, una di quelle persone che non smetteresti mai di ascoltare, Laris per me era uno di quelle.
    -“ Questo per dirvi che se con la mia musica riuscite anche solo a scrivere una parola di un vostro racconto, potrò dimostrare che sono tutt’altro che muto.
    Usate la mia musica e io userò le vostre parole non c’è nulla di più equivalente credo
    .”
    Le note distanti e basse facevano da sottofondo a quella lettera che mi sembrava la migliore delle recensioni che mai mi avevano fatto.
    - “ Finisco scrivendovi che spero che il vostro libro, quello che ho letto, un giorno verrà pubblicato, mi sento quasi in colpa ad averlo letto solo io.
    La Morte e la Vita che s’innamorarono è un’idea meravigliosa ne sono rimasto incantato e concludo dicendovi che scrivete frasi che sembrano pura poesia come ad esempio questa
    : ”-

    - Urla ti potrò sentire,
    Trapassami, ti potrò toccare,
    Uccidimi, ti potrò raggiungere.

    Firmato, Laris. -


    Restai ancora immobile con il viso leggermente chinato sulla lettera, mentre pronunciò l’ultima frase che c’era nel fondo della lettera firmata da lui.
    Come la prima volta in cui sentii la sua voce, fu bassa, un sussurro lieve ma che si sentiva in ogni caso.
    Alzai lentamente lo sguardo, incatenando i miei occhi blu sulle sue labbra in uno di quei sorrisi lievi ma tristi allo stesso tempo, fu un’espressione di chi cercava di sorridere in modo convincente, ma inevitabilmente c’era una sfumatura di tristezza che contrastava meravigliosamente.
    -…Hai parlato vero ora ? non è la mia immaginazione ? –spesso peccavo troppo di quest’ultima.
    Mi diede il suo profilo e si rattristò per qualche attimo poi assunse la sua solita espressione tranquilla mentre guardava i tasti del pianoforte come se fossero la cosa più preziosa che aveva a quel mondo.
    - Sì l’ho fatto….perdonate la mia lentezza….ma faccio ancora fatica.-
    Erano parole dette lentamente l’una dall’altra, dove un solo secondo mi sembrava un minuto.
    La sua era una voce bellissima, anche il suo timbro era pura melodia per le mie orecchie e ora che sapevo che proferiva parola le domande nella mia mente si ammassavano, ma non era di certo una buona mossa fargli il terzo grado, fu come se mi avesse letto nella mente perché mi disse con una lentezza esasperante ciò che pensava.
    -….Ora però…non aspettatevi interi discorsi.- a quel punto incrociò il mio sguardo, ma quella volta era sicuro e un sorriso amaro sulle sue labbra si dipinse.
    Sembrava dolce, ma allo stesso tempo sicuro, come così era sicuro d’ogni nota suonata lo era di quello che pronunciava. E per me che ero uno scrittore non c’era niente di meglio del contrasto.
    Ripresi la mia solita aria spavalda.
    -Ah non ti preoccupare, ma credi che ora un “ sì “ e “no “ tu sappia dirlo? Quanto meno non passo per pazzo e sembra che parlo con qualcuno così. -
    E ancora una volta la sua risata, non più soffocata come le prime che faceva, si tirò indietro una ciocca di capelli e si mise sedere al pianoforte e guardò dritto davanti a sé mentre sfiorava i tasti bianchi e io rimanevo colpito da ogni gesto che faceva, era innatamente elegante.
    Forse lo erano tutti i pianisti.
    Gli scrittori invece erano sempre così trasandati.
    Era l’inizio di una sua melodia, eppure era molto più raffinata di quelle che suonava di solito.
    -…Ho inventato un brano per il vostro libro, non ho potuto fare a meno di farlo.- la sua voce si adattava perfettamente a quelle note, sembrava un incastro perfetto.
    Forse fu una delle più belle che avesse mai suonato, ma facevo questo pensiero ogni volta che si metteva al pianoforte, stava eseguendo un brano meraviglioso e ogni nota si adattava perfettamente a qualunque frase del libro che avevo scritto, poteva animare ogni storia con il suono del pianoforte.
    Fu un'unica immagina quella che mi venne alla mente nel momento in cui suonò, erano due mani, una più esile femminile e l’altra più articolata che cercava di raggiungere l’altra disperatamente.
    Una classica scena insomma.
    Eppure al contrario di quelle classiche scene c’era qualcosa di nuovo, sapevano che non si sarebbero mai raggiunti, difatti la mano esile mentre cercò di prendere l’altra la trapassò e a quel punto fu una melodia dolorosa, come sofferta mentre l’uno si allontanò dall’altro.
    In effetti quella storia tra la Vita e la Morte, era a dir poco impossibile nessuno avrebbe mai potuto sperare in un lieto fine eppure si aveva la speranza fino alla conclusione che i due amanti si potessero rincontrare.
    Era come scrivere un amore tra il sole e la luna, tra il cielo e la terra, tra il mare e la spiaggia, questi erano gli amori davvero impossibili.
    Il brano di Laris prese più enfasi ed erano note veloci, ma non accatastate, solo che non c’era spazio tra loro, scorrevano semplicemente, tuttavia in quella melodia, era triste questo era vero, ma c’era qualcosa di melodico e speranzoso, per questo non sembrò uno di quei tanti brani che si ascoltavano quando si è solamente tristi, quello che stava suonando sembrava adatto ad ogni stato d’umore.
    Diede un sottofondo musicale al mio libro, fece questo, in quei cinque semplici minuti, aveva riassunto la mia storia e i sentimenti dei miei personaggi in quel modo.
    Sfiorava ancora quei tasti, mi ero promesso di non fargli il terzo grado, ma la mia domanda salì alla bocca, ancora stupito.
    -…Come hai fatto ? -
    Ancora una volta quel sorriso di comprensione che troneggiava sulle ambite labbra.
    -è il racconto che avete scritto voi, io non ho fatto niente.-
    E quello lo chiamava niente? Guardai il libro posato vicino al pianoforte.
    -…Quasi quasi me lo fai apprezzare.- gli dissi mentre mi avvicinai al pianoforte e sfiorai il libro che avevo scritto.
    -…a cosa pensavate ? – fu la prima volta che mi rivolse una domanda, lo guardai dall’alto mentre lui era seduto, sembrava così strano parlare con lui, eppure le mie lettere e le sue note avevano già comunicato tra loro fin dal primo giorno.
    Ricordai l’ispirazione di quel momento mentre avevo scritto quella strana storia.
    -…oltre a pagare il mutuo intendi ? – gli dissi serio ed ebbi l’esito sperato alla mia domanda, una lieve risata.
    - Pensavo che…pensavo che le storie che escono in questo periodo riguardano la banalità più totale, vampiro ed umano, lui s’innamora di lei e tutti vivono felici e contenti.
    Era pura mediocrità ai miei occhi, mi dissi quindi di scrivere una storia che nessuno mai aveva scritto, volevo qualcosa d’originale, quindi immaginai un mondo, tra ghiaccio e fuoco dove c’erano due esseri, che vagavano prima ancora di noi, molto tempo fa, alla ricerca di uno scopo e Dio chiese ad uno dei due che significato volesse avere.
    Lei, disperata, chiedeva solamente d’essere utile a qualcuno che la si apprezzasse, che la si amasse, quindi gli fu donato il dono di donare la Vita. -
    m’interruppi bruscamente e fu come ritornare alla realtà, mi stavo perdendo troppo….ma non ci fu bisogno che Laris parlasse per farmi capire cosa voleva dire.
    ” e poi ? “ domandò silenzioso, continuai con incertezza.
    -…e quando scelse la sua ragione, dall’altra parte, dalla regione opposta in cui si trovava scelse anche un altro destino, quello della Morte.
    Pensai che tutte e due soffrissero enormemente, lui non poteva fare altro che odiarla ciononostante furono inevitabilmente attratti l’uno dall’altra.
    Si amarono, ma era ovvio che nonostante la loro esistenza eterna, perché sarebbero sempre esistiti, non potevano stare insieme. Il mondo sarebbe stato a soqquadro, i morti sarebbero ritornati in vita e chi aveva perso un familiare o un compagno a lui caro poteva varcare la soglia della morte per rincontrarlo.
    Dio quindi li divise, come così aveva diviso il giorno dalla notte. -
    Mi ammutolii un istante, ero sicuro che se qualcun altro avesse sentito ciò che pronunciavo mi avrebbe portato in un manicomio.
    - Era un’idea originale e la scrissi, nulla più di questo, però era talmente originale…che il mio editore mi disse che non si fidava ancora a pubblicarla ! Anzi mi disse “ ma perché non fai storie come tutti gli altri ? “ -
    Indirettamente per me quello fu uno dei migliori dei complimenti.
    - è un pensiero meraviglioso.- disse solo, sapevo che voleva pronunciare altro si leggeva negli occhi, ma ancora non poteva, aveva già pronunciato abbastanza.
    Sospirai.
    - E dire che non ero nemmeno sotto effetto di droghe.- esclamai, non amavo poi così tanto parlare di ciò che scrivevo per questo smorzavo il tutto con una battuta.
    Leggere era una cosa, sentire parlare me era un'altra, ero sicuro che con le parole a voce alta non sarei mai riuscito a comunicare quello che invece scrivevo su un foglio bianco.
    Poi ci fu l’ultima frase di quel giorno da parte di Laris, per poi ammutolirsi di nuovo e del tutto.
    - Deve aver vissuto grandi storie d’amore.- disse a voce appena udibile mentre io mi rimisi alla scrivania.
    -Ebbene si. - mi scricchiolai le dita e aprii il file da dove dovevo continuare
    -La mia storia più lunga dura ormai da dodici anni. - guardai le note che mi ero lasciato sul desktop – ed è con la mia penna e il mio foglio. –rivolsi a lui l’attenzione con un sorriso beffardo, mentre notai dello stupore nei suoi occhi freddi.
    -Ovvio è una frase d’effetto, ma in fondo dire “ Ho una relazione con il mio pc che si blocca per ogni cosa, e con la mia tastiera di cui si sono cancellate le lettere a furia di scriverci.”
    Suona male no ? -
    Mise una mano davanti alle sue labbra abbassando il capo annuendo, lo guardai con dolcezza, poi ritornai al mio libro.


    ***

    Non era vero, non avevo mai vissuto grandi storie d’amore e se le avessi avute non avrei potuto scriverne tali vi sembra?
    Mi limito ad immaginare cose che non esistono e storie d’amore che non ho mai vissuto.
    Solo quando un uomo è solo sa parlare d'amore, lo enfatizzerà, lo decanterà, lo esalterà,
    ma dal momento in cui l'avrà, si ritroverà a corto di versi, di belle parole, cosciente della verità.

    …O almeno era questo quel che pensavo prima che le sue labbra fossero mie.

    ***


    Continua...

    Edited by reiko88 - 4/12/2009, 00:43
     
    .
  2.     Top   Dislike
     
    .
    Avatar

    Sho level
    1000-2

    Group
    Member
    Posts
    1,950
    Regali
    +5

    Status
    Hasu
    ke bella...nn ho parole.... ho mess una vita ha leggere tutto .... ma nn potevo smettere...complimenti ...spero di poter leggere il seguito il prima possibile per scoprire..coa accadrà-...
    ^^

    complimenti...!! :sisi: :flowh:
     
    .
  3. reiko88
        Top   Dislike
     
    .

    User deleted


    ti ringrazio makimakismile per averla letta e il commento ** si si è un pò lunga XD le incomincio sempre credendo di fare 2 o 3 cap ma poi diventano un sacco >_< quindi ti ringrazio anche per la pazienza avuta nel leggerla, ora sto corregendo un pò le altre parti e posterò presto il seguito ^^
     
    .
  4.     Top   Dislike
     
    .
    Avatar

    Sho level
    1000-2

    Group
    Member
    Posts
    1,950
    Regali
    +5

    Status
    Hasu
    CITAZIONE
    ti ringrazio makimakismile per averla letta e il commento ** si si è un pò lunga XD le incomincio sempre credendo di fare 2 o 3 cap ma poi diventano un sacco >_< quindi ti ringrazio anche per la pazienza avuta nel leggerla, ora sto corregendo un pò le altre parti e posterò presto il seguito ^^

    nessun problema.... la storia è bella e la lettura è piacevole.....non risulta pesante ma piacevole...quindi nn aspetto altro ke un nuovo capitolo..^^
     
    .
  5. raffapucca
        Top   Dislike
     
    .

    User deleted


    Posso solo quotare Makimakismile. Ti lascia senza parole e lo leggi d'un fiato senza stancarti!
    Bravissima Reiko88, mi hai deliziato talmente che mi costringi a chiederti: a quando il seguito? sapremo perchè Laris non parla?? farà sue quelle labbra???
    Mi spiace non essere passata prima a leggere questo splendido racconto e ti ringrazio per avermi dato l'opportunità di leggerlo.
    Aspetto con ansia il seguito, arigatou :wub:
     
    .
  6.     Top   Dislike
     
    .
    Avatar

    Sho level
    1000-2

    Group
    Member
    Posts
    1,950
    Regali
    +5

    Status
    Hasu
    CITAZIONE
    Posso solo quotare Makimakismile

    grazieeeee...
    cmq quando ci sarà il prox capitolo..... mi sto immaginado come poterebbre evolversi la storia .....XD
     
    .
5 replies since 3/12/2009, 23:23   331 views
  Share  
.
Top
Top