Broken Wings

di Ayumi-chan

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    Ringrazio Shion per la sezione!

    Cominciamo col presentare la fan fic.
    Broken Wings è una storia Yaoi divisa in sei capitoli ( non è lunga perché gli impegni non mi hanno permesso di scrivere una storia lunga), è ambientata nei giorni nostri ed è la storia di due giovani ragazzi, due 'angeli' che si incontrano per caso e che da allora non sapranno fare a meno l'uno dell'altro. Ognuno con le sue debolezze, con il suo bisogno d'amore, con le insicurezze, dolori e felicità nascoste. La vita li ha messi alla prova, e in un mondo così duro si aggrapperanno l'uno all'altro per non perdersi.
    Non so a che letture siete abituati, questa è la prima fanfition che scrivo, perciò non so se sarò all'altezza xD
    Spero vi piaccia.

    ATTENZIONE: come ho detto è di genere Yaoi, genere che tratta amore omossessuale anche esplicito. Vi prego di non leggerlo se non vi piace questa tematica, oppure se vi da fastidio il leggere di sesso esplicito (ma non è volgare, assicuro u.u).


    Disclaimer: Storia e personaggi sono interamente di mia invenzione, non ci guadagno niente a scriverle ma me ne riservo i diritti.


    NB
    Non lasciatevi spaventare dal primo capitolo. E' un po' crudo, però era necessario ai fini della narrazione successiva, che si riscatta pienamente :D

    E ora procedo alla pubblicazione.
    Buona lettura e mi raccomando, fatemi sapere cosa ne pensate!

    Broken Wings (Capitolo primo)


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    Camminano angeli, muti con me;
    non hanno respiro le cose;
    in pietra mutata ogni voce, silenzio di cieli sepolti.

    Salvatore Quasimodo



    Le 20.30. “Merda, com’è tardi! Ah... speriamo che mia madre non si infuri...”.
    I passi risuonavano svelti sul selciato, riempiendo il silenzio della strada illuminata dalla sbiadita luce dei lampioni che solo allora cominciava a fare luce.

    < Ne sono sicuro: questa... questa è la volta che mi ammazza!>. Christian lo disse ad alta voce.
    < Davvero?> una voce gli mozzò il fiato e lo fece arrestare come se gli avesse messo il sale sulla coda. Non aveva sentito i passi alle sue spalle.

    Si voltò: un bell’uomo, forse sui 30 anni o giù di lì, dall’aria discinta; con lui, altri due uomini. Avevano un’aria scomposta, ridacchiavano tra di loro... Erano ubriachi?
    Quello che aveva parlato cominciò a camminare verso di lui con un sorriso che non aveva niente di amichevole.
    Un’ansia cominciò ad insinuarglisi dentro come un serpente che sta puntando alla sua preda: Christian si rese conto che l’uomo era a metà strada da lui da quando aveva mosso i passi e lui era rimasto lì impalato. Si voltò di nuovo davanti a sé e riprese il suo passo svelto, stavolta non per la paura di quello che l’aspettava a casa.

    < Già te ne vai? Perché non resti con noi, così ci divertiamo un po’?> Le risate alle sue spalle sembravano quelle di un branco di iene.
    I passi segnavano i battiti del suo cuore quando l’ansia si trasformò in un istante in paura allo stato puro.
    Cominciò a correre.

    < Hey!, > disse la voce più vicina. Stava per voltarsi per vedere quanti metri lo distanziassero dall’uomo, quando vide disegnarsi per terra l’ombra di un braccio che stava per afferrare quella davanti a sé.
    Un grido gli morì in gola. Era troppo tardi...

    < Ti ho detto ‘Perché non resti un po’ con noi?’. Che fai, ragazzino, non mi hai sentito per caso?>. Christian poté sentire il fetore di alcool pungergli lo stomaco, mentre l’uomo lo teneva per il collo della maglia.

    < Hey, ragazzi! Venite un po’ qua! > I ‘ragazzi’ li raggiunsero. < Sembra che il nostro amichetto, qui, non abbia la voce. Non hai la voce? Oppure sei sordo? Eh? Oh! Ma mi senti?!>. Uno scroscio di risate lo sommerse, quando riprese: <perché non ce ne accertiamo, eh?>. Gli occhi dell’uomo si fecero due fessure e quel sorriso prese le sembianze di un ghigno. Ogni lineamento che prima gli era sembrato di una qualche bellezza si deformava in una maschera di mostruosa lascivia!
    Christian rispose al posto degli altri uomini:< Vi prego... io... Volete i soldi, vero? Ho il cellulare, eccolo! Io... io... dovrei tornare a casa perché è tardi e non posso...>. Gli uomini lo guardarono come se non avesse aperto bocca. < Lasciatemi andare!>, pregò il ragazzo con occhi supplicanti.

    < Nico, hai sentito? Sembra che ti sbagli, questo qui parla e non sembra mica sordo!>, disse uno degli uomini verso l’uomo che teneva per la collottola Christian.
    < Non ho chiesto la tua opinione, Carl, sta’ zitto!>, sbraitò Nico. Poi, rivolto a Christian < E così la lingua ce l’hai! Come ti chiami, bel brunetto?>.
    Stavolta il fetore di alcool gli sommerse lo stomaco... < Christian... >, riuscì a rispondere prima che la nausea gli arrivasse in gola.

    < Christian, mh? Vedi, Christian, noi non vogliamo mica i tuoi soldi? Tieniti pure il cellulare!>, disse l’uomo con voce gentile. < In realtà quello che noi vogliamo, quello che io voglio, è solo divertirmi un po’. Non c’è nulla di male in questo, no, Christian?>, aggiunse in un tono fin troppo cortese.

    Christian era rimasto lì pietrificato, quando l’istinto gli gridò di scappare immediatamente!
    Fece uno scatto all’improvviso contando sulla sorpresa, svincolandosi, ma non aveva contato che l’uomo dietro di lui lo sovrastava sia in altezza che in velocità. Venne ripreso per i capelli, e in un secondo fu di nuovo in trappola. Quando si voltò a guardarlo, Nico stava ridendo, di una risata innaturale, che aveva un tono troppo alto. Il braccio gli faceva male... La mano più grande del suo cacciatore stringeva troppo forte.
    < Non puoi andartene prima che la festa inizi! E’ scortese!>, disse Nico sbattendo il ragazzo più giovane nella penombra del vicolo vicino.
    < NOO!!!>, gridò il Christian.

    Le tre ombre ormai lo sovrastavano, non aveva nessuna via di uscita.
    Guardando verso la strada, sperava almeno di vedere qualcuno, ma a quell’ora di sera sembrava che il mondo fosse popolato solo da loro quattro. Pieno di disperazione, il giovane si lanciò contro i suoi aggressori, lanciando pugni e calci alla cieca. Il tentativo era inutile, lo sapeva. Difatti in un attimo si ritrovò immobilizzato.
    Una mano gli prese con forza il mento. < Cosa credevi di fare, eh, ragazzino?!>, disse Nico prima di dargli un manrovescio.

    Christian sentì il dolore pulsargli in testa. Doveva scappare. Ma come?! I pensieri sembravano aver smesso di essere logici e non gli veniva in mente niente di sensato da fare!
    E così mentre Carl e l’altro tirapiedi lo tenevano fermo per le braccia, Nico cominciò ad osservarlo con attenzione, a sfiorargli il contorno del viso che era rimasto basso, a guardare il suolo.

    < Carl, Alex, andatevene.>, disse l’uomo, in tono serio.
    < Ma Nico!>, provò a fare Carl.
    < VI HO DETTO DI ANDARVENE!>, tuonò Nico senza ammettere altre repliche.

    Se ne andarono.
    Christian sentì le dita avvolgersi sotto la mascella contratta e fu costretto a guardarlo: quell’uomo sembrava un bambino che aveva trovato un giocattolo nuovo.
    < Lo sai che sei proprio carino, Christian?>, gli disse mentre le sue dita non smettevano di toccargli il viso, ora a scostare le ciocche brune che gli ricadevano scomposte sulla fronte, ora a sfiorare il profilo delle sue labbra disegnate. < Non ti condividerò con altri, tu sei mio..>, gli disse con un tono di voce basso.
    Christian si ritrasse all’improvviso: il tocco di quell’uomo si era posato sul livido dolente.

    < Non ti farò del male...>, disse ansimando appena, a un centimetro dalla sua bocca.
    < No! LASCIAMI ANDARE!> gridò Christian, che con uno spintone lo fece arretrare violentemente.
    Il ragazzo colse l’occasione per scappare. La luce si faceva sempre più viva all’avvicinarsi dell’imbocco della strada.
    "Ce l’ho fatta!” pensò, quando mise un piede in fallo e cadde rovinosamente ai piedi del cartello che segnava la strada.

    < Piccolo bastardo! Vieni qui!>, gridò Nico alle sue spalle.
    Christian si sentì afferrare per i capelli, così forte che credette volesse strapparglieli dalla testa.
    < Ora ti faccio stare buono io!>, continuò l’altro mentre lo afferrava per i polsi e lo sbatté con la faccia contro il muro, con le mani costrette in una morsa di ferro sopra la sua testa.
    < Ti prego... lasciami andare...>, implorò il ragazzo. Ma Nico gli rispose con un ghigno cupo.
    < Ora ci divertiamo...>, gli soffiò l’uomo nell’orecchio.
    Christian, mentre cercava inutilmente di liberarsi dalla stretta, sentì una mano all’altezza dei lombi. < Ma che fai? Lasciami!>. L’altro non rispose e continuò la sua esplorazione, ignorando la sua vittima. < No!>, implorò Christian, ma Nico era già alle prese con la cerniera dei pantaloni e qualsiasi cosa avrebbe detto, sarebbe stato completamente inutile.
    Il ragazzo sentì la tensione salire alle stelle quando le mani cominciarono a tastarlo con rudezza. La disperazione si avviò verso un illimitato crescendo mentre sentiva sfilar giù i jeans e poi i boxer.
    < Noh... >, Christian voleva piangere. < Lasciami... >
    Un bruciore fortissimo lo fece inarcare contro il muro < AAAAAH!!!>. Il suo urlo straziante lacerò quel silenzio fatto di orrore mentre Nico continuava a penetrarlo con violenza prendendosi il suo piacere. Ancora, ancora e ancora...
    Lo choc e il dolore furono così forti che Christian sentì un vuoto dentro allargarsi fino a venire risucchiato dal buio dell’oblio...



    Fine Primo Capitolo

    Broken Wings (Capitolo Secondo)

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    La luna cominciava a salire sulla città che si impregnava della malinconica aria d’autunno. Un vento accarezzava le chiome dei pochi alberi presenti e spazzava via le foglie secche per portarle con sé nel suo viaggio verso nord. Non c’erano stelle quella sera.

    “Perché fa così freddo..?”
    Christian era ancora accasciato a terra, riverso contro il muro, quando riprese i sensi.
    “Ho freddo...” Gli occhi si aprirono lentamente per vedere che non era a casa, nel suo letto. All’improvviso si sentì troppo stanco... avrebbe voluto dormire lì, e così sarebbe stato se il freddo e il duro cuscino di cemento non l’avessero costretto a ricordare che quello di prima non era stato solo un brutto incubo.

    Se ne stette lì a fissare il vuoto per un tempo indefinibile, con gli occhi vitrei semiaperti, a guardare il niente.
    “Non ce la faccio...”
    Le palpebre gli parevano così pesanti...
    Solo la mente sembrava aver conservato la vita, le braccia e le gambe restavano immobili e gli facevano male. Sentiva dolore dappertutto.
    “La mia faccia...”
    Una smorfia di sofferenza gli piegò la bocca amara. Le pulsazioni alla testa martellavano come se una bomba stesse per esplodere da un momento all’altro.
    Sentì qualcosa di caldo accarezzargli le gote dolcemente, a riscaldarlo in quella fredda notte, la sua unica compagnia nella strada desolata mentre dentro di sé sentiva ancora più freddo e solitudine di quanta ne provasse fuori. Chiuse gli occhi mentre le lacrime scorrevano lente sui lividi e le escoriazioni.
    Bruciavano.
    Christian si rannicchiò di più su se stesso. Aveva cominciato a tremare, ma non era solo per il freddo. Avrebbe voluto morire in quello stesso istante, per non dover sopportare l’angoscia e la disperazione che lo stavano schiacciando più crudelmente della fine che desiderava. Gli spasmi crescevano e i singhiozzi non gli facevano prendere fiato normalmente.

    Poi un rumore...
    Dei passi.

    “C’è qualcuno!”, si allarmò, cercando di soffocare i singhiozzi che lo scuotevano.

    < Ok, ci vediamo domani! Bella serata, eh? Ahahahah!>
    < Già... buonanotte, allora!>
    Queste le voci che sentiva, all’avvicinarsi di un’ombra sul marciapiede.
    Christian si rese conto in che stato era e cercò di tirarsi più indietro, nell’ombra, ma qualcosa gli tagliò la mano. Un vetro di bottiglia.
    “Merda!” <ah!!!>, gli sfuggì.

    < Chi c’è?>, disse una voce maschile. < C’è qualcuno?>, chiese ancora avvicinandosi all’ingresso del vicolo.
    Christian cercò di tirarsi più indietro, ma non riusciva a controllare i gemiti e le scosse che lo attraversavano.
    “Vattene! Vattene via ti prego...”

    < Hey, serve aiuto?>, disse l’ombra entrando di più nella stradina. La luce del lampione gli tagliava a metà il viso, scoprendo in parte i tratti dell’uomo. Sembrava molto giovane, nonostante l’abbigliamento formale. I tratti erano marcati, ma freschi. Nella sua lenta avanzata poté notare una figura alta e decisa, ma non sembrava minaccioso, anche se era accigliato.
    < Vattene via!>, implorò Christian, stavolta ad alta voce.
    < Stai bene? Che ti è successo?>

    “Quante domande... Fatti gli affari tuoi!”
    < Vattene!>, ripeté, mentre con la mano ferita cercava di tirarsi su i boxer per nascondere la sua nudità.
    L’ombra, però, si avvicinava ancora. Ormai era davanti a lui.
    “Non mi guardare...”
    < Oh, ma tu sei ferito!>, disse il giovane uomo sgranando gli occhi. Si avvicinò improvvisamente e chinandosi su di lui per cercare di aiutarlo, Christian poté notare che gli occhi erano chiari.

    < NON MI TOCCARE!!!>, gridò Christian isterico.
    La voce gli si era spezzata in gola. Non bastavano l’angoscia e la disperazione, ora doveva aggiungersi anche la vergogna ad umiliarlo! Mai avrebbe voluto che qualcuno lo vedesse ridotto in quello stato.
    < Non mi toccare...> Una nuova ondata di lacrime minacciava di assalirlo.
    < Ma tu stai male! Sanguini!>
    < Ti ho detto di lasciarmi! Sto bene!> Christian con un gesto brusco tolse da sé le mani dell’uomo che cercava di farlo rialzare. < Ce la faccio.>, disse, cercando di raccogliere le ultime briciole di dignità che gli erano rimaste.

    L’uomo guardò il ragazzo accasciato a terra. Nonostante le condizioni in cui era sembravano tutt’altro che buone, lo vide piantare le mani in terra con ostinazione per cercare di rialzarsi. La smorfia di dolore che si dipinse sul giovane viso gli fece rendere conto di quanto male potesse provare in quel momento. Il cuore gli si aprì letteralmente in due quando, alzandosi in piedi, il giovane mostrò alla luce i lividi e i graffi sui bei lineamenti. “Mio Dio...”, pensò, “Cosa gli hanno fatto...” Era giovane, andava ancora a scuola a giudicare dallo stemma della Felton High School sulla maglia, anche se i tratti decisi facevano pensare piuttosto a uno studente del college. Vide i boxer ancora scomposti e i pantaloni in terra. Trasalì.
    Trasalì perché aveva capito.

    Christian sentiva la vergogna fargli male più dei lividi. Non riusciva a guardare quell’uomo in faccia. Aveva ancora i jeans abbassati e cercava di rialzarli, stentando. Ogni volta che si chinava sentiva la testa girare.

    D’un tratto vide due mani prendere il bordo dei pantaloni e alzarglielo fino alla vita.
    < Lascia!>, sbraitò Christian.
    < SMETTILA!>, gridò il giovane uomo, < Ora basta.>, aggiunse, mentre con mano sicura abbottonava e tirava su la zip. < Non sei capace nemmeno di reggerti in piedi.> E con questo, lo inchiodò con il suo sguardo severo.

    A quelle parole la maschera d’orgoglio con cui Christian voleva ingannarlo andò distrutta in mille pezzi. Fare finta di essere forte non avrebbe cambiato lo stato delle cose. Le lacrime, trattenute fino a quel momento, uscirono dai suoi occhi senza chiedere il permesso, scivolando veloci sul suo viso a cancellare quella maschera. Chiuse gli occhi, sperando che così facendo potesse sparire lui stesso. Per sempre. Invece sentì una sensazione di calore. Una grande mano calda gli si posò delicatamente sul viso, sulle sue lacrime. Un abbraccio protettivo lo avvolse dentro di sé.
    < Mi dispiace...>, disse l’uomo, < Non volevo farti piangere. Non hai nessuna colpa di quello che ti è successo... Scusami.>, disse piano. A Christian sembrava triste.

    Era tardi, e forse a casa anche sua madre era andata a dormire. Forse...
    In quel momento, però, volle scacciare via ogni altro pensiero e abbandonarsi senza resistenze in quell’abbraccio che sembrava volerlo proteggere dal tempo e dal mondo. Non sentiva più freddo.
    “Che buon profumo...”, pensò inspirando a fondo dopo tanto tempo.
    < Vuoi che ti porti in ospedale?>, disse il giovane uomo ad un tratto.
    Christian si riprese da quella momentanea trance. < Voglio tornare a casa...>, fu la sua risposta, mentre si scioglieva da quelle braccia. Provò a fare qualche passo, ma vacillò.
    < Aspetta, ti aiuto> Il giovane sconosciuto gli passò un braccio dietro la schiena per sorreggerlo. < Credo che così avrai più possibilità di arrivarci.>, disse provando a sorridere, facendo comparire le fossette ai lati della bocca. Sembrava un angelo.
    Anche Christian accennò a un sorriso e l’uomo poté vedere ricomparire parte della bellezza che gli era stata tolta, anche se gli occhi scuri continuavano ad essere tristi.

    Arrivati davanti la porta di casa del ragazzo più giovane, l’uomo lasciò andare Christian. Era il momento di salutarsi. Si fissarono per qualche secondo senza sapere cosa dire. Fu Christian a parlare per primo.
    < Grazie>, disse solamente.
    < Sicuro di stare bene?>, chiese l’altro. Quel ragazzo gli sembrava così fragile...
    < Me la caverò>, rispose Christian.
    “Non c’è nessuno qui a proteggerti, come farai?”, pensò il giovane uomo, ma non lo disse. Guardò di nuovo il ragazzo che intanto era rimasto ad occhi bassi sulla porta, imbarazzato. Con una mano gli scostò le ciocche scure che ricadevano sulla fronte liscia e vi posò un bacio.
    < Beh, abbi cura di te>, disse infine. Si voltò e riprese la sua strada.
    Christian lo guardò allontanarsi mentre il cuore cominciava a correre frenetico, ansioso.
    < ASPETTA!>, gridò.
    L’uomo si voltò.
    < Come ti chiami?>, chiese il ragazzo.
    < Lawrence>, gli rispose l’altro.
    < Io sono Christian.>
    Si sorrisero per un attimo, prima che ognuno andasse verso la propria direzione. Forse non si sarebbero mai più rivisti.

    Christian aprì la porta lentamente. Era tutto buio e c’era silenzio “Sembra che qui dormano tutti”, pensò tirando un sospiro di sollievo. Era troppo stanco per farsi una doccia. Si svestì e si mise a letto.
    Ripensò a quello che gli era successo quella sera. Pensò che da allora in avanti non sarebbe stato mai più lo stesso. Poi un volto d’angelo sorridente gli accarezzò la mente. Aveva i capelli di un biondo scuro, gli occhi verdi e le fossette ai lati della bocca. Era Lawrence...
    Con quell’immagine Christian scivolò tra le braccia di Morfeo, dimenticando gli orrori e il dolore, in un sonno senza sogni…



    Fine Secondo Capitolo
     
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  2. AmantaH.
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    *v*
    Mi piaFe, fino a qui me piaFe *O*
    Sadica e Darkosa e scrivi anche piuttosto bene °çç°
    Vai col prossimo è_é
     
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  3. Ayumi-chan
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    CITAZIONE (AmantaH. @ 1/12/2008, 19:08)
    *v*
    Mi piaFe, fino a qui me piaFe *O*
    Sadica e Darkosa e scrivi anche piuttosto bene °çç°
    Vai col prossimo è_é

    *fa un inchino cavalleresco* Ogni tuo desiderio è un ordine.

    PS
    Grazie tantotantotanto!^^

    Broken Wings (Capitolo Terzo)

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    “Uffa, ma ha deciso di spiegare tutto il programma oggi?”. Christian guardò l’orologio per la trentesima volta durante l’ora di matematica. “Mancano 10 minuti. Christian, resisti altri 10 minuti. Solo 10...” . Quei pochi minuti gli sembravano un’eternità. La matematica non solo non gli era mai piaciuta, ma da quando la professoressa Smith era arrivata alla Felton aveva rinunciato definitivamente anche a capirla visto che starla a sentire si era rivelato una tortura allucinante.

    I lividi erano schiariti in parte e sulla faccia portava due cerotti.
    Era passata quasi una settimana da quella sera. Ricordava che la mattina dopo sua madre era entrata in camera sua urlando, voleva suonargliele perché la sera prima non era rientrato. Quando tirò via la coperta, però, rimase con la mano a mezz’aria. Il cuscino e il copriletto erano macchiati di sangue, inoltre non si era cambiato, quindi aveva ancora i boxer sporcati dalla mano ferita, per non parlare delle condizioni in cui era la sua faccia... Christian, che si era svegliato per via delle urla, aprì gli occhi appena in tempo per vedere le lacrime e l’espressione addolorata sul volto di sua madre. < Mio Dio, Christian, che hai fatto...>: ricordò fu l’unica cosa che riuscì a dire prima di scoppiare in singhiozzi. Il ragazzo gli raccontò di essere stato pestato da un gruppo di teppisti che volevano i suoi soldi. “Credo che questo faccia meno male della verità”, aveva pensato amaramente.
    La vergogna che provava riguardo quella notte gli mozzava la voce al solo ricordo, perciò se anche avesse voluto, non sarebbe mai riuscito a raccontarlo ad anima viva. L’unico che sapeva era Lawrence e nonostante ciò, aveva comunque la sensazione che il suo segreto sarebbe sbiadito insieme ai suoi lividi, visto che quell’uomo era apparso per scomparire subito dopo, senza lasciare traccia. Negli ultimi giorni non aveva fatto che pensarci. Tutto quello che sapeva di lui era il suo nome. Non sapeva nient’altro. L’unica cosa che gli restava era il ricordo di quei momenti passati dopo l’orrore: la sua premura, il calore della sua mano, quell’abbraccio... ma la cosa che lo rendeva più irrequieto era una domanda: “Perché?” Perché ci pensava così tanto? Forse perché era il suo eroe e quindi era giusto provare ammirazione? No... non era semplice ammirazione, altrimenti non si spiegherebbe il desiderio che aveva di rivederlo. Poteva essere solo una cosa, ma non riuscì ad ammetterla con se stesso. Non aveva mai pensato di poterla provare per un uomo, per questo faticò molto a concepirla, ma ancora più difficile era accettarla.
    Questi erano i pensieri che gli turbinavano nella mente ogni giorno da quella notte, poi, faticando a trovare le risposte, rinunciava e cercava di pensare ad altro per distrarsi.

    Per il momento la sua lezione di matematica era ancora lì, ma proprio mentre progettava una fuga di emergenza dalla finestra, la campanella lo salvò da quel proposito, quindi poté uscire tranquillamente dai cancelli insieme a tutti gli altri.
    < Ciao Christian!>
    “Quella voce...”, il suo cuore saltò un battito. Non era così nitida nei suoi ricordi.
    Si fermò a pochi passi dall’uscita ai cancelli ma non si voltò.
    < Hey, ma guarda che sono qui, dove stai guardando?> Sì, era... Christian si voltò lentamente verso la voce e alla fine lo vide. Non stava sognando, era lì. “E’ lui...”
    < Ma tu che..? Come..?>, Christian non riusciva nemmeno a finire le frasi per lo stupore.
    < Lo stemma.>, disse Lawrence.
    < Mi sono perso un passaggio?>, chiese Christian, confuso.
    Una risata fresca e squillante gli riempì le orecchie. < No! No! Scusami, hai ragione! Ora spiego: quella notte indossavi la maglia con lo stemma della Felton, e così ho saputo dove trovarti.>, rispose sorridendo.
    Era molto più bello alla luce del sole, il suo biondo si accendeva di riflessi oro intenso, anzi, il suo stesso volto sembrava emanasse luce.
    < Vedo che stai meglio>, aggiunse vedendo che Christian sembrava aver perso la parola.
    Lawrence osservò il ragazzo. Sì, stava meglio, molto meglio dall’ultima volta. Dei lividi che aveva ormai era rimasto solo un tenue alone e i graffi si stavano rimarginando bene. Finalmente poteva ammirare i suoi lineamenti puliti e netti senza quei segni che facevano male persino a guardarli.
    Christian era ancora in stato di standby con i suoi immensi occhi blu sgranati per la meraviglia, quando decise di riattaccare la spina e parlare, finalmente.
    < Perché sei qui?>, chiese, diretto. Troppo diretto... Christian vide l’uomo davanti a lui grattarsi pigramente dietro la testa e cercare una risposta nelle macchine che passavano in strada. “Sembra un ragazzino”, pensò con tenerezza.
    < Beh, immagino che sia ovvio, no?>, rispose vago. Lawrence si fece ancora più nervoso vedendo che Christian non sprecava una parola per metterlo a suo agio e, anzi, alla sua risposta inarcò un sopracciglio come per dire “Ovvio che non è ovvio, vorrai dire...”.
    < Immagino proprio debba spiegarmi in modo dettagliato, per forza...>. Lawrence lanciò un ultimo sguardo supplichevole sperando di intenerirlo, ma Christian gli rispose con un largo e candido sorriso proprio per dire < Esattamente.>
    < Aaaaa! Sei senza pietà!>, si arrese, poi riprese il suo sguardo serio e gli rispose guardandolo negli occhi, stavolta. < Beh, la verità è che in questi giorni tornando alla mia solita vita mi sono reso conto che c’era qualcosa che non andava>. Christian lo guardò con aria interrogativa, aspettando che continuasse. < Ti ho pensato molto in questi giorni>, disse semplicemente. Era la verità.
    Christian ancora non parlava, così Lawrence si decise finalmente a dirgli perché era venuto. < Sai, mi chiedevo se avresti accettato di uscire con me. Stasera hai da fare?>.
    Panico. Fu la reazione di Christian. < Beh, ecco... io... non so...>, rispose arrossendo.
    Lawrence lo osservò, al contrario, conservando il suo sguardo placido < Non c’è bisogno che tu mi risponda adesso. Ecco, >, tirò fuori dalla giacca un biglietto, <questo è il mio numero. Se cambi idea, chiamami.>
    Christian prese il biglietto, in stato confusionale, rispondendo un vago < Va bene...>. Sentiva la testa leggera, come se qualcuno l’avesse svuotata di tutti i pensieri tranne che di uno. “Vuole uscire... con me...” Poi all’improvviso si ricordò che il bus per riportarlo a casa stava partendo senza di lui e salutò frettolosamente Lawrence senza aspettare la sua risposta. Salì in fretta sul mezzo e guardò l’uomo rimasto sul marciapiede sparire lentamente dalla sua vista.



    Fine Terzo Capitolo
     
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  4. AmantaH.
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    Così me piaFi *__*
    *patta testolina*
     
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  5. Ayumi-chan
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    Broken Wings (Capitolo Quarto)

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    Da quando era tornato a casa sembrava che quella strana tachicardia cominciata nel momento in cui aveva sentito quella voce non volesse più abbandonarlo. Christian si buttò pigramente sul letto, affondando la faccia nel cuscino. “Lawrence...” A ricordare quel nome i battiti crescevano d’intensità.
    Era il momento di affrontare la verità. Sapeva cosa avrebbe significato accettare quell’invito e sapeva anche che non accettarlo avrebbe significato non rivederlo mai più. Quando l’aveva visto appoggiato a quel muro davanti ai cancelli quasi non ci voleva credere. Era così felice di rivederlo…
    “Basta!”, Christian prese il cellulare e si mise a trafficare con la tastiera.

    Ho deciso di accettare la tua proposta. Ti aspetto davanti casa mia alle 21. Christian

    Ancora non gli erano chiari i sentimenti che provava, ma una cosa la sapeva e ne era certo: alla sola prospettiva di non rivedere più Lawrence, il suo cuore sembrava stringere in una morsa dolorosa, come se quel batticuore che ora sentiva mentre ci pensava, dipendesse solo da lui, e per questo, sentiva di non poterlo cancellare dalla sua vita per paura che smettesse di battere.

    Fece i suoi compiti e la sera arrivò prima di quanto si aspettasse. Fece la doccia, mise i suoi jeans preferiti, un maglioncino morbido con scollo a V a righe verdi e marrone e le solite sneakers. Mentre davanti allo specchio si passava la cera tra le punte ribelli dei capelli guardò se stesso per un attimo negli occhi pensando a cosa lo aspettava. Arrossì.
    Proprio in quel momento il cellulare si mise a suonare. Una voce gli disse < Ti sto aspettando fuori.>. < Scendo subito.>, rispose. Afferrò la giacca posata sul bracciolo del divano e corse veloce giù per le scale. Attraversando il vialetto notò un’aston martin nera parcheggiata davanti casa sua. Christian si sporse in strada per vedere dove fosse Lawrence, mentre l’aston’ accese il suo motore e abbassò uno dei vetri fumé.
    < Che ne dici, vuoi salire o vuoi passare la serata al freddo?>
    < Lawrence?!>, Christian era rimasto a bocca aperta.
    La sua faccia doveva essere veramente uno spettacolo, perché Lawrence scoppiò a ridere.
    < Volevo farti una buona impressione!>, disse ridacchiando mentre Christian saliva in auto.
    “Che fa, mi prende in giro?” < Beh, credo che se fossi venuto a prendermi con un triciclo non mi avresti stupito più di così.>, rispose Christian piccato.
    Lawrence sorrise guardandolo con la coda dell’occhio. Lo trovò davvero irresistibile con quell’espressione buffa sulla faccia. Notò che aveva tolto i cerotti e osservando i capelli stimò che doveva averci messo almeno venti minuti solo per acconciarli. Sorrise ancora, guardando la strada. Se ci aveva messo tanta cura, doveva piacergli almeno un po’ allora...
    < Stai molto bene, sai? Vedo che hai tolto i cerotti!>, gli disse con una vena di malizia nella voce.
    Christian arrossì < Sì, ormai non ne ho più bisogno...>. Non sapeva perché, ma si sentiva a disagio in quella situazione. Forse era la macchina, o Lawrence. “Sembra uscito da un film.”, pensò guardandolo. Le ciocche bionde ricadevano in parte sul viso a incorniciarglielo, in un’acconciatura studiatamente spettinata, risaltando i suoi lineamenti nordici. Con il vestito scuro che indossava e la camicia che mostrava l’incavo del collo sembrava un’apparizione da sogno. Con gli occhi seguì il suo profilo: la linea della mascella era mascolina, ma armonica, il mento era appena pronunciato, la bocca decisa, il naso dritto, le ciglia disegnavano un arco perfetto sopra gli occhi limpidi. Anche senza parlare, i suoi tratti esprimevano carattere. Era bellissimo.
    Strani pensieri cominciarono ad affacciarsi nella sua mente. Christian avrebbe voluto disegnare quei tratti con le sue dita, toccare con le sue mani quel volto di angelo; si chiese per un attimo quella bocca decisa che sapore potesse avere. Il suo sguardo si spostò di nuovo all’incavo del collo, e stavolta i pensieri si fecero meno casti... I suoi occhi si erano persi su di lui, quando Lawrence si voltò a guardarlo. Sembrava preoccupato.
    < Christian, stai bene?>, chiese.
    < Uh? Sì, sto bene!>. Christian arrossì violentemente. “Ma che diavolo di fantasie mi vengono in testa! Devo essere impazzito!”. Si voltò a guardare fuori dal finestrino, per evitare che Lawrence potesse accorgersi della sua aria imbarazzata. Le luci sfrecciavano veloci davanti ai suoi occhi.
    < Ma dove stiamo andando?>, chiese.
    < Da nessuna parte in particolare. Anche se andare a mangiare un boccone adesso non mi dispiacerebbe. Tu hai fame?>. Lawrence non staccava gli occhi dalla strada, e anche se andavano veloci, guidava con una tale sicurezza che Christian si sentiva, in ogni modo, completamente al sicuro.
    < Umm... A pensarci anche io avrei un po’ di fame.>. Per l’eccitazione di rivedere Lawrence, a pranzo aveva mangiucchiato solo qualcosa, non sentiva fame; ma adesso…
    < Che ne dici di andare al Seasons?>, propose Lawrence.
    < Eh??? Al Seasons? Ma stai scherzando? E’ carissimo! Non me lo posso permettere!>
    < Che problema c’è, scusa? Pago io! >, obiettò Lawrence.
    < Non se ne parla! Non mi lascerò pagare la cena da te! Altrimenti puoi pure riaccompagnarmi a casa.> Christian fu categorico.
    < Va bene, va bene! Come vuoi!>. Lawrence dopo un po’ accostò la macchina. < Qui va bene?>.
    Si erano fermati davanti a un fast food.
    < Ora che fai, vuoi prendermi in giro?> “Già mi sento un poveraccio. Vieni con la tua aston martin fiammante vestito di tutto punto proponendomi cene costosissime e poi ti fermi davanti a un fast food?!!”. Christian era seccato.
    Lawrence sorrise vittorioso. < Lo sapevo, vada per il Seasons allora!>
    < No, no! Qui va bene.> Non gli avrebbe permesso di fare come voleva lui.
    < Sei sicuro?> Lawrence era sorpreso.
    < Sicurissimo.> Christian mise fine, così, alla conversazione.

    Entrando nel locale si voltarono tutti a guardarli. Christian era a disagio, Lawrence era elegantissimo e il contrasto con il posto e con lui stesso che invece si era vestito più sobriamente era stridente.
    Si sedettero a un tavolo e ordinarono da mangiare.
    < Va bene per te?>, chiese a un tratto Christian.
    < Cosa?>
    < Forse sei abituato a qualcosa di meglio che a questo...>, disse imbarazzato.
    Lawrence dal canto suo sorrise. < Quello che per te va bene, andrà benissimo anche per me. Non è un problema. Non mi importa dove andiamo, basta che sia con te.>, disse, sistemandosi comodamente sulla sedia completamente a suo agio, contemplando il rossore sulle guance di Christian. “Quanto sei carino. Chissà se te ne accorgi...”, pensò guardando il ragazzo di fronte a lui. Quella sera si sentiva davvero felice. Si erano incontrati in una situazione orribile e ora finalmente poteva godere della sua vicinanza più tranquillamente.
    Christian sentiva il suo sguardo fisso su di sé. “Che sfacciato!”. Non sapeva se indispettirsi o essere felice perché in fondo, dovette ammetterlo, gli faceva piacere.
    La cameriera arrivò proprio in quel momento con le pietanze a salvarlo dallo sguardo magnetico di Lawrence.

    Mangiarono a sazietà e chiacchierarono un po’ del più e del meno. Pagarono il conto e uscirono dal locale.
    < Dove vuoi andare adesso?>, chiese Lawrence.
    Christian guardò l’orologio. < Dovrei tornare a casa, tra un po’.>
    < Eh? A casa? Ma sono appena le undici!>
    < Lo so, ma dopo quella notte... mia madre è sempre in apprensione. Mi ha pregato di non fare tardi. Mi dispiace.>, disse Christian mortificato.
    < Non importa, meglio non farla preoccupare, altrimenti non ti farà più uscire ed io non potrò più vederti!>, sdrammatizzò Lawrence.

    Arrivati a tre isolati da casa sua, Christian vide la macchina accostarsi al marciapiede.
    < Perché ti sei fermato adesso?>
    Lawrence scese dalla macchina. < Se non ti dispiace, vorrei fare due passi a piedi, stare seduto mi ha fatto venire il formicolio alle gambe!>
    < Ma certo.>. Non era un problema, anzi, anche lui aveva voglia di camminare.

    L’aria era fredda, ma non tirava vento. Per un po’ restarono così in silenzio, uno di fianco all’altro, senza toccarsi. Tra una parola e l’altra, poi, cominciarono a parlare di se stessi. Si raccontarono delle loro vite. Christian fu breve: aveva 19 anni ed era all’ultimo anno della Felton, probabilmente sarebbe andato al college, anche se non sapeva ancora dove e cosa avrebbe studiato. Amici, casa e scuola. Conduceva una vita assolutamente normale.
    Lawrence, invece, aveva venticinque anni. Aveva concluso le scuole superiori e poi non aveva più continuato gli studi perché i suoi genitori erano morti in un incidente stradale poco dopo il suo diploma. Ben presto aveva dovuto imparare a cavarsela da solo e mentre racimolava qualcosa con lavoretti part-time tentò qualche provino per delle sfilate locali, così ben presto era entrato nel mondo della moda. Aveva fatto molti lavori come modello, sia come ragazzo immagine, sia come indossatore per pubblicità da catalogo, e vari ingaggi ancora, in giro per l’Europa. Da un po’ di tempo, però, cominciava ad essere stanco di stare sempre con le valige pronte. Quel lavoro non gli permetteva di avere dei veri amici, di fare una vita stabile, e nonostante tutti i soldi che guadagnava, cominciava a pensare seriamente di stabilirsi definitivamente e condurre una vita ‘normale’.
    “Che uomo incredibile...”. Christian era stupefatto. Si era sempre lamentato della sua vita, vivendola come se non fosse la sua, facendo solo quel poco necessario per non deludere i suoi. Non gli era mai importato veramente, né di avere tanti amici, né di cosa studiasse, né di che futuro l’aspettasse. Invece Lawrence non aveva potuto scegliere, si era dato da fare, lavorando duramente e prendendo tutto ciò che poteva perché era solo. Il disagio che aveva provato a inizio serata, ricomparì.
    < Lawrence..?>
    Lawrence, avvertendo il tono serio di Christian, si voltò a dargli la massima attenzione.
    < Perché... dimmi... perché quella sera hai insistito tanto per aiutarmi? Perché non mi hai lasciato lì?> “...Visto che hai la tua bella vita, visto che non hai bisogno davvero di niente, ti sei guadagnato tutto, perché ti interessi a me che non so apprezzare nemmeno quello che ho... Oppure vuoi solo divertirti… Sono un gioco per te, un passatempo?”. Avrebbe voluto chiedergli di più, ma la tristezza che lo aveva invaso tutto a un tratto, non gli permetteva di parlare troppo. Allo stesso tempo si sentiva a disagio e completamente confuso perché nemmeno lui capiva il motivo di quella insensata malinconia.
    Lawrence fu sorpreso da quella domanda, poi, guardando di nuovo davanti a sé, parlò.
    < Dev’esserci un ‘perché’ per aiutare qualcuno?>, disse con semplicità. Fece ancora qualche passo. Sospirò. < Sai, Christian, sinceramente non ti saprei rispondere. Quando ti ho visto lì non ci ho pensato, è stato istintivo per me. Avevi bisogno d’aiuto, non avrei mai potuto fare finta di niente. Quando ho guardato nei tuoi occhi c’era così tanto dolore...>. Christian lo ascoltava, in silenzio. < Sentivo farmi male come se quei lividi che avevi sulla faccia si fossero impressi dentro di me, come se qualcuno mi avesse preso a calci il cuore. E’ questo che ho provato in quel momento... Ho ripensato a tutte le volte che ero solo e non c’era nessuno lì a dirmi che sarebbe andato tutto bene, nessuno che mi abbracciasse, che si prendesse cura di me. Quanto avrei voluto che qualcuno fosse lì, invece ero da solo a piangere... Come potevo andarmene ignorando il tuo dolore quando io stesso ho sofferto così tanto?>.
    Christian era sorpreso, mentre lo guardava vide un’ombra passare nei suoi occhi verdi, forse stava soffrendo ancora adesso... La sua tristezza crebbe a dismisura. Avrebbe voluto abbracciarlo, ma qualcosa lo bloccava. Non riusciva neppure a parlare...
    Gli occhi di Lawrence ripresero intanto la loro mitezza. Vide che cercò di sorridere. < Non ci pensiamo adesso, non è il caso di chiudere così tristemente la serata.>, disse continuando a camminare.
    Christian, però, non si mosse. Il suo braccio era rigido e stringeva convulsamente un pugno. “Ma che ci faccio io qui...?” . Si sentiva veramente male. Per un attimo aveva dubitato di lui per poi scoprire che ancora una volta era lui la persona migliore. Sentiva di non avere il diritto nemmeno di essere preso in considerazione da una persona così speciale.
    Lawrence che non aveva sentito i passi di Christian insieme ai suoi si voltò.
    < Christian... ma che hai?>, disse avvicinandosi. Ma Christian non parlava. < Hey...>. Lawrence era disorientato, non riusciva a capire. Gli prese il pugno chiuso e abbassò un po’ la testa davanti a quel viso addolorato.
    Christian, si girò verso un lato a guardare per terra. Strinse gli occhi, non sopportava quegli occhi limpidi su di sé... sembravano trafiggere tutte sue barriere. Non respirava, aveva paura che se avesse aperto bocca sarebbe scoppiato in mille lacrime. Le tensione si stava allargando sempre di più nella sua testa. Era al limite.
    Sentì la mano di Lawrence accarezzargli il viso, dolcemente, mentre le sue lacrime scavalcavano la barriera che si era imposto.
    < Forse non avrei dovuto parlare così tanto... Questa è la seconda volta che ti faccio piangere, sono un disastro.> Lawrence lo guardava intensamente. Avrebbe dato qualsiasi cosa per non doverlo vedere mai più così.
    Christian gemette, riprendendo fiato. Lasciò andare tutte le lacrime che aveva, non ce la faceva più a trattenersi. < Ma che ci fai...>, disse con voce rotta, < Che ci fai tu... con uno come me!>. “L’ho detto...” Non riusciva a guardarlo in faccia, continuava a tenere la testa bassa.
    Lawrence sorrise e Christian sentì le sue dita scivolargli sotto il mento per alzargli il viso. Continuava a stringere gli occhi, si vergognava così tanto di quello che provava e di tutte quelle lacrime!
    < Christian. Christian apri gli occhi, guardami.> La voce di Lawrence era ferma e dolce allo stesso tempo.
    Quando riaprì gli occhi, Christian poté vedere la sua espressione intensa. Se le parole fossero bastate, probabilmente non avrebbero saputo dire più di quegli occhi pieni d’amore.
    < Da quando ti ho visto la prima volta, ho desiderato averti con me più di qualsiasi altra cosa. Non mi era mai capitato di provare una cosa del genere per nessuno.>, disse con voce roca. < Inoltre...>, avvicinò impercettibilmente il volto a quello del ragazzo, guardando intensamente in quegli occhi profondi e malinconici come il mare d’inverno... < da allora non sai quanto ardentemente ho desiderato distruggere quella maschera di tristezza che ti porti sempre negli occhi...>, finì la frase in un sussurro, ormai era un centimetro dalla sua bocca. Lawrence aspettò ancora per permettere a Christian di fermarlo se avesse voluto, ma non si mosse.
    Christian sentì di nuovo quella sensazione di confusione… Non riusciva più a pensare. Il volto di Lawrence era vicinissimo al suo. Sentiva il cuore battere così forte che aveva paura riuscisse a sentirlo. Sapeva cosa stava per fare, eppure non si muoveva. Quegli occhi verdi lo incantavano come un incantatore incanta un serpente. Poi il suo cuore ebbe un sussulto... Lawrence abbassò lo sguardo e lo baciò.
    Christian sentì le sue labbra avvolgere le proprie, lentamente, delicatamente. Come se avessero preso a muoversi istintivamente, a quel tocco le sue si schiusero per rispondere al suo richiamo. Chiuse gli occhi e inspirò profondamente inebriandosi del suo profumo. Lawrence gli fece scivolare la mano tra i capelli, dietro la nuca per baciarlo più profondamente mentre con l’altro braccio lo cinse e lo strinse a sé. Christian si abbandonò completamente e finalmente si lasciò andare a quell’abbraccio stringendolo a sua volta. Il tocco di Lawrence era morbido, avvolgente. Le sue mani affondarono in quei capelli color oro, mentre Lawrence scivolava sul suo collo a riempirlo d’estasi con la sua lingua ardente, per poi tornare a impossessarsi di nuovo della bocca rimasta socchiusa in sua attesa. Si baciarono intensamente, a lungo.
    L’eccitazione era fortissima, entrambi avrebbero voluto andare oltre quell’intimo bacio. Quando le loro bocche si staccarono tremanti, si fissarono per un lungo momento.
    Christian guardò dinanzi a lui. Erano a qualche metro da casa. < Devo andare...>, disse con voce roca.
    Lawrence chiuse gli occhi e inspirò profondamente. Gli costava davvero tanto lasciarlo andare via dalle sue braccia. Alla fine dovette scioglierlo dal suo abbraccio.
    < Buonanotte, allora>, disse Christian non riuscendo a staccare lo sguardo da lui.
    < Buonanotte>
    Lawrence continuava a fissarlo mentre si avviava verso casa. Poi lo vide girarsi di scatto e correre di nuovo verso di lui. Christian gli saltò al collo, sorprendendolo. Stavolta fu lui a baciarlo.
    Quando si staccarono si sorrisero.
    Senza dire una parola, Christian si incamminò verso casa, senza più voltarsi, lasciando Lawrence a sorridergli mentre spariva nel vialetto di casa.




    Fine Quarto Capitolo

    Broken Wings (Capitolo Quinto)

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    Nella vita siamo sempre alla ricerca di un qualcosa, e nell’attesa che questo arrivi, viviamo ogni giorno con una sorta di ansia, con la speranza, inconscia o manifesta, che proprio quel giorno il cielo ci manderà il dono che meritiamo.
    Christian sapeva che quel giorno per lui era arrivato nel momento in cui aveva conosciuto Lawrence. In un momento tanto orribile, Dio aveva mandato un angelo a vegliare su di lui, per proteggerlo.
    “Dio c’è.”, pensò ridacchiando alla frase stereotipata.
    I suoi giorni avevano mille colori, non più il solito grigio e buio della vecchia vita. Si sentiva rinascere. Lawrence poteva vedere quello scintillio di vita nei suoi occhi ogni volta che si incontravano. Era tutto perfetto.
    Erano passate tre settimane dal loro primo bacio, e si vedevano ogni volta che i loro impegni li lasciavano liberi. Nonostante si desiderassero molto, Lawrence era stato molto attento, non voleva forzare le cose. Per Christian era la prima volta che si innamorava di un uomo e il suo angelo sapeva che ogni cosa deve avvenire a suo tempo, per averne maggiore consapevolezza e trarne, così, maggiore soddisfazione possibile.

    Passeggiavano insieme nella Sunstreet Boulevard, una sera, abbracciati per proteggersi dal vento del primo inverno. Stavano tornando a casa. Tutto era deserto, le persone di buon senso non andavano in giro a quell’ora con quel freddo solo per prendersi un raffreddore, ma Lawrence aveva lasciato la sua auto parcheggiata davanti al vialetto di Christian, non prevedendo quel brusco cambio di temperatura.

    < Uffa, adesso mi verrà la febbre!>, si lamentava Christian mentre con le mani si toccava la punta del naso, certo che gli sarebbe caduta da un momento all’altro, congelata.
    < Dai, non continuare a ripetermelo! Già mi sento in colpa per aver lasciato l’auto da te, non c’è bisogno che tu mi ricordi le mille forme di malattia che puoi prenderti con queste temperature. Mal che vada, ti porterò un brodo caldo.>, rispose Lawrence sorridendo.
    < Non sprecare fiato prezioso, ci serve per arrivare fino a casa!>, disse Christian in tono fintamente arrabbiato.
    < Pensa a conservare il tuo, ‘ché da come parli, sembri piuttosto deboluccio!>, Lawrence ridacchiò piano, mentre subiva un debole pugno da Christian. Lo strinse di più sotto al suo braccio.

    Mancava un solo isolato a separarli dal caldo che ora si disperdeva dai loro corpi. Alla fine della strada si intravedeva la sagoma di un uomo tutto imbacuccato, affrettava il passo. Andava nella loro direzione, con la testa infilata nella sciarpa avvolta fino al naso, le mani nelle tasche del giaccone. Probabilmente anche lui aveva una casa calda che lo aspettava, così pensava Christian. Andava talmente di fretta che quando passò vicino a loro urtò per sbaglio la spalla di Christian.

    < Oh, mi scusi...>, disse di riflesso Christian.
    < No, scusi le... TU?>. L’uomo aveva una voce familiare.

    Christian si voltò verso la figura alta di fronte a lui. Lawrence vide il suo viso pietrificarsi in un’espressione di terrore muto.
    < Christian, ma che hai?!>
    Christian cercò di parlare, ma le sue labbra non emettevano alcun suono. Continuavano a muoversi, ma non riusciva a proferire una sola sillaba, mentre continuava a fissare quell’uomo con gli occhi sbarrati pieni di paura. Lawrence si voltò verso l’uomo.
    < Ciao bel brunetto, come stai? Vedo che ti sei trovato una fidanzatina! Anche per me è un vero piacere rivederti!>. Nico ridacchiò, mentre i tremiti di terrore cominciavano a spandersi nel resto del corpo.

    < E TU chi diavolo saresti?!>. Lawrence non sapeva chi fosse quell’uomo, ma già sapeva che non gli piaceva nemmeno un po’.
    < Diciamo... un amico. Ci siamo divertiti insieme qualche tempo fa, vero Christian?>
    < Andiamocene via, Lawrence…>, riuscì a dire, posando una mano sul braccio del suo compagno.
    < Come, come? Già te ne vuoi andare? Perché invece non resti un altro po’, così ci divertiamo tutti e tre stavolta!>, Nico rise del suo ghigno beffardo.
    < Ora te la faccio passare io la voglia di ridere, BRUTTO STRONZO!!!>. Christian vide il volto di Lawrence trasformarsi in una maschera di odio cieco mentre assestava un destro all’uomo che l’aveva stuprato un mese prima. Lawrence aveva capito, aveva capito che quell’uomo altri non era che colui che aveva strappato con crudeltà l’innocenza dal suo corpo e dalla sua anima. Una rabbia cieca lo pervase mentre si gettava contro l’uomo. Voleva riempirlo di botte, annientarlo con le sue stesse mani, farlo piangere di dolore e vederlo soffrire almeno quanto Christian aveva fatto quella sera. Christian ebbe un brivido. Non era più lo stesso, ora sembrava un angelo vendicatore pronto a uccidere la sua vittima senza nessuna pietà.
    Tutto accadde in fretta. I due uomini caddero nella colluttazione. Lawrence era sopra Nico che lo tolse via da lui con un movimento agile e forte del torso.
    < NOO!!! FERMI!!!>, Christian aveva paura, non più per lui stavolta.
    Un altro pugno, stavolta sferrato da Nico, calava sulla faccia di Lawrence. Quest’ultimo, come se non sentisse dolore, continuava a scatenare la sua ira sull’uomo, che si ritrovò spalle al muro. A un tratto Nico afferrò una cosa dalla tasca e l’aprì. Era un coltello. Lawrence fu sorpreso, ma per poco, perché ben presto si ritrovò ad dover schivare i colpi dell’altro. Si era scansato troppo tardi quando l’ennesimo affondo, lo prese di striscio in un fianco.
    < Maledetto vigliacco!!!>. Lawrence non sembrava spaventato nonostante il suo nemico avesse un arma.
    < Lascialo!>. Christian si era gettato sulle spalle di Nico, cercando di difendere il suo compagno.
    < Tu che vuoi, ragazzino?! Non t’impicciare!>, così dicendo Nico si gettò violentemente di spalle contro il muro, cercando di far mollare la presa a Christian, che sbatté la testa. Gli si annebbiò la vista, e lentamente sciolse la morsa con cui si legava a Nico.
    < NO! CHRISTIAN!!!>. La rabbia di prima, si trasformò in fuoco inceneritore quando vide il ragazzo scivolare a terra, privo di sensi. Lawrence si gettò contro l’uomo per sferrargli una serie di pugni e di calci talmente violenti, che Nico a un certo punto non cercò più nemmeno di difendersi, tanto lo tramortirono.
    Lawrence lanciò un urlo di collera, mentre sfogava la sua furia sull’uomo, ormai caduto a terra privo di sensi. Scaricata la tensione, si fermò solo quando gli schizzi di sangue cominciarono a picchiettargli sulla faccia.
    < Christian... Christian!>. Lawrence corse verso il ragazzo accasciato in terra. < Christian...>. Stava per piangere. Lo sollevò da terra e percorse velocemente la distanza che lo separava dalla sua auto, doveva portarlo subito in ospedale.
    Lo adagiò delicatamente sul sedile passeggero e ingranò la prima, sgommando.
    < Lawrence... dove stiamo andando..?>. Christian si svegliò dopo qualche minuto.
    < In ospedale.>. Aveva la voce allarmata.
    < Stai bene? Sei ferito?>. Anche se debole, ora era la sua che sembrava preoccupata, aveva visto gli schizzi di sangue sulla sua faccia.
    < No, sei tu, devo portarti in ospedale. Hai preso un colpo alla testa.>
    < No... sto bene, non voglio andare in ospedale.>
    < Non se ne parla, tu ci andrai.>. Lawrence fu perentorio.
    Così dicendo, ingranò la quinta con nervosismo e in pochi minuti arrivarono al pronto soccorso. I medici fecero tutti i controlli, la tac e le analisi del sangue erano a posto, perciò vennero subito congedati. Il ragazzo aveva bisogno solo di un po’ di riposo.
    < Sei contento adesso? Sto bene.>
    < Non scherzare, una botta alla testa può essere molto pericolosa. Può provocare traumi, ematomi...>. Lawrence ebbe un brivido a quelle ipotesi che avrebbero potuto realizzarsi. < Sei stato fortunato.>
    < E ora dove mi stai portando?>
    < A casa.>
    < A casa? No... ti prego, sono ancora debole, non voglio che mia madre mi veda così. Le verrà un colpo.>
    < Va bene...>, disse Lawrence con un sospiro, < Andiamo a casa mia, e quando ti sarai ripreso un po’ ti riaccompagnerò.>. A un tratto sembrò molto stanco, la paura lo aveva svilito.
    < Grazie.>. Christian lo disse con un sorriso e uno sguardo di cucciolo, poi chiuse gli occhi e si assopì. Lawrence che l’aveva visto di sfuggita, lo trovò dolcissimo in quel momento. Sembrava un piccolo angelo bruno camuffato da teenager.

    “Si sta bene qui...”. < Mmm...>. Christian aprì gli occhi lentamente, era in una camera da letto, quella di Lawrence. Sentiva il ticchettio di un orologio lontano, un fascio di luce proveniva da una porta socchiusa di fronte alla parete del letto. Si alzò adagio e andò verso la porta, l’aprì. Lawrence era seduto sulla vasca, con la camicia sporca di sangue aperta, che stava rifinendo la medicazione.
    < Lawrence, stai bene? Sei ferito.>. Christian entrò.
    < Non ti preoccupare, è solo un graffio, niente di grave.>
    < Perché non l’hai fatta vedere in ospedale?>
    < Sinceramente ero talmente preoccupato per te che me ne sono dimenticato.>. Lawrence rise piano, mentre prendeva un batuffolo d’ovatta per imbeverlo di disinfettante. Christian notò che aveva un piccolo taglio su uno zigomo, sicuramente opera di un pugno di Nico.
    < Aspetta, faccio io.> Il ragazzo tolse il batuffolo imbevuto dalle mani di Lawrence e cominciò a tamponargli il sangue rappreso sulla piccola ferita. Il giovane uomo fece una smorfia. < Scusami.>. Christian continuò più delicatamente.
    L’occhio si spostò sulla vista che gli lasciava la camicia aperta, era da mozzare il fiato. Guardava Lawrence dall’alto. Teneva gli occhi chiusi mentre si lasciava medicare da lui. Il cuore gli batteva forte, sentiva caldo al viso, chissà se non era per l’emozione di stare così vicino all’uomo che amava e prendersi cura di lui, era stata una serata intensa per loro due. Mentre rifletteva su questi pensieri, sentì la mano di Lawrence scivolargli sull’avambraccio della mano libera. Christian smise di tamponare il suo viso. Lawrence alzò gli occhi a guardarlo. Stettero per un attimo immobili, a fissarsi senza dire né fare nulla. C’era silenzio, si sentiva solo il ticchettio di quell’orologio e il respiro dei due giovani, nella più totale, apparente, quiete. Lawrence lo attirò verso di sé, Christian chiuse gli occhi, pregustando il momento del bacio. Fu molto dolce, come sempre. Sospirarono, mentre il calore che alimentava l’intensità crescente di quel contatto saliva gradualmente. Lawrence gli passò una mano dietro alla nuca, tra i capelli. Christian ebbe un brivido, mentre il suo compagno lo baciava sempre più intensamente. Il batuffolo cadde per terra senza far rumore. L’eccitazione, sempre più acuta, cominciò a pervaderlo, mentre Lawrence si alzava e continuava a baciarlo senza lasciargli un attimo di respiro. Si staccò per un momento, i suoi occhi verdi e magnetici lo inchiodavano al suo incantesimo togliendogli ogni volontà. Christian lo fissava con la bocca socchiusa e vicinissima per poi sentire un altro breve bacio posarglisi sulle labbra morbide.
    Lawrence lo prese per mano, andò lentamente verso la porta che dava sulla sua camera. Si fermò per girarsi nuovamente a guardarlo, i suoi occhi scuriti dal desiderio esprimevano una muta domanda. In quel momento Christian pensò che probabilmente l’avrebbe seguito ovunque, fossero state anche le fiamme dell’Inferno, non gli importava. Voleva stare con lui. Lasciò la sua mano mentre si avvicinava piano all’angelo in attesa di una decisione, per poi posarle entrambe al centro di quel petto nudo e allargarle in una carezza seducente, che scostò i lembi della camicia, lasciando alla nudità anche le spalle. Un sospiro sfuggì dalle labbra di Lawrence mentre sentiva quelle mani sulla sua pelle nuda, poi, compresa la decisione, trasse Christian a sé per baciarlo con passione.
    Entrando in camera da letto, Christian sfilò via la camicia dalle braccia del suo compagno. Era una visione stupenda per il giovane ragazzo, non aveva mai visto niente di più perfetto, ma lui non gli lasciò molto tempo per ammirarlo, perché era di nuovo sulla sua bocca, sul suo collo... Le mani, grandi e febbrili, si erano infilate sotto la maglietta a prendere possesso della sua pelle, risalendo piano fino a sfilargliela dalla testa. Senza che Lawrence gli lasciasse tregua, ben presto anche i pantaloni e il resto dei vestiti andarono a fare compagnia al pavimento. Per un attimo l’assalto cessò, Lawrence lo fissò intensamente negli occhi, poi il suo sguardo accarezzò il resto del corpo. Christian chiuse gli occhi, sentiva bruciare quello sguardo almeno quanto le sue mani. Il suo corpo non era perfetto come quello di lui, era più esile e la sua pelle più candida. Per un attimo pensò di non potergli piacere. Un dito gli si posò sotto il mento, mentre un altro, dolcissimo bacio andava a posarsi sulle sue labbra. Lawrence lo accompagnò con il corpo verso il letto, Christian si lasciò cadere, mente l’angelo dai capelli color oro si posava su di lui. Brividi di piacere corsero sul suo giovane corpo mentre Lawrence cominciò la discesa dal suo collo. Le sue mani non lo lasciavano un attimo. Sentiva il pizzicore della barba incolta sulla sua pelle bianca mentre i baci diventavano sempre più audaci lungo il pendio. Per un attimo credette di vedere le porte del Paradiso quando Lawrence arrivò alla meta, una febbre di piacere lo invase, le mani affondarono nei capelli biondi mentre il battito del suo cuore ebbe un’improvvisa accelerazione. Proprio prima che quelle porte gli si spalancassero davanti agli occhi, Christian rivide il volto sorridente di Lawrence davanti al suo. Nuovi baci gli tolsero il respiro mentre quelle calde mani restavano giù a tormentarlo. Una gli aprì di più le gambe, mentre una cocente, forte virilità cominciava a farsi spazio dentro di sé. Christian spalancò gli occhi all’improvviso, smarrito. < Christian, va tutto bene, non ti farò del male. Respira...... lasciati guidare.>. Lawrence era lì, con il suo sguardo ammaliatore pieno di desiderio, alzò una mano a fargli una carezza sul viso per poi prendergli un polso e alzarglielo sopra la testa, mentre continuava ad entrare, lentamente. Erano l’uno di fronte all’altro, Lawrence continuava a fissarlo, al contrario di Christian che non riusciva a mostrargli la tempesta che si stava scatenando dentro. Altri baci seguirono a quel tocco, sempre più bruciante. < Non lascerò a nessuno che ti faccia del male, mai più...>. La voce di Lawrence era roca, le sue mani andarono alla scoperta di luoghi proibiti, e quando li raggiunsero, li trasformarono in oasi di piacere. Christian piegò le gambe intorno al bacino che si muoveva sopra di lui e si lasciò andare alla corrente di emozioni e di sensazioni che il suo amante gli provocava, in un attimo si aggrappò a lui, gli sembrava che potesse perdersi da un momento all’altro... Lawrence gli avvolse un braccio dietro la schiena e lo sollevò a sedersi su di lui che continuava a danzare a un ritmo sempre più frenetico. Christian sentì i propri gemiti sfuggirgli dalle labbra, mentre il respiro ansante di Lawrence gli accarezzava la nuca in un’erotica sinfonia. Un calore impetuoso nacque dal basso e gli risalì velocemente fino al viso. All’improvviso inarcò la schiena contro Lawrence stringendosi disperatamente contro di lui mentre mille brividi esplosero dal centro e lo attraversarono completamente fino a fargli mancare le forze. Quando riaprì gli occhi, Lawrence stava per raggiungerlo nella stessa estasi, in un gemito che accompagnò la spinta finale mentre ricadevano insieme sul letto, sfiniti.
    Rimasero così abbracciati per moltissimo tempo, in silenzio.
    < Stai bene?>. Lawrence alzò il viso a guardarlo, mentre le mani del suo compagno gli accarezzavano dolcemente i capelli. Sentiva i suoi battiti contro l’orecchio, erano calmi.
    < Mai stato meglio...>. Christian sorrise al soffitto. Fosse stato per lui, non avrebbe voluto più tornare a casa, sarebbe restato per sempre con il suo angelo.
    < Sai che devi tornare a casa, vero?>
    Christian poté sentirlo sorridere sul suo petto.
    < Esci fuori dalla mia testa!>. Il ragazzo si alzò a guardarlo con uno sguardo di rimprovero.
    < E’ inutile che fai il furbo, devi tornare a casa! Lo sai!>. Così dicendo, Lawrence gli tirò un cuscino sulla faccia.
    < Non ti permettere!>. Christian si alzò e cominciò una battaglia di cuscini, che si risolse con la vittoria di Lawrence, come c’era da aspettarsi.

    Quella notte, quando fu nel suo letto, si sentiva talmente felice che sembrava esser ritornato un ragazzino delle medie, arrossiva al pensiero di Lawrence e dei momenti che avevano passato insieme. Poi chiuse gli occhi, e scivolò nei sogni più belli che avesse mai fatto.




    Fine Quinto Capitolo

    Broken Wings (Capitolo Sesto)

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    ‘Aspettami...’, ansimava. Le forze sembravano abbandonarlo mentre correva disperatamente cercando di raggiungerlo. ‘Lawrence... Lawrence, aspettami... ti prego...’. Nonostante ce la mettesse tutta, la sua voce risuonava fioca e sembrava disperdersi non appena pronunciava le parole, lui non riusciva a sentirlo.
    Correva, correva più velocemente che poteva, ma Lawrence era sempre lontano. Tutto intorno era nero e buio e la luce del suo angelo si faceva sempre più debole e distante.
    Un’angoscia terribile lo invase mentre lo vide voltarsi di spalle e andarsene, le forze sembravano abbandonarlo e non aveva più fiato per tentare di fermarlo. ‘Lawrence...’, ormai quel nome risuonava impercettibile persino alle sue orecchie. I polmoni gli facevano male e la testa gli sembrava scoppiare per il debito d’ossigeno. Correndo cercava di prendere più aria possibile, la bocca aperta inspirava a forza, ma l’asma si era impadronito di lui. Anche le gambe non reggevano più lo sforzo, la sua folle corsa verso l’irraggiungibile era giunta a questo punto alla sua fine. Si trascinò avanti per inerzia per altre cinque falcate prima di fermarsi. Le mani sulle ginocchia stanche, il capo piegato a guardare in terra mentre riprendeva fiato, avvilito. Rivolse lo sguardo alla luce che ormai era diventata un puntino lontano scomparire lentamente. ‘Lawrence... non lasciarmi... Ti prego, non lasciarmi...’, disse piangendo a se stesso prima che la luce scomparisse. Il buio lo avvolse lentamente, l’angoscia lo inghiottì facendolo precipitare nell’oblio del nulla dove non poteva più muoversi, la sua voce risuonava muta come in un oceano nero senza confini e l’aria finiva velocemente mentre si affannava a risalire verso la superficie che non arrivava mai...

    Stava per morire annegato quando risalì nel mondo reale. Christian spalancò gli occhi e saltò a sedere sul letto mentre riprendeva fiato inspirando convulsamente. Il cuore gli batteva a mille. ‘L’ho sognato ancora...’. Ad un tratto sentì troppo caldo e con un gesto tolse via le coperte. Mise le gambe fuori dal letto e si infilò le pantofole. Si stropicciò la faccia con le mani, poi guardò fuori dalla finestra. Pioveva. Il suo sguardo si posò sulla sveglia, ‘Le tre...’. Ormai non aveva più sonno, così si alzò e andò a bere. Tornando in camera si sedette stancamente sulla sedia della scrivania di fronte alla finestra, con i gomiti poggiati sul piano e la testa tra le mani a guardare indifferente la pioggia che batteva contro la lastra di vetro.
    Non era la prima volta che si svegliava di soprassalto in preda agli incubi nel cuore della notte, anzi, da quando Lawrence se n’era andato era diventata la norma, solo che, anche se erano passati quasi sei mesi, ancora non riusciva ad abituarcisi.
    Avrebbe dovuto capirlo... Avrebbe dovuto capire che non sarebbe più tornato quando andò a salutarlo in aeroporto. < Torno presto...>, aveva detto. Ma i suoi occhi erano tristi mentre lo diceva e Christian sentì una strana inquietudine farsi strada nel suo cuore. < Chiamerai quando arrivi? Chiamami ogni volta che puoi!>, c’era apprensione nella voce del ragazzo. < Ma certo che ti chiamerò, te lo prometto. Tanto tornerò presto, non preoccuparti. E’ un lavoro che mi terrà via al massimo due settimane, dopo sarò di nuovo da te.>, la voce di Lawrence era pacata, come sempre. Un avviso all’altoparlante annunciò l’avvicinarsi della partenza del suo volo, così dovettero salutarsi. < Mi raccomando, ricordati di chiamare quando arrivi, me l’hai promesso!>, gli gridava Christian mentre un assistente di volo controllava i biglietti. Lawrence non rispose, si voltò un’ultima volta a guardarlo tentando di sorridere, ma stavolta nei suoi occhi il dolore era evidente e Christian ebbe la sensazione che quell’ ‘arrivederci’ aveva più il sapore amaro di un ‘addio’. Rimase lì a guardarlo mentre si voltava di spalle ed entrò nel corridoio che l’avrebbe portato lontano da lui. Sperava di essersi sbagliato, era solo una sensazione, in fondo, per di più spiacevole, perciò non volle dargli retta. Tornò a casa e così alla vecchia vita. ‘Sono solo due settimane.’, così pensò mentre apriva la porta di casa.
    Lawrence non chiamò quando arrivò a destinazione, né i giorni a seguire; Christian non ricevette mai la sua telefonata. Ogni volta che aveva provato a chiamarlo, il telefono risultava sempre spento. Dopo giorni passati ad aspettarlo, in seguito al primo mese e mezzo perse la speranza di vederlo tornare. Quella realtà gli si era posata lentamente sulle spalle come un velo invisibile che pian piano faceva sentire sempre di più il peso schiacciante della sua cinica verità, una consapevolezza davvero crudele da dover accettare. Non trovava la ragione di quel gesto, più volte si era chiesto ‘perché’ e aveva tentato di ricostruire uno straccio di motivo valido, ma non era mai giunto a una spiegazione plausibile. Il suo dolore confuso non trovava parole per definirsi, Lawrence non c’era più oramai, lo aveva abbandonato per non tornare mai e l’aveva lasciato da solo a piangere nella sua angoscia e a tormentarsi con i suoi dubbi che non trovavano risposte. I giorni scorrevano lentamente su di lui come macigni insopportabili, la sua vita aveva ripreso il grigio di sempre e man mano che andava avanti si tingeva sempre più con le tinte del nero. Non avrebbe mai creduto che sarebbe arrivato un giorno in cui avrebbe odiato tanto la vita... Era costretto a recitare la parte del ragazzo normale, comportarsi come sempre, far finta di vivere quando in realtà sopravviveva in un mondo sempre più soffocante, sorridere e sembrare felice agli occhi di tutti quando in realtà aveva la morte nel cuore diventava sempre più difficile. Ogni giorno si portava via un pezzo di cuore infranto, rendendolo sempre più cinico e apatico.
    La tempesta infuriava fuori, Christian chiuse gli occhi e sospirò... Le lacrime di pioggia scorrevano sul volto riflesso sul vetro quando si rivide in quell’immagine, i rivoli d’acqua piovana sembravano ripercorrere i solchi invisibili incisi sul suo volto d’anima. Sorrise amaramente, ormai non ne aveva più abbastanza per piangerlo. Chiuse di nuovo gli occhi, si sentiva inquieto, la tachicardia scemava piano e non riusciva a calmarsi. Si alzò improvvisamente e si vestì in fretta, prese le chiavi sul mobile dell’ingresso e si chiuse la porta alle spalle. Aveva dimenticato l’ombrello. ‘Oh, ma chi se ne frega...’. Fece una corsa verso l’auto parcheggiata nel vialetto, salì e mise in moto cercando di essere silenzioso per quanto poteva.
    Non era la prima volta che sgusciava via di casa cercando di rimediare all’insonnia, sarebbe tornato prima dell’alba a casa e i suoi non l’avrebbero saputo, come sempre.
    Girò per la città senza una meta mentre un cd degli Snow Patrol faceva da sottofondo al suo vagabondare notturno, alla fine si ritrovò davanti casa di Lawrence senza quasi accorgersene. Spense il motore e guardò verso l’abitazione. Era tutto spento. Restò lì immobile per una decina di minuti a guardare quella che una volta era stata la casa dei suoi ricordi più belli. Vide una luce accendersi al pian terreno, era la cucina. ‘Lawrence..?’. Era tornato, allora? La tachicardia sparita durante la sua corsa ricomparve improvvisamente e si fece prepotentemente forte. ‘E’ tornato...’. Non riusciva a crederci, aveva sperato così tante volte di rivederlo e la realtà gli aveva sempre risposto facendogli capire con che i sogni non si potevano realizzare, disilludendolo una volta per tutte, che ora non riusciva nemmeno a credere ai suoi occhi. Le nocche della mani erano diventate bianche e cominciavano a fargli male tanto stringeva il volante. Le spiegazioni che aveva tanto cercato e desiderato di avere erano a qualche metro da lui, così vicine... Lui era lì... Strinse gli occhi, senza pensarci uscì dall’auto e corse sotto la pioggia battente la breve distanza che lo separava dalla porta dietro la quale c’erano tutte le risposte che voleva. Si fermò ansante davanti all’uscio con un braccio alzato per metà, indeciso se suonare o no il campanello. ‘Non posso tirarmi indietro, non adesso...’. Il braccio si mosse da sé e bussò. Sentì il rumore dei passi avvicinarsi e alla fine la porta si aprì. Ne comparve un Lawrence sorpreso.
    < C... Christian...>, era a bocca aperta.
    < Ciao.>, rispose laconico Christian.
    < Entra, non restare lì.>, così si scostò per permettergli di entrare in casa.
    Le stanze erano quasi vuote, erano sparsi ovunque in giro solo scatoloni e pacchi imballati. Rimasero per qualche secondo in silenzio in piedi, l’uno di fronte all’altro.
    < Sei cambiato. Ti vedo diverso, mi sembri più... adulto.>, Lawrence lo osservava mentre le gocce d’acqua formavano rivoli sul quel viso di giovane uomo.
    ‘Certo che sono cambiato... sono dovuto crescere per forza, solo non sapevo che la vita potesse insegnarlo tanto duramente...’, pensò tristemente Christian.
    < Anche tu...>, gli rispose. Lo guardò bene dopo tanto tempo. Sì, era cambiato... molto. Le ciocche bionde non cadevano più a incorniciargli il viso, i capelli erano corti e sembrava più esile, la sua pelle non aveva il solito colorito, era pallido e i suoi occhi... i suoi caldi occhi verdi erano poco più che un ricordo lontano, quelli di adesso erano spenti e vuoti in un viso segnato. ‘Ma che ti è successo...’. Gli sembrava spaventosamente fragile.
    < Stai traslocando?>, chiese poco dopo.
    < Sì, pensavo di trasferirmi altrove, non posso più restare qui.>, rispose Lawrence con voce debole.
    < Davvero??>. Non poteva crederci... perché stava accadendo? Perché gli diceva quelle cose così terribili?!
    Ma Lawrence restava in silenzio evitando di guardarlo in faccia.
    < Perché te ne sei andato?>, chiese all’improvviso, < Dimmelo, ho bisogno di dare un motivo a quest’assenza di sei mesi. Sono stato ad un passo dall’impazzire completamente, perciò dimmi perché diavolo sei sparito senza uno straccio di spiegazione?!>. Non riusciva a controllarsi.
    Lawrence tirò un sospiro stanco quando rispose. < A volte la vita è imprevedibile, le cose possono cambiare in un momento senza poterci fare qualcosa.>
    L’irritazione e la tristezza si fusero insieme in un secondo. Era stato male per mesi, sei mesi d’inferno passati a sperare ogni singolo, miserabile giorno che lui un giorno sarebbe tornato e sarebbe stato tutto come prima, immaginato e desiderato ogni singola scena dell’incontro nei suoi sogni come un idiota e questo... questo era tutto quello che aveva da dirgli?!!
    Spezzò quel pesante silenzio. < E’ questo? Questo tutto quello che hai da dirmi???>. Lawrence non rispondeva, perciò continuò in preda alla rabbia furente. < Che idiota sono stato! Mi sono fidato di te, ho abbassato tutte le mie difese, sognando il grande amore come una ragazzina delle elementari e ti ho lasciato entrare dentro di me, completamente. Mi sono reso vulnerabile per permetterti di fare cosa? Che cosa??? Ferirmi e distruggermi come un martire!!! ‘La vita è imprevedibile’... Ho visto! Ecco gli stronzi che puoi incontrare e che ti insegnano quale vita di merda vivo!>, rise in preda a un incontrollabile nervosismo, come se la situazione che stava vivendo fosse irreale, mai come allora gli sembrava che tutto non aveva davvero più nessun senso, nemmeno il suo dolore. < Non ci hai potuto fare niente, eh? ‘La vita è imprevedibile’?>, ripeté isterico, < Ma che diavolo dici, Lawrence?! Credi che mi possa bastare dopo sei mesi?! Ero sicuro di non rivederti più per il resto della mia vita perciò non venirmi a raccontare stronzate!!! Voglio la verità!>.
    Lawrence lo ascoltò scioccato, non l’aveva mai visto così, era davvero fuori di senno. Una fitta di dolore lo avvolse dentro di sé: quanto aveva dovuto soffrire per causa sua... quanto? Il rimorso per averlo lasciato da solo riapparve a tormentarlo di nuovo e gli fece gelare il sangue nelle vene. Voleva che l’odiasse e ci era riuscito a quanto pare, ma era dura, non aveva previsto che gli avrebbe fatto così male, molto più di quello che aveva passato nel lungo tempo lontano da lui.
    < Va bene... Hai ragione, hai il diritto di sapere la verità.>, disse. Christian si calmò a un tratto e aspettò in silenzio la sua spiegazione. < Quel volo non mi portò a Parigi per lavorare alle sfilate del mondo dorato della moda francese... ma all’ospedale ‘La Pitié Salpétrière’ .>
    < Ospedale..?> ‘Mi ha mentito? Perché?’
    Lawrence inspirò l’ennesima volta, era davvero dura da spiegare... < Christian... sono malato. Me ne sono andato perché dovevo curarmi. Mi avevano diagnosticato un principio di metastasi che si stava sviluppando fuori dalla massa tumorale dello stomaco, oltre all’iniziale intervento chirurgico, ho dovuto subire anche un ciclo di chemioterapia. Sono ancora sotto osservazione, non è sicuro che la metastasi sia scomparsa per sempre e prendo ancora i farmaci. Sinceramente non sapevo neanche se sarei potuto tornare in questa casa a riprendere le mie cose...>
    Christian restò senza fiato. La verità era ancora peggiore della realtà in cui era rimasto un attimo prima. Era sconvolto.
    Il mondo poteva crollargli addosso più pesantemente di quanto non avesse già fatto in quei mesi fatti di solitudine e di angoscia? E la vita essere tanto meschina da strappargli l’unica ragione che contava per vivere? Di peggio non c’era neanche la morte che aveva desiderato ogni volta che era accasciato nel fango da cui ora sembrava destinato a non rialzarsi più. Era stanco di sopravvivere, non aveva ulteriori forze per farlo. Questo era troppo... troppo!
    Un turbine di pensieri confusi e contrastanti gli giravano nella testa senza dargli tregua, si sentiva stordito e non riusciva a ritornare razionale.
    < Christian stai bene? >, Lawrence si preoccupò guardandolo, i sentimenti che stava provando trasparivano limpidamente dalla sua espressione.
    < Perché... perché non me l’hai detto...>, disse ad occhi chiusi, tra le lacrime. Credeva ormai le avesse finite e invece eccole di nuovo a ricordargli che il dolore non poteva avere fine.
    < Ecco perché! Non volevo dirti niente perché ho pensato che se mi avessi odiato per te sarebbe stato più facile!>
    < ’Odiarmi...’, ‘Più facile...’>, ripeteva meccanicamente le parole appena sentite mentre cercava di tenere a bada la tempesta che gli infuriava dentro. Sentì le mani di Lawrence poggiarsi sulle spalle. < Lasciami stare, ti prego... Non toccarmi...>, disse con un filo di voce.
    < Christian...>, Lawrence stava davvero male. Era lui la causa di tutto questo, aveva promesso di proteggerlo e invece... Aveva mentito a entrambi e aveva lasciato che si innamorasse di lui pur sapendo che prima o poi forse avrebbe dovuto lasciarlo per sempre.
    < Avrei voluto tanto odiarti>, mentre parlava Christian teneva ancora gli occhi chiusi, <...e dimenticarti. Eppure eri sempre lì a tormentarmi giorno e notte. Ho sperato ogni momento di ricevere una lettera o una chiamata, un segno che mi dicesse di non essere stato abbandonato da te, di essermi sbagliato quel giorno all’aeroporto... Ho pianto ogni volta, sempre... E ora, sto male ancora una volta, è sempre peggio...>
    < Christian...>
    < Non riuscirò mai ad odiarti o a dimenticarti. Vorrei cercare di fare qualcosa, ma questo dolore è davvero troppo grande per me... Non ho più la forza per sopportarlo, non ci riesco... E ora, scusami, ma è meglio che me ne vada, devo andarmene di qui...>. Qualcosa gli si spezzò dentro, ormai non gli importava più di nulla, niente l’avrebbe salvato. Adesso l’unica cosa che voleva era soltanto quella di farla finita e mettere così fine a tutta quella sofferenza.
    Si girò verso la porta e l’aprì.
    < Non andartene!> Lawrence lo afferrò improvvisamente nel suo abbraccio e Christian poté sentire ancora una volta il suo profumo: sapeva ancora di buono. < Ti prego, non andartene...> Stava piangendo. Da quando l’aveva conosciuto non aveva pianto nemmeno una volta, fino a quel momento. < Perdonami... Perdonami, ti prego! Sono stato un egoista, se non mi fossi innamorato di te a quest’ora non staresti così a causa mia! Perciò, perdonami... Credevo di non poter ritornare più da te ed è stato il dolore più grande da sopportare durante la malattia. E ora che le cose si stavano aggiustando, ora che avevo quasi salva la vita, ho perso l’unica ragione per me di esistere...>, Lawrence aveva la voce rotta mentre lo stringeva a sé, < Non voglio perderti... Non lasciarmi. Senza di te niente ha senso!>.
    Christian poteva sentire le sue lacrime scivolare con le sue sulla guancia. Non ce la faceva a lasciarlo, lo amava troppo e proprio adesso che era così fragile non poteva voltargli le spalle... Si girò piano verso di lui e lo abbracciò stretto mentre piansero in silenzio l’uno sulle spalle dell’altro. Non sapeva se fosse felice d’averlo ritrovato, si sentiva ancora triste, ma quel sapore di morte che aveva nel cuore sparì quando si lasciò andare tra le sue braccia. Immaginare una vita senza di lui era impossibile.
    Lawrence gli baciò teneramente le lacrime e lui fece lo stesso, poi si baciarono sulla bocca lungo, prima far scivolare i vestiti sul pavimento. Finalmente Christian poté sentire di nuovo quelle mani su di sé... Gli baciò la ferita all’addome e sentì Lawrence vibrare sotto le sue labbra. I loro corpi dopo essersi cercati tanto a lungo nel buio delle loro notti di solitudine, finalmente potevano toccarsi ancora... Fecero l’amore tutta la notte, ma fu diverso da tutte le altre. Sembrava volessero annientarsi l’uno contro l’altro, fondere letteralmente la pelle e il calore in un unico corpo. I baci, le carezze, i gemiti riempirono quella notte e il loro calore sciolse il gelo che li aveva resi così insensibili alla vita. Al di fuori di loro due non esisteva più niente. Christian non nascose più il suo sguardo a Lawrence, e non si vergognò più della sua nudità e del suo piacere, ma godette appieno di ogni istante e diede tutto se stesso come se quella fosse stata l’ultima volta in cui avrebbe potuto restare con lui. Mentre erano abbracciati, Christian poté sentire le lacrime del suo amante bagnargli il petto. < Ho avuto così tanta paura, Christian... Credevo di non rivederti mai più...>. < Lawrence…> Christian lo strinse di più a sé. < Non ti lascerò mai, capito? Mai... Andrà tutto bene.>. Lo baciò ancora teneramente sulla bocca e lo strinse più forte, come se potesse svanire da un momento all’altro. Non si era mai accorto di quanto fragile fosse Lawrence, finora era stato sempre lui a proteggerlo. Solo in quel momento si rese conto che il suo angelo dalle ali spezzate non aveva più la forza di volare, e desiderò fortemente che la luce che si era spenta nei suoi occhi tornasse a brillare.
    Entrambi sapevano che, dopo quella notte, le loro vite sarebbero cambiate per sempre comunque sarebbe andata a finire. La consapevolezza di non poter esistere senza l’altro e il pericolo di potersi perdere per sempre li unì come solo il destino può fare. Da allora, Christian e Lawrence assaporarono ogni istante come fosse l’ultimo e combatterono insieme per proteggere il loro amore, che crebbe di giorno in giorno.
    Lawrence sconfisse il cancro e spezzò le sue catene di dolore e insieme a Christian finalmente poté giurargli di non lasciarlo mai più.


    FINE SESTO CAPITOLO


    FINE!!!
     
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  6. Ayumi-chan
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    CITAZIONE (AmantaH. @ 1/12/2008, 19:12)
    Così me piaFi *__*
    *patta testolina*

    xD *le fa una carezza sulla testolina*
     
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  7. AmantaH.
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    L'ultima parte mi sa di soap-opera XD

    CITAZIONE
    < Non andartene!> Lawrence lo afferrò improvvisamente nel suo abbraccio e Christian poté sentire ancora una volta il suo profumo: sapeva ancora di buono.

    *v*

    Molto bella ^^
    Ora ne voglio un'altra è_é
    *punta fucile*
    E le coccole non ti salveranno °^°
     
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  8. Ayumi-chan
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    Oddeo O.O
    Non ne ho! Questa l'ho scritta poco prima che reiniziassero i corsi all'università, da allora, ho poco tempo per dedicarmi alle mie fantasie ç.ç
    Ti ringrazio tanto per averla letta e sono molto contenta che ti sia piaciuta!
     
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  9. AmantaH.
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    ehehe *v*
    *rinchiude in una stanza insieme a macchina da scrivere*
    Io sono qua fuori a leggere l'enciclopedia ù__ù
     
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  10. Ayumi-chan
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    CITAZIONE (AmantaH. @ 1/12/2008, 20:30)
    ehehe *v*
    *rinchiude in una stanza insieme a macchina da scrivere*
    Io sono qua fuori a leggere l'enciclopedia ù__ù

    *Nuuuuuuu!* perché mi fai questo..? ç___ç
     
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  11. AmantaH.
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    Scrivi e dopo ne parliamo ù__ù
    *torna a leggere*
     
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    Per ora ho letto il primo capitolo^^ Scrivi davvero benissimo Ayumi!! Complimenti continua così *O*
     
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  13. Lee-chan
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    Waaaa Ayumi...** Davvero davvero carina...xD
    Mi piace tanto...^^ Complimenti...

    *abbraccia Ayumi*
     
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  14. _kirara_
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    è bellissima! ^_^ ^_^ Bhe che dire complimenti!! :lol:
     
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  15. Ayumi-chan
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    Grazie ragazze! Sono contentissima che vi piaccia!
    Sorellina viè qua *abbraccia forte forte* :D
     
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17 replies since 1/12/2008, 18:50   402 views
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