Haldebaran - oneshot, yaoi

fanfiction originale

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  1. nakashima.
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    Autore: nakashima.
    Categoria:originale
    Genere: romantico, erotico, introspettivo
    Rating: rosso
    Avvertimenti: yaoi, lemon, one-shot
    Note:questa è una storia che ho scritto un po' di tempo fa. Non è niente di che, in realtà ci sono alcuni errori di battitura e distrazione sicuramente, ma non mi sono mai presa la briga di correggere, ho seriamente bisogno di qualcuno che corregga i miei scempi. Comunque, la storia sembra svolgersi frettolosamente ma è una one-shot è per questo che sembra che tutto si svolga troppo velocemente. Spero vi piaccia, non è la mia storia migliore, ma se vi piacerà mi renderà felice. Buona lettura.
    P.S. la canzone e il ballo a cui si è ispirata è questa e la traduzione in inglese è qui.


    Haldebaran ~



    Camminava distratto per le vie del centro, l'aria calda estiva lo avvolgeva come un manto appiccicaticcio, impossibile da staccare dalla propria pelle, piccole goccioline gli bagnavano la fronte nivea e la nuca, le sentiva scivolare lungo il proprio corpo, infilandosi sotto la maglia e percorrendo la schiena pallida. Erano fredde e fastidiose.
    Non amava il sudore, non sopportava il caldo e il sole, odiava l'estate.
    In realtà non amava molte cose, era più uno di quei tipi a cui piaceva essere indifferente a tutto quello che lo circondava, non provava nessun tipo di sensazione riguardo le piccole cose come il tempo, o i piccoli gesti di routine; la vita non lo interessava più di tanto, viveva perché sarebbe stato un peccato gettare via qualcosa che i suoi genitori gli avevano donato, ma sapeva di non essere realmente vivo, era solo un uomo che esisteva.
    Andava avanti, percorrendo i giorni che il tempo gli parava davanti incessantemente, scavalcava i minuti e le ore, attraversava lo spazio e semplicemente si faceva poche domande e relativamente prive di quesiti esistenziali troppo profondi, non avrebbe comunque trovato una risposta.
    Oltrepassò un bar dove al di fuori erano posti alcuni tavolini sotto un tendone azzurrino, dall'interno fuoriusciva un odore speziato e dolciastro, vari aromi di dolci si confondevano e si riversavano fuori dal negozio il cui interno era segnato da una festa di colori freschi, tonalità ghiaccio in un'alternanza di chiari e scuri occupavano le pareti sulle quali erano posti dei contenitori con molteplici tipi di caramelle, dalle varie forme.
    Sospirò infastidito dall'odore che gli aveva impregnato le narici e proseguì spedito, non aveva una meta, ma voleva allontanarsi da li, non gli piacevano i dolci e quel profumo che avrebbe fatto venire l'acquolina in bocca a qualunque essere umano lo irritava, quasi come se ne fosse allergico.
    Non sapeva dove andare, aveva deciso di scendere in centro per allontanarsi dallo stress che il suo lavoro gli regalava ogni giorno con sadica crudeltà, però ora che camminava per quelle strade trafficate da una moltitudine di persone, si sentiva ancora più agitato.
    Non gli piaceva la gente, odiava stare nelle strade e nei luoghi affollati, finiva sempre per litigare con qualcuno; in realtà non lo faceva apposta, a litigare, era solamente un'azione involontaria quella di guardare con uno sguardo indignato le persone intorno a sé, che poi prendevano sul personale le sue espressioni.
    Non era perché si credesse migliore degli altri, anzi forse paragonandosi al resto del mondo si credeva addirittura inferiore a tutti loro, era semplicemente che il genere umano gli sembrava patetico, tutte le emozioni e le sensazioni che leggeva sui volti spesso felici e spesso tristi, gli sembravano disgustose, erano pantomime inutili e senza alcun senso.
    Perché Dio, seppure esistesse per davvero, aveva creato degli esseri dotati di sentimenti? Non sarebbe stato meglio per lui, e forse anche per gli esseri umani, se li avesse fatti tutti come il resto degli animali? Senza inutili e fastidiose sensazioni, solo dotati di istinto.
    Il cellulare vibrò nella sua tasca destra, si sentì sollevato nel poter fare qualcosa che non implicasse il dover guardare in faccia le orde di esseri umani che gli camminavano intorno, su quel lungo ed interminabile corso.
    Toushiro.
    Il nome comparso sullo schermo, rese il suo volto un tantino più crucciato di quanto già non fosse in precedenza, non era sicuro di voler aprire quel messaggio, infondo non era poi così tanto curioso.
    Però sarebbe stato meglio di dover rivolgere la sua attenzione al mondo circostante.
    Si decise a leggere a malavoglia il contenuto dell'sms appena arrivatogli:
    Sei proprio uno stronzo. Vedi se ti fai sentire. Devo essere sempre io a chiamarti eh figlio di puttana? Va bene, non ho voglia di farti la solita predica, comunque ti avverto che stasera usciamo tutti per bere qualcosa all'Haldebaran, dicono che abbiano 'acquistato' qualcuno di interessante, che ne dici di venire con noi? Se dici di no la prossima volta che facciamo sesso ti faccio essere l'uke e sarò sadico, non la scamperai. Fatti sentire bastardo, così ci mettiamo d'accordo per l'ora.
    Alzò un sopracciglio scettico, se ne fosse stato capace avrebbe anche riso, ma il ghigno malefico che aveva dipinto sul volto era più di quanto non potesse regalare alle parole appena impresse nella mente.
    Era certo che non appena avesse visto Toushiro lo avrebbe preso a pugni, però gli era anche grato per essere l'unica persona da quando era arrivato in quel posto, a dargli retta, nonostante il suo pessimo carattere.
    In realtà quello poteva essere quasi definito un migliore amico, nonostante facessero sesso ogni qualvolta uscissero a bere qualcosa; non riusciva a dare una definizione concreta al loro rapporto, era consapevole di non amarlo, seppure sospettasse che per Toushiro non era la stessa cosa, eppure non riusciva a staccarsi da lui, era la sua valvola di sfogo per quando era arrabbiato o stressato, c'era sempre e con lui poteva parlare o urlare o essere rude e farselo per quanto tempo volesse.
    L'altro non l'aveva mai allontanato, aveva sempre accettato ogni proposta, ogni richiesta, e qualsiasi altra cosa lui gli aveva ordinato, più che altro lo considerava il suo cagnolino personale.
    Ma era consapevole del fatto che avrebbe, presto o tardi, dovuto dire addio a quel suo piccolo cucciolo di cane, poiché per quanto vero che fosse un bastardo, era anche vero che gli voleva forse un po' di bene, e non poteva più ferirlo in quel modo.
    Toushiro lo amava, e di questo era più che certo, lo leggeva nei suoi sguardi addolorati quando gli si rivolgeva in maniera sgarbata, lo leggeva nel piacere che esprimeva la sua voce roca nei loro momenti di passione mentre con una stonata dolcezza in un momento così poco gentile, pronunciava il suo nome ripetute volte, lo percepiva nei piccoli gesti, dalla colazione a letto alla spesa che gli portava ogni fine settimana, che rivolgeva solo ed esclusivamente a lui.
    Toushiro era la persona più cara che avesse in quel posto, ma non poteva ferirlo ulteriormente.
    Lo aveva già usato troppo per provare a curare la sua noia, ma non vi era riuscito, che senso aveva continuare con quell'insensata farsa?



    Continuò a guardarsi allo specchio.
    Non si era mai visto tanto bello come in quei giorni, i suoi occhi azzurri erano esaltati da uno strato di matita dello stesso colore, in contrasto con il cupo ombretto che adornava le sue palpebre donandogli un'espressione aggressiva. I capelli biondi non troppo lunghi erano stati lasciati vagare sbarazzini, solo un leggero strato di gel e una scompigliata per non lasciarli appiattire, era stata applicata.
    La pelle rosea brillava sotto l'effetto di qualche tipo indefinito di cipria che gli era stata applicata sulla pelle ricoprendola con qualche brillantino che di tanto in tanto risplendeva, ma che sotto le numerose luci che a breve lo avrebbero invaso, si sarebbero visti chiaramente e lo avrebbero reso simile ad una creatura non umana, né uomo e né donna, né umano e né animale.
    Era bellissimo.
    Continuava a ripeterselo come un mantra, una sorta di preghiera nella sua mente che non aveva mai fine, erano giorni che continuava a circolare tra i suoi pensieri, giocando con i nervi della sua memoria.
    Era fin troppo bello, continuava a dirsi.
    Ma allo stesso tempo era tutto surreale, erano successe così tante cose in sole due settimane, che neppure nella sua intera vita.
    Lui, un ragazzo come tanti, forse solo più sfortunato, era ora diventato una celebrità, a lui non interessava nulla, se non ballare.
    Infondo era ballando che era arrivato li, o meglio che aveva potuto attirare l'attenzione del proprietario di quel posto in cui ora lavorava, anche se forse non sapeva bene come definire la sua attuale condizione.
    Sospirò alzandosi e volgendosi verso il divanetto rosso fuoco nell'angolo infondo alla sala, sopra di esso erano ancora spiegati gli abiti che avrebbe dovuto indossare quella sera, li guardò alzando scettico un sopracciglio.
    Non che gli dispiacesse essere ammirato da tutti, ma più che essere considerato un ballerino, vedendo l'outfit del giorno, si sentiva alla stregua di una prostituta.
    In effetti non che il padrone gli avesse accennato nulla del genere, ma sin da subito aveva capito in che genere di posto era stato portato; lui, un povero orfano da ormai sedici lunghi anni, era stato notato ad uno stage di danza a cui era potuto iscriversi pregando e ripregando per due lunghi anni il presidente e l'amministratore dell'orfanotrofio, che alla fine stremati dalle sue continue richieste avevano accettato.
    Aveva sperato per tutta la vita di riuscire un giorno a calcare i palcoscenici più famosi, e di riuscire a diventare un ballerino rinomato al quale tanti altri artisti si sarebbero rivolti chiedendogli di ballare per loro, ed alla fine era giunto li.
    Non che gli dispiacesse, aveva sentito parlare del locale in cui sarebbe stato condotto, l'Haldebaran era uno dei posti più in dell'intera città, era un discopub, che fungeva persino da ristorante: il piano ristorazione era uno dei servizi più costosi dell'intera area, i cuochi italiani e francesi deliziavano il palato raffinato dei personaggi ricchi ed illustri che godevano della sua cucina, ogni giorno venivano trasportati fin li i migliori vini e i migliori ingredienti per dei piatti prelibatissimi; il piano discoteca e pub invece, era dedicato alla giovane età ed ogni notte orde di ragazzi e ragazze venivano intrattenuti con spettacoli, musica, danze e serate di ogni tipo, il più delle volte a tema. Era un luogo di classe che seppure avesse sbancato per i primi mesi dell'apertura non era mai passato in secondo piano, ed anzi la fama del locale continuava a crescere, attirando persino visitatori dalle città circostanti.
    Ormai era quasi un dato di fatto che il rinomato Haldebaran sarebbe divenuto un'icona della città, persino il sindaco aveva presenziato molte volte nel lussuoso ristorante, spostandovici cene di lavoro o semplicemente di piacere.
    Una delle caratteristiche principali del locale, pensò, era proprio la ragione per cui ora era li, il proprietario lo aveva 'comprato' per far sì che fosse un intrattenitore, ne aveva sentito parlare in precedenza, ma mai avrebbe pensato che tutte le voci che giravano sul misterioso ed affascinante locale, fossero completamente vere; gli intrattenitori erano per lo più ragazzi e ragazze dai sedici ai diciotto anni, non superavano mai l'età stabilita e non erano mai più piccoli. Per legge essi non potevano venire sfiorati, erano dei veri e propri artisti che il pubblico poteva solamente osservare, e nonostante all'inizio fossero state parecchie le voci che avevano decantato di un potenziale giro di prostituzione minorile, queste erano andate via via scemando.
    Gli intrattenitori, o 'slave' per i clienti abituali della discoteca, erano delle figure rese quasi eteree dai makeup artist e dagli hair stylist, erano tutti giovani di una bellezza più unica che rara, con vari talenti dal canto al ballo e alla recitazione; ogni sera intrattenevano il pubblico con danze sfrenate ed appassionate, vari stili si mescolavano nel complesso di luci psichedeliche e suoni elettronici, note pop si mescolavano con l'elettronica e la tecnohouse, creando un miscuglio di generi e stili che mandavano in visibilio i clienti della discoteca, che si riversavano in pista creando un mare di mani, sudore e sensuali movimenti.
    Altre sale della grande ed imponente struttura erano adibiti a pub, con musica live dove spesso i gruppi emergenti trovavano la loro fortuna e karaoke dove i più audaci potevano cantare in allegria e sfidare altri giovani clienti.
    Eppure nonostante il locale possedesse una fama così positiva e fosse frequentato da così tanta gente, la realtà dietro gli intrattenitori era ben più tragica di quanto non si volesse far credere. I ragazzi e le ragazze potevano essere comprati come schiavi per una notte, da qui il nome di slave con i quali i clienti ignari chiamavano i dipendenti della discoteca, non tutti potevano accedere agli schiavi, ma solo gli uomini importanti e potenti, che avrebbero pagato fior di quattrini per quei giovani ed inesperti corpi, puri ed ancora senza alcuna macchia nell'animo. Il motivo per cui solo i personaggi illustri potevano avvicinarsi agli schiavi, era il silenzio. Nessun politico o presidente o attore o cantante, avrebbe rischiato uno scandalo raccontando i piccoli affari perversi dell'Haldebaran, in questo modo il locale poteva, insieme ad un contratto stipulato in precedenza, tutelare i propri affari, continuando a vendere i suoi ragazzi.
    Si ridestò dai propri pensieri, pensando al fatto che nonostante le molte proposte che aveva ricevuto nelle due settimane precedenti, il proprietario aveva declinato ognuna di queste, ed ancora non lo aveva venduto a nessuno. In realtà questa storia lo preoccupava non poco, non che avesse così tanta voglia di perdere la verginità con la o il primo che capitava, però di solito gli intrattenitori venivano ceduti subito, alla prima offerta.
    Decise di non pensarci e sfilandosi i pantaloni della tuta, cominciò a vestirsi indossando quelli di pelle lucida nera, sentiva la fibra dell'indumento strofinarglisi contro le cosce dure, alzò la zip e lasciò di proposito il bottone slacciato, i pantaloni si stringevano alla sua figura, esaltando il sedere altro e sodo, i muscoli pronunciati delle cosce e le gambe relativamente magre; indossò infine una canotta rossa e sopra di questa una maglia a rete nera, le scarpe erano delle converse semplici e completamente rosse, si sedette sul letto per indossarle.
    Si spostò verso lo specchio guardandosi, nel complesso sembrava davvero una battona, gli occhi famelici circondati e dall'azzurro cielo e dall'oscurità dell'ombretto nero, li rendevano due laghi ghiacciati e pericolosi, i capelli scompigliati e la pelle brillantinata lo rendevano semplicemente stupendo, non era un uomo, era un Dio, e vestito così era certo che quella sera un qualche essere umano avrebbe cercato di raggiungerlo nell'Ade.
    Non sapeva se fosse davvero quello l'inferno, non aveva ancora avuto modo di assaggiarlo, ma forse non avrebbe dovuto aspettare molto.



    Si chiedeva perché avesse accettato la richiesta di Toushiro, infondo non aveva nessuna voglia di passare una serata a vedere gente ballare e giovani con gli ormoni impazziti strusciarsi gli uni sugli altri. Tra l'altro per quella sera il suo amante aveva la mente occupata da un suo compagno venuto da lontano per qualche giorno, e non poteva neppure intrattenersi per qualche oretta in bagno con lui, occupando il tempo in molti modi a cui si decise di non pensare. Le sue voglie non potevano essere esaudite quella sera, e quello lo rendeva davvero irritabile.
    Erano tutti fermi davanti l'entrata dell'Haldebaran, l'insegna rossa al neon brillava nell'oscurità del quartiere che fino a pochi anni prima non aveva goduto di un'ottima reputazione, solo da quando era stato aperto il locale, il quartiere una volta malfamato e frequentato per lo più da papponi e prostitute, ora era gremito di gente che in fila aspettava di potersi insediare nei meandri del piacere della danza e della musica.
    Aspettavano gli ultimi arrivati della compagnia, la calura estiva non si era sopita neppure con l'avvento della sera, e l'afa accompagnava i ragazzi di fronte al locale, rendendoli sudati seppure stessero fermi.
    “Tetsuya-san che lavoro fai?”
    La sua attenzione venne rivolta al compagno di Toushiro, un ragazzo alto e magro, il viso eccessivamente femmineo e i capelli corti e castani, gli occhi verdi con striature marroncine che alla luce artificiale sembravano tendenti al rosso ed un sorriso sornione ad illuminargli il volto, era davvero un bel ragazzo, pensò con una punta di fastidio che prese a vorticargli nello stomaco.
    “Lavoro per un'industria di intrattenimento, mi occupo di scovare nuovi talenti e di portarli all'agenzia” spiegò con la sua voce estremamente profonda e atona.
    Toushiro sorrise leggermente notando il fastidio negli occhi dell'amico, mentre fissava il bel Renji, arrivato da Okinawa proprio quel giorno.
    “Oh davvero? Quando ero piccolo volevo diventare un cantante, ma ora credo che sia troppo tardi per poter prendere in considerazione l'idea” rise il ragazzo portandosi una mano alle labbra.
    “Beh, di solito i talenti vengono scelti quando sono ancora acerbi, noi scegliamo tra i ragazzi molto giovani, così che già dai sedici anni in poi possano essere pronti per lo stage” spiegò ancora Tetsuya annoiato.
    Voleva entrare all'interno del locale, si era stufato di stare fuori al freddo e con quella pessima compagnia.
    “Però Renji, con il visino che ti ritrovi saresti un idol perfetto credo” rise Toushiro
    Il castano arrossì chiedendo il perché di quell'affermazione all'amico.
    “Beh, di solito i ragazzi dai lineamenti così femminei fanno impazzire le fan giovani e in piena crisi ormonale, e tu saresti proprio perfetto – rise il giovane – non è vero Tetsuya?”
    Quasi non sputò in faccia all'amico che sorrideva sghembo, sentendosi chiamato a dare un parere sull'altro ragazzo, non sapeva perché ma gli dava tremendamente fastidio quella situazione; non riusciva a comprendere i propri sentimenti, ma forse la musica elettronica in sottofondo ed il caldo lo stavano rendendo confuso e sentiva una fitta di gelosia attraversargli il cuore.
    Era però ferma, penetrava il suo organo vitale senza oltrepassare e lasciargli un minimo di tregua, era li che lo trafiggeva senza decidere di scomparire.
    Sbuffò scocciato e decise di piantare sulle sue labbra il sorriso, o ghigno, più falso che riuscisse a tirare fuori dalla sua apatia.
    “Ma certo” assentì fintamente educato, pressando sul suo autocontrollo solitamente di ferro, per non mandare al diavolo l'amico.
    Delle voci dietro di sé attirarono l'attenzione del gruppo, segnando l'arrivo dei soliti ritardatari.
    Mentalmente Tetsuya li ringraziò per averlo salvato da una crisi di nervi.



    Stare li era davvero problematico, non tanto perché avrebbe dovuto sostenere lo spettacolo d'apertura e quindi il più importante, quanto per gli occhi affamati di tutti i ragazzi e le ragazze che lo fissavano quasi a volerlo divorare.
    Ed era solo fermo, seduto su di un divanetto, le esibizioni non erano ancora iniziate ed un dj stava scaldando l'atmosfera con la sua musica, mentre la pista da ballo si animava di ragazzi intenti a perdersi al ritmo della danza, lui osservava la sala dall'alto seduto su una delle sedie al piano riservato allo staff e ai vip, e non poteva non notare tutti quegli sguardi assetati su di sé, unica fonte d'acqua nel deserto.
    Sospirò scocciato, in realtà non vedeva l'ora di ballare, quella sera avrebbe persino cantato, non era di certo il miglior vocalist in circolazione, ma poteva dire di cavarsela discretamente, e con i suoi passi di danza quasi sempre impeccabili nessuno avrebbe notato qualche incrinatura nella sua voce limpida.
    Notò un gruppetto di persone entrare nella sala tutti sorridenti, alcuni scherzavano tra loro spintonandosi, altri ridevano come matti e parlottavano tra loro, notò delle belle ragazze fasciate in abitini striminziti e arricchiti di paillettes, peccato che a lui non interessassero le donne.
    Poco distante dal gruppetto, ma non troppo, notò un ragazzo camminare accigliato, le mani piantate nelle tasche dei jeans scuri, e la camicia bianca sbottonata sul petto, a lasciar intravedere seppure a distanza un petto scolpito.
    Lo sguardo si posò sul viso del giovane che avanzava silenzioso nella sala, di tanto in tanto gli veniva rivolta qualche parola da qualcuno del gruppo e così si poteva capire che il ragazzo era arrivato con quella comitiva; il volto era chiaro, quasi pallido, ma un colore seppure così chiaro, rendeva il ragazzo bello, quasi come una bambola di porcellana, la pelle sembrava di seta e brillava baciata dalla luce dei riflettori che cambiavano colore dopo che questi, girando su sé stessi, avevano effettuato un giro completo.
    Gli occhi non riusciva a vedere di che colore fossero, ma coperti da lunghe ciglia sembravano scuri, così come i capelli lunghi sino alla nuca, piastrati e scompigliati.
    Era vestito elegantemente, ma non stonava con l'atmosfera della discoteca, anzi, sembrava ciò che per due intere settimane era mancato a quel posto: la bellezza fatta persona.
    Non aveva mai visto niente di così invitante e di così perfetto in vita sua.
    Si alzò di scatto dalla sedia, e si diresse giù verso il bar, proprio dove si era diretto lo stesso gruppetto adocchiato prima. Non sapeva come fare ad adescare quel ragazzo, infondo cosa avrebbe potuto dirgli?
    L'andatura diminuì mentre scendeva le scale e cercava di pensare ad una scusa per avvicinarsi, a breve lo avrebbero visto danzare, quindi non doveva preoccuparsi di come farsi riconoscere, ma era agitato, non sapeva se finito di lavorare avrebbe avuto la serata libera o se, per la prima volta da quando era li, il padrone gli avrebbe inviato un cliente.
    Se fosse successo era sicuro che avrebbe maledetto ogni Dio e ogni santo presente in qualsiasi tipo di religione esistente sulla terra, dopo due settimane in cui nulla era successo, sarebbe stato il colmo che qualcuno lo reclamasse proprio quel giorno e che il padrone accettasse. Aveva avuto delle buone offerte e le aveva sempre denigrate.
    Sperò davvero che il fato lo aiutasse e si avvicinò spedito al bar.



    Si guardava intorno senza realmente vedere cosa si trovava accanto a sé, la sua già scarsa attenzione era scemata dopo aver visto Renji e Toushiro prendersi per mano ed avanzare verso la pista da ballo.
    Non era davvero geloso, o almeno credeva di non esserlo, era solamente un ragazzo gay che vedeva il suo giocattolo perverso preferito essere stato preso in prestito da qualcun altro.
    Non aveva pretese di alcun tipo sul suo amante, e forse era anche un bene che il ragazzo prestasse la sua attenzione a qualcun altro che non fosse lui, in effetti la loro storia prima o poi sarebbe dovuta finire, e questo Tetsuya lo sapeva bene, eppure non sapeva cosa gli stava accadendo, la sua maschera di indifferenza si stava disintegrando in poco meno di una serata e questo gli dava fastidio.
    Era da quando aveva messo piede a Tokyo che aveva scelto quello stile di vita, quel pratico disinteresse nei confronti della vita e dei sentimenti; essi portavano solamente tristezza e problemi nel cuore delle persone, ed era una certezza che maturava nel suo cuore da tanti, troppi anni.
    Non voleva provare sensazioni di alcun genere e quella sera, in quella regale discoteca, le sue convinzioni stavano vacillando, sotto lo sguardo appagato di un amante insoddisfatto, di un amore non corrisposto.
    Non gli avrebbe dato così tante soddisfazioni.
    “Oh Seiji sei qui! Sei pronto per l'esibizione?” cantilenò il barman avvicinandosi a qualcuno seduto alla sua sinistra.
    Voltò il capo sfiorando con lo sguardo una capigliatura color grano muoversi alla luce dei riflettori che continuavano a mutare il loro colore.
    Non riusciva a vedere bene la figura accanto a sé a causa della scarsa luminosità della sala, ma il corpo fasciato in quegli abiti molto più che provocanti, gli provocò un brivido lungo tutta la schiena.
    Non aveva mai sentito tanta elettricità attraversargli la pelle, neppure nei momenti in cui aveva fatto l'amore con Toushiro.
    Quel corpo esile ma al contempo formato, imprigionato da quei vestiti sadicamente provocatori, era sesso allo stato puro.
    “Oh si – sillabò il ragazzo rivelando una voce cristallina e sensuale – non vedo l'ora.”
    Notò il volto del ragazzo girarsi verso di lui e fissarlo con malizia nel momento in cui i loro sguardi furono incatenati.
    Non riuscì più a capire se la mancanza di ossigeno fosse dovuta al fatto che nella sala ci fosse troppa gente o alla bellezza eterea del giovane che se avesse potuto, avrebbe fatto suo in quel momento e su quel bancone.
    Gli occhi azzurri brillarono per qualche secondo, il biondo inclinò il capo socchiudendo le palpebre e continuando a guardarlo malizioso, il suo sorriso ispirava più del sesso, lo avrebbe violentato senza problemi ne era certo.
    Il suo cuore si era sicuramente fermato, non credeva potesse esistere tanta perfezione in un solo, singolo essere umano.
    Le iridi cristalline brillavano di luce propria, così come le labbra racchiuse in un ghigno smorzato, e la pelle rosea, così seducente; avrebbe voluto passare le mani in quei morbidi fili biondi, strattonarli mentre lo prendeva, in pochi istanti ogni genere di perversione prese vita nella sua mente, ed ognuna di queste aveva come protagonista quel piccolo demone dagli occhi angelici.
    “Ciao” sussurrò il giovane muovendo con provocante lentezza le sue labbra carnose e rosse, più del fuoco, più del peccato.
    In quel singolo istante sentì la gabbia toracica esplodere, ed il suo cuore prendere a galoppare con furia dentro il suo petto, pompando sangue ad una velocità senza eguali: forse sarebbe morto.
    “Ciao” rispose senza fiato, rapito da cotanta perfezione.
    Era davvero un essere umano?
    Quando poteva essere vero?
    E perché le sue espressioni non gli sembravano patetiche come quelle di qualunque altro essere umano sulla faccia della terra?
    Perché non provava noia nel guardarlo, ma solo tanta voglia di averlo?
    Non credeva ai colpi di fulmine, non ci aveva mai creduto, era scettico nei confronti della vita e di qualsiasi suo substrato. Ma in quel momento, tutta la sua apatia e la sua noia erano scomparse nel giro di pochi miseri istanti, risucchiati come per magia dai quei laghi ghiacciati dei suoi occhi.
    “Sono Seiji, e tu?”
    “Tetsuya. Non ti ho mai visto da queste parti”
    Il biondo rise, mostrando una fila di denti perfettamente bianca, seppure con qualche lieve imperfezione, che rendeva il suo sorriso bello come il sole.
    “Lavoro qui da due settimane, sono nuovo”
    Diavolo se aveva fatto bene a venire in quel locale, si ricordò mentalmente di ringraziare a dovere Toushiro, una volta che la serata fosse giunta al termine.
    Come sarebbe finita non poteva saperlo, ma non gli importava, avrebbe solamente voluto finire in bellezza con quel ragazzo.
    “Quanti anni hai, Seiji-san?”
    “Oh, non essere così formale, sono solo un ragazzino di diciassette anni” replicò ancor più seducente il piccoletto.
    Diciassette anni, non sapeva perché ma quell'età non lo intimoriva per niente, anzi, sentendo quelle parole un ulteriore brivido lo scosse, facendolo sentire ancora più eccitato.
    Lo voleva.
    Dio solo sapeva quanto.
    “E tu Tetsuya? Quanti anni hai?”
    “Ventuno”
    Sillabò alzandosi dallo sgabello ed avvicinandosi all'altro.
    Ok, forse non sarebbe stato saggio baciare uno sconosciuto, per di più maschio, li davanti a tutti, ma davvero non riusciva a controllare gli impulsi del suo corpo che lo pregavano, ormai allo stremo, di potergli regalare il tocco di quell'essere semplicemente sublime.
    “Davvero? Allora dovrei essere io a darti del san, non credi?” chiese ingenuamente il più piccolo.
    Di nuovo quel sorriso sghembo, quel segno di sesso violento sul suo viso.
    “Quando smonti?” chiese senza troppi giri di parole il moro.
    “Mh, alle tre di questa notte”
    “Verresti a bere qualcosa con me a quell'ora?”
    Lo voleva, a tutti i costi, avrebbe aspettato e fatto tutto ciò che l'altro gli avesse chiesto pur di averlo tutto per sé.
    Stava rasentando il ridicolo, lo sapeva. Non aveva mai provato sensazioni tali, ma come poteva anche solo minimamente resistere?
    “Non posso andarmene dal locale, sono uno schiavo – affermò abbattuto l'altro con occhi tristi, un'espressione talmente dolce da far sciogliere il cuore di Tetsuya, avrebbe voluto abbracciarlo”
    “Schiavo? Non è forse un gioco quello?”
    Il biondino sospirò affranto.
    “Già, forse si e forse no. Dipende” sorrise tristemente.
    Cosa volevano dire quelle parole? Cosa significava che forse era un vero schiavo e forse no?
    Che quel locale nascondesse qualcosa di più di ciò che voleva far vedere?
    “Seiji-kun ti stanno cercando, lo spettacolo inizierà tra poco” lo richiamò il barista, indicando i tecnici che preparavano il palco poco distante.
    “Oh! E' già ora. - esclamò d'un tratto riprendendo il sorriso allegro di poco prima e voltandosi poi verso Tetsuya – beh io ora vado, è stato un piacere conoscerti” dichiarò infine per poi scappare verso il palco in questione.
    Tetsuya rimase interdetto nell'osservare la schiena muscolosa del biondo, allontanarsi sempre di più.
    Era risoluto più che mai, lo voleva e l'avrebbe avuto.



    La stanza era immersa nel buio totale, nessuna luce si scorgeva, neppure quelle del bar, che erano state spente per l'occasione. Il mare di gente era immerso nell'oscurità, in un piacevole buio dove, sapevano tutti, ogni peccato era permesso.
    Le persone al di sotto dell'immenso palco che sovrastava la pista da ballo, si sfioravano le une con le altre, le mani vagavano e le bocche fameliche si incontravano, i sospiri affannati di chi aveva appena smesso di ballare, e qualche gridolino faceva si che chi si trovasse immerso in quel caos, percepisse ancora la presenza di qualche creatura umana.
    Ragazzi eccitati dall'inizio dello spettacolo e curiosi erano in trepidante attesa, quasi come se fossero ad un epico concerto del loro gruppo preferito; attendevano con troppa ansia quel momento, ed ora che stavano per ottenerlo non erano più nei loro panni dall'agitazione.
    Sentiva i sospiri sotto il palco, alcune voci intorno a lui e dei rumori dietro di sé. Il dj era pronto a partire, e lui avrebbe danzato come mai prima d'ora.
    Lo avrebbe fatto per quegli occhi d'onice che aveva incontrato poco prima, per quella pelle nivea, per quella voce calda.
    Avrebbe ballato come un irresistibile divinità, solo per Tetsuya.
    Il suo cuore era stato quasi del tutto rapito dagli occhi dell'altro, dal suo sguardo serio e appagato, dalla sua sicurezza, lo voleva, lo aveva pensato nel momento in cui l'aveva visto entrare, e ne aveva avuto la conferma nel momento in cui i loro occhi si erano incontrati.
    Due fasci di luce illuminarono gli spazi intorno a sé, era ancora tutto immerso nel buio, e solo quei due fasci chiari illuminavano due piccoli angoli di palco.
    Anch'egli immerso nell'oscurità, attese l'inizio del dj per poter partire.
    Un battito.
    E il suo braccio si mosse a sinistra, verso il primo fascio di luce. Il suo arto venne illuminato dal candore artificiale. Attese l'ennesimo battito, come quello di una batteria inesistente.
    Un secondo battito.
    Senza esitazione, portò fulmineo il suo braccio verso l'altro fascio di luce alla sua destra, ritraendo il primo.
    Un terzo battito.
    Riportò il braccio sinistro sotto il riflettore. I battiti aumentarono, a tempo ritraeva e riportava il braccio alla luce, quasi giocandoci a nascondino, mentre i battiti aumentavano di intensità.
    Lui era li sotto, lo sapeva. Non poteva vederlo ma sentiva i suoi occhi puntati addosso a lui, e il suo corpo bruciava.
    La musica cominciò a prendere vita, aumentò di intensità, il suono della batteria divenne più forte, il ritmo si formava e tracce di una canzone si delineavano mano mano.
    Il braccio destro ormai seguiva le orme di quello sinistro, alternava le braccia con il ritmo, le nascondeva e poi le lasciava illuminarsi, ed il pubblico sotto di sé urlava dall'euforia.
    Alzò la gamba destra fendendo il raggio artificiale, girò su sé stesso e le luci si accesero tutte d'un tratto.
    Uno sfondo rosso dietro di lui e il suo corpo quasi impossessato da un qualche demone ultraterreno, sospirò nel microfono cominciando ad ansimare e muovendo il bacino avanti e indietro.
    Il pubblico applaudiva e fremeva, mentre il ritmo raggiungeva una forma definita, una melodia famosa che tutti in quell'antro conoscevano, e lui che cominciava a muoversi, a danzare, come guidato da una mano invisibile che ne scriveva i movimenti.
    Il suo corpo era in balia di uno dei mostri più raffinati e nobili al mondo: la danza.
    Muoveva le braccia incrociandole, creando delle onde con queste seguite poi dal corpo, le gambe si muovevano fluide, come fossero gomma e girava su queste, muovendo l'intero sé stesso come se fosse nel bel mezzo di un amplesso.
    Si sentiva eccitato, la danza, gli occhi famelici su di sé, tutti lo desideravano, bramavano il suo corpo, gli occhi di Tetsuya lo mangiavano e lui si lasciava gustare arrendevole, aumentando la sensualità del suo corpo solo per lui.
    Prese aria ed aprì le labbra, mentre un gruppo di ballerini dietro di sé arrivava per fargli da spalla durante l'esibizione.
    Si avvicinarono di più, mentre lui incrociava le braccia, per poi voltarsi di spalle ed allargarle, mentre questi saltavano in aria, come spazzati dalla furia della sua bellezza.

    Chikadzuite kuru ano mune sawagi
    subete o abaku fukai body check!!



    Cantò sensuale, mentre sulle ultime parole abbassò le gambe e si spinse in avanti con il bacino e poi con il busto creando un'onda lenta, il sorriso malizioso sulle labbra e gli occhi vispi. Il sudore gocciolava dalla sua fronte e gli conferiva un'aria ancor più sensuale, mentre il pubblico si perdeva sullo splendore di quelle goccioline, invidiandole.

    kono toki o matteta
    zutto iki o koroshi te



    Continuò lasciando vagare le mani e le braccia, vorticando e sentendo la musica entrargli all'interno del corpo, violentarlo con la sua forza, possederlo lasciandolo preda di un'agitazione che muoveva gli arti incontrollati. Il bacino si muoveva su e giù, girava su sé stesso.
    Di tanto in tanto sculettava, il sorriso affamato non lasciava le sue labbra, era rivolto a lui, e solo un pensiero gli balenava nella mente: “guardami”.

    hito omoi ni ikeru ima nara
    torawareta kimi wa boku no fantasy
    mitasarete yuku beautiful ecstasy
    kasane awaseru mune no kodou ni
    aragaenaiyo it’s magical



    Continuò, muovendo il bacino prima a destra e poi a sinistra, i suoi fianchi ondeggiavano sinuosi, e l'adrenalina era salita alle stelle, il pubblico sotto ballava ed urlava e la sua voce usciva potente dalle sue labbra. Non ricordava di essere così portato nel canto, ma forse quella era solo una sensuale preghiera per quell'amante mai avuto, ma che desiderava con tutto sé stesso.
    Si, era proprio come stava cantando rise abbassandosi con le mani in terra, per poi saltare in aria, era proprio così, lo avrebbe catturato, lo avrebbe rinchiuso in una dolce e sadica fantasia, lo avrebbe drogato di sé fino a non fargliene avere mai abbastanza.



    No.
    Non era possibile, non ci credeva.
    Non aveva mai provato qualcosa del genere, mai un'eccitazione così grande, o un sentimento così forte dentro si sé. Mai il suo cuore aveva pulsato così velocemente prima d'ora.
    Dio se lo voleva, lo avrebbe avuto e poi lo avrebbe incatenato a sé.
    Non si sarebbe più staccato da quel ragazzino.
    La sua danza era qualcosa di sensazionale, la sua voce era calda, forse inesperta e titubante, ma sensuale e non lasciava trasparire la sua inesperienza, lo aveva notato dato il suo mestiere, ma ad un occhio inesperto, un occhio da fan sarebbe sembrato impeccabile.
    Notò gli sguardi dei presenti intorno a sé, ragazze e ragazzi che avrebbero picchiato a sangue qualcuno, forse anche ucciso, per avere quella carne per sé.
    No. Non avrebbe permesso che fosse lo schiavo di qualcuno che non fosse lui.
    La musica si fermò, Seiji alzò un braccio quasi come se volesse prendere a pugni l'aria al di sopra di sé.
    No.
    Non lo avrebbe perso.
    Notò poco lontano le quinte del locale, abbandonando senza una parola il gruppo vi si dirette.
    Lo avrebbe avuto, a qualsiasi costo.



    Erano le tre di notte, si stiracchiò entrando finalmente dietro le quinte e dirigendosi come ogni sera verso la stanza del capo.
    Sbadigliò leggermente sentendosi stremato, finalmente avrebbe saputo se qualcuno lo aveva reclamato o meno; aveva cercato per tutta la serata il suo nuovo “amico” Tetsuya, ma non lo aveva più visto. Forse era andato via, questo lo faceva sentire malissimo, aveva incontrato quello che, avrebbe potuto metterci le mani sul fuoco, era la persona giusta per lui, la persona che per così tanti anni aveva cercato. No. Non si era innamorato, non era così stupido da innamorarsi in neppure cinque minuti di conversazione, ma aveva provato emozioni che mai prima di allora aveva sentito dentro sé, il suo cuore aveva subito una scossa ed un tremore tali da farlo morire e rinascere contemporaneamente.
    Non sapeva quando lo avrebbe visto di nuovo, se fosse ritornato in quella discoteca o se forse non lo avrebbe mai più rivisto. I suoi amici erano ancora li, aveva persino pensato di avvicinarsi a loro chiedendogli spiegazioni, ma aveva subito rinunciato pensando poi che forse se l'altro non lo aveva aspettato, era perché non aveva avuto più voglia di vederlo.
    Era, in realtà, uno smacco troppo grande per uno come lui abituato a venire richiesto da così tante persone, ma non poteva farci nulla; il suo strato di sicurezza cominciò a sfaldarsi.
    Era triste, ma doveva farsene una ragione, infondo non era accaduto nulla di irreparabile, seppure fosse infelice.
    Bussò alla porta dello studio del capo. La stanza lo ospitava nelle sere in cui, come quella, gli schiavi si esibivano, lui ospitava gli offerenti e decretava quale dei ragazzi avrebbe dovuto passare la serata con loro.
    L'uomo al di là della scrivania vedendolo sorrise, il suo volto rigido ed i lineamenti marcati, stonavano con la dolcezza del sorriso, Seiji rise internamente pensando che era buffo quasi come vedere un clown serio.
    “Kaichou, sono venuto perché in teoria ho finito” mormorò il biondino scompigliandosi i capelli con la mano destra.
    “Oh Seiji-kun, stavo pensando proprio a te. Stasera ho accettato un'offerta – rise impettito ed orgoglioso – in realtà ho dovuto resistere dal venderti, dal momento che l'uomo in questione voleva comprarti e renderti suo schiavo. Ho detto che ci avrei pensato.”
    Il biondo si incupì, era appena arrivato e già volevano cacciarlo via?
    In teoria aveva una sorta di paura dentro di sé. Se l'uomo fosse stato troppo vecchio, o forse brutto, non aveva mai fatto sesso e non voleva doversi trovare con un uomo anziano a cui si sarebbe dovuto concedere con disgusto.
    In più non voleva essere ceduto come schiavo a qualcuno che non conosceva, per quanto riguardava la sua condizione li, almeno era consapevole di quello che avrebbe dovuto affrontare, seppure non fosse una delle situazioni più facili; invece se fosse stato venduto a qualcun altro avrebbe dovuto subire di tutto, senza possibilità di replica, almeno fino ai ventuno anni. Era un minorenne e non avrebbe comunque potuto mantenersi da solo.
    Sospirò annuendo.
    “Dove devo incontrarlo?”
    “E' andato a prendere l'auto, ha detto che ti avrebbe aspettato dinanzi la porta sul retro, esci di li. Ti riconoscerà lui. Mi raccomando fai un buon lavoro e domani torna per mezzogiorno, devi provare le nuove coreografie.”
    Il biondo annuì ancora, meccanicamente.
    Si congedò dirigendosi verso il suo camerino, non poteva né spogliarsi e né farsi una doccia seppure ne avesse un disperato bisogno.
    Non poteva far attendere il suo padrone per quella notte, chissà come doveva essere, sperava davvero che fosse un bell'uomo e che non avesse manie sadiche.
    Era ancora un ragazzino, e per due settimane era stato quasi deluso dal fatto che non venisse ceduto a nessuno, invece ora che era accaduto sentiva l'umore sotto i piedi.
    Recuperò il cellulare regalatogli dal capo nel caso avesse avuto bisogno di un qualche aiuto, ed uscì di nuovo dirigendosi verso l'uscita.
    Ogni passo verso l'uscio, aumentava il battito del suo cuore. Galoppava senza alcun ritegno.
    Era vergognoso, doveva stare tranquillo.
    Arrivò dinanzi la porta blindata, posò una mano sulla maniglia e facendosi coraggio la spinse in avanti.
    L'oscurità del vicolo lo avvolse.
    Si guardò intorno e notò poco lontano una figura poggiata ad un bolide nero.
    Quella non era un'auto, come aveva detto il capo, ma una moto, ed anche bella grande.
    Si avvicinò alla figura illuminata flebilmente dal candore della luna.
    Sgranò lo sguardo quando fu abbastanza vicino per vederlo chiaramente.
    Il suo cuore, si fermò.



    Ansimò senza fiato sentendo le spinte dell'altro dentro di sé.
    Non era preparato a tanto, le dita gli avevano fatto male, ma dopo un po' era riuscito ad abituarcisi, con quello invece era tutta un'altra cosa; il membro caldo del moro pulsava dentro di lui, che ancora non si era abituato ad essere violato in quel modo.
    Si sentiva spaccato in due, spezzato, ma allo stesso tempo il suo cuore non riusciva a non sentirsi appagato mentre i suoi occhi erano completamente incatenati in quelli profondi e scuri dell'altro.
    “Te...Tetsuya di più” ansimò mentre l'altro spingeva in lui lentamente per lasciarlo abituare, lo guardava da sopra e di tanto in tanto gli poggiava dei baci delicati sulle labbra e sul volto, per lasciarlo rilassare.
    Fino ad allora non ci erano andati giù leggeri, ma quella era la prima volta di Seiji, e per quanto avesse voluto farlo suo il più violentemente possibile, non voleva al contempo fargli male.
    “Ah” gemette il più piccolo mentre Tetsuya lo penetrava in profondità.
    Si mosse ancora un po' cominciando a fuoriuscire dal suo corpo.
    Il biondo ansimò ancora, dolore e piacere si fondevano ora in una confusa sensazione che lo faceva sentire male e bene nello stesso istante.
    Ma sentire le mani di Tetsuya vagare sul suo corpo, sentirle prendersi cura del suo membro, carezzandolo tutto e massaggiandolo mentre le spinte aumentavano di intensità, era troppo bello per poter dire basta.
    Il maggiore dei due spinse ancora più forte, sfiorando la prostata di Seiji, che urlò di piacere nell'attimo in cui quel piccolo gesto spezzò del tutto il fastidio dell'intrusione, lasciando il posto solo alla goduria di quelle attenzioni.
    “Tocca...tocca ancora li, ti prego” ansimò senza fiato, spingendo il bacino sul ventre del moro.
    Questi di rimando si tirò su con il busto, tirando insieme a sé il piccolo e facendolo sedere su di sé; entrambi seduti, uno allacciato all'altro.
    “Muoviti, alzati e poi siediti su di me” sussurrò la calda e profonda voce del maggiore dei due, regalando dei brividi di piacere che come scariche elettriche vagarono sul corpo del piccolo.
    Seguendo gli ordini dell'altro Seiji si alzò lentamente, mentre Tetsuya alzava il capo sospirando di piacere, quell'antro caldo lo stava facendo impazzire. Era troppo.
    Sentiva il suo membro risucchiato completamente e il suo cuore impazziva, di gioia, di desiderio, di passione, affondò le unghie nei fianchi del biondo, ora che poteva toccare quella pelle liscia, ne bramava ancora di più.
    Il piccolo di rimando si risedette velocemente sentendo il membro di Tetsuya penetrarlo in profondità e toccando ancora una volta quel punto sensibile che lo faceva sentire bene.
    Urlò di piacere ripetendo l'operazione, e meccanicamente continuò a farlo, mentre i loro respiri e i loro ansimi si mescolavano.
    Tetsuya fermò con i palmi delle mani il viso di Seiji incatenando le labbra del piccolo alle sue, e baciandolo con passione, le loro lingue si toccavano, si sfioravano sensuali carezzandosi lentamente e con passione, mentre il corpo del più piccolo si muoveva su quello dell'amante, ed entrambi sentivano il loro piacere aumentare. Erano ormai all'apice, sentivano il loro seme fuoriuscire e bagnare chi la pelle calda del busto del moro e chi l'interno caldo e stretto del biondo.
    Fu quasi automatico, un orgasmo potente, che li fece urlare e chiedere di più.
    Il cuore dell'uno e dell'altro completamente persi in un vortice di sensazioni e di sentimenti indefiniti, senza nome, ma più forti di qualsiasi altra cosa avessero mai provato.
    Si staccarono stendendosi stremati, segnati dall'orgasmo appena avuto, ansimando pesantemente per riprendere fiato.
    “Come...come hai fatto a comprarmi? Tu non sei un politico o un uomo potente, no?” chiese il più piccolo ansimando tra una parola e l'altra.
    “Oh, ci sono tante cose che non sai di me. Mi è bastato fare il nome del mio datore di lavoro” rise soddisfatto il moro.
    Seiji lo guardò confuso.
    “Diciamo che ho solo avuto un colpo di fortuna. E decisamente non ho mai amato tanto il mio lavoro quanto stasera.”
    Il biondino rise alzandosi a sedere e fissando la città al di fuori delle enormi vetrate dell'attico.
    “Non ho mai provato qualcosa del genere, nel senso, una sorta di strana sensazione qui” confessò toccandosi il petto.
    Il moro strisciò fino a lui abbracciandolo per i fianchi e poggiando la testa sulle cosce nude.
    “Anche io. Non sono il tipo da smancerie, e non credo all'amore, ma è strano quello che sento e quello che ho provato guardandoti stasera. Eri...una droga.”
    “Oddio, non dire così, mi fai arrossire.”
    Tetsuya alzò scettico un sopracciglio.
    “Non vorrai dirmi che non arrossisci quando ti strusci su quel palco come un facocero in calore, e ti vergogni quando ti fanno i complimenti?”
    Seiji alzò una mano dando un pugno leggero sulla testa dell'altro.
    “Ahio!” si lamentò il maggiore.
    “Non mi struscio, io ballo” chiarì risoluto il biondo.
    “In ogni caso, ho intenzione di comprarti. Nel senso che...beh vorrei proporti un lavoro”
    Il piccolo guardò l'altro confuso.
    “Non chiedermi perché dico o faccio questo, non lo so neppure io e questo mi manda in crisi. Ma...ecco...io lavoro per un'agenzia di intrattenimento e beh, il mio lavoro è di scovare nuovi talenti, e tu sei uno di quelli, hai diciassette anni e sei già più che preparato. Se...tu accettassi potrei fare in modo che il mio capo faccia pressione sul tuo e che tu venga lasciato libero dal vincolo che ti lega a quel posto” spiegò Tetsuya fissando la pelle rosea di Seiji.
    Posò un bacio nell'interno coscia.
    “Io...non so che dire” esclamò sconvolto ma allo stesso tempo estasiato dalle parole appena udite.
    “Dimmi solo di si.”
    Silenzio.
    I loro respiri riempivano quell'assenza di suoni, i loro cuori battevano ad una velocità senza pari, l'uno troppo incredulo e l'altro sperando in un assenso che sembrava troppo importante per la sua anima, un sentimento che non capiva.
    “Tetsuya?”
    “Mh?”
    “Riprendiamo da dove abbiamo finito?” sorrise il biondo notando la sua eccitazione di nuovo risvegliata.
    Il moro ghignò alzandosi sulle braccia e baciandolo teneramente.
    Aveva avuto la sua risposta, sapeva cosa fare.
    Entrambi non capivano quella strana sensazione che li aveva travolti in meno di una serata, entrambi con un vuoto troppo grande dentro avevano, in poche ore, abbattuto i muri della loro solitudine, lasciando penetrare in quel cratere di nulla, un sentimento indecifrabile, ma che li faceva sentire decisamente bene e finalmente non più soli.
     
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    Ajisai
    Che bella one-shot!!! La storia è scritta benissimo...molto bella davvero!!! E poi è Yaoi e questo dice tutto!! :maniac: Bravissima complimenti!!! Cmq piacere sono lucia!!! ^^
     
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  3. nakashima.
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    Ciao Lucia, ti ringrazio per il commento e per averla letta *-*
    Sono felice che ti sia piaciuta ♥ grazie ancora.
     
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    pamaru
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    roma

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    Ajisai
    se questa non è la tua storia migliore ... vorrei leggere anche quelle così così! E' scritta bene, ci sono dei passaggi veramente buoni e i protagonisti mi sembrano all'altezza!!! brava! aspetto altro .... :Hi:
     
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3 replies since 14/10/2011, 22:42   88 views
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